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2 CD's
- 410 726-2 - (p) 1984
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GUSTAV
MAHLER (1860-1911) |
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Symphonie Nr. 9
D-dur |
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84' 37" |
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Compact Disc 1
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44' 53" |
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- 1. Andante comodo |
28' 10" |
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- 2. Im Tempo eines
gemächlichen Ländlers. Etwas
täppisch und sehr derb |
16' 38" |
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Compact Disc 2 |
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39' 44" |
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3. Rondo-Burleske. Allegro assai.
Sehr trotzig |
12' 45" |
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4. Sehr langsam und noch
zurückhaltend |
26' 49" |
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Berliner
Philharmoniker
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Herbert von
KARAJAN |
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Luogo
e data di registrazione |
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Philharmonie,
Berliner Festwochen, Berlin
(Germania) - settembre 1982 |
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Registrazione:
live / studio |
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live |
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Production |
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Günther
Breest |
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Recording
Supervision |
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Michel
Glotz |
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Recording
Engineer |
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Günter
Hermanns |
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Editing |
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Reinhild
Schmidt
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Prima Edizione
LP |
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Edizione CD |
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Deutsche
Grammophon | 410 726-2 | (2 CD's)
| durata 44' 53" - 39' 44" | (p)
1984 | DDD |
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Note |
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Cover
Photo: Gabriela Brandenstein, Wien |
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Il
mondo di Mahler
Scrivere
una Sinfonia” -
disse una volta Mahler - “significa
creare un mondo con
l'ausilio di tutti i
mezzi che sono a
disposizione.” E
tale frase è stata poi
sempre citata e
considerata come uno degli
assunti risolutivi della
poetica mahleriana.
I mondi creati da Mahler
nelle sue compesizioni
sinfoniche e nei grandi
cicli di Lieder (è
difficile disgiungere in
lui con precisione questi
due generi, che piuttosto
fluiscono l’uno
nell’altro, si integrano e
condizionano a vicenda)
concorrono tutti insieme a
delineare il mondo di
Mahler, un universo che
sembra essere oggi
particolarmente vicino a
noi e che sa parlarci con
immediatezza. Quella
rilevante affinità che gli
anni Settanta e Ottanta
hanno mostrato e mostrano
per Mahler, si deve certo
a molte ragioni. Queste
vanno ricercate non solo
in un generico
atteggiamento nostalgico o
in una infatuazione alla
moda per il fin de siècle
e per il liberty, ma più
in profondità. Abbiamo
infatti da una parte la
qualità espressiva della
sua musica, la sua enfasi
emozionale, la sua
dimensionalità
trascendentale. Qui si
può) citare Ernst Bloch,
che già nel 1918 così
scriveva in “Geist der
Utopie” (Spirito
dell’utopia): “Nessuno
finora è stato elevato
quasi in cielo in preda ad
una musica così
estremamente fervida,
esaltante e visionaria,
più di quest’uomo ardentc,
divino, glorioso.” Ma
d’altra parte ci sono
anchc le sue molteplici
incrinature: non la
simulazione di una
condizione integra, ma
l'esperienza
dcll’ineluttabile
fallimento e pur tuttavia
della possibilità d’una
speranza. E questo semhra
essere un momento
essenziale, e tale da
colpirci profondamentc, di
qucl messaggio che
scaturisce dalla
concezione mahleriana del
mondo, quale essa traspare
dalla sua musica.
In una prospettiva
analitica e di tecnica
compositiva vi
corrispondono la
simultanea presenza e
spesso la contrapposizionc
di procedimcnti musicali
diversi, la loro
correlazione a volte
immotivata, addirittura
forzosa, che abbastanza
spesso contrasta con le
esigenze di coesione
unitaria che son proprie
della sinfonia di tipo
tradizionale. Ma possiamo
dire con Adorno che “nella
inusica c’è un’organicità
di grado più elevato, che
lascia in sospeso quella
stilistica”.
Questo grado più elevato
non è più, o meglio non è
più unicamemte
rappresentato dal tipo
della sinfonia
classico-romantica, dove
un tutto organico si
sviluppa dialetticamente,
ma si realizza spesso in
un fenomeno musicale che
ha ogni volta una sua
propria fisionomia, dove
accanto a strutture di
tipo tradizionale
permangono certi elementi
eterogenei, disorganicità,
fratture, contraddizioni,
giustapposizioni formali.
In ciò si rivela
l’ambiguità storica di
Mahler: la sua opera è
definibile da una parte
nel segno della
continuità, per i suoi
vincoli con la tradizione
sinfonica, dall’altra nel
segno della innovazione
precorrotrice, per le
numerose soluzioni
compositive che
preannunciano procedimenti
compositivi futuri.
L’ultimo grande sinfonista
radicato nella tradizione
del secolo XIX è stato il
precursore di nuove
soluzioni musicali; ciò
vale sotto molti riguardi,
ma a noi ora interessa
solo l’aspetto formale. E
se illustri compositori
contemporanei (si pensi
solo a György Ligeti e
Luciano Berio per la
generazione più anziana, e
a Wolfgang Rihm per i
giovani) si richiamano
ancora (o di nuovo) a
Mahler, uno dei motivi di
ciò sta appunto nel
particolare metodo da lui
impiegato nell'istituire
nessi musicali: ad
un’indagine analitica,
invece che nei vecchi
modelli formali - come
movimento in forma-sonata,
Lied, rondò, variazione -
ci si può imbattere in
diverse commistioni di
essi, in strutture
formalmente ibride e in
forme nuove che, sia nel
loro insieme che nel
dettaglio, richiedono di
volta in volta una
descrizione tutta
particolarc. Valga come
esempio la frequente
fusione delle tecniche
dello svolgimento
(elaborazione motivica e
contrappuntistica) con le
forme della variazione e
del Lied.
Mahler congiunge eomunque
i due principali tipi
della strutturazione
formale, i principi dello
sviluppo e
dell’allineamento, e
articola così i suoi
movimenti in parte ancora
nel senso di una
costruzione organica in
progressiva
intensificazione, ma in
parte anche come una
successione sciolta, come
una combinazione sul tipo
del collage di singoli
episodi. In ciò vengono ad
assumere un ruolo decisivo
non solo idee musicali
autonome, ma anche - e
soprattutto - immagini
gestuali e semantiche.
Cos' per esempio, la fine
di un procedimento formale
spesso non si può più
spiegare in termini
puramente musicali e
analitici. Naturalmente
s’incontrano anche in
Mahler movimenti che
finiscono con cadenze, con
formule di tipo
riassuntivo o tali da
sottolineare l’avvenuto
raggiungimento di una
meta. Conclusioni così
accentuate - analogamente
a quanto avviene nella
lingua - appongono come un
punto o un punto
esclamativo. Ma spesso
esse appaiono ispirate a
spunti letterari o
figurativi e rimangono
insolute, svanendo o (a
seconda del contesto)
sprofondando quasi nella
notte. La conclusione del
IV movimento "Äußerst
langsam -- ersterbend"
(Estremamente lento --
morendo) ne rappresenta
uno degli esempi più noti.
E poi il fatto che una
sinfonia termini con un
Adagio (si pensi anche
alla “Patetica” di
Ciaikovski), indica già
chiaramente una
particolare intenzione del
compositore. E a tale
riguardo c’è da ricordare
quel passo del “Doktor
Faustus” di Thomas Mann,
dove è descritta un’opera
dell’immaginario
compositore Adrian
Leverkühn, “Dr. Fausti
Weheklag” (Lamento del
Doktor Faustus). Il
modello di questa
descrizione di Thomas Mann
può esser stato appunto
offerto dalla conclusione
della Nona Sinfonia di
Mahler: “Ciò che alla fine
rimane e con eui l’opera
si spegne..., è l’ultimo
suono che si smorza, che
svanisce lentamente in un
punto coronato in
pianissimo. E poi non c’è
più nulla - il silenzio e
la notte. Ma quel suono
che continua a vibrare
librato nel silenzio, che
non è più, cui porge
ascolto soltanto l’anima,
e che era l'epilogo di una
sofferenza, ora non è più,
cambia il proprio senso,
sta come una luce
nella notte."
E appunto di questo si
tratta: il sinfonismo di
Mahler vuol essere più che
una semplice musica nel
senso di “forme animate di
suoni”, come l’intendevano
Eduard Hanslick e con lui
una determinata corrente
estetica. Il sinfonismo
mahleriano vuol essere un
mondo, annunciare i
dolori e le gioie della
vita. Il dolore diviene
qui dolore cosmico per
eccellenza, l’amore
diviene dedizione completa
al mondo: una
“musica-ideologia” dunque,
che nel senso di
Schopenhauer “parla di
realtà trascendenti come
una metafisica sonora”
(Carl Dahlhaus).
E ciò vale in particolar
modo per la Nona Sinfonia.
Questa è infatti l’ultima
composizione portata a
compimento da Mahler.
Composta nel 1908/09, fu
eseguita per la prima
volta sotto la direzione
di Bruno Walter nel 1912,
l’anno dopo la morte del
compositore. Era stata
preceduta da Das Lied
von der Erde (Il
Canto della terra), una
“Sinfonia con canto”, e ad
essa avrebbe fatto seguito
solo l`imponente frammento
della Decima Sinfonia. Già
da questo fatto si
chiarisce dunque come la
Nona Sinfonia possa esser
considerata una summa
della produzione
mahleriana e il suo
testamento.
“Io ho suonato di nuovo
tutta la Nona Sinfonia di
Mahler”; - scrisse nel
1912 Alban Berg alla
moglie - “il primo
movimento è la cosa più
splendida che Mahler abbia
scritto. È l’espressione
di un amore infinito per
questa terra, il desiderio
struggente di poter
viverci in pace e godere
la natura fin nelle sue
profondità più remote,
prima che sopraggiunga la
morte. Poiché questa è
inarrestabile. L’intero
movimento iniziale è
percorso da un
presentimento di morte.
Questo si avverte di
continuo e in esso culmina
tutto ciò che sembra aver
l’aura d’un sogno terreno.
Così dopo i passaggi più
delicati erompono sempre,
come nuovi ribollimenti,
dei passaggi intensificati
all’estremo. Naturalmente
ciò si avverte nella
misura più intensa in quel
passaggio colossale, dove
tale presentimento di
morte diviene certezza,
dove tra la gioia di
vivere più profondamente e
più dolorosamente sentita
la morte si annuncia con
la ‘massima energia’ ...
Contro di ciò non ci può
essere più ribellione.
Tutto quello che succede
poi, mi sernbra procedere
all’insegna della
rassegnazione. Il pensiero
è sempre rivolto
all’aldilà, che nel
passaggio ‘misterioso’
[nella partitura: 20
battute dopo la cifra 16]
appare quasi come in
un’atmosfera rarefatta -
ancora al di sopra delle
montagne - come in uno
spazio rarefatto ed
eterico. E ancora una
volta, l’ultima volta,
Mahler si volge alla
terra, non più alle sue
lotte ed imprese ..., ma
interamente e solamente
alla natura. Egli vuol
godere i tesori che la
terra gli offre e per
tutto il tempo che essa
glieli offre!” Queste
frasi, la cui formulazione
scaturisce da una piena
immedesimazione nella
vicenda biografica di
Mahler e dalla
consapevolezza della sua
imminente morte, sono
caratteristiche per
l'immagine bergiana di
Mahler e sono pure vicine
all’interpretazione di
Thomas Mann. C’è qualcuno
che potrebbe non
condividerle, una volta
calato totalmente in
questa musica di Mahler?
A confronto appaiono in un
primo tempo sorprendenti
le idee espresse nel
medesimo periodo e al
medesimo riguardo da
Arnold Schönberg:
“Quest'opera non è più
tenuta su un tono
soggettivo. Adduce
constatazioni per così
dire oggettive, quasi
spassionate, di una
bellezza che si rende
percettibile soltanto a
colui che può rinunciare
ad un calore animale e che
si sente a proprio agio in
una freddezza
intellettuale.”
Di questa musica abbiamo
così - circostanza
singolare - due giudizi
critici di segno
contrario, ma comunque si
tratta di due strade per
giungere alla sua
comprensione, dove ognuna
di queste due strade a suo
modo sa cogliere un
aspetto
dell’indescrivibile
duplice natura di questa
musica. Essa è infatti
sentimento e
spirito, estasi e
ascesi, magia e
razionalità, e proprio
nelle partiture di Mahler
è difficile separare
quanto ci colpisce e ci
trascina emozionalmente da
quell’altra dimensione,
quella intellettuale, che
si cornprende solo dopo un
prolungato confronto
analitico. Si consideri il
II movimcnto, Im Tempo
eines gemächlichen
Ländlers (Nel tempo
di un comodo Ländler); il
tema principale di accento
rustico, Etwas
täppisch und sehr derb
(Un po’ goffo e molto
vigoroso), subisce nel
corso del movimento
numerose trasformazioni,
che nella terminologia
analitica si possono
definire aumentazione,
diminuzione, collegarnento
polifonico o elaborazione
contrappuntistica di vario
tipo. Ma ciò ci dice ben
poco se noi vogliamo
sentire in profondità quel
che fa qui il compositore:
in un’ampia spirale di
sempre maggiore intensità,
che si avvia sempre di
nuovo per innalzarsi
progressivamente, egli
porta il tema ad altezze
impensate. Questo tema
sembra ‘uscir fuori di
sé’, trascinato
nell`ebbrezza e delirio di
un valzer entusiastico,
viene addirittura
potenziato fino
all’estremo mediante le
scelte d’istrumentazione e
tempo, e si muove quasi in
una danza ansante, per poi
ritrovare se stesso -
ancor sempre un po’
stravolto. Si ha così una
bizzarra visione di tutto
quello che può diventare
un ‘comodo Ländler'. Ed è
assai breve il passo che
separa questo movimento
dai Pezzi per orchestra
op. 6 di Alban Berg
(1914/15), nei quali le
tradizionali melodie
popolaresche sono
straniate in visioni
spettrali.
E si potrebbero fare tante
altre osservazioni
analoghe! Vogliamo però
qui limitarci a ricordare
due caratteristiche
fondamcntali del mondo di
Mahler. In primo luogo, la
sua musica ha
quell'accento ben noto,
che viene sì celebrato
spesso, ma che
concettualmente è ben
difficile da cogliere,
poichè indica il dato
atmosferico e
inconfondibilmente
personale dell’idioma
musicale, e implica il
fenomeno sonoro specifico
(tipiche combinazioni
strumentali, colorazioni
armoniche e procedimenti
modulatori) come anche
formazioni di motivi,
formule retoriche
d'ccompagnamento, tecniche
formali, ecc. In breve, si
tratta di tutto ciò che
contribuisce a comunicare
a chi ascolta la cifra
chiara e subito
comprensibile del
linguaggio mahleriano. Per
far menzione solo di
alcuni tratti, basta
ricordare a proposito
dell’istrumentazione
l’accostamento
consapevolmente stridulo
di figurazioni simultanee
affidate ai legni,
sostenuti dagli archi in
registro grave. O ancora
nei motivi
d’accompagnamento si
dovrebbe pensare ai brevi
e frantumati inserimenti
degli archi immediatamente
al1’inizio del I
movimento. Una
particolarità formale di
Mahler è poi la
sovrapposizione di diversi
metri fondamentali, sì che
ne risultano dislocati
effetti tetici ed
anacrusici.
E va ricordato infine
l’altro punto, che per la
presentc rcgistrazione
acquista particolare
significato: per la
ricezione del sinfonismo
di Mahler lo sviluppo
della tecnica discografica
ha avuto un’importanza
decisiva. Si può dire
senza esagerazione che la
così grande efficacia di
questa musica è stata resa
possibile solo dopo gli
sviluppi della tecnica
stereofonica a partire
dalla fine degli anni
Cinquanta. Infatti le
partiture di Mahler
richiedono una così
differenziata regia sonora
(sia riguardo
all'interpretazione del
direttore d’orchestra, che
alle possibilità di
valorizzazione di
sfumature durante la
registrazione o
l'ascolto), che in esse -
più che in ogni altro
compositore - la
perfezione tecnica diviene
addirittura una condizione
necessaria per una loro
esecuzione esteticamente
adeguata. Ciò vale
naturalrnente per gli
effetti dinamici e per le
sfumature nell’ambito
dell’istrumentazione, ma
anche per i ponderati
effetti spaziali di cui
questa musica è ricca, e
in cui si avverte un
riflesso della professione
esercitata da Mahler fino
alla morte, quella del
direttore di opere.
Infatti la distinzione tra
vicino e lontano (ad
esempio tra un vicino pianissimo
e un forte in
lontananza), le relazioni
acustiche e prospettiche
che ne risultano
all’ascolto - consistano
esse in figurazioni
musicali identiche
provenienti da punti
distanti dell’orchestra, o
siano originate da
strumenti immediatamente
vicini: tutto ciò non è
solo un gradito apparato
esteriore, ma un elemento
integrante della
composizione, e quindi un
aspetto essenziale del
mondo di Mahler.
© 1984
Prof. Dr. Volker
Scherliess
(Traduzione: Gabriele
Cervone)
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