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Columbia
- 1 LP - 33QCX 10380 - (p) 10/1960
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Columbia
- 1 LP - 33CX 1722 - (p) 10/1960 |
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Testament
- 1 CD - SBT 1123 - (p) 1998 |
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Warner
Classics
14 CDs - 0190296739200 - (p) & (c)
2021 |
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Robert Schumann
(1810-1856) |
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Quartetto
in la maggiore, Op. 41 n. 3 |
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33' 11" |
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-
Andante espressivo - Allegro molto
moderato
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8'
30" |
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-
Assai agitato
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8' 10" |
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-
Adagio molto
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8' 45" |
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-
Allegro molto vivace |
7' 46" |
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Igor Stravinskij
(1882-1971) |
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Tre
pezzi per quartetto d'archi (1914) |
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6' 27" |
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-
No. 1
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0' 59" |
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-
No. 2 |
2' 01" |
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-
No. 3 |
3' 27" |
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QUARTETTO
ITALIANO
- Paolo Borciani, Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli, viola
- Franco Rossi, violoncello |
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Luogo e data
di registrazione |
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Milano (Italia) -
1959
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Registrazione: live
/ studio |
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studio |
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Producer / Engineer |
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Prima Edizione LP |
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Columbia | 33QCX 10380
- (Italy) | 1 LP | (p) 10/1960
Columbia |
33CX 1722 - (England)
| 1 LP | (p)
10/1960
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Prima Edizione CD |
|
Testament
| SBT
1123 | 1
CD - 60'
52"
| (p)
1998
| ADD
| (Stravinskij)
Warner
Classics |
0190296739200
| 14 CDs
[CD13] -
39' 41" | (p)
& (c) 2021
| Stereo
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Note |
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-
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Nella
vita artistica
di Schumann noi
riconosciamo due
ben distinti
periodi. Il
primo, situabile
grosso modo, fra
il 1830 ed il
1839 è un
periodo di
giovanile
abbandono, un
periodo di
sublime
dilettantismo,
durante cui
Schumann
s'imbeve di
letture
disparate, si
accende di
entusiasmi
brucianti e di
odi
inflessibili; si
convince di
avere una
missione da
compiere e
combatte con
ardente foga
polemica per
attuarla. Da
questo periodo,
che pone il
giovane maestro
quasi un po' ai
margini della
musica
ufficiale,
escono le famose
pagine
pianistiche dei
Popillons, dei
Carnaval, della
Fantasia, dei
Pezzi
fantastici,
delle Scene
infantili, delle
Danze dei Figli
di David e delle
Novellette.
L'amore per
Clara è, allora,
non soltanto un
rapimento
dell'anima ma
altresì una
lotta quotidiana
contro
l'ostinato padre
della fanciulla.
Arriva il 1840;
gli ostacoli
sono finalmente
superati e
Robert può
sposare
l'oggetto del
suo grande
amore. Da questo
punto la sua
prospettiva
creatrice sembra
mutarsi, e, al
posto delle
spontanee
confessioni di
prima, tutte
affidate alla
voce di un amico
perfetto com'è
il pianoforte,
al posto di un
superbo oblio,
se non disdegno,
per le pratiche
più regolari
della musica,
noi troviamo
l'impegno di
allinearsi con i
maestri eccelsi
che l'hanno
preceduto e che
hanno fondato
l'impero della
nuova musica
tedesca: Haydn,
Mozart,
Beethoven e
Schubert. Un
ordine inatteso
va subentrando
nel lavoro di
Schumann;
cosicchè, se il
1840 si trova
dedicato quasi
esclusivamente
alla
composizione di
lieder per canto
e pianoforte; se
il 1841 è l'anno
delle due
Sinfonie in si
bemolle e in re
minore; il 1842
è l'anno della
musica da
camera: tre
Quartetti per
archi, un
Quintetto e un
Quartetto per
archi e
pianoforte. Già
in antecedenza,
il maestro aveva
scritto a Clara
Wieck che il
pianoforte non
poteva più
bastare al suo
sterminato
desiderio di
esprimersi con
la musica: l'8
aprile del 1842
aveva chiesto
ell'ediore
Breitkopf di
mandargli tutto
le partiture dei
Quartetti di
Mozart e di
Beethoven;
infine, nel suo
"libro di casa"
aveva annotato:
"28 aprile:
studiati i
Quartetti di
Beethoven; 6
maggio: studiati
i Quartetti di
Haydn; 2 giugno:
schizzi per un
Quartetto mio; 4
giugno:
incominciato un
Quartetto in la
minore". Il 22
luglio non
soltanto il
primo Quartetto
in la minore, ma
anche il secondo
in fa maggiore e
il terzo in la
maggiore (tutti
e tre destinati
a formare
l'opera 41) eran
compiuti. Con
questi tre
lavori, Schumann
andava ben oltre
i tentativi e
gli abbozzi del
1838 e del 1839,
ponendo, anche
nel difficile
campo delle
musica per
quattro archi
solisti,
l'istanza di una
personalità
singolare. Dei
tre Quartetti
op.41, il
secondo ed il
tezo son
certamente i più
felici, per
saldezza di
scrittura, per
importanza e
varietà di idee,
per sostenutezza
del dialogo e
per originalità
di impianto.
Il primo "tempo"
del Quartetto in
la maggiore
(allegro molto
moderato,
preceduto da una
breve
introduzione di
sette battute)
si sviluppa
intorno a un
intervallo di
"quinta
discendente"
inteso come
parte
costitutiva
dell'accordo di
"settima di
secondo grado".
Codesta specie
di sigla
melodico-armonica
(identica e
quella che
troviamo nel
primo
"movimento"
della Sonata per
pianoforte di
Beethoven, op.31
n.3) conferisce
all'apertura del
Quartetto (sia
nell'introduzione
Andante
espressivo
sia nell'Allegro
molto moderato)
un accento
interrogativo,
una specie di
esitazione,
tanto più
evidenti quanto
più il discorso
corre via, in
seguito,
eloquente e
fecondo di
immagini. La
seconda idea,
particolarmente
espansiva, viene
esposta dal
violoncello nel
registro acuto,
ripresa dal
primo violino e
quindi
amplificata
dell'unione di
quei due
strumenti. Gli
"sviluppi" che
precedono la
"ripresa" son
piuttosto
concisi e vengon
ricordati dalla
figurazione di
"quinta
discendente". Il
secondo "tempo",
Assai agitato, è
un vero e
proprio Scherzo,
condotto in
forma di
variazioni sopra
un tema di
sedici battute,
anelante e rotto
da sincopi. La
prima variazione
fluisce con vena
gagliarda; la
seconda, a
"entrate
imitative",
sembra
ironizzare un
pochino la
pratica del
contrappunto
accademico; la
terza é una
specie di
"siciliana",
raccolta e piena
di scambi
cantabili tra i
quattro
strumenti; la
quarta, che ha
tutta la foga e
l'irruenza dello
Schumann
primitivo, si
placa in una
coda quasi
patetica, resa
assai suggestiva
da una brusca
modulazione
enarmonica da fa
diesis maggiore
a mi bemolle
maggiore.
L'Adagio molto
parte da una
larga frase
melodica, di
piglio
beethoveniano;
quindi si
articola
ritmicamente
attorno ad un
disegno del
secondo violino
e si evolve in
dialoghi serrati
fino alla
"ripresa" del
motivo iniziale.
Nel "tempo" di
chiusura
(Allegro molto
vivace) il tema
principale
contiene un
accenno
all'accordo di
"settima di
secondo grado"
che
caratterizzava
la "prima idea"
del primo
"movimento";
così come, più
avanti, è
adombrato un
ritorno
dell'intervallo
melodico di
"quinta
discendente".
Pel resto,
l'Allegro molto
vivace si svolge
con andamento
serrato, con
moto pulsante,
quasi una specie
di balletto
senza ballerini,
interrotto a
metà da un
episodio in fa
maggiore,
indicato da
Schurnann "Quasi
trio" e pieno di
grazia
umoristica.
··········
Quando si
parla di Quartetto, noi abbiamo
sempre in mente, come
inscindibile da quel termine,
l'idea delle Forma-Sonata,
dramma, giuoco, contrasto
dialettico fra due, o più
"temi", colloquio fra quattro
strumenti, scorrere di motivi e
di ritmi per differenti piani
sonori , scambio e ripresa di
immagini. Orbene, Igor
Stravinsky, nella sua fervida
ansietà di ricerca, giunse a
immaginare che quella del
Quartetto per archi poteva anche
essere una semplice "situazione
musicale", un semplice dato di
fatto timbrico,
indipendentemente, dal contenuto
e, tanto più, da un particolare
atteggiarsi del contenuto
medesimo. Ecco dunque che nel
1914, sospinto in Svizzera dalle
vicende della prima guerra
Mondiale, il maestro russo
immaginò di comporre Tre pezzi
per il classico complesso
formato da due violini, una
viola e un violoncello, tre
Pezzi intieramente svuotati da
intenzioni architettoniche, come
le avevano i "movimenti" dei
tradizionali Quartetti, e
perfino da intenzioni di
equilibrio trofico come la
presentavano i "numeri" di danze
della vecchia Suite seicentesca.
Per palesare, senza tema di
venir frainteso, il proprio
concetto, Stravinsky, si astenne
addirittura dall'indicare i suoi
tre Pezzi con gli usuali
appellativi di Allegro, Adagio,
Presto, Moderato. Larghetto,
Andante o simili, e si limitò a
segnare, in fronte a ciascuno,
la misura di metronomo da lui
voluta. L'immobilismo, se così
possiamo dire, impresso da
Stravinsky a questa sua nuova
invenzione, ebbe, come
conseguenze primissime,
l'estrema brevità dei tre pezzi
nonché un contrasto netto,
profondo, fra la sonorità
dell'uno e dell'altro. Per
raggiungere quest'ultimo scopo,
l'autore sfruttò al massimo ogni
possibilità offerta dalla
tecnica degli istrumenti ad
arco, indicando con minuzia
quando gli esecutori debbano
suonare sul "ponticello", in
posizione normale e sulla
"tastiera" quando debban
scegliere una corda piuttosto
che un'altra nella declamazione
di una determinata frase; quando
debbano utilizzare la "punta",
la zona media o il "tallone"
dell'arco; quando violini e
viola debbano "pizzicare" le
corde tenendo l'istrumento alla
gola o rovesciandolo a guisa di
violoncello etc., etc.. Coneguì,
in tal maniera, un'opera di
grande interesse, enigmatica, ma
indubbbiamente suggestiva.
Il primo "pezzo" ha un vago
sentore di musica da suonatori
ambulanti. Per tutta la sua
durata il primo violino si muove
nell'ambito di sole quattro
note, ritmicamente articolate;
il secondo violino non fa altro
che introdurre, a larghi
intervalli di tempo, un disegno
discendente di altre quattro
note, che l'autore vuole siano
staccate "in modo eccessivamente
secco", la viola non si muove da
un suo lungo re centrale e il
violonoello ripete,
inesorabilmente, un conciso
pedale "figurato". Il secondo
"pezzo" invece, alterna tratti
di insistente iterazioni
ritmiche a melopee in istile
quasi recitante ed a improvvise
mosse capricciose. Nell'ultimo
pezzo, dove troviamo un accenno
al Dies irae del'innario
gregoriano, domina invece una
grave unità di linea, resa
soltanto più varia da una specie
di procedimento responsoriale.
Composti dopo Le sacre du
printemps e dopo Le rossignol, i
Tre pezzi per quartetto d'archi
vennero più tardi orchestrati
dallo steso Stravinsky e, con
l'aggiunta di un quarto brano,
intitolato Madrid, vennero a
formare i Quatre études pour
orchestre.
Giulio
Confalonieri
(Columbia
33QCX 10380)
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