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Columbia
- 1 LP - 33QCX 10024 - (p) 12/1953
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Columbia
- 1 LP - 33CX 1101 - (p) 12/1953 |
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Tahra -
2 CD - Tah 647-648 - (c) & (p) 208 |
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Testament
- 1 CD - SBT 1124 - (p) 1998 |
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Warner
Classics
14 CDs - 0190296739200 - (p) & (c)
2021 |
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Luigi Boccherini
(1743-1805) |
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Quartetto
in la maggiore, Op. 39 n. 3 (G
213) |
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22' 35" |
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Allegro moderato
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8' 16" |
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Minuetto e Trio |
3' 38" |
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Grave |
5' 36" |
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Allegro giusto |
5' 05" |
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Quartetto in mi bemolle
maggiore, Op. 58 n. 2 (G 243) |
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20' 43" |
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Allegretto lento |
7' 04" |
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Minuetto. Allegro - Trio |
4' 05" |
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-
Larghetto malinconico |
4' 42" |
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Finale. Allegro vivo assai |
4' 52" |
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QUARTETTO
ITALIANO
- Paolo
Borciani, Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli, viola
- Franco Rossi, violoncello
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Luogo e data
di registrazione |
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Milano (Italia) -
1 luglio 1953 (G 243) &
2/3 luglio 1953 (G 213)
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Registrazione: live
/ studio |
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studio |
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Producer / Engineer |
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Prima Edizione LP |
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Columbia | 33QCX 10024
- (Italy) | 1 LP | (p) 1953 |
Mono
Columbia
| 33CX 1101 -
(England) | 1
LP | (p) 1953 | Mono
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Prima Edizione CD |
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Tahra | Tah
647-648 | 2 CDs - 63' 21" -
58' 42" - (2°, 1-4) | (c)
& (p) 2008 | ADD | (G 213)
Testament |
SBT 1124 | 1 CD - 76'28"
| (p) 1998 | ADD | (G 243)
Warner Classics
| 0190296739200 | 14 CDs
[CD1, 6-13] | (p)
& (c) 2021 | Mono
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Note |
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Nel grande
processo di revisione
musicale che
caratterizza il tempo
moderno, un caso a
parte è il caso di
Luigi Boccherini.
Quando parliamo di
revisione musicale,
noi intendiamo tutto
quel movimento
estetico che ha
portato a comprendere
l'immenso valore della
musica antica e che,
per quanto riguarda
parecchi Autori del
secolo XVII ha
sostituito a una
sentenza di freddezza
e d'ozio decorativo
l'apprezzamento di uno
stile altissimo, di un
drammatismo umano,
signorilmente
contenuto; per quanto
riguarda la foltissima
schiera di molti
maestri del
Settecento, ha ormai
appurato come la
frivolezza,
galanteria,
leziosaggine arcadica
ed altre qualità
deteriori, ad essi
attribuite dai focosi
spiriti del secolo
scorso, costituiscono
invece un'enorme
carica di fantasia,
una purezza
d'immagini, una
lucentezza di discorso
addirittura
eccezionali. Il
novecento è l'epoca
che ha finalmente
capito il seicento e
il settecento. Ora
come dicevamo in
principio, Luigi
Boccherini, fra i
nuovi ricuperi, ha
sorte un poco
difficile. La scarsa
fortuna da lui goduta
nel corso
dell'esistenza, il
fatto d'esser vissuto
a lungo in Ispagna, un
paese dove, a
quell'epoca, non
c'erano nè editori di
musica importanti nè
regolari
organizzazioni
musicali, le
strettezze
finanziarie, sempre
assillanti e suadenti,
talvolta vendite
affrettate e infelici
dei manoscritti, hanno
lasciato un'enorme
confusione nel
repertorio del
maestro. Gli inediti
boccheriniani debbono
essere tuttora
numerosissimi, così
come i falsi e come,
probabilmente, i
lavori che passano per
lavori altrui e sono
lavori di Boccherini.
Persino la biografia
di questo grande
artista rimane oscura
e sembra sprofondata
nella preistoria,
mentre appartiene alla
seconda metà del
Settecento e si
estende ai primi anni
dell'Ottocento. Nato a
Lucca il 19 Febbraio
del 1743, Boccherini
si spense in Madrid,
il 28 Maggio 1805.
Studiò a Roma,
violoncello e
composizione,
diventando assai
presto un eccezionale
virtuoso ed un geniale
autore. Dopo qualche
giro di concerti
nellItalia
settentrionale,
Boccherini, che s'era
stretto in fraterna
amicizia con il
violinista Manfredi,
decise di espatriare
in compagnia di
costui. Nel 1768 i due
musici lucchesi furono
a Parigi, assai
festeggiati dagli
amatori, e, poco dopo,
in Ispagna. E' là che
Boccherini creò la
massima parte della
sua produzione
gloriosa; ma è là,
ancora, ch'egli
incontrò le maggiori
sofferenze. Protetto,
dapprima, dall'Infante
Don Luigi e dalla
contessa Benavente, il
nostro maestro non
durò a lungo nella
fortuna. Accasatosi
con una spagnola e
caricato di figli,
invano tentò di
ritornare in Francia o
di trasferirsi in
Prussia. Mai potè
trovare il necessario
denaro. Così,
stentando la vita e
componendo grande
copia di musiche fra
continui disagi chiuse
i suoi giorni,
miserrimo e oscuro.
Delle proprie copiose
creazioni Boccherini
lasciò un catalogo,
d'altronde incompleto,
da cui appare come la
sua cura più lunga
fosse dedicata alla
musica strumentale.
Infatti, di fronte
alla "Zarzuela" La
Clementina, ed alcuni
numeri di pezzi sacri
e a qualche Aria
vocale, stanno
parecchie sinfonie ed
ouvertures per
orchestra, sonate per
violino e cembalo,
oltre quaranta trio,
circa novanta
quartetti per archi e
centoventicinque,
forse più, quintetti.
Il vero mondo musicale
di Boccherini fu
quest'ultimo. Il
complesso per archi
rispose sempre, in
modo preciso e
puntuale, alle sue
sollecitazioni
fantastiche.
Dei complesso per
archi il maestro
lucchese penetrò
appieno la modalità
discorsiva, le
possibilita di colori,
l'indole sonora;
sicché a fianco del
grande movimento
istrumentale
capeggiato da Haydn e
da Mozart, seppe
trovare una sua cifra,
un suo carattere
personale, e dimostrò
chiaramente come
l'Italia, se non
fossero intervenuti il
fanatismo e
l'esclusivismo
operistico, sarebbe
pervenuta anch'essa a
produrre,
nell'Ottocento
romantico, un proprio
stile sinfonico e da
camera.
I quartetti e i
quintetti di
boccherini non hanno
la densità
contrappuntistica dei
loro confratelli di
Haydn e di Mozart.
L'immaginazione
boccheriana per
risolversi e per
coneretarsi, cerca le
strade della melodia
scoperta del ritmo
luminoso, incalzante.
Boccherini ha un senso
acutissimo del
movimento come segno
palese dell'esistenza;
e l'esistenza, non
soltanto la propria
bensì ancora
l'esistenza d'ogni
creatura, d'ogni cosa,
lo interessa, lo
eccita, lo chiama a
interpretarla e a
testimoniarla. C'è
qualcosa, in lui, che
ritroveremo poi in
Schubert: questa
facilità di comunicare
con la vita e di
rifletterne,
affettuosamente, le
infinite cadenze. Per
tale impulso
interiore, egli
conchiuse il processo
della musica
istrumentale italiana
nel settecento,
ponendo termini suoi
propri al quartetto e
sviluppando il
quintetto dall'antica
sonata a cinque.
Il quartetto op.39 n.3
(in la maggiore)
appartiene a una
raccolta di dodici,
pubblicata a Parigi
dall'editore,
compositore e
fabbricante di
pianoforti Ignazio
Plejel. Siccome questa
raccolta, dal Plejel,
considerata tutta come
opera 39, contiene, in
realtà quartetti di
diverse epoche, è un
po' difficile
stabilire la data di
composizione di
ciascun lavoro. Sulla
scorta del catalogo
già ricordato,
possiamo tuttavia
credere che il
quartetto in parola
venisse scritto a
Madrid nel 1787. Esso
consta di quattro
"tempi" Allegro
moderato, Minuetto,
Grave e Allegro
giusto. L'Allegro
moderato è una specie
di tema con
variazioni, dove il
tema di carattere
contabile, un poco
languido, come certe
frasi dell'opera
comico-sentimentale, e
le variazioni, lungi
dal contenere
l'indagine armonica e
contrappuntistica di
Haydn o di Mozart,
sono piuttosto vaghi
arabeschi e riprese
ornamentali dei
quattro istrumenti. La
didascalia
boccheriniana
dell'inizio
("sottovoce e con
smorfia") è molto
indicativa di certe
intenzioni
psicologiche, di certi
atteggiamenti
rappresentativi, assai
cari al maestro
lucchese. Il Minuetto,
di linea semplice e
quasi fanciullesca,
val molto bene a
indicare il
progressivo evolversi
dell'antica forma
danzistica verso la
nervosità e la
intensità espressiva
dello Scherzo. Il suo
movimento "allegro" è
ormai già molto
lontano dal passo
galante del Minuetto
vero e proprio.
Particolare degno di
nota è che il trio
("Soave assai")
conservi la tonalità
di la maggiore invece
che passare alla
tonalità del "quarto
grado" o al relativo
minore, come
generalmente
prescritto. Il Grave è
una pagina assai
concisa, in re minore,
condotta secondo uno
schema assomigliante a
quella della canzone,
ma ricca di un
contenuto pensoso
(espresso da incisi
cromatici e da rapide
evasioni modulanti)
che preannunziano le
inquietudini di giorni
futuri. Il motivo-base
del Finale (Allegro
giusto) arieggia lo
stile dell'ouverture
d'opera comica. La sua
elaborazione, che
suddivide il disegno
fra i quattro
istrumenti e il suo
contrapporsi a un
secondo motivo
melodico, lo innalzano
però, rapidamente, nel
clima sonatistico e
aggiungendovi nuovo
vigore ne fanno un
tema ideale per
costruirvi sopra il
pezzo di chiusa.
Al 1799 risale invece
la composizione del
Quartetto in mi
bemolle maggiore,
op.58 n.3. Nel 1799,
Boccherini aveva ormai
assimilato, oltre alle
varietà formali della
nuova musica europea,
il colorismo acceso,
la forza ritmica,
l'immaginazione
profonda del canto e
della danza popolare
spagnola. Nel
Quartetto di cui
parliamo non si
trovano richiami
diretti a tipi precisi
di musica, iberica
come ne occorrono
altrove, e
segnatamente in taluni
Quintetti. Ma è palese
una tensione di
accenti, che si può
ascrivere, in parte,
all'esperienza
spagnola. E ancor più
manifesti, in tale
opera della maturità
sono i segni di una
forte introspezione e
di un'acuta indagine
sulle possibilità dei
quattro istrumenti,
sia considerati in se
stessi sia considerati
come componenti di un
tutto. L'impiego del
violoncello nel
registro acuto, spinto
a tal punto da
sovrapporlo alla viola
(primo "tempo") la
grande estensione di
certi intervalli, i
rapidi scambi fra
maggiore e minore
nella stessa armonia
(secondo "tempo") sono
ardimenti insoliti e
vere anticipazioni.
L'indicazione del
primo "tempo"
("Allegretto lento")
rivela già un segreto
della fantasia
Boccheriniana.
Infatti, i due
termini,
apparentemente
contradditori in
relazione alle norme
comuni, fissando
invece, come meglio
non si sarebbe potuto,
l'indole psicologica
di questo splendido
brano, la sottile
ambiguità di
espressione, perplessa
fra moto e
raccoglimento, la
naturalezza con cui il
fondamentale impianto
melodico si risolve in
figurazioni
essenzialmente
ritmiche.
Il Minuetto ha un
piglio fiero e deciso,
interrotto
dall'ansioso dialogare
del Trio. Segue al
Minuetto un Larghetto
malinconico,
meditabondo e
sospiroso
nell'esposizione
iniziale poi,
improvvisamente,
convulso, secondo una
maniera propria agli
Adagio di Haydn. Come
quasi tutti i "tempi"
lenti di Boccherini,
anche questo Larghetto
è estremamente
stringato. Boccherini
conosceva a fondo
l'arte di non chiedere
a un tema più di
quanto esso fosse
capace di dare. Il
Finale (Allegro vivo
assai) risulta il
pezzo più sviluppato
di tutto il Quartetto.
E' impiantato sopra un
soggetto che parrebbe
un soggetto di fuga;
ma non tiene, se non
per qualche breve
tratto "a
irnitazione", i
caratteri della forma
fugata. E' piuttosto
una pagina di
straordinaria, chiara
veemenza
discorsiva, centrata
su uno stato d'animo
unitario e così
compatto che la posa
regolamentare sulla
"dominante", nonchè
l'introduzione di idee
collaterali, quasi non
si avvertono. Non a
torto L. Piquot, il
maggior studioso di
Boccherini, pone
questo quartetto, e i
suoi confratelli
dell'opera 58, fra i
lavori più importanti
del grande Maestro.
Giulio
Confalonieri
(Columbia
QCX 10024)
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