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1 CD -
431 769-2 - (p) 1991
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GUSTAV MAHLER
(1860-1911) |
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Symphonie
No. 1 |
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54' 43" |
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Langsam. Schleppend. Wie ein
Naturlaut - Im Anfang sehr
gemächlich |
16' 13" |
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Kräftig bewegt, doch nicht zu
schnell - Trio. Recht gemächlich |
7' 23" |
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Feierlich und gemessen, ohne zu
schleppen |
10' 32" |
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Stürmisch bewegt |
20' 35" |
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Berliner
Philharmoniker |
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Claudio
ABBADO |
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Luogo
e data di registrazione |
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Philharmonie,
Berlin (Germania) - dicembre 1989 |
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Registrazione:
live / studio |
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live |
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Produced by |
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Christopher
Alder |
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Balance Engineer
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Klaus
Hiemann |
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Editing |
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Christian
Gansch |
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Prima Edizione LP |
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nessuna |
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Prima Edizione CD |
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Deutsche
Grammophon - 431 769-2 - (1 CD) -
durata 54' 43" - (p) 1991 - DDD |
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Note |
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Cover
Photo: © Patrick Forestier / SYGMA
1991 |
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In una lettera
a Bruno Walter del dicembre
1909, accennando alla sua Prima
Sinfonia in re M,
Gustav Mahler dichiarava di
essere sempre “molto fiero
di questa sua opera
giovanile”. Al di là
dell’immediato riferimento
anagrafico (Mahler compì
l’opera tra il gennaio e il
marzo 1888, all’età di
ventisette anni, in un
empito creativo quasi
febbrile), l’attributo
“giovanile” suonerebbe però
limitativo; nella sua
temperie espressiva, nelle
sue scelte tecnico-formali,
nella sua travagliata
poetiea, questo lavoro ci
immette immediatamente e
pienamente nel vivo della
matura ispirazione
mahleriana, nei più sofferti
recessi di quel suo
paesaggio interiore segnato
da epica tragicità e al
tempo stesso da
stravolgimenti traumatici.
La Sinfonia era
comunque nata sotto il segno
del poema sinfonico, e in
cinque movimenti. Quando fu
eseguita per la prima volta,
senza suecesso, a Budapest
sotto la direzione
dell’autore (1889), Mahler
l’aveva definita appunto
“Poema sinfonico in due
parti”. E in occasione delle
sue successive riprese ad
Amburgo (1893), e poi a
Weimar (1894), che furono
precedute da una revisione
accurata della partitura, in
particolare
nell'istrumentazione, Mahler
fece pubblicare un
“programma”
particolareggiato nella
speranza di facilitarne la
comprensione. La Sinfonia
era così intitolata “'Titano',
un poema sonoro in forma
sinfonica” (Titan è
anche il titolo di un
romanzo di Jean Paul), e i
singoli movimenti portavano
ora i sottotitoli:
Parte prima
“Dai giorni
della gioventù”, fiori,
frutti e spine.
I.
“Primavera e senza fine”
II.
“Blumine”
III. “A
gonfie vele”
Parte
seconda
“Commedia
humana”
IV.
“Arenato!” (una marcia
funebre “alla maniera di
Callot”)
V.
“Dall’Inferno” (A Weimar
il titolo fu completato
e diviene “Dall’Inferno
al Paradiso”.)
Per
l'esecuzione berlinese del
1896 Mahler soppresse
titolo, sottotitoli e
allusioni programmatiche
ribattezzando il lavoro
semplicemente Sinfonia
in re maggiore e le
dette la sua articolazione
dcfinitiva in quattro
movimenti espungendovi
“Blumine”, un “episodio
amoroso” (l'espressione è
dello stesso Mahler) tratto
da musiche di scena composte
nel 1884 per il teatro di
Kassel.
A sopprimere tutti i
riferimenti programmatici
Mahler fu senz’altro indotto
dai fraintendimenti e dalle
incomprensioni di tanta
parte di pubblico e critica.
Alcuni avevano pregato
addirittura il compositore
di illustrare con precisione
le rispondenze tra la sua
musica e il romanzo di Jean
Paul; ma era stato lo stesso
Mahler a sottolineare che
qui il nome del venerato
scrittore aveva solo valore
simbolico. Più che la
vicenda di una figura
letteraria, il compositore
confessò di “avere in mente
un uorno di tempra eroica,
con la sua esperienza di
vita e la sua sofferenza,
che lotta e soccombe di
fronte al destino”.
La vicenda umana adombrata
nella Prima Sinfonia
ripropone dunque in un
assunto eroico e
approfondisce in una
dimensione tragica quella
dei Lieder eines
fahrenden Gesellen (Lieder
di un apprendista errante),
il cui protagonista è un
discendente fin de siècle
del Viandante schubertiano.
Questa approfondita e più
complessa istanza poetica e
linguistica si avverte fin
dalle battute di esordio
della Sinfonia; la
visione suggerita qui da
Mahler è quella di una
“terra di nessuno”, di un
paesaggio fantasmagorico
misterioso c senza tempo,
dove sulla sonorità
raggelata di un pedale sul
la si susseguono e
sovrappongono come in un
collage remote fanfare di
caccia, deformate “voci di
natura” (il richiamo del
cucù condotto per intervalli
di quarta anziché di terza),
una “dolce ed espressiva”
melopea dei corni,
minacciose volute cromatiche
di violoncelli e
contrabbassi, un cupo rullo
di timpani. E sullo sfondo
di questo arcano e straniato
incantesimo risuona quindi
il motivo del secondo Gesellenlied,
segnando l'apparizione del
protagonista umano di questo
epos sinfonico. Il piglio
esuberante, una certa
impronta pastorale
sembrerebbero introdurre una
nota positiva, di raggiunta
comunione con un cosmo non
più estraneo; ma ben presto
l'atmosfera dell’esordio,
resa ancor più allucinata da
sonorità più consunte (cfr.
lo sviluppo) o a volte
suggerita solo
allusivamente, incrinano
irrimediabilmente questa
utopia svelando la
sostanziale precarietà di
una visione che appariva più
rasserenata.
Il secondo movimento, sul
tipo dello scherzo, rivela
anch’esso una qualità
espressiva ambivalentw.
Nella apparente solidità e
serenità della sue
caratteristiche movenze di ländler
e valzer si insinua infatti
ripetutamente una componente
di straniamento.
Significative sono a tale
riguardo le riprese
affrettate, quasi
velleitariamente incalzanti,
della sezione principale o
certi rudi urti ritmici e
tonali (a tratti siamo in
piena bitonalità).
Nel terzo movimento, la
“Marcia funebre” che apre la
seconda parte della Sinfonia,
il capitolo della “Commedia
humana”, le costrizioni
deformanti, il traumatico
potenziale di demonismo e
allucinazione che grava
sull’essere umano, così come
i movimenti precedenti
lasciavano intravedere, si
cristallizzano in una
sequenza pregnante di
episodi: dalla grottesca
marcia funebre in forma di
canone sulla melodia
popolare “Frère Jacques”
(“Fra’ Martino”), attraverso
la lacerante trivialità di
un episodio di sapore
zigano, fino alla effimera
distensione creata da una
melodia “assai semplice e
disadorna come un’aria
popolare” (è il motivo
tratto dal quarto dei Gesellenlieder)
Fu lo stesso Mahler a
sottolineare la “straziante,
tragica ironia” di questo
movimento, che sentiva
incombere “come un’afa
greve, misteriosa”.
E violentemente, “come il
fulmine dalla nuvola nera
scaturisce il quarto
movimento”, quasi “l’urlo di
un cuore ferito nel più
profondo” (le espressioni
sono sempre di Mahler). Va
ricordata, in campo
figurativo, l'esperienza
parallela di Edvard Munch
che nella sua litografia “Il
grido”, contemporanea alla Sinfonia
mahleriana, offriva una
prova altrettanto
sconvolgente di
stravolgimento
espressionistico e di una
crisi nevrotica
esistenziale. L'esasperata
ribellione contro le forze
demoniache, dove si
riaffacciano le glaciali e
raggelate sonorità del
movimento iniziale, sfociano
infine in un motivo
trionfale mutuato dal Parsifal
wagneriano, a simboleggiare
il "Paradiso" del programma
originario. (Allo stesso
modo certi stilemi a loro
volta legati al mondo
"infernale" e tenebroso
contro cui l'eroe-viandante
mahleriano cerca di
sollevarsi si rifanno alla Dante-Symphonie
di Liszt.) Ma il
velleitarismo eloquente
della conclusione,
l'ossessivo trionfalismo e
l'ebbra eccitazione di cui
essa è pervasa sembrano
quasi emblematici di una
disfatta, quasi un esorcismo
per rimuovere quelle
abissali angosce
esistenziali in cui
un'umanità alienata è
condannata a sprofondare.
Gabriele
Cervone
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