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Die Ursache. Eine
Andeutung |
© 1975 RESIDENZ VERLAG, SALZBURG |
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L'origine. Un accenno
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traduzione di Umberto Gandini
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Adelphi - Narrativa contemporanea
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Prima edizione: 1982 - 129 pagine -
14 x 22 cm.
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© 1982 ADELPHI EDIZIONI S.P.A.,
MILANO |
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«All’interno del collegio non
avevo potuto constatare alcun mutamento
di rilievo, se non il fatto che la
stanza cosiddetta di soggiorno nella
quale eravamo stati educati al
nazionalsocialismo era adesso diventata
una cappella, e al posto del podio su
cui prima della fine della guerra era
salito Grünkranz per insegnarci la
dottrina della Grande Germania c’era
adesso un altare, e alla parete dove
prima c’era il ritratto di Hitler
pendeva adesso una grande croce, e al
posto del pianoforte che, suonato da
Grünkranz, aveva accompagnato i nostri
inni nazionalsocialisti come Die
Fahne hoch! oppure Es zittern
die morschen Knochen c’era adesso
un harmonium. L’intero ambiente non era
stato nemmeno ritinteggiato,
evidentemente mancavano i soldi, sicché
nel punto dove adesso era appesa la
croce si poteva ancora scorgere la
macchia, bianchissima e vistosa sulla
superficie grigia della parete, dove per
anni era stato appeso il ritratto di
Hitler».
In questo primo volume della sua
autobiografia, Bernhard ha voluto subito
raccontare un periodo della sua vita a
cui risale il manifestarsi di una
lesione insanabile in lui: i mesi
passati durante la guerra nel Convitto
nazionalsocialista di Salisburgo, fra
macerie e angherie, e i mesi passati
nello stesso collegio, ora chiamato
Johanneum, e retto da sacerdoti
cattolici, sempre fra angherie,
all’inizio di una ottusa pace.
Nell’intima compenetrazione
salisburghese fra nazismo e cattolicità,
nella vocazione della città al suicidio
(una delle più alte percentuali europee)
e all’Arte Universale, nella scuola come
offesa permanente, nella capacità locale
di cancellare la memoria e sovrapporre
una nobile decorazione a un fondo
putrido, Bernhard riconosce una
costellazione atroce e beffarda alla
quale da sempre ha tentato di sottrarsi:
e qui la presenta e la ripercorre in
pagine ossessive, implacate. Il piccolo
Thomas Bernhard, al Convitto
nazionalsocialista, suonava il violino
nella «stanza delle scarpe», «piena
zeppa di centinaia di scarpe dei suoi
compagni intrise di sudore, accatastate
su scaffali di legno marcio». Suonare il
violino era per lui una preparazione al
suicidio – e un modo di sfuggire al
suicidio, concentrandosi nell’atto del
suonare. Anni dopo sarà lo scrivere
stesso, per Bernhard, una metodica
esplorazione dell’orrore – e insieme
l’unica mossa efficace per sfuggirgli.
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In copertina:
Léon Spilliaert, Arbres derrière un mur,
1936. |
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