QUARTETTO ITALIANO


Columbia - 1 LP - 33QCX 10145 - (p) 11/1955
Columbia - 1 LP - 33CX 1295 - (p) 11/1955
Testament - 1 CD - SBT 1123 - (p) 1998
Warner Classics
14 CDs - 0190296739200 - (p) & (c) 2021

Gian Francesco Malipiero (1882-1973)






Quarto Quartetto
15' 40"
- Allegro - -
8' 39"

- Allegro - 7' 01"





Sergej Prokofiev (1891-1953)






Quartetto n. 2, Op. 92
22' 25"
- Allegro sostenuto
6' 38"

- Adagio 7' 43"

- Allegro 8' 04"





 
QUARTETTO ITALIANO
- Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli, viola
- Franco Rossi, violoncello

 






Luogo e data di registrazione
Milano (Italia) - 3 agosto 1955

Registrazione: live / studio
studio

Producer / Engineer
-

Prima Edizione LP
Columbia | 33QCX 10145 - (Italy) | 1 LP | (p) 1956 | Mono
Columbia | 33CX 1295 - (England) | 1 LP | (p) 1956 | Mono


Prima Edizione CD
Testament | SBT 1123 | 1 CD - 60' 52 | (p) 1998 | ADD
Warner Classics | 0190296739200 | 14 CDs [CD7] - 38' 08" | (p) & (c) 2021 | Mono


Note
-












Personalità singolare, quella di Gian Francesco Malipiero comunque impostasi tra le più incisive della musica italiana contemporanea. Tale da sfuggire ad ogni sorta di "collocazione" anche approssimativa. Appartenente a quella famosa generazione dell'ottanta, a quella stretta cerchia di musicisti che sentirono, al loro affacciarsi sulla ribalta della vita musicale italiana, la necessità di interrompere il cielo ottecentesco del melodramma per intraprenderne nuovi (appartengono alla stessa "generazione" due musicisti non meno illustri e non meno ansiosi di rinnovare il linguaggio musicale: Casella e Pizzetti). Gian Francesco Malipiero ha dedicato la sua vita ad una serie dì esperimenti e di ricerche che doveva portarlo ad una salda maturità stilistica ed espressiva.
Non diversamente dai suoi più avveduti contemporanei (e particolarmente dai due citati), non diversamente da quella sorta di precursore che può essere considerato Ferruccio Busoni, Malipiero era già negli anni precedenti la prima guerra mondiale convinto dell'opportunità di considerare superato quel costume melodrammatico che aveva caratterizzato tutta l'attività musicale dell'Italia ottocentesca, fino a far dimenticare la musica italiana, pure tanto preziosa, dei secoli precedenti. Ma non si lasciava trascinare il musicista veneziano nelle posizioni di una sterile polemica contro l'Ottocento: una sua affermazione, risalente al 1928, ci dà la misura della sua "apertura" verso ogni forma di musica, al di là delle distinzioni più o meno artificiali: "La musica italiana non si deve fabbricare con lo stampo, essa può manifestarsi in mille modi, sotto variissimi aspetti, e nei secoli XVI e XVII l'Italia ha dato grandi musicisti i quali oggi potrebbero additare nuove strade, o forse ricondurre sulla grande strada maestra qualora li rimettessimo, almeno, allo stesso livello di quelli ottocenteschi". Almeno allo stesso livello: non è questa una dichiarazione di serena accettazione di "tutta" la tradizione musicale italiana? Naturalmente con una personale e razionale e attualissima inclinazione verso quei linguaggi musicali che per tanto tempo erano stati trascurati. E' il caso di aggiungere che a quel processo di reinserzione nel vivo costume moderno delle musiche dei secoli XVI, XVII, XVIII, ha portato un valido, decisivo contributo mediante un'enorme mole di lavoro di ricerca, di revisione, di riordinamento di antichi e dimenticati manoscritti. Una consuetudine dunque di anni e anni con le voci dei musicisti di quei tempi, consuetudine che non poteva non riflettersi sulla musica sua, conferendole quella molteplicità di inflessioni, diversissime e pur così splendidamente organizzate, che ne costituiscono una delle fondamentali ragioni di fascino.
Gian Francesco Malipiero, in occasione dell'incisione del suo Quarto Quartetto da parte del Quartetto Italiano ha dettato a sua illustrazione, su invito della Columbia, le parole che riportiamo.

"Sette sono i miei quartetti perciò il quarto è al centro, tre lo precedono tre lo seguono. Difatti esso rappresenta una specie di intermezzi ed il sesto è più il seguito del terzo che il quarto non lo sia.
Ma queste osservazioni sono postume, cioè quando scrissi il quarto quartetto, non mi proposi di considerarlo un intermezzo chè non potevo immaginare che altri tre sarebbero usciti più tardi dalla mia penna.
I compositori annunziano a gran voce le loro innovazioni, i loro programmi, tutte cose che lasciano il tempo che trovano. Io vorrei dire semplicemente senza peccare ne di umiltà nè di vanità: nel 1920 nascevano i "Rispetti e Strambotti", cioè il mio primo quartetto (ottenne il premio Coolidge del 1920) il quale in realtà non era il primo perchè, nel 1909 circa con un altro quartetto avevo tentato di dire qualche cosa che mi soddisfacesse, ma con esito negativo, tanto che lo distrussi insieme a tutti quegli esperimenti che non avrei mai valuto conservare entro boccali di vetro e sotto spirito come nei musei si conservano i feti venuti intempestívamente alla luce.
Da questa premessa la conclusione: già nel 1920 mi rendevo conto di quali risorse sonore i quattro istrumenti ad arco nel loro perfetto equilibrio dispongono. Pure i temi devono essere intraducibili per altri istrumenti, tutto deve nascere naturalmente per quartetto e se ciò è avvenuto in tutti e sette i miei quartetti null'altro posso dire, cioè sperare nonostante l'adattabilità della materia l'invenzione non sia venuta meno.
E questo il grande segreto della creazione.
Il quarto quartetto lo conclusi a termine ad Asolo, nel maggio 1934, è dedicato alla mia grande amica Elizabeth S. Coolidge, però la prima esecuzione ha avuto luogo a Milano nel dicembre del 1938, esecutori: Il Quartetto Veneziano.
Il quarto quartetto venne pubblicato a Copenaghen, dall'editore Wilhelm Hansen, nel 1936."

Il quartetto n.2 op.92 appartiene all'ultimo periodo dell'attività creativa di Prokovief, a quel periodo cioè seguente al suo ritorno definitivo nell'U.R.S.S. dopo una permanenza di molti anni in Francia ed in America.
Un primo quartetto era già stato composto dal musicista russo nel 1930 durante il suo soggiorno americano su commissione della Fondazione Elizabeth Sprague Coolidge della Biblioteca del Congresso. Il quartetto n.2 fu invece composto nel 1942 a Nalchik nel Cancaso. Nel 1941, quando le armate tedesche premevano minacciose verso Mosca, il Governo Sovietico decise di fare abbandonare ai suoi artisti più preziosi le zone pericolose per trasferirli in località più tranquille e sicure. Prokovief raggiunse appunto Nalchik, nella Repubblica autonoma di Kabardino-Balkaria e fu subito sedotto dai canti popolari di quella popolazione; nel Quartetto egli inserì materiali tematici tolti appunto alla tradizione musicale popolare locale. Così come già il primo, anche questo secondo Quartetto si articola su tre movimenti; come già il primo anche il secondo Quartetto si apre con un "Allegro" costruito sul metro di un classico primo tempo di sonata, ma il secondo tempo del Quartetto n.2 è un dolce movimento lento riprendente il tema d'una canzone caucasiana ed il terzo una libera e bizzarra invenzione sulla musica delle danze del popolo montanaro della regione di Nalchik.
La prima esecuzione del Quartetto n.2 ebbe luogo a Mosca il 7 aprile 1942 nell'interpretazione del Quartetto Beethoven.
(Columbia 33QCX 10145)