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2 LP's
- 423 564-1 - (p) 1988
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2 CD's -
423 564-2 - (p) 1988 |
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GUSTAV MAHLER
(1860-1911) |
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Long Playing 1 |
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52' 06" |
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Symphonie
No. 10 |
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24' 25" |
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Andante - Adagio |
24' 25" |
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Symphonie
No. 9 |
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79' 44" |
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1. Andante comodo |
27' 19" |
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Long Playing 2 |
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52' 42" |
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2. Im Tempo eines gemächlichen
Ländlers |
15' 21" |
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3. Rondo-Burleske. Allegro assai.
sehr trotzig |
12' 33" |
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4. Adagio. Sehr langsam und noch
zurückhaltend |
24' 31" |
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Wiener
Philharmoniker |
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Claudio ABBADO |
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Luoghi
e date di registrazione |
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Großer
Saal, Konzerthaus, Vienna
(Austria) - maggio 1987 (Symphony
No. 9)
Großer Saal, Musikverein, Vienna
(Austria) - giugno 1985 (Symphony
No. 10) |
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Registrazione:
live / studio |
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live |
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Production |
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Günther
Breest (Symphony No. 9)
Rainer Brock (Symphony No. 10)
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Recording
Supervision |
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Christopher
Alder (Symphony No. 9)
Rainer Brock (Symphony No. 10) |
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Tonmeister
(Balance Engineer)
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Karl-August
Naegler |
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Editing |
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Reinhild
Schmidt |
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Prima Edizione LP |
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Deutsche
Grammophon - 423 564-1 - (2 LP's)
- durata 52' 06" & 52' 42" -
(p) 1988 - Digital |
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Prima Edizione CD |
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Deutsche
Grammophon - 423 564-2 - (2 CD's)
- durata 52' 06" & 52' 42" -
(p) 1988 - DDD |
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Note |
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Cover Photo: Harro
Wolter, Hamburg |
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Una corretta
comprensione della Nona
Sinfonia di Mahler è
possihile solo alla
condizione di rinunciare
all’idea che essa sia
“musica pura", poiché
l’autore, anche quando ha
abbandonato l’uso della
parola chiarificatrice
ovvero è giunto a condannare
un qualsiasi programma per
le sue Sinfonie, non fa
musica assoluta con il
proposito di conquistare
quella bellezza cui
fatalmente dovrebbe tendbre
la vera musica secondo il
credo hanslickiano, ma mette
in suoni il contenuto della
sua stessa vita, esperienze,
sofferenze, verità e poesia.
Neppure i maggiori periodi
di crisi d’ispirazione lo
indussero ad abbandonare i
criteri del “programma
interno”,
se mai fu proprio esso a
venir distorto, a
consigliare soluzioni
formalistiche.
L'invito antico del
compositore ad ascoltare la
sua musica come “una sua
esperienza che non può
essere raccontata in parole”
non fornisce tuttavia ancora
la chiave adatta a decifrare
simboli e allusioni di cui
si cementa questa complessa
struttura. Ma è poi
possibilc definire con
chiarezza che cosa si debba
intendere per comprensione
profonda di un fatto
artistico qualsiasi, quando
i contenuti di questo fatto
sono stati simbolizzati
all`estremo attraverso un
processo discontinuo? Qui le
difficoltà sembrano essere
davvero insormontabili e
l’unico aiuto ci viene forse
dato da quelle poche parole
rintracciabili nella lettera
scritta nel lontano 1896 a
Max Marschalk: “La
mia esigenza di esprimermi
musicalmente nella forma
simbolica inizia solo quando
dominano le oscure
sensazioni, e dominano sulla
soglia che conduce all`altro
mondo; il mondo in cui le
cose non si compongono più
nel tempo e nello spazio.”
Se noi quindi appoggiamo le
nostre speranze di
comprensione della musica di
Mahler su queste sue
dichiarazioni, di fronte
alla sua Nona dovremmo
chiederci innanzi tutto
quali possibili esperienze e
sofferenze abbia vissuto il
suo autore e quali oscure
sensazioni le abbiano
accompagnate come cause o
conseguenze: ciò in pratica
significa avventurarsi in
una ricerca ai limiti della
psicologia del profondo del
Maestro. L'avventurarsi
sulle soglie dell'"altro
mondo" costituisce a nostro
avviso la sola via non
sicura, ma meno insicura per
cercare di sintonizzare gli
sparsi frammenti di
esperienze individuali con
le esigenze d`espressione
dell’artista. Naturalmcnte
ogni modo di esprimersi
tende, anche a livello
patologico, a un duplice
obiettivo: comunicare con
altri e chiarire meglio a se
stessi ciò che si dice, e
nel contempo il perché si
senta l`esigenza di
esprirnersi. Questa duplice
obiettiva condizione
dell`esprimersi comporta la
necessità di ricorrere alla
forma come forma di
inquadramento, successione,
concatenazione, e
presentazione di contenuti,
una forma peculiare a quei
dati contenuti ma che non
potrà mai essere evitata
pena la gestualità di un
soliloquio. Anche la forma
con cui l'esprimersi si
realizza aiuta perciò a
penetrare meglio il senso di
quanto viene comunicato. A
nostro avviso qui si tratta
di una riflessione sublimata
sulla morte, risolta nel
fatto artistico e senza
supporti letterari.
La riflessione letteraria
sulla morte, poetica o
filosofica che sia, quasi
mai implica nel riflettente
una condizione fisica di
precarietà; ma il malato che
è vicino a morire sente la
morte, si vede morire,
prende coscienza fisica e
psichica del suo morire, e,
nei momenti di più grande
familiarizzazione col suo
prossimo nuovo stato, vive
continuamente la propria
morte. La Nona Sinfonia è
l'esperienza di morte
vissuta razionalmente, della
morte come certezza
conquistata, un`esperienza a
guardar bene spiegabilissima
dopo Das Lied von der
Erde che costituiva il
primo appressamento al
distacco dalle miserie della
vita nella panica
prospettiva di un ritorno
alla terra che sempre
rifiorisce. Come Das
Lied von der Erde e
come poi avrebbe dovuto
essere per la Decima, anche
la Sinfonia in re maggiore
ha i due movimenti estremi
lenti, l’Andante comodo, il
primo, l`Adagio in re
bemolle maggiore, l’ultimo,
che costituiscono l’essenza
della particolare forma
ritenuta dall’artista idonea
a chiarire appunto agli
altri e a sé le esperienze
dominate dalle oscure
sensazioni, in quelle
particolari circostanze date
nell’uomo comune
dall'accumularsi dei fattori
di crisi, dal drammatico
loro esplodere, dal loro
esaurirsi in una prolungata
sospensione dell'angoscia.
Il primo movimento della
Nona Sinfonia vive
l'esperienza del distacco
nel passaggio dal collettivo
all’individuale, dalla
partecipazione al rito alla
rinuncia delle ritualità.
Non più l’addio alla terra
per il ritorno alla terra,
come nell’Abschied di
Das Lied von der Erde,
ma l`addio ai giorni
passati, ai bei sogni della
gioventù. È stato osservato
che in questo primo
inovimento abbondano le
citazioni: il tema della
morte dell’Ottava Sinfonia
di Bruckner; una
reininiscenza del “Lebewohl”
della Sonata Les Adieux
di Beethoven cui possono
aggiungersi due
autocitazioni, la prirna da
Das klagende Lied, la
seconda da Das Lied von
der Erde. Queste
citazioni esistono e fanno
parte del discorso sulla
riflessione letteraria a
proposito della morte,
propria degli anni giovanili
di Mahler, e sull`esperienza
della morte come eterno
ritorno ed eterno presente
nel grande tutto,
recentemente vissuta e che
ora viene a trovarsi in
posizione conflittuale con
la nuova esperienza
interiore. E non è forse
senza importanza mettere in
evidenza un frequente
richiamo al primo movimento
della Sinfonia in si minore
di Ciaikovski - una
citazione volutamente
distorta che sospinge verso
l’alto, ai registri acuti,
ciò che nell`originale
curvava a un dato momento
ineluttabilmente verso il
grave; quasi un’estrema
ribellione al processo
autodistruttivo che l’ultima
Sinfonia del musicista russo
dolorosamente celebra.
I due movinienti centrali
esplicano la drammatica
crisi. Elementi vitalistici,
disordinati in un discorso
spesso incoerente,
caratterizzano il Ländler
un goffo muoversi nel
passato, nelle sue ingenuità
come nelle sue trivialità;
ed elementi di lucida
ossessione connessi alla
propria recente vita di
artista, alla musica stessa,
magari ai suoi vicini
destini, sono sin troppo
chiari nel Rondò-Burleska,
dedieato ai suoi “fratelli
in Apollo”; qui volontà di
conservazione e di rottura
cozzano continuamente in un
equilibrio che blocca ogni
via d’uscita in
un'organizzazione del
disordine che fa
dell`iterazione coatta la
sola possibilità di sviluppo
non tanto dell’individuo
quanto dell’intera società.
L'ironia, e forse stavolta
“im Sinne des Plato
Eironeia” è l’apice della
crisi perché è un aspetto
della regressione verso il
sentimento del tragico:
l’animalità del Wunderhorn
nella sua cattiva infinità
malgrado le prediche di
Sant’Antonio; a temperarla
sopravviene un episodio
corale dal quale si sviluppa
in seguito il tema
principale dell’Adagio
finale, quasi che l’uomo
abbia capito alla fine di
non essere altra cosa
rispetto alla foresta e che
dietro quei neri abeti lui
pure, animale pieno di
terrore, attende l’alba
perché solo nell`azzurro
risente la vita.
Quest'Adagio che senza alcun
dubbio contende a Der
Abschied, al primo
movimento della Nona e
all’Adagio della Decima il
primato tra le pagine più
ispirate di Mahler, dissolve
nelle regioni del dolore,
liberato dalla disperazione
ina reso più acuto dal
ricordo, l’addio alla vita
agognato in quella pace
bruckneriana depurata con
gli anni dalle sue ambiguità
mistiche e richiama a tratti
le terse, rarefatte
atmosfere dell`ultimo Lied
della “Sinfonia di Lieder”.
Mahler sapeva di dover
rnorire, il suo cuore
inguaribilmente malato
glielo ricordava a ogni
battito. Con la sua Nona ci
ha trasmesso qualcosa di più
alto che un ideale di
bellezza o di perfezione
musicale pura. Ha cercato di
rivelarci un lungo momento
in cui gli si è chiarito il
senso della morte. Questo
sentimento spinto al limite
va al di là della musica che
non può essere né pura né
impura, come non può essere
né puro nè impuro un
sentimento che supera le
anguste categorie della
terminologia terrena.
· · · · ·
La liceità
dell’esecuzione dell’Andante-Adagio
della Decima è fuor di dubbo
determinata dal fatto che
esso rappresenta un
ulteriore passo in avanti
verso quello che doveva
essere per Mahler il punto
di approdo del suo credo
sinfonico.
L’Andante-Adagio è in fa
diesis maggiore. È costruito
tutto sul canto recitativo
delle viole che lo iniziano
e sulla variazione perpetua
delle sue cellule tematiche.
Nelle sedici battute che
costituiscono infatti il
recitativo delle viole si
trovano tutti gli elementi
del movimento Il principio
della variazione perpetua è,
nell’uso che ne fa Mahler
qui, profondamente aderente
allo spirito degli ultimi
Quartetti di Beethoven. Le
stesse soluzioni armoniche
che derivano dal
contrappunto a due parti
indipendenti tra di loro,
come si è già notato per il
primo movimento della Nona,
non fanno che mettere in
risalto la solidità classica
delle variazioni. Mai come
in questo movimento Mahler
arrivò a considerare ogni
singolo strumento come un
possibile solista. Può
essere interessante notare
come le 19 hattute dalla
cifra 26 a 29, aperte da una
grandiosa successione di
accordi, rammentino assai da
vicino una soluzione del
genere (da 25 a 26) della
prima parte di Das
klagende Lied. È stata
altrove ricordata un`altra
reminiscenza, precisamente
le due battute che precedono
19 citano integralmente le
tre battute di Das Lied
von der Erde alle
parole "das Glück nicht
hold". Paradossalmente qui
intendeva conclusa la pars
destruens da lui
attuata sulla vecchia
sinfonia; da qui doveva
iniziare la pars
construens. In questa
chiave va affrontato il
frammento, guardando ad esso
non tanto nel modo con cui
si è soliti fare, come ad un
testamento, ma alla
testimonianza della fiducia
di Mahler in una possibile
via che recuperando
essenzialmente il
contrappunto portasse a
salvare, magari oltre i
limiti della tonalità, la
forma classica per
eccellenza.
Ugo Duse
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