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2 LP's
- 2707 117 - (p) 1980
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2 CD's -
423 928-2 - (p) 1980/1981 |
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GUSTAV MAHLER
(1860-1911) |
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Symphonie
No. 6 a-moll
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83' 06" |
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Long Playing 1 |
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36' 39" |
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1. Allegro energico, ma non troppo.
Heftig, aber markig |
23' 27" |
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2. Scherzo. Wuchtig |
13' 12" |
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Long Playing 2 |
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46' 27" |
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3. Andante moderato |
15' 48" |
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4. Finale. Allegro moderato -
Allegro energico |
30' 39" |
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Chicago Symphony
Orchestra |
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Claudio ABBADO |
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Luogo
e data di registrazione |
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Orchestra
Hall, Chicago (USA) - febbraio
1979 |
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Registrazione:
live / studio |
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studio |
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Production |
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Rainer
Brock |
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Recording
Supervision
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Hans
Weber |
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Tonmeister
(Balance Engineer)
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Karl-August
Naegler |
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Prima Edizione LP |
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Deutsche
Grammophon - 2707 117 - (2 LP's) -
durata 36' 39" & 46' 27" - (p)
1980 - Analogic |
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Edizione CD |
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Deutsche
Grammophon - 423 928-2 - (2 CD's)
- durata 52' 47" & 50' 53" -
(p) 1980 - ADD (+ Rückert-Lieder,
DDD) |
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Note |
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Cover Photo:
Herbert Tobias, Hamburg (LP 2707
117)
Cover Illustration: Werner
Beyeler (CD 423 928-2)
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La Sesta
Sinfonia di Mahler, che fu
composta nei mesi estivi
degli anni 1903 e 1904 a
Maiernigg, sul lago di
Wörther, è diventata famosa
con l'appellativo "La
tragica". Benché non sia
dimostrato che questo fosco
epiteto risalga allo stesso
Mahler (molte cose
sembrerebbero indicarlo) si
può dire tuttavia che esso
caratterizza in modo
appropriato il contenuto
della composizione. Se
intendiamo per tragedia, in
senso generico, la rovina
inevitabile e fatale di un
uomo in lotta con potenze
superiori, allora la Sesta
porta a buon diritto il suo
sottotitolo. Essa è l’unica
Sinfonia di Mahler che (come
ha notato Paul Bekker nel
1921) non si chiude né nella
"vittoria" (come la Prima,
la Seconda, la Quinta, la
Settima e l’Ottava) né nella
"trasfigurazione" (come la
Terza, la Quarta e la Nona)
bensì nelle tenebre.
Dell’impressione generale
che la Sinfonia fa
sull’ascoltatore è
responsabile proprio la Coda
del Finale: il passaggio
contrassegnato dal commento
"Schwer!" (Pesante)
(Cifre 165/166) - costituito
da una frase imitativa dei
tromboni e della tuba bassa
accompagnata da un rullio di
timpani - ha un distinto
carattere di Requiem. Non
meno significativo è il
fatto che Mahler prescriva
per il Finale un martello,
che cade (nella prima
versione) in tre diversi
punti del pezzo. Tutti
coloro che hanno ritenuto di
dover fare della grossolana
ironia su questo effetto
sonoro hanno del tutto
frainteso il profondo
significato simbolico del
martello. Ciò che Mahler
aveva in mente era - come ha
di nuovo riconosciuto
giustamente Paul Bekker -
"l’allusione all’intervento
di qualcosa di extraterreno,
di superiore, di fatale,
qualcosa contro il cui
effetto schiacciante e
soprannaturale l’uomo non
può più lottare".
Se si pensa che molti
simboli musicali nella Sesta
Sinfonia si riferiscono ad
intenzioni extra-musicali,
deve fare una strana
impressione il fatto che
l’opera venga considerata in
molti luoghi come "musica
assoluta". A partire da
Theodor W. Adorno si
incontra spesso l’opinione
che la grandiosa "immanenza
formale" della Sesta
costituisca il suo
contenuto. In realtà la
Sesta appartiene - assieme a
"Una vita d’eroe" di Richard
Strauss e alla Sesta
Sinfonia di Ciaikovski -
alla serie di grandi lavori
sinfonici che sono concepiti
in modo autobiografico. Alma
Mahler attesta, nelle sue
memorie, che la Sesta è
basata su una concezione
autobiografico-programmatica.
Così il tema "grande, pieno
di slancio" del primo
movimento (s’intende il tema
secondario) sarebbe stato
concepito come "ritratto" di
Alma. Nello Scherzo sarebbe
rappresentato "il gioco
aritmico dei due bambini
piccoli, che corrono
barcollando sulla sabbia".
Nel Finale Mahler descrive
"se stesso e la sua rovina,
o, come disse più tardi,
quella del suo eroe". La
spiegazione letterale di
Mahler: "L’eroe, che riceve
tre colpi dal destino, di
cui l’ultimo l’abbatte, come
un albero".
"La Sesta - afferma Alma - è
il suo lavoro più personale,
e per giunta è anche
profetico. Sia con i
'Kindertotenlieder' che
anche con la Sesta, egli ha
messo in musica la sua vita
anticipando.
Anch’egli ha ricevuto tre
colpi dal destino, e
l’ultimo di essi l’ha
abbattuto. Allora tuttavia
era sereno, e i suoi rami
verdeggiavano e fiorivano".
È impossibile capire bene il
senso più profondo di queste
affermazioni senza conoscere
nulla del mondo interiore di
Mahler. Mahler era, secondo
la testirnonianza di Richard
Specht, "un completo
determinista"; era
compenetrato dalla
convinzione "che il
creatore, nelle ore della
ispirazione, venga sollevato
a un gradino più alto,
anticipatore della sua
esistenza e che nel produrre
anticipi già l’esperienza
che la vita quotidiana dovrà
più tardi portargli". Solo
tenendo presente questa
concezione si può
comprendere ciò che
riferisce Alma, che cioè
Mahler dopo la prova
generale che precedette la
prima esecuzione della Sesta
ad Essen, nel 1906, era
profondamente scosso, e "non
era padrone di sè". Nessuna
opera, secondo Alma, lo
aveva toccato così da vicino
al primo ascolto. Sembra che
Mahler avesse davvero
presentito gli avvenimenti
che l’anno 1907 portò a lui
e alla sua famiglia: la
morte della sua figlia
maggiore, le dimissioni
dalla direzione dell’Opera
di Corte di Vienna e
soprattutto la diagnosi
della rnalattia di cuore.
Non c’è bisogno di esser
seguaci dell’interpretazione
che la psicologia del
profondo dà delle opere
dell’arte moderna per
rendersi conto del fatto che
le visioni di distruzione
che tormentarono Mahler
durante la concezione del
Finale di questa Sinfonia
"profetica" erano il
risultato di angosce
profondamente radicate.
Di importanza fondamentale
sia per la costruzione della
Sesta come anche per la
conoscenza dell’intenzione
programmatica di Mahler è il
cosiddetto Motto: una figura
che rimane estremamente
impressa nell’ascoltatore, e
che consta di un suono
dominante (la successione di
accordi maggiore-minore) e
di un caratteristico ritmo
dominante, e ritorna di
frequente con la funzione di
un "Leitmotiv", tenendo
uniti il primo movimento, lo
Scherzo e il Finale come una
grappa di ferro (i due
elementi del Motto compaiono
anche isolati). Non c’è
dubbio che il Motto abbia la
semantica di un verdetto del
destino, ed è ugualmente
fuori dubbio che la Sesta di
Mahler - come la Quinta di
Beethoven e come la Quarta e
la Quinta di Ciaikovski -
sia una Sinfonia del
Destino.
Il Motto viene intonato per
la prima volta dalle trombe
e dai timpani - dopo il tema
principale del primo
movimento, che è
estremamente energico, in
stile di marcia. Seguono un
tema dal carattere di
Corale, che sta al posto del
passaggio di transizione, e
il tema secondario "pieno di
slancio" che fu pensato come
ritratto di Alma. La
dinamica del conciso
movimento (è costruito in
modo regolare secondo lo
schema della forma-sonata)
risulta dalla
contrapposizione e
dall’elaborazione di questi
tre temi contrastanti. Alle
parti più originali del
movimento appartengono tre
passaggi nello sviluppo (C.
21-25), nella Ripresa (C.
33-35) e suhito prima della
Coda (C. 41) in cui la
musica risuona come se
venisse da molto lontano. La
campana del gregge che si
ode nel primo dei passaggi
era interpretata da Mahler
come simbolo di "solitudine
lontana dal mondo".
Il secondo movimento è
indubbiamente uno degli
Scherzi più demoniaci che
Mahler abbia scritto. Diviso
in tre parti (secondo lo
schema Sezione principale -
Trio - Sezione principale -
Trio - Sezione principale),
il movimento si sviluppa
economicamente da pochi
motivi. L’indicazione
esecutiva "Wuchtig"
(Pesante) e la direttiva
data ai suonatori "wie
gepeitscht" (come
sferzato) danno un’immagine
del carattere terrificante
delle sezioni principali. La
tematica delle sezioni in
forma di trio (che Mahler
intitola "altvärerisch"
/ "in modo di un vecchio
padre") fa invece qua e là
l’effetto di una canzone per
bambini. L’Andante moderato
è basato - come molti
movimenti lenti di Bruckner
e di Mahler - su due
complessi di temi fra loro
contrastanti, che si
alternano, in stile di
Rondò, secondo lo schema
ABABA, e vengono
periodicamente sviluppati.
Il primo tema, che oscilla
fra maggiore e minore, è
simile nel motivo al quarto
dei "Kindertotenlieder" ("Oft
denk’ ich, sie sind nur
ausgegangen!"). Il
secondo complesso di temi,
sviluppato da una melodia
"triste", è soggetto a
grandiosi crescendi.
L’episodio in mi maggiore,
strumentato in modo assai
brillante (C. 53), nel quale
risuonano nuovamente le
campane del gregge, mostra
tratti tipici della
Pastorale.
Il Finale (il più lungo di
Mahler) è costruito secondo
il modello della
forma-sonata. La
particolarità del disegno è
costituita dal fatto che
l’Esposizione, lo Sviluppo,
la Ripresa e la Coda vengono
preceduti da
un’Introduzione.
Straordinaria è in questo
movimento la ricchezza di
caratteri espressivi. I
caratteri più vari -
visionario, in stile di
Corale, in forma di marcia,
esuberante, drammaticamente
mosso, "Musica da molto
lontano", in modo di un inno
- si susseguono in rapida
alternanza. Particolare
significato hanno i colpi di
martello, che (nella prima
versione) cadono in tre
punti: al principio della
seconda e della quarta
sezione di sviluppo (C. 129
e C. 140) e nella Coda (B.
783). Mahler cancellò più
tardi, nel corso di una
sostanziale modifica della
strumentazione, il terzo
colpo di martello, perché
esso avrebbe - come suppone
Erwin Ratz - "rafforzato
troppo il senso di una
assoluta fine, che in realtà
non è una fine".
Mahler considerava la Sesta
Sinfonia come uno dei suoi
lavori più difficili da
comprendere. "La mia Sesta
proporrà degli enigmi, ai
quali potrà tentare di
avvicinarsi solo una
generazione che abbia
accolto in sè e digerito le
mie prime cinque" scrisse
nel 1904 al suo biografo
Richard Specht.
Constantin
Floros
(Traduzione:
Silvia Gaddini)
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