ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 1/11 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Johann Sebastian BACH (1685-1750)
Concerto Brandeburghese N. 1 in Fa maggiore, BWV 1046
21' 52"


- (Allegro)
4' 16"

1

- Adagio 4' 36"

2

- Allegro 4' 54"

3

- Minuetto · Polacca
8' 06"

4

Concerto Brandeburghese N. 2 in Fa maggiore, BWV 1047
12' 24"


- (Allegro) 5' 18"

5

- Andante
4' 12"


6

- Allegro assai
2' 54"

7

Concerto Brandeburghese N. 3 in Sol maggiore, BWV 1048
9' 56"


- (Allegro) 6' 10"

8

- Adagio 0' 20"

9

- Allegro 3' 26"

10





 
The Zurich Baroque Ensemble / Carl Schuricht, Direttore Recorded in May 1966
 - W. Speth, G. Schlund, Corni / M. Sax, Fagotto / R. Meylan, Flauto
- H. Holliger, A. Raoult, M. Piguet, Oboi / M. André, Tromba / J.-M. Hayoz, J. Schoop, F. Erb, Viole

- B. Langbein, E. Glanz, M. Halioua, Violini / C. Starck, W. Reitz, S. Langmeier, Violoncelli

 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | SMS 2378 | (p) 1966


Edizione CD
De Agostini | GMD 1/11 | 1 CD - durata 44' 43" | (c) 1989 | ADD

Note
-












Bach

CONCERTI BRANDEBURGHESI N. 1, 2, 3
Nel marzo (o maggio) 1721 Bach inviò da Köthen un manoscritto indirizzato al margravio di Brandeburgo Cristiano Luigi. Questo è il testo della dedica che il compositore scrisse, in francese, sul frontespizio: «Monsignore, due anni fa, compresi che Vostra Altezza sarebbe stata graziosamente disposta ad accettare qualche mia composizione, avendo avuto l'onore di suonare alla presenza di Vostra Altezza che in quell'occasione si mostrò benevolmente interessata al piccolo talento per la musica che il Cielo mi ha donato. Obbediente al Vostro benevolo desiderio, mi prendo la libertà di presentare a Vostra Altezza Reale il mio più umile ossequio con questi Concerti per strumenti diversi, pregando Vostra altezza di non voler giudicare le loro imperfezioni, secondo il gusto fine e delicato che tutti sanno Voi possedete per la musica, ma di tener piuttosto in considerazione il profondo rispetto e l'umilissima obbedienza che Vi voglio manifestare. In conclusione, Monsignore, io pregocon grande umiltà Vostra Altezza Reale di avere la bontà di continuare a largirmi il suo favore e di persuadersi che nulla mi sta maggiormente a cuore che impegnarmi in occasioni più degne di Voi nel vostro servizio, con uno zelo senza paragone». (trad. M. L. Merlo).
Cristiano Luigi era un appassionato musicofilo e con tutta probabilità aveva udito Bach durante i concerti organizzati a Carlsbad dal principe Leopoldo negli anni 1718-19. La richiesta che egli formulò al musicista fu soddisfatta in breve tempo e si suppone che Bach intendesse consegnare il dono in occasione del compleanno del margravio, ma l'assenza di alcun documento relativo all'avvenimento lascia supporre che non fu mai eseguitodal destinatario. Il catalogo delle opere custodite nella biblioteca privata del nobile non annovera tra le numerose opere, alcune anche rare, il manoscritto in questione, che probabilmente fu venduto, insieme con molti altri,  dopo la morte di Cristiano Luigi, avvenuta nel 1734. La fortuna ha voluto però che questo prezioso documento non andasse perduto; infatti pervenne, non sappiamo come, alla principessa Amalia di Prussia, ed è conservato nella sua dimora attuale a Berlino. Bach comunque tenne per sé un'altra copia, ed eseguì la composizione a Köthen, dove lavorava alle dipendenze del principe Leopoldo. Una nota spese del 6 giugno 1722 rappresenta il documento più importante che conferma le ripetute esecuzioni di questi pezzi. La cappella musicale non comprendeva suonatori di corno, che invece furono utilizzati nei Brandeburghesi; quindi, l'indicazione «due suonatori di corno che si fecero sentire qui, talleri 15
» è da considerarsi sicuramente in relazione con i concerti bachiani.
Nella stesura di queste composizioni Bach si richiama al modello vivaldiano facendo propria la suddivisione in tre movimenti; tuttavia il tessuto contrappuntistico assai più denso e il modo più articolato di contrapporre tematicamente concertino e concerto grosso fanno di quest`opera un avvenimento ìmportantissimo e nuovo nel panorama musicale del tempo. Bach definisce le sue composizioni 'Concerti per diversi strumenti', ma la forma è quella del concerto grosso con la contrapposizione tra soli e tutti. La presenza dei fiati, sempre valorizzati, è un elemento tipico della musica tedesca: in particolare Bach, differenziandosi così da Vivaldi, inserisce frequentemente motivi che si richiamano alle melodie degli Stadtpfeifer, una sorta di banditori che si annunciavano con suoni di trombette.
Il primo dei suoi Concerti brandeburghesi è, dei sei da lui composti, il più ricco nella compagine strumentale. Fino ad allora la musica era stata soprattutto vocale e si era quindi modellata sulle possibilità della voce umana; il Barocco invece conquista gli strumenti: ci si accorge che essi possiedono una carica emotiva mai udita prima e che moltiplica, attraverso il gioco delle diverse combinazioni, le possibilità espressive della voce. Nel Concerto n. 1 in fa maggiore BWV 1046 il quartetto d`archi è rinforzato all'acuto dal violino piccolo (che è accordato un quarta più su) e al grave dal violone grosso (il predecessore del contrabbasso); a essi si aggiungono due corni, tre oboi, un fagotto e il clavicembalo con funzione di basso continuo. In questo concerto non esiste una contrapposizione netta tra soli etutti e non vi è un tema che caratterizzi ciascuno dei due gruppi.
Il primo movimento infatti si apre con la declamazione corale del primoinciso tematico e i primi nove suoni che lo compongono ritorneranno, come una specie di segnale, lungo tutto il pezzo eseguiti da strumenti diversi, come per annunciare l'attacco di un nuovo tema. I temi sono sette e vengono rielaborati dall'intera orchestra che appare suddivisa in tre gruppi: corni, legni e archi; tuttavia essa non smarrisce mai la sua intima unità, anzi manifesta appieno una profonda coesione tra i diversi strumenti che creano un'atmosfera omogenea, splendida nella complessità del contrappunto a dieci parti. Questo Allegro ci permette di scoprire una caratteristica fondamentale del linguaggio musicale di questo periodo: la melodia infatti si libra in lussureggianti volute, in un continuo, instancabile concatenarsi di motivi diversi che rimbalzano da uno strumento all'altro, proprio come nei palazzi costruiti in quest'epoca, dove le curve passano dall'androne alle volte, dallo scaleo ai frontoni delle finestre e alle decorazioni delle pareti, in un vistoso succedersi di linee diritte, curve, spezzate, oblique.
L'Adagio che segue è una pagina di toccante bellezza in cui l'oboe canta una struggente melodia. Quando viene introdotta la voce più cupa del fagotto, l'atmosfera diviene più intensa e fremente, e anche gli archi acquistano maggior vigore per sottolineare il momento culminante dell'intero movimento che ritorna nelle sonorità dimesse dell'esordio solo alle battute estreme. Philipp Spitta, uno dei maggiori biografi bachiani, scrisse che con questo Adagio ci troviamo dinanzi a «uno dei più commossi canti di dolore che siano mai stati scritti». Soprattutto l'uso frequente delle dissonanze crea l'indimenticabile tono di struggente pathos che pervade questa pagina: un esempio significativo è rappresentato dalle battute iniziali, dove il sol naturale dell'oboe 'urta' contro il sol diesis del basso, creando in tal modo un effetto aspro e drammatico.
Il finale, Allegro, irrompe grandioso ed energico dopo la pausa triste e funerea del secondo movimento. L'orchestra ci appare scintillante e animata da una vitalità ottimistica e virile. In coda al concerto troviamo due danze, un Minuetto e una Polacca, veri e propri gioielli, anche se non del tutto coerenti con la forma del concerto. Dobbiamo però ricordare che la musica da ballo era estremamente in voga al tempo di Bach e, con tutta probabilità, l'inserimento delle due danze fu un gesto di benevola condiscendenza nei confronti dei gusti dei suoi ascoltatori. Le due danze vengono eseguite una di seguito all'altra e sono inframmezzate da due trii, il primo affidato ai due oboi con il fagotto, il secondo ai due corni con gli oboi.
Il Concerto n. 2 in fa maggiore BWV 1047 è scritto nella medesima tonalità del primo, ma è diversa la compagine orchestrale: tromba, flauto dritto,oboe, violino per il concertino e l'intera orchestra d'archi nel ruolo di concerto grosso. Questa distribuzione rappresenta una notevole novità in quanto il concertino abitualmente era composto da due violini e un violoncello e non, come in questo caso, dal violino con tre fiati.
Il primo movimento è un Allegro in cui la limpidezza narrativa e la semplicità tessono un nitido ricamo. L'Andante che segue si sposta nella tonalità triste e lamentosa di re minore e solo la voce di quattro strumenti si leva per dar vita a un delizioso e raccolto episodio. Violino, oboe e flauto si rincorrono cantando l'inciso tematico sul fluire pacato e rassicurante del clavicembalo. Il finale, Allegro assai, è una fuga che viene svolta dagli strumenti del concertino (quindi a quattro voci) con l'accompagnamento del clavicembalo, solo in rari momenti rinforzato dall'orchestra.
Questo concerto fu subito particolarmente apprezzato per la sua nitidezza ma soprattutto per l'intenso pathos che lo percorre interamente. Philipp Spitta descrive così l'effetto che gli produsse l'ascolto di questo concerto: «Il primo movimento si snoda come un gruppo di giovani cavalieri, con gli occhi scintillanti e i cimieri al vento. Uno comincia una canzone gioiosa, la cui eco risuona tra le alte fronde della foresta; il secondo e il terzo attaccano anche loro, e le loro melodie cameratesche si trasformano in un coro; ora la canzone si perde in lontananza: diventa sempre più debole, si ode ancora per un attimo, poi viene portata via dal vento e sommersa dal frusciare delle foglie. E tutto ciò si svolge in un semplice movimento di concerto!
» (Trad. M. L. Merlo).
Il Concerto n. 3 in sol maggiore BWV 1048 è scritto esclusivamente per archi: tre violini, tre viole, tre violoncelli, violone e clavicembalo. Il primo movimento è simile all'Allegro iniziale del primo concerto, anche se alcuni esperti dcll'opera bachiana lo reputano superiore nel modo in cui il materiale sonoro viene utilizzato. I violini, le viole e i violoncelli per lo più vengono trattati separatamente e creano un'interessante contrapposizione a tre, ma in alcuni passaggi suonano all'unisono generando una varietà continua. I nuclei tematici utilizzati sono essenzialmente due, assai brevi e caratterizzati dall'intervallo di semitono discendente. Molto interessante è la sezione conclusiva del movimento, quando il primo inciso tematico viene ripreso e rimandato dalle viole ai violini, come in un gioco di specchi in una polifonia smagliante e vivissima. Non vi è un vero e proprio Andante in questo concerto, ma due soli accordi lenti interrompono la festosa atmosfera del primo movimento e preludono all'Allegro finale. In quest'ultimo l'inciso tematico viene rielaborato senza sosta con un andamento incalzante e ricco di energico ottimismo.
Maria Luisa Merlo