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Columbia
- 1 LP - 33QCX 10164 - (p) 10/1956
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Columbia
- 1 LP - 33CX 1383 - (p) 10/1956 |
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Tahra -
2 CD - Tah 647-648 - (c) & (p)
2008 |
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Testament
- 1 CD - SBT 1125 - (p) 1998 |
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Warner
Classics
14 CDs - 0190296739200 - (p) & (c)
2021 |
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Franz Joseph
Haydn (1732-1809) |
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Quartetto
in do maggiore, Op. 33 n. 3 (Hob.
III:39) |
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20' 11" |
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Allegro
moderato
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7' 01" |
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Scherzo e Trio |
3' 04" |
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-
Adagio |
7' 07" |
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Finale.
Rondo. Presto |
2' 59" |
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Quartetto in si bemolle
maggiore "L'Aurora", Op. 76 n. 4 (Hob. III:78) |
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24' 24" |
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-
Allegro con spirito
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8' 10" |
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-
Adagio |
6' 44" |
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-
Minuetto |
5' 02" |
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-
Allegro ma
non troppo
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4' 28" |
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QUARTETTO
ITALIANO
- Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli, viola
- Franco Rossi, violoncello
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Luogo e data
di registrazione |
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Milano (Italia) -
3 agosto 1955
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Registrazione: live
/ studio |
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studio |
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Producer / Engineer |
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Prima Edizione LP |
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Columbia | 33QCX 10164
- (Italy) | 1 LP | (p) 1956 | Mono
Columbia
| 33CX 1383 -
(England)
| 1 LP | (p) 1956 | Mono
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Prima Edizione CD |
|
Testament
| SBT
1125 | 1
CD -
79' 24" | (p)
1998
| ADD
| (Op. 33
n. 3)
Tahra | Tah
647-648 | 2 CDs - 63' 21" -
58' 42" - (1°, 1-4) | (c)
& (p) 2008 | ADD | (Op. 76
n. 4)
Warner
Classics |
0190296739200
| 14 CDs [CD8] -
44' 39" | (p)
& (c) 2021
| Mono
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Note |
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-
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Nel secolo
scorso, quando si
amavano tanto le
definizioni rette,
categoriche, e il
forte spirito
scientifico
cercava consolarsi
delle sue
concretezze
ammettendo il
miracolo e la
creazione dal
nulla nel campo
delle attività
spirituali, Franz
Joseph Haydn
passava per
"padre" assoluto,
unico,
indecomponibile
della Sinfonia e
del Quartetto
moderni. Oggidì,
più estese
ricerche e maggior
freddezza nella
considerazione dei
fatti storici
hanno dimostrato
che Haydn, come
tutti, ebbe i suoi
precursori, e che
le due forme
dianzi nominate,
queste due forme
così producenti
lungo il corso
della musica
europea fra
illuminismo
settecentesco,
romanticismo
ottocentesco e
vitalismo
contemporaneo,
nacquero da una
gestazione lenta,
frammentaria e
condivisa da
autori di
parecchie nazioni.
Ciò malgrado,
resta un fatto ben
più importante che
non quello della
"paternità"
esclusivamente
carnale: resta che
Franz Joseph
Haydn, musicista
di genio, trovò
nella Sinfonia e
nel Quartetto il
modo di
espressione meglio
aderente alla sua
personalità
originalissima; lo
specchio magico
entro cui
riflettere con
esattezza e far
vivere, intiere,
le immagini del
suo mondo
interiore. Mozart,
che fra i maestri
del suo tempo fu
probabilmente il
più ricco di
conoscenza in ogni
genere di musica e
che durante i suoi
viaggi, entrò in
contatto con le
opere di
innumerevoli
compositori, tenne
sempre Haydn in
conto di
definitore, se non
inventore, delle
nuove concezioni
quartettistiche e
non esitò a dire
ed a scrivere che
"soltanto da Haydn
aveva imparato a
fare un
Quartetto". E'
innegabile che
simultaneamente al
lavoro del maestro
austriaco, il
nostro Luigi
Boccherini,
confinato a
Madrid, procedesse
per suo conto alla
formazione del
Quartetto moderno
e vi portasse un
contributo di
straordinario
valore. Ma è
difficile
stabilire se quei
due grandi
esercitassero uno
sull'altro,
influenze formali
marcate. Un
fratello di
Boccherini era
librettista
melodrammatico
presso i teatri
viennesi all'epoca
di Haydn ed è
possibile che
possedesse e
facesse circolare
copie dei
Quartetti di Luigi
fra gli amatori
della capitale.
Così com'è
possibile che il
principe
Esterhazi,
imparentato con la
nobiltà spagnola,
propagandasse
oltre i Pirenei le
composizioni da
camera del suo
diletto e
stipendiato Franz
Joseph. Comunque
sia,
l'affermazione
mozartiana ci
sembra fare il
punto della
situazione. Fra
tanti Quartetti
che si scrivevano
allora in
Germania, in
Austria, in
Francia, in Italia
(sì, anche in
Italia, da parte
dei nostri grandi
operisti che ne
avevano ritratto
il gusto durante i
viaggi all'estero)
fra tanti
Quartetti, quelli
di Haydn
rappresentavano
un'intuizione
profonda,
elevavano il
genere su un piano
singolare, si da
renderlo un
qualcosa non
altrimenti
esprimibile. La
psicologia
haydniana, fatta
di cordiale
attenzione verso
le cose esterne,
verso i movimenti
e i gesti della
vita umana; la
psicologia
haydniana commista
d'ironia, di
tenerezza e di
salubri energie,
animata sempre dal
piacere del
dibattito fra sè e
se stesso, dal
senso di disparità
vocali e dal
desiderio di
comporle, di
armonizzarle,
differenza del più
giovane Mozart,
visse fino alla
vecchiezza una
vita sedentaria,
tutta spesa fra le
campagne feudali
del suo
aristocratico
padrone. A
differenza di
Mozart, Haydn non
subì
sollecitazioni
così numerose,
attraverso
incontri ed
esperienze in
ambienti
differentissimi di
mezza Europa. Si
costruì da solo,
nel silenzio
dell'anima e in
mezzo agli
spettacoli di un
mondo rurale, la
sua meravigliosa
parabola.
Incominciò a
dettare Quartetti
ch'era ancor
giovanissimo,
senza un piano
preciso, ma
piuttosto
rimpicciolendo in
un complesso
esiguo le
dimensioni ed i
caratteri del
Divertimento,
della Serenata,
della Suite per
orchestra, fin
quasi, possiam
dire, al limite
dell'esistenza. A
poco a poco, fondò
un dominio
indipendente fra
quei due violini,
quella viola, quel
violoncello; ne
scrutò ogni
possibile
rapporto, ogni
capacità di
recezione e di
reazione; confidò
loro tutte le
chimere, tutti i
capricci, tutte le
certezze e i
sottintesi della
sua fantasia. Il
primo grande
blocco di
Quartetti
haydniani si
estende sino al
1772. Per dieci
anni il maestro,
affascinato dalle
sirene dell'opera,
cessò dal
comporne. Ma nel
1781 venne fuori
con i sei
capolavori
dell'op.33
dedicati al
Granduca Paolo di
Russia e quindi
conosciuti sotto
il nome di
"Quartetti russi".
Consapevole di
quanto aveva
composto, dichiarò
francamente che
trattavasi di "una
maniera speciale e
del tutto nuova".
I quattro
dialoganti ormai,
si muovono sovra
una linea di
parità assoluta;
se qualcuno di
essi tace per
breve tratto, ciò
viene predisposto
perchè il suo
"rientrare"
risulti più
efficace ed
espressivo; lo
spazio sfruttato
si estende verso
l'acuto e verso il
grave; la materia
tematica filtra,
serpeggia, si
cristallizza e si
rifluisce fra
tutte le quattro
voci. E' come un
grosso diamante
che scintilli di
ugual luce in
ognuna delle sue
facce. Il terzo
Quartetto di
quest'opera 33 (do
maggiore) inizia
con un Allegro
moderato, dove il
primo violino,
dopo brevi accordi
ribattutti del
"secondo" e della
viola annuncia il
tema principale.
Si tratta di una
frase
personalissima,
che precipita
ritmicamente dopo
aver preso lo
slancio sopra un
sol, attaccato
"piano" e
rinforzato via via
da "acciaccature".
Codesto tema viene
ripetuto un tono
più alto, in
minore, e quindi,
dopo essersi
affermato nella
sua intierezza, si
sgretola, si
suddivide e si
espande alla viola
e al violoncello.
La seconda "idea",
(piano, semplice)
viene esposta
sommessamente dai
due violini soli
e, anch'essa è
ricamata da
"acciaccature". Si
direbbe che questa
figura ornamentale
e mordente sia
come la cifra di
tutto il primo
"tempo". E' da
essa, comunque,
che al terzo
Quartetto
dell'op.33 venne
il titolo di
"Quartetto degli
uccelli". Gli
svolgimenti della
"seconda parte"
sono costruiti
tanto sul primo
quanto sul secondo
tema, e presentano
quella proprietà,
quella nettezza,
quell'essenzialità
così
caratteristiche
dello stile di
Haydn. In deroga
agli schemi
ordinari, il
secondo
"movimento" non un
Adagio, bensì uno
Scherzo,
palpitante e un
poco enigmatico
come uno Scherzo
beethoveniano.
Estremamente
conciso, questo
pezzo magnifico ha
un trio ancor più
breve, affidato ai
due soli violini e
immaginoso,
luminoso come
un'ispirazione di
musici
popolareschi.
Anteponendo lo
Scherzo
all'Adagio, Haydn
ha forse voluto
preparare, con
maggior effetto,
l'entrata
cantabile del
terzo "movimento".
E invero,
l'ingresso di
quella melodia
affettuosa, dolce
e nello stesso
tempo sostenuta
come un'Aria del
grande melodramma
italiano, risulta
per causa del
momento in cui
cade, ancor più
suggestivo e
impressionante.
L'Adagio in parola
non offre molte
digressioni da uno
stato d'animo
fondamentale.
Soltanto vaghi
arabeschi del
primo violino lo
interpuntano di
respiri, lo
allietano di
rapide brezze.
Bellissima è la
"coda", che porta
al termine in una
specie di accorata
dissolvenza. Il
Rondò finale
irrompe con passo
sicuro, con
franchezza
paesana, con ritmo
insistente e poi
dilaga ilare,
felice, attraverso
un giuoco mirabile
di modulazioni
sottili. L'idea
principale ha
molte affinità con
una frase della
scena del ballo
ducale in
Rigoletto di
Verdi. La chiusa
sfuma in
lontananza il
travolgente
disegno del pezzo.
Dopo i Quartetti
delle opere 50,
54, 55, 64, 72, e
74, Haydn, nel
1797, compose i
sei che formano
l'op.76. Secondo
molti esegeti, con
questa sestina,
Franz Joseph toccò
il culmine
dell'arte sua. In
realtà, il raggio
d'azione viene
ancora ampliato,
sia per quanto
riguarda la
qualità della
materia melodica,
ritmica, armonica,
e sia per quanto
riguarda la sfera
degli interessi
umani. Spunti
drammatici, si
insinuano nella
luce delle più
beate visioni; ore
contemplative
succedono al caldo
lirismo degli
Adagio precedenti.
L'Allegro con
spirito, ch'apre
il Quartetto n.4
in si bemolle
maggiore, dopo
l'esposizione del
tema basilare,
volubile e
alitante, ribolle
e si condensa, si
indugia in
passaggi a toni
minori, senza che
una vera e propria
"seconda idea"
venga a distrarre
dal clima
fondamentale del
brano. L'Adagio
esprime una
profonda serietà
dello spirito, un
che di meditativo
e concentrato,
quasi di orante,
che fruscii di
sestine,
serpeggianti nel
primo violino e
raccolti qualche
volta dal
violoncello,
screziano di
malinconici
sorrisi. Haydn
chiama ancora
Minuetto il
"tempo"
successivo. Ma
noi, in questa
pagina, avvertiamo
un sentore d'aria
aperta, un profumo
di campagne e di
boschi che
sconvolgono dalle
radici la vecchia
danza salottiera,
galante, ed aprono
l'accesso al
popolare ländler
germanico. Di
mirabile effetto,
per il contenuto
ideale e per la
sonorità preziosa,
è il Trio.
L'ultimo "tempo"
("Allegro ma non
troppo") è un
nuovo prodigio di
invenzione
musicale. di
immagini
rinascenti l'una
dall'altra,
d'intrecci
contrappuntistici
resi con abilità
soltanto pari alla
loro chiarezza e,
staremmo per dire,
al loro candore.
Il ritmo di
codesto Finale si
accelera
progressivamente e
raggiunge, nella
conclusione,
l'andamento della
vertigine.
Giulio
Confalonieri
(Columbia
33QCX 10164)
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