ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 1/1 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Alessandro SCARLATTI (1660-1725)
Concerto in la minore
10' 34"


- Allegro 1' 49"

1

- Largo 1' 48"

2

- Fuga 2' 30"

3

- Piano 2' 33"

4

- Allegro 1' 54"

5
Francesco GEMINIANI (1687-1762)
Concerto Grosso in Sol minore, Op. 3 N. 2
11' 03"


- Largo e staccato 4' 55"

6

- Adagio
2' 33"


7

- Allegro 3' 35"

8
Benedetto MARCELLO (1686-1739)
Concerto Grosso in Fa maggiore, Op. 1 N. 4
9' 12"


- Largo 2' 35"

9

- Presto vivace 2' 18"

10

- Adagio 1' 45"

11

- Prestissimo 2' 35"

12
Francesco MANFREDINI (1684-1762)
Concerto Grosso in Re maggiore, Op. 3 N. 9
9' 14"


- Adagio, Presto
3' 10"

13

- Largo 3' 27"

14

- Allegro 2' 37"

15
Arcangelo CORELLI (1653-1713)
Concerto Grosso in Do minore, Op. 6 N. 3
10' 01"


- Largo 2' 46"

16

- Allegro 2' 15"

17

- Grave, Vivace 3' 20"

18

- Allegro 1' 40"

19





 
Ars Redeviva Ensemble / Milan. Munclinger, Direttore - (Scarlatti) National House, Zizkov, Prague - 15-30 April 1976
Bohuslav Martinů Orchestra / Josef. Tesik, Direttore - (Geminiani, Marcello) Stadion Hall, Brno - 24-30 June 1975
Orchestra da Camera Janáček / Zdenek. Dejmek, Direttore (Manfredini, Corelli) Prague - 1-5 November 1975
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | 1 11 1676 | (p) 1977 | (Scarlatti)
Supraphon | 1 10 1877 | (p) 1976 | (Geminiani, Marcello)
Supraphon | 1 10 1890 | (p) 1976 | (Manfredini)
Supraphon | 10 3608-1 011 | (p) 1989 | (Corelli)


Edizione CD
De Agostini | GMD 1/1 | 1 CD - durata 45' 01" | (c) 1989 | ADD

Note
-












Alessandro Scarlatti


Geminiani | Marcello


Manfredini


Corelli

CONCERTI GROSSI
Nel 1682, il compositore tedesco George Muffat, dopo aver presenziato a un concerto romano, scrisse: "ho ascoltato con gran piacere e meraviglia un'eccellente produzione di concerti dell'abilissimo signor Arcangelo Corelli, ben eseguiti con gran numero di strumenti". Con queste parole, Muffat rendeva omaggio ai dodici Concerti grossi con duoi Víolini e Violoncello di Concertino obligati, e duoi altri Violini, Viola, e Basso di Concerto Grosso ad arbitrio che si potranno raddoppiare del suo maestro, il violinista e compositore Arcangelo Corelli. Ma perché Muffat provò meraviglia, oltre che piacere, nell'ascoltarli? Perché a quei tempi il concerto grosso era una composizione nuova, sperimentata da pochi compositori e non in ogni città. Pur non potendo vantare una precisa data di nascita, il concerto grosso aveva mosso i primi passi, molto presumibilmente, tra le navate di San Petronio, a Bologna, dove, già all'inízio della seconda metà del Seicento, i musicisti locali avevano iniziato a raddoppiare le parti delle sonate a tre da chiesa. Questa operazione, che creava un effetto sonoro alquanto nuovo e piacevole, in breve tempo raggiunse un'altra città musicalmente importante: Roma. Fu proprio a Roma che, tra il 1670 e il 1680, Alessandro Stradella compose il primo concerto grosso che si conosca nella storia della musica. Fu tuttavia necessario aspettare Arcangelo Corelli perché questa nuova forma musicale stupisse, piacesse, conquistasse i gusti e i favori generali.
Dal punto di vista formale, il concerto grosso mostra aspetti analoghi a quelli delle sonate, cioé la presenza del genere da chiesa e da camera e la successione di sezioni accoppiate secondo il criterio dell'alternativa Adagio-Veloce. Dal punto di vista strutturale, possiede però un assetto peculiare: anzitutto, l'organico strumentale è suddiviso in due sezioni di diversa consistenza, l'una formata da un piccolo gruppo di strumenti ad arco analoghi a quelli della sonata a tre e l'altra formata dal complesso degli strumenti ad arco in uso all'epoca, ossia violini, viole, violoncelli, talvolta contrabbassi, oltre allo strumento a tastiera necessario a realizzare il basso continuo; in secondo luogo, l'andamento del concerto grosso è regolato, all'interno di ogni sezione o movimento, dall'alternarsi di episodi musicali fra il piccolo gruppo di strumenti, detto “concertino”, e il complesso, chiamato “tutti”. Gli episodi sono distribuiti in modo tale che il concertino propone materiali nuovi o variati in maniera virtuosistica, mentre il tutti tende a ripetere le stesse idee musicali per sottolineare la differenza tra le due sezioni strumentali e far risaltare la “bravura” del concertino; inoltre, l`alternanza fra concertino e tutti delinea una differenza di spessori sonori tra “piano” e “forte”, spesso paragonata ai “pieni” e ai “vuoti” dell'architettura barocca.
L'esempio quasi da manuale di queste regole sono proprio i dodici Concerti grossi op. 6 di Corelli, dei quali qui ascoltiamo il terzo. Il Concerto grosso op. 6 n. 3 in do minore inizia con un tempo lento e maestoso, che fa esporre il tema a tutta l'orchestra. Durante lo svolgimento, che predilige suoni compatti e sonorità rotonde, il gruppo del concertino a tratti si stacca, mettendo in evidenza l'intreccio dei due violini e del violoncello, ai quali viene regolarmente contrapposta tutta l'orchestra. Il secondo tempo è invece veloce, ma mantiene intatte le caratteristiche di alternanza fra soli e tutti. Il terzo tempo ha una breve introduzione lenta, a struttura fugata, con gli archi che entrano, uno dopo l'altro, a formare a poco a poco una  stratificazione densissima di suono che, sul finale, è sostenuto da tutta l'orchestra, ma su un accordo sospeso. La soluzione arriva subito, insieme al cambio repentino in un tempo veloce: l'effetto di domanda e risposta, di eco fra concertino e tutti si fa immediatamente sentire in una successione di interventi incalzanti e incisivi, sottolineati da scansioni ritmiche veloci. L'ultimo tempo vede esordire i due violini in un effetto di rincorsa o imitazione, in cui si inserisce a tratti tutta l'orchestra, come per tracciare un commento, una sottolineatura del serrato dialogo tra i due strumenti solisti, che emergono sempre dal resto del gruppo.
Secondo un ordine cronologico, al concerto di Corelli segue il Concerto grosso op. 1 n. 4 in fa maggiore di Benedetto Marcello, che venne scritto nel 1708, quindi nel periodo di piena fioritura di questo genere di composizione. Anche il concerto di Marcello è suddiviso in quattro tempi, due lenti e due veloci, quasi a confermare che il nobile veneziano seguì con attenzione le tracce segnate in questo campo da Corelli. ll primo tempo del Concerto grosso n. 4 ha un andamento maestoso e andante, un inizio a tutta orchestra che a tratti è all'unisono, a tratti si divide in due parti: mentre alcuni strumenti tracciano note lunghe d'accompagnamento, altri eseguono il tema, molto semplice sia melodicamente sia ritmicamente. Il secondo tempo è veloce, e inizia con un tema grazioso e incisivo, eseguito prima dal violoncello, poi dal violino e, infine, dagli archi e dal clavicembalo; a questo gruppo di strumenti si contrappone poi l'orchestra, e si prosegue così sino al finale, maestoso e in rallentando. Il terzo tempo è, invece, lento e caratterizzato da sonorità tenui; il protagonista ne è il violino, che mantiene una linea melodica molto cantabile e dolce con l'accompagnamento di tutta l'orchestra. L'ultimo tempo ha come protagonisti la viola e il violino, che si intrecciano nell`esposizione e nell'elaborazione tematica, interrotta,  sottolineata e accompagnata dal resto degli strumenti dell'orchestra.
Segue questa traccia anche il Concerto grosso in re maggiore op. 3 n. 9 di Francesco Manfredini, composto nel 1718. Simile è la struttura, simile l'alternanza tra il gruppo dei solisti (formato da violino, viola e basso continuo) e tutto il gruppo orchestrale, simile il succedersi dei tempi lenti e di quelli veloci. Il genere reso famoso da Corelli è ormai di moda e imitarlo diventa un obbligo per quasi tutti i musicisti e, soprattuto, per coloro che, come Manfredini, intendevano far conoscere, durante i viaggi all'estero, le novità dei grandi compositori italiani.
L'altro esempio qui proposto di concerto grosso appartiene a Francesco Geminiani, che, avendo studiato con Corelli, apprese evidentemente dalmaestro l'arte di comporre i concerti grossi. Geminiani scrisse il Concerto grosso op. 3 n. 2 in sol minore nel 1732, molti anni dopo la morte di Corelli e quando ormai si era da tempo stabilito a Londra, dove raccoglieva unnotevole successo. Anche in questo caso, l'esordio è lento e breve, quasi un'introduzione, maestoso e caratterizzato da suoni molto lunghi. Il dualismo fra il violino e il violoncello e il resto dell'orchestra si dipana poi dallaprecedente compattezza. Il violino inizia quindi con delle terze discendenti, sulle quali si sviluppa il tema; entra tutta l'orchestra, poi i violini riprendono il tema, dal quale nasce il commento, dolcissimo, di una viola, seguitonuovamente dall'intervento di tutta l'orchestra. Conclude, come sempre, il tempo veloce: ai violini seguono, secondo la tecnica dell'imitazione, le viole, i violoncelli e poi il resto degli strumenti, sempre sulla struttura di terze discendenti che aveva caratterizzato il tempo precedente; compare quindi un ritornello e, infine, il tema, ripreso dagli strumenti solisti e poi da tutti.
Senza data di composizione è il brano di Alessandro Scarlatti che qui ascoltiamo. Il Concerto in la minore fa parte delle Dodici sinfoníe di concerto grosso che il musicista compose, secondo un'indicazione dell'autografo conservato al British Museum di Londra, a partire dal 1715. La sua struttura è semplice, affidata al solito organico di strumenti ad arco con clavicembalo, con la novità dell'introduzione di un flauto. Nel primo tempo, il musicista sviluppa molto bene il dialogo tra flauto e violino, accompagnati con semplicità e garbo da tutta l'orchestra. Nel secondo tempo emerge invece il violino, che intreccia con violoncello e clavicembalo un  dialogo dal sapore lirico. Il tema è poi brevemente ripreso dal flauto e dal violino in stretta alternanza, fino all'accordo finale sospeso, che risolve sull'inizio del terzo tempo. Qui la struttura è fugata, con i temi che continuano a intrecciarsi fra i tre strumenti protagonisti durante l'elaborazione, freschissima e gradevole, sino all'arrivo della stretta finale che, iniziata dalviolino, viene poi continuata da viola, flauto e cembalo e conclude con un grande accordo finale. Molto delicati sono anche i due ultimi tempi, il primo lento e l'ultimo veloce, in cui Scarlatti fa cantare e dialogare gli strumenti con una semplicità, un'eloquenza, un'espressività incredibilmente suggestive e calde.
Mariangela Mianíti