ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 1/2 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Antonio VIVALDI (1678-1741)
Concerto in Mi maggiore "La Primavera", Op. 8 N.1

10' 14"


- Allegro 3' 28"

1

- Largo 2' 51"

2

- Allegro 3' 55"

3

Concerto in Sol minore "L'Estate", Op. 8 N. 2

9' 54"


- Allegro non molto
4' 48"

4

- Adagio e piano
2' 08"

5

- Allegro 2' 58"

6

Concerto in Fa maggiore "L'Autunno", Op. 8 N. 3

11' 15"


- Allegro
5' 09"


7

- Adagio molto
2' 32"

8

- Allegro 3' 34"

9

Concerto in Fa minore "L'Inverno", Op. 8 N. 4

9' 19"


- Allegro non molto
3' 42"

10

- Largo 2' 14"

11

- Allegro 3' 23"

12
Antonio VIVALDI
Sonata a tre Op. 1 N. 3
5' 31"


- Adagio
1' 23"

13

- Allemanda, Allegro
1' 48"

14

- Adagio 0' 38"

15

- Sarabanda, Allegro
1' 42"

16

Sonata a trre Op. 1 N. 2
7' 22"


- Grave 2' 16"

17

- Corrente, Allegro 2' 11"

18

- Gigue, Allegro 2' 12"

19

- Gavotta, Allegro 0' 43"

20





 
Orchestra da Camera di Praga / Libor Hlaváček, Direttore - (Le Stagioni) House of artists (Supraphon Studio), Prague - 13-16 March 1975
Ars Redeviva Ensemble / Milan. Munclinger, Direttore - (Sonate a tre)) National House, Zizkov, Prague - 15-30 April 1976
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | 1 10 2028 | (p) 1976 | (Le Quattro Stagioni)
Supraphon | 1 11 1676 | (p) 1974 | (Sonate a tre)


Edizione CD
De Agostini | GMD 1/2 | 1 CD - durata 54' 57" | (c) 1989 | ADD

Note
-












Vivaldi (Sonate a tre)


Vivaldi (Le Quattro Stagioni)


LE QUATTRO STAGIONI
Antonio Vivaldi rappresenta una delle figure più insigni del Barocco italiano. Questa composizione, sicuramente la sua più conosciuta, raggruppa quattro concerti, ciascuno ispirato a una stagione, tutti nella forma tripartita Allegro - Adagio - Allegro,che l'autore adottò sistematicamente. Anzi, per meglio guidare il pubblicoche assisteva ai suoi concerti, Vivaldi scrisse quattro sonetti che avevano la funzione di programma.
Dedicati al conte Venceslao di Marzin, i quattro concerti vennero probabilmente eseguiti per la prima volta dall'orchestra privata del nobiluomosotto la direzione dello stesso Vivaldi. L'argomento è il fluire del tempo, scandito dall'avvicendarsi delle stagioni, e in ciascuna di esse vengono narrati i fatti più divertenti e ingenui legati alla cultura popolare-contadina.Vivaldi accoglie dalla natura tutto quanto è sonoro e quindi trasferibile inmusica, ma sempre secondo la sua sensibilità e la sua visione della realtà tipicamente settecentesche: infatti egli non imita la realtà, né la descrive,bensì la interpreta e la piega alle regole del suo mondo ideale interiore.Troviamo le onomatopee, i ritornelli, le alternanze “soli-tutti”. Non è quindi la realtà che il compositore ci presenta, ma la sua visione della realtà,ordinata e composta, regolata da leggi analoghe a quelle scientifiche scoperte in quegli anni: così come la teoria della gravitazione universale organizza il sistema solare secondo una serie di rapporti di interdipendenza, allo stesso modo il sistema tonale si comporta con i suoni musicali. Un'esperienza antitetica dell'interpretazione della realtà può essere considerata, adesempio, quella della musica concreta, una corrente musicale del nostro secolo in cui i suoni della realtà divengono essi stessi i protagonisti del branomusicale, generalmente secondo un ordine casuale: anche in questo caso non è difficile scorgere una nuova visione filosofica del mondo, caratterizzata dai concetti di casualità e di relatività.
Il primo concerto, "La Primavera”, è cosi descritto dallo stesso autore nel relativo sonetto: "Giunt'è la primavera/ e festosetti/ la salutan gl'augei con lieto canto,/ei fonti allo spirar de' zeffiretti/ con dolce mormorio scorrono intanto./ Vengon' coprendo l'aer di nero ammanto/ e lampi e tuoni ad annunziarla eletti;/ indi tacendo questi, gl'augelletti/ tornan di nuovo al lor canoro incanto./ E quindi sul fiorito ameno prato/ al caro mormorio di fronde e piante/ dorme 'l caprar col fido can' a lato./ Di pastoral zampogna al suon festante/ danzan ninfe e pastor nel tetto amato/ di primavera all'apparir brillante".
L'Allegro iniziale descrive le prime due scene di tipo naturalistico, gli uccelli cinguettanti, il fiumicello gorgogliante, la tiepida aria primaverile, interrotta dal frastuono del temporale che si gonfia, esplode e poi si quieta, facendo ritornare la tranquilla soavità della scena iniziale. Il Largo è estremamente pittoresco e di grande modernità. Vivaldi sovrappone tre elementi corrispondenti a tre linee melodiche con dinamiche (intensità) differenti: lo sfondo del quadro è il mormorio delle fronde (violini pianissimo); in primo piano si snoda l'ampia, riposante melodia del violino principale che rappresenta il sonno del capraio; infine, il fido cane di cui si fa menzione nel sonetto ha l'equivalente musicale nell'unico strumento che in questo movimento funziona da basso, cioe la viola. Più esattamente, sulla parte della viola si legge sia il sottotitolo "il cane che grida" sia l'indicazione "si deve suonare sempre molto forte e strappato". Per tutte le trentotto battute la viola ripete sempre lo stesso disegno ritmico. Il fatto curioso è che in nessuna esecuzione, di cui almeno siamo a conoscenza, la viola suona «forte e strappato» come voleva Vivaldi. Si suona invece mezzoforte se non addirittura piano, con un effetto stupendo: l'uniforme battito del disegno ritmico della viola, quasi a rievocare il regolare respiro del capraio e del cane, ci introduce infatti in una natura immersa nel sonno. Una danza gaia e vivace conclude poi, secondo lo stile del tempo, la prima stagione.
Per il secondo concerto, "L'Estate", leggiamo ancora le parole di Vivaldi: "Sotto dura staggion dal sole accesa/ langue l'huom, langue 'l gregge ed arde il pino/ scioglie il cucco la voce,/ e tosto intesa/ canta la tortorella e 'l gardellino./ Zeffiro dolce spira,/ ma contesa/ muove Borea improvvisa al suo vicino;/ e piange il pastorel, perché sospesa/ teme fiera borasca e 'l suo destino./ Toglie alle membra lasse il suo riposo/il timor de' lampi, e tuoní fieri/ e de mosche e mosconi/ il stuol furioso!/ Ah, che purtroppo i suoi timor son veri;/ tuona e fulmina il ciel e grandinoso/ tronca il capo alle spiche e a' grani alteri". Anche in questo concerto abbondano le citazioni desunte dai suoni naturali; i richiami delle diverse specie di uccelli sono riprodotti con precisione, così come i ronzii degli insetti e il fragore del temporale estivo, violento e travolgente.
Il terzo sonetto, relativo a "L'Autunno", suona così: "Celebra il villanel con balli e canti/  del felice raccolto il bel piacere,/ e del liquor di Bacco accesi tanti/ finiscono col sonno il lor godere./ Fa ch'ognuno tralasci e balli e canti/ l'aria che temperata dà piacere/ e la staggion ch'invita tanti e tanti/ d'un dolcissimo sonno al bel godere./ I cacciator alla nov'alba a caccia/ con corni, schioppi e cani escon fuore;/fugge la belva e seguono la traccia./ Già sbigottita e lassa al gran rumore/ de' schioppi e cani,/ ferita minaccia/ languida di fuggir, ma/ oppressa muore".
In questo terzo concerto hanno la prevalenza i ricordi di scene di vita campestre: è il tempo della vendemmia e i contadini gustano il nettare di Bacco, che prima accende gli animi e poi li abbandona in un sonnolento torpore. La scena conclusiva celebra i piaceri della caccia, senza dimenticare però le pene della preda che viene pietosamente descritta nella sua inutile ricerca di salvezza e nel suo cedere sfinita ai suoi persecutori.
Infine il sonetto de "L'Inverno": "Agghiacciato tremar tra nevi algenti/ al severo spirar d'orrido vento,/ correr battendo i piedi ogni momento/ e per soverchio gel/ batter i denti;/ passar al foco i dì quieti e contenti/ mentre la pioggia fuor bagna ben cento./ Camminar sopra 'l ghiaccio, e a passo lento/ per timor di cader girsene intenti./ Gir forte, sdrucciolar, cader a terra,/ di nuovo ir sopra 'l ghiaccio e correr forte/ sin ch'il ghiaccio si rompe e si disserra;/ sentir uscir dalle ferrate porte/ Sirocco, Borea e tutti i venti in guerra./ Quest'è 'l verno, ma tal che gioia apporte".
ll primo movimento riproduce il clima rigido dell'inverno descritto nei versi iniziali del sonetto: si apre con un 'tremare' dei primi violini sopra gli accordi marcati dell'orchestra, poi le 'folate` del violino solista scuotono la scena, costringendo il viandante a correre battendo i piedi (note ribattute) e i denti (suoni ribattuti e dissonanti); il movimento si conclude con un brivido di freddo generale (tutti forte). Il secondo quadretto è tanto breve quanto suggestivo. Sopra gli accordi pizzicati dei violini (la pioggia che "bagna ben cento") e sopra le note lunghe (pianissimo con Parco) della viola il violino solista libra una dolce melodia, che richiama i giorni "quieti e contenti" trascorsi davanti al fuoco, ripresa con diverso sviluppo: un'evocazione incomparabile di sole diciotto battute. Nel terzo movimento ondeggianti sestine del violino solista introducono il circospetto camminare sul ghiaccio, quindi anche l'orchestra si unisce in ribattuti puntati. Seguono rapide scale discendenti "sdrucciolar, cader a terra", e quando il ghiaccio si rompe anche gli archi spezzano lo svolgimento della melodia su accordi secchi e pausati. Infine i venti escono "dalle ferrate porte": violino solista e orchestra si contrappongono in un dialogo sempre più incalzante e turbinoso fino all'impetuosa chiusura del concerto.

SONATE A TRE OP. 1 N. 3 E N. 2
Questo genere di sonata, la più importante tra le composizioni strumentali del Barocco, venne usata da numerosi musicisti, tra cui anche Vivaldi. Scritta per due strumenti melodici e basso continuo, rispetta la suddivisione in più movimenti, tipica della sonata da chiesa da cui deriva: al tempo lento iniziale seguono movimenti più vivaci, nei quali prevalgono la forma imitativa e l'uso del fugato, sempre in un'atmosfera di severità e di equilibrio. Infatti, da questo tipo di sonata derivò la sonata classica, mentre dalla sonata da camera, più briosa e salottiera, nacque la suite.
La combinazione strumentale più comune nella sonata a tre prevede due violini e basso continuo, ma ve ne sono anche con due flauti, flauto e violino, oboe e violino o viola da gamba. Le due sonate che vengono presentate in questa raccolta appartengono al secondo tipo: abbiamo infatti un flauto e un violino oltre al basso continuo eseguito al clavicembalo. A questo proposito dobbiamo aggiungere una piccola curiosità che riguarda il numero degli esecutori; la sonata a tre infatti viene per consuetudine eseguitada quattro musicisti, in quanto la parte del basso continuo è di norma raddoppiata: ciò si verifica anche nel nostro caso, e così possiamo udire la parte del clavicembalo rinforzata dal violoncello.
Entrambe le sonate vivaldiane si attengono alla struttura formale propria di questo genere, sia nella suddivisione dei movimenti sia negli espedienti narrativi prescelti. Ci troviamo dinanzi a graziose gemme di semplicità e purezza di stile, oltre che a notevoli esempi di narrazione concisa e intima, che riesce a creare in uno spazio di tempo esiguo uno stato di profonda commozione anche nell'ascoltatore attento del ventesimo secolo.
Maria Luisa Merlo