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Philips
- 1 LP - 835 370 - (p) 1965
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Philips
- 1 CD - 426 097-2 - (c) 1990 |
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Joseph Haydn
(1732-1809) |
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String
Quartet in D major, Op. 64 No. 5
(Hob. III:63) "The Lark" |
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18' 18" |
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Allegro moderato
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6' 41" |
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Adagio |
5' 57" |
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Menuet (Allegretto) |
3' 27" |
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Finale (Vivace) |
2' 13" |
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String
Quartet in F major, Op. 3 No. 5
(Hob. III:17) "Sereneade" |
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13' 26" |
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Presto |
4' 20" |
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Andante e cantabile |
3' 40" |
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Minuetto |
3' 13" |
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Scherzando |
2' 13" |
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String
Quartet in D minor, Op. 76 No. 2
(Hob. III:76) "Fifths" |
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20' 33" |
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Allegro |
6' 59" |
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Andante o più tosto allegretto |
5' 28" |
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Minuetto
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3' 55" |
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Finale (Vivace assai)
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4' 11" |
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QUARTETTO
ITALIANO
- Paolo Borciani,
Elisa Pegreffi, violino
- Piero Farulli,
viola
- Franco Rossi, violoncello
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Luogo e data
di registrazione |
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Théâtre
Vevey, Vevey (Svizzera)
- 15-24
agosto 1965 |
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Registrazione: live
/ studio |
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studio |
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Producer / Engineer |
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Vittorio
Negri | Tony
Buczynski |
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Prima Edizione LP |
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Philips | 835 370 | 1
LP - 52'
58"
| (p) 1965
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Prima Edizione CD |
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Philips | 426 097-2 | 1
CD - 52'
58"
| (c) 1990 | ADD
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Note |
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LE
OPERE ORIGINALI E QUELLE
ATTRIBUITE
Haydn è entrato a far parte
della storia della musica come
“padre del quartetto”, poiché
fu il primo compositore che
partendo da un’abbondanza di
stadi preliminari - basti
citare i generi della sonata a
tre, del concerto a quattro o
della sinfonia a quattro -
riuscì a creare un tipo di
composizione in cui quattro
strumenti della stessa
famiglia e di pari importanza
si ritrovano insieme a formare
un suono assai omogeneo, pur
mantenendo ciascuno le proprie
caratteristiche specifiche. Il
suo primo biografo, Georg
Griesinger, descrisse nel 1810
come Haydn giunse a scrivere
le prime opere di questo
genere nel 1755: “...la
seguente circostanza fortuita
avrebbe fornito al compositore
i presupposti per tentare la
fortuna con la composizione di
quartetti. Un certo barone
Fürnberg aveva una proprietà
nella regione del Weinzierl
(Austria superiore), distante
alcune stazioni postali da
Vienna, e di tanto in tanto
usava invitare a casa sua il
parroco, l'amministratore,
Haydn e Albrechtsberger (un
fratello del famoso
contrappuntista che suonava il
violoncello) per l’asco1to di
piccoli brani musicali.
Fürnberg esortò Haydn a
comporre qualche pezzo che
potesse essere eseguito
insieme dai quattro
appassionati d’arte”.
L’opera per quartetto di
Haydn, che conta oltre
settanta composizioni
autentiche, è
stata oggetto di una analisi
particolarmente
approfondita per quanto
riguarda le occasioni per le
quali furono composti i pezzi,
gli sviluppi stilistici e le
influenze di altri maestri.
Tuttavia gli ultimi esiti
delle ricerche presentano
delle notevoli divergenze
rispetto alle nozioni
precedenti, soprattutto per
quanto riguarda l’op, 3. Le
sei opere pubblicate
relativamente tardi nel 1777
dall’editore parigino Bailleux
come op. 26 di Haydn,
oggigiorno non sono più
considerate originali e non
sono più
comprese nell’edizione critica
delle opere del compositore.
L’allievo di Haydn,
compositore, costruttore di
pianoforti
e editore
Ignaz Pleyel, aveva insistito
che il ciclo
fosse inserito come op. 3 nel
catalogo
ternatico di tutti i quartetti
del compositore - e anche la
lista approntata dall’allievo
di Haydn Joseph Elssler sotto
la supervisione del maestro
ormai anziano, collocava le
sei composizioni fra l’op. 2 e
l’op. 9. La lista fu
riconosciuta da Haydn, ma l'anno
in cui apparve l’edizione a
stampa, 1777, si trovava in
contraddizione coi ricordi del
vecchio maestro, il quale
sosteneva di non aver composto
quartetti fra il 1772 (l’anno
in cui completò l’op.
20) e il 1781 (che vide
nascere l'op.
33). Inoltre le sei
composizioni dell’op. 3
appaiono, in confronto agli
altri due cicli sopra citati,
talmente immature dal punto di
vista stilistico che viste nel
contesto dell’opera
complessiva di Haydn
rappresenterebbero un
incomprensibile passo
indietro. In seguito agli
studi compiuti da Tyson,
Larsen, Landon, Unverricht,
Peder e Finscher, oggi prevale
la tesi secondo cui l’editore
parigino Bailleux abbia
sfruttato finanziariamente la
fama di cui Haydn godeva in
tutta Europa per stampare
delle opere sotto il nome del
noto Kapellmeister di Esterháza,
speculando sul fatto che
sarebbero state meglio
vendibili. Oggi si ritiene che
il compositore dei sei
quartetti sia stato piuttosto
padre Romanus Hofstetter, nato
nel 1742 a Bad Mergentheim
(recentemente tuttavia nella
rivista “Musikforschung”,
fascicolo n. 3 del 1986, Günther
Zuntz ha nuovamente espresso
dei dubbi su questa teoria,
facendo anche notare delle
contraddizioni
nell’argomentazione impiegata
fino ad allora).
Hofstetter era un monaco del
convento benedettino Amorbach
nell’Odenwald; morto nel 1815
a Miltenberg am Main, egli fu
criticato in maniera
sprezzante come piccolo
maestro di capacità assai
limitate, ma col cosiddetto
“Serenadenquartett” gli riuscì un
ottimo colpo di fortuna in
campo compositivo. Se è vero
che i motivi del primo tempo
sono “dal fiato corto” , essi
tuttavia vengono sviluppati
con una certa abilità. Il
Minuetto e il Trio - il primo
caratterizzato da una certa
ruvidezza e disinvoltura che
ricorda la pista da ballo -
forniscono dei piacevoli
contrasti tematici, e anche
il Finale che porta il titolo
“Scherzando” conserva intatto
il buon umore. Ma il movimento
che acquistò
il maggior grado di popolarità fu l’Andante
cantabile, che con la
sua melodia semplice e
malleabile potrebbe essere una
serenata accompagnata da un
liuto, adattata per un insieme
di archi. È
vero che Hofstetter si attiene
a un modello che era consueto
ai suoi tempi, ad esempio
quando affida la cantilena
iniziale al primo violino,
accompagnandola con i
pizzicati degli altri archi,
ma il fascino della melodia
pone il movimento a un livello
ben più
alto della media di allora.
I sei quartetti dell’op. 64
composti nell’estate del 1790
- insieme ai cicli dell’op. 54
e op. 55 (1788) - sono
divenuti noti col titolo di
“Tost-Quartette”, perché
l’edizione a stampa presenta
una dedica al commerciante ed
ex-violinista dell’orchestra
di Esterháza,
Johann Tost. Dal punto di
vista biografico essi
rappresentano un momento
significativo nella vita di
Haydn: appartengono infatti
all’ultimo gruppo di opere
composte nella solitudine di
Esterháza
- verso
la fine di settembre morì il
suo datore di lavoro, il
principe Nikolaus, e una volta
pensionato e libero dagli
obblighi di corte Haydn fu in
grado di dedicarsi a un
pubblico più
largo. Il quinto quartetto
della serie, intitolato
“Lerchen-Quartett” (Quartetto
delle allodole) deve il suo
titolo divulgatore al tema
principale del primo
movimento, nel quale il primo
violino dopo sette battute
introduttive si abbandona in
un canto primaverile per la
durata di tredici battute,
contrappuntato da un piccolo
motivo del secondo violino.
Questo inizio presenta il
materiale per l’intero
movimento, nel quale Haydn
dimostra la piena maturità della
sua arte dell’elaborazione
monotematica. Con una
impostazione decisamente
virtuosa e concertante, e
l’ampia spaziosità dei
movimenti, egli si stacca
definitivamente da quel genere
musicale che era destinato
soprattutto ai dilettanti
colti, compiendo un passo
decisivo verso il mondo del
quartetto da concerto, le cui
difficoltà
potevano essere superate
soltanto dal rnusicista di
professione. L’Adagio
cantabile in tre parti è
basato sull’opposizione fra le
“chiare” sezioni esterne e la
tematica nel minore della
sezione centrale. Il
vigoroso minuetto viene
elaborato in maniera quasi
sinfonica e lascia intuire la
vicinanza delle Sinfonie nn.
88 e 92, nate grosso modo
nello stesso periodo, mentre
il Trio in re minore presenta
una armonizzazione
estremamente duttile e una
raffinatezza mozartiana. Il
Finale ha il carattere di un perpetuum
mobile: l’attività burrascosa
alla quale partecipano tutti
gli strumenti assume un’aria
“dotta” con l’introduzione di
una breve sezione fugata in re
minore.
I sei
quartetti dcll’op. 76 dedicati
al conte Joseph Erdödy,
dominati da una polifonia
incredibilmente filta,
nacquero più
o meno nel periodo in cui
Haydn era occupato con
l’oratorio Die Schöpfung
(La creazione). Con queste
opere della vecchiaia composte
nel 1797, che hanno il carattere di
un testamento lasciato al
mondo della musica da camera,
Haydn si trova alle soglie del
Romanticismo - l'individualista
abbandona definitivamente la
sfera della musica intesa come
intrattenimento di società,
preparando la via al XIX
secolo. Un eccezionale esempio
di come Haydn sapeva
intensificare la forza
espressiva degli elementi
melodici e armonici tramite
una magistrale tecnica
contrappuntistica, è
l’austero e inquieto Quartetto
in re minore, op. 76 n. 2. Le
due quinte discendenti che si
susseguono all’inizio (da
questo intervallo è nato
anche il titolo
“Quinten-Quartett”)
costituiscono l’elemento
propulsivo dell’intero
movimento, che rivela una
fusione della fantasia con la
componente costruttiva persino
nella sezione dello sviluppo:
qui il motivo assume un
carattere tematico, viene poi
trattato nello stretto e
finalmente combinato con il
suo intervallo complementare,
la quarta. La romanza quasi
ingenua dell’Andante
con una sezione centrale in re
minore e una variazione
dell’idea principale si rivela
come un idillio ingannatore
posto fra il primo movimento e
il minuetto; l'atmosfera
di quest’ultimo,
caratterizzato da una scialba
struttura canonica a due voci,
si trova a metà fra
il malumore e il demoniaco.
Anche il Finale, basato su una
melodia folcloristica
ungherese o slovena, mantiene
il carattere serio che si
schiarisce soltanto nella Coda
con l’effetto di una
“1iberazione”, grazie
all’intervento della tonalità maggiore.
Uwe Kraemer
(Traduzione: Claudio
Maria Perselli)
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