ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 1/14 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Johann Sebastian BACH (1685-1750)
dalla Partita N. 2 in Re minore per Violino solo, BWV 1004
15' 54"
1

- Ciaccona 15' 54"



Suite per Violoncello solo N. 1 in Sol maggiore, BWV 1007

16' 50"


- Preludio 2' 05"

2

- Allemanda 4' 20"

3

- Corrente 2' 30"

4

- Sarabanda 2' 45"

5

- Minuetto I/II
3' 30"

6

- Giga 1' 40"

7

Sonata per Flauto e Clavicembalo N. 1 in Si minore, BWV 1030
17' 55"


- Andante 7' 43"

8

- Largo e dolce 3' 47"

9

- Presto. Allegro
6' 25"

10

Sonata per Flauto e Clavicembalo N. 3 in La maggiore, BWV 1032
7' 38"


- Largo e dolce
3' 09"

11

- Allegro 4' 29"

12





 
Bretislav Novotny, Violino - (1) Studio Domovina, Prague - 28 April / 8 September 1969
Milos Sadlo, Violoncello - (2-7) Studio Domovina, Prague - January 1969
Milan Munclinger, Flauto / Josef Hala, Clavicembalo (8-12) Supraphon Studios, Prague - 1969
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | 1 11 1101-03 | (p) 1971 | (1)
Supraphon | 1 11 1701-03 | (p) 1978 | (2-7)
Supraphon | SUA ST 50920 | (p) 1969 | (8-12)


Edizione CD
De Agostini | GMD 1/14 | 1 CD - durata 59' 04" | (c) 1989 | ADD

Note
-












Bach (1)


Bach (2-7)


Bach (8-12)


4 COMPOSIZIONI CAMERISTICHE
Nel 1717 Bach lasciò il servizio presso il duca di Sassonia-Weimar per trasferirsi alla piccola corte di Köthen. Qui rimase fino al 1723 con l'incarico di Kapellmeister alle dipendenze del giovane principe Leopoldo, esperto musicista e generoso mecenatc, discreto basso e apprezzato suonatore di violino, viola da gamba e clavicembalo. Il soggiorno a Köthen segnò un notevole cambiamento nella produzione del compositore che, fino a quel momento, aveva sempre operato in ambienti di religione luterana, svolgendo il servizio di organista in diverse chiese, dove la sua principale occupazione era quella di scrivere musiche per le funzioni liturgiche. A Köthen, al contrario, si era adottata la riforma calvinista, che escludeva dalle funzioni religiose qualsiasi forma di musica sacra all'infuori dei salmi. Bach, che fino ad allora si era impegnato essenzialmente nel campo della musica per organo e delle cantate, dovette rivolgersi così al settore musicale profano.
Per l'esattezza, il compositore aveva il compito di provvedere alle musiche concertistiche di corte e a quelle destinate a particolari festività. Ma, al di là del suo ruolo di musicista di corte, egli si trovò a operare in un ambiente colto dal punto di vista musicale e fu positivamente stimolato dalla competenza strumentale e dalle richieste del principe. Questi riuniva intorno a séun vero e proprio circolo musicale di dilettanti, interessati non solo al piacere di far musica ma anche alla ricerca teorico-speculativa: dunque, ascoltatori-studiosi estremamente diversi dal pubblico domenicale che seguiva il servizio liturgico. Inoltre Bach poteva affidarsi, per le pagine concertistiche, a un'orchestra locale, il Collegium musicum, che costituiva un complesso di ottimo livello; mentre per le esigenze di repertorio cameristico potevano intervenire gli stessi frequentatori del circolo musicale.
Nacquero così alcuni tra i migliori lavori strumentali di Bach, tutti concepiti con un potente spirito di ricerca e con un deciso bisogno di nuove esperienze che lo spinsero a studiare partiture italiane e francesi, a elaborare lecombinazioni sonore più svariate e a individuare nuove possibilità tecnichee timbriche dei vari strumenti solisti. Sono di questo fervido periodo, oltre ai Sei Concerti brandeburghesi e alle Ouvertures n. 1 e n. 2, per ricordare solo alcuni titoli, anche le quattro composizioni che qui presentiamo.
La Partita n. 2 in re minore BWV 1004 fa parte di un gruppo di sei pezzi, Tre sonate e tre partite per violino solo, redatto da Bach intorno al 1720. L'opera presenta la successione di quattro danze (allemanda, corrente, sarabanda, giga), cui segue come quinto e ultimo tempo la famosa Ciaccona; questa, che con la sua ampiezza temporale sconvolge ogni equilibrio interno, ha reso la Partita n. 2 la composizione più famosa ed eseguita fra tutte quelle che Bach ha dedicato al violino solo. In realtà, la Ciaccona ha anche avuto nel corso del tempo una sua vita autonoma, fatta di numerose trascrizioni e letture che ormai rendono consueta una sua esecuzione individuale. La scrittura musicale qui adottata da Bach ha numerosissime affinità con quella delle Sei suites per violoncello solo. Il punto di partenza è il medesimo: rendere autonomo lo strumento ad arco, concentrando nel suo canto anche la parte dell'accornpagnamento che deve apparire nel suo svolgimento del tutto indipendente e continua. Bach in questi casi non finalizza il lavoro all'esecuzione pubblica, bensì offre un'occasione di studio, costruita sull'esplorazione di nuove potenzialità dello strumento e sulla ricerca di un nuovo linguaggio virtuosistíco, esasperato ma non fine a sestesso. Un virtuosismo che impegna intellettualmente e manualmente all'estremo l'esecutore, indispensabile per rappresentare, sempre su un registro di intimo e meditativo soliloquio, le simmetrie interne della composizione, per rendere percepibili le singole linee melodiche nel complesso intreccio polifonico. I rigidi principi musicali che vogliono la Ciaccona come una serie di variazioni sopra un basso che si ripete costantemente, e che viene detto perciò 'ostinato', sono affrontati da Bach in modo molto libero e personale. Il brano è strutturato in tre grandi sezioni. La prima è in re minore epropone una serie di quindici variazioni, organizzate su un progressivo aumcnto del numero di suoni nell'unità di tempo fissa. La tensione creatadalle ultime sospese variazioni si risolve nella ripetizione concentrata dalle battute iniziali. Si approda così alla seconda sezione in re maggiore, in cui,attraverso diciassette variazioni, Bach propone un graduale aumento della densità sonora, cioè del numero di suoni esposti contemporaneamente. Senza alcuna ripetizione dell'inizio, si passa alla terza parte, ancora in re minore, composta da cinque variazioni che mettono in evidenza il contrasto timbrico tra la corda del violino suonata con la pressione delle dita e la corda suonata a vuoto, cioe senza la pressione delle dita. La Ciaccona si conclude con la ripresa dell'inizio, identico nelle prime quattro battute e modificato nelle seconde quattro.
Anche le Sei suites per violoncello solo sono un prodotto del fecondo periodo di Köthen. Per l'esattezza, furono completate nel 1720. Purtroppo non ci è pervenuto il manoscritto originale, bensì una copia realizzata da Anna Magdalena Bach che fu considerata a lungo autografa. Invece di seguire i modelli legati alla tradizione polifonica italiana dei ricercari di Domenico Gabrielli e Giovanni Battista Degli Antonii, la scrittura e la distribuzione dei singoli brani nell'ambito di ogni Suite si riferiscono all'imperante cultura musicale francese. La struttura globale segue la codificazione già esposta quasi un secolo prima da Froberger, che inserì in schemi rigidi e fissi le danze obbligate. Nel caso di Bach, troviamo un'articolazione in sei movimenti: al nucleo fondamentale delle quattro tipiche danze della suite francese è anteposto un preludio e inserita, tra la sarabanda e la giga, una doppia danza libera. Per un'attenta valutazione di questo gruppo di opere occorre riferirsi alla contemporanea produzione per viola da gamba (strumento a sei corde) e alla nascita di un repertorio musicale espressamente dedicato al violoncello (strumento a quattro corde). A tale proposito è stata avanzata l'ipotesi che nelle Suites Bach abbia modificato alcuni lavori precedenti, originariamente destinati alla viola da gamba. La conferma sarebbe da ricercarsi nella particolare natura delle due ultime composizioni della serie, che richiedono per l'esecuzione o la scordatura dellaquarta corda o l'aggiunta di un'ulteriore quinta corda. La Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 si apre con un Preludio assai celebre, appassionato eripetitivo nella sua vasta concezione circolare. Nonostante le elevate difficoltà di esecuzione, il discorso è sempre intimo e quasi cordiale. Il brano viene condotto alla conclusione da una rincorsa in ascesa sonora che rende più acuto e serrato il flusso musicale, la cui tensione si placa solo sulle ultime note. Molto più complessa e varia è l'Allemanda che segue; qui poco rimane dell'origine di danza, mentre lo sviluppo musicale è esaltato ed elevato al livello di un vero e proprio discorso. Al contrario, molto più vicina alla fisionomia della danza e la successiva Corrente. Il tempo che segue è una Sarabanda, più lenta e decisamente polifonica, caratterizzata da gesti di intensa commozione. Il Minuetto ci offre nella sua prima parte un'atmosfera più allegra e orecchiabile; la seconda sezione invece è giocata su un registro più meditativo e malinconico. Il pezzo è concluso dalla ripresa della prima parte. La Suite è completata da una Giga svelta e disinvolta, risolta da una progressione finale.
Nel periodo barocco, i termini duo e trio non si riferivano al numero degli strumenti bensì a quello delle parti melodiche. Così, nelle due sonate a trio  qui presentate l'esecuzione è affidata solamente a una coppia di strumenti: un flauto traverso e un clavicembalo. Quest'ultimo infatti svolge la duplice funzione di basso continuo e di strumento concertante. La Sonata n. 1 in si minore BWV 1030 si apre con un Andante in cui è subito evidente come Bach arricchisca ed elabori in modo del tutto personale la tradizione musicale ereditata. Il musicista, sfruttando il duplice ruolo del clavicembalo, sviluppa un intreccio contrappuntistico molto serrato. È subito il tema del flauto, ripetuto una seconda volta, a sovrapporsi alla brillante fascia di colore del clavicembalo. Il Largo e dolce che segue presenta un più spiccato melodismo e una più sentita affettuosità, elementi questi che conducono a un certo avvicinamento alla musica barocca italiana; infatti in questo brano il flauto acquista un maggiore risalto compositivo. Il Presto finale, incalzante e rapido, presenta un crescendo nel ritmo e nell'impegno virtuosistico del flauto davvero notevole; tuttavia, a differenza di molti entusiasmanti ultimi tempi italiani, questa caratteristica non ha un puro scopo esibizionistico, ma ancora una volta una salda funzione costruttiva.
Il primo tempo (Vivace) della Sonata n. 3 in Ia maggiore BWV 1032 ci è giunto incompleto, tanto che, normalmente, è soggetto a una serie di assidue e pazienti ricostruzioni che mirano al recupero dell'originale ripartizione in tre tempi della composizione. In questo, come del resto in altri numerosi casi, si è preferito ometterlo integralmente. L'ascolto così si apre direttamente con le note del secondo tempo, Largo e dolce. Come nella precedente sonata, la sezione mediana ha dimensioni più ridotte rispetto ai movimenti laterali, ed è dotata dalla medesima dicitura agogica. In questo brano, però, incontriamo un tono più raccolto, ricco di originali rallentamenti. Conclude l'ascolto un Allegro molto leggero, che prosegue veloce e sereno, privo di ogni acceso virtuosismo, tanto da acquistare nel finale una spensierata e gaia cadenza di danza.
Massimo Rolando Zegna