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Der Keller. Eine
Entziehung |
© 1976 RESIDENZ VERLAG, SALZBURG |
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La cantina. Una via di scampo
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traduzione di Eugenio Bernardi
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Adelphi - Narrativa contemporanea
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Prima edizione: 1984 - 128 pagine -
14 x 22 cm.
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© 1984 ADELPHI EDIZIONI S.P.A.,
MILANO |
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Per abbandonare veramente il
ginnasio di Salisburgo già descritto ne
L’origine, con la sua nefasta
mistura di nazismo e pietà cattolica, il
giovane Bernhard doveva scegliere
qualcosa che fosse anzitutto, e in tutti
i sensi, «nella direzione opposta»,
il punto più lontano possibile nella
direzione opposta. Perciò abbandonare il
centro di Salisburgo, dove le persone
stesse sono «arte decorativa», e finire
nel quartiere più malfamato e più
sordido della città, i cui abitanti
vengono spesso chiamati «feccia
dell’umanità». E in quel quartiere
fermarsi nel negozio dell’amabile signor
Podlaha: una cantina adibita a spaccio
di alimentari, sempre piena di clienti,
di movimento, di cose da fare. Quel
luogo, al centro dell’«anticamera
dell’inferno», ha però qualcosa di
oscuramente attraente: i clienti vi
entrano anche senza ragione, trafficano
con i bollini delle tessere annonarie,
parlano della guerra e delle storie per
lo più atroci che li riguardano, bevendo
rum dalla bottiglia che hanno con sé.
L’apprendista Bernhard li ascolta con
attenzione vorace, attraverso di loro
entra in molte vite, in molte case,
spesso portando pesanti borse della
spesa e chiacchierando nella lingua
cruda e netta del luogo. Impara «a
vivere in compagnia di molte persone fra
loro diversissime», il suo dono di
intenso osservatore si acuisce. Per lui
tutto questo equivale, anche se ancora
forse non lo sa, a una prima sortita in
quello che sarà il suo territorio di
scrittore: da quel quartiere che è la
«macchia di sporcizia» nella nobile
città di Salisburgo, e dall’umida
cantina che è il suo centro segreto, si
propaga una moltitudine di voci
disparate, disadorne, stridenti, che
Bernhard amorosamente raccoglierà nella
sua prosa angolosa, martellante,
obbedendo alla sua vocazione di
«disturbatore della pubblica quiete».
Così egli ha potuto scrivere che il
periodo di apprendistato nel negozio di
alimentari è stato il «più importante»
della sua vita. «La cantina è stata la
mia salvezza, l’anticamera dell’inferno
(o inferno) il mio solo rifugio».
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In copertina:
Léon Spilliaert, Troncs de hêtrer,
1945. Musées royaux des Beaux-Arts de
Belgique, Bruxelles.
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