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Wittgensteins Neffe.
Eine Freundschaft |
© 1982 SUHRKAMP VERLAG, FRANKFURT AM
MAIN |
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Il nipote di Wittgenstein.
Un'amicizia
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traduzione di Renata Colorni |
Adelphi - Fabula 37 |
Prima edizione: 1989 - 132 pagine -
14 x 22 cm.
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© 1989 ADELPHI EDIZIONI S.P.A.,
MILANO |
ISBN
978-88-459-0726-5
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Paul
Wittgenstein, nipote del filosofo «il cui Tractatus
logico-philosophicus è ben noto in tutto
il mondo scientifico e più ancora in tutto il
mondo pseudoscientifico», fu per lunghi anni
amico di Thomas Bernhard. Uomo sensibilissimo,
inadatto al mondo, nutrito da una passione
«esclusiva e spietata» per la musica, ma anche
per l’automobilismo, dissipò con furia la sua
fortuna sino a ridursi «per la maggior parte
della sua vita» all’indigenza. «Partorito come
un malato mentale», convisse con questa
malattia «fino alla morte con la massima
naturalezza, così come gli altri vivono senza
una simile malattia mentale». Usava dire a
Bernhard: «Duecento amici verranno al mio
funerale e tu dovrai tenere un discorso sulla
mia tomba». Quando Paul Wittgenstein morì,
solo otto o nove persone andarono al suo
funerale. In quel momento, Bernhard era a
Creta. Ma, in certo modo, questo libro ha
preso il posto di quel discorso che non venne
mai pronunciato. Bernhard vi ha disegnato un
ritratto delicato e terribile, spesso
increspato da una selvaggia comicità. E
insieme ha ritratto se stesso, come in un
ulteriore frammento della sua autobiografia,
sullo sfondo della Vienna inconsistente e
ciarliera dei nostri anni. Agli estremi
opposti dell’inermità e della forza, sussiste
infatti una corrispondenza fra il narratore
Bernhard e il suo amico, per lo meno nella
«insana ferocia» nei confronti di se stessi «e
di tutto». Corrispondenza che qui Bernhard
spinge, come sempre, alle ultime conseguenze:
«L’unica differenza tra Paul e me è che Paul
si è lasciato completamente dominare
dalla sua pazzia, si è calato, se così si può
dire, nella sua pazzia e io invece no, io non
mi sono mai lasciato dominare completamente
dalla mia pazzia, peraltro non meno grande
della sua; per tutta la vita io ho sfruttato
la mia pazzia, l’ho dominata, al contrario di
Paul che non ha mai dominato la sua pazzia io
la mia pazzia l’ho sempre dominata e può darsi
che proprio per questo motivo la mia pazzia
sia perfino più pazza di quella di Paul».
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In copertina:
Egon Schiele, Ritratto del pittore Anton
Peschka, 1909. |
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