ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 1/17 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Johann Sebastian BACH (1685-1750)
Concerto per Violino, Archi e Continuo in La minore, BWV 1041
14' 07"


- (Allegro moderato)
4' 07"

1

- Andante
5' 56"

2

- Allegro assai
4' 04"

3

Concerto per Violino, Archi e Continuo in Mi maggiore, BWV 1042
18' 04"


- Allegro 8' 40"

4

- Adagio 6' 25"

5

- Allegro assai 2' 59"

6

Concerto per 2 Violini, Archi e Continuo in Re minore, BWV 1043
17' 28"


- Vivace 4' 25"

7

- Largo ma non tanto
7' 26"

8

- Allegro
5' 37"

9





 
The Vienna Baroque Orchestra / Wolfgang Schneiderhan, Violino / Moshe Atzmon, Direttore - (1-6) (-)
Hamburg Chamber Orchestra / Saschko Gawriloff, Friedrich Wuhrer, Violini / Walter Goehr, Direttore - (7-9) (-)
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | SMS-2552 | (p) 1967 | (1-6)
Musical Masterpiece Society | MMS-2079 | (p) 1967 | (7-9)


Edizione CD
De Agostini | GMD 1/17 | 1 CD - durata 50' 49" | (c) 1989 | ADD

Note
-












Bach (1-6)


Bach (7-9)



CONCERTI PER VIOLINO, ARCHI E CONTINUO
IN LA MINONRE. BWV 1041 E IN MI MAGGIORE. BWV 1042
Questi due concerti rappresentano ancor oggi un banco di prova per quegli esecutori che vogliono dare un saggio del loro stile e della loro sensibilità interpretativa. Sono gli unici che ci sono pervenuti nella loro forma originale e mostrano chiaramente come, anche per Bach, il punto di riferimento per la composizione di un concerto fossero Vivaldi e lo stile italiano.
Il primo dei due concerti è più rigido e formale del secondo, che appare più brillante. L'esordio presenta il solista e il tutti compatti nell'esporre il tema, che risulta energico e vigoroso. Quando il solista emerge nell'assolo, ilclima si modifica totalmente: l'idea tematica, già contenuta nel motivo esposto all'inizio, diventa triste e rassegnata, e la melodia segue un disegno ascendente che si sofferma sulla nota più acuta, da cui scaturisce una lunga cascatella di suoni che genera l'atmosfera di malinconica incertezza. Quando ricompare l'orchestra, sembra che l'angoscia si stia dileguando per lasciare spazio a una nuova zona di più solare ottimismo. La trattazione dialettica di queste due situazioni anima l'intero movimento.
Nell'Andante troviamo un curioso disegno del basso: in alcuni casi viene ripetuto per intero, in altri casi udiamo soltanto brevi frammenti su cui il violino solista disegna un guizzante arabesco di terzine. L'orchestra punteggia con rigore ritmico questo volteggiare giocoso e pieno di brio, quasivolesse creare un contrasto anche emotivo tra la splendida e giovanile vitalità del solista e il proprio riflessivo e rigoroso incedere.
Nell'Allegro assai finale ritroviamo la struttura formale della Corrente, che dal punto di vista ritmico ricorda un vivace salterello: tutto esprime energia e gioia di vivere. Il carattere è quello di un fugato rapido e serrato; quando il violino emerge nell'assolo crea una suggestione incomparabile mentre costruisce i suoi arditi ricami. Una conclusione sospesa e inaspettata fa ripartire tutto da capo con un vigore ancora più grande, e la conclusione corale giunge come una proclamazione di vittoria. È interessante osservare che alcuni studiosi di Bach, appartenenti a periodi diversi, convergono sull'interpretazione di questo concerto: la glorificazione della vita e della giovinezza che si prepara alle battaglie dell'esistenza.
Come abbiamo già anticipato, il Concerto in mi maggiore è di carattere nettamente più brillante e, soprattutto, viene trattato da Bach con maggior libertà stilistica. L'Allegro attacca con un tema, energico e baldanzoso, che viene scandito simultaneamente dal solista e dall'orchestra tutta. Da qui prende il via un vero e proprio confronto tra solo c tutti che si fronteggiano, si riconciliano, si alternano in una nuova logica dialettica che sarà in seguito accolta da Mozart e da Beethoven. Il soggetto musicale affidato all'orchestra non è più assegnato anche al solista, come avveniva nei concerti barocchi di Vivaldi, ma ne viene ideato un secondo che si contrappone al primo anche sul piano emotivo, così che, se l'uno è fiero e perentorio, l'altro è dolce e mite; in altri casi, invece, si reputa sufficiente un unico tema, ma il dualismo solo-tutti resta la matrice compositiva primaria, e dalla ricerca di tutte le possibili combinazioni, alternanze e sovrapposizioni scaturisce l'impulso creativo della forma-concerto. In questo Allegro è altresì chiaramente ravvisabile una nettissima tripartizione tra una prima sezione (Pesposizione), in cui il materiale tematico viene eseguito sia dall'intera orchestra sia dal solista, una seconda sezione (lo sviluppo), in cui ilmateriale tematico viene rielaborato, e una terza sezione (la ripresa), dove ritorna la declamazione del tema iniziale e che, in questo caso, è introdotta da due battute adagio.
L'Adagio è costruito secondo una forma particolarmente cara a Bach, la ciaccona. Al basso è affidato il motivo principale del movimento, checompare per intero all'esordio; successivamente ritornano solo alcuni frammenti basati su un disegno ricorrente che risulta così essere il fulcro dell'intero pezzo. ll solista gioca con passaggi arditi e brulicanti di note e tace solamente alla conclusione, quando ricompare il basso solo, rinforzato dall'orchestra nelle ultime battute.
Il terzo movimento, Allegro assai, si apre subito con un tema vigoroso e pieno di brio, proteso verso l'acuto e saldamente assestato sulla tonica.Questo tema tornerà più volte lungo tutto il pezzo, sempre declamato a piena voce da solista e orchestra uniti in solidale armonia. Gli episodi che inframmezzano le varie apparizioni del tema sono tutti affidati al solista che, di volta in volta, inventa combinazioni sempre più complesse che culminano nel quarto episodio, un Rondò, un vero e proprio sfolgorio di fantasia. Quest'ultimo si conclude con la ricomparsa del tema, che chiude, con la stessa perentorietà con cui aveva iniziato, il movimento.

CONCERTO PER 2 VIOLINI, ARCHI E CONTINUO IN RE MINORE. BWV 1043
Questo concerto risale al 1720, anno in cui il compositore operava a Köthen, e viene qui presentato nella versione originaria per due violini solisti. L'orchestra d'archi sostenuta dal clavicembalo, che svolge la consueta mansione di basso continuo, si contrappone bene ai due solisti, che agiscono quasi sempre saldamente uniti. Il Vivace d'apertura attacca con il tema che viene eseguito dai due solisti, uno dopo l'altro, rinforzati dai due gruppi di violini dell'orchestra. Quando compare il primo episodio solistico, assistiamo a un esempio di quella solidarietà cui accennavamo: i due violini collaborano con fitte melodie che si intersecano e si scambiano, mantenendo un rapporto di perfetta parità. Dagli assolo spesso nascono episodi in cui viene coinvolta anche l'orchestra, e il disegno contrappuntistico diviene ancora più interessante e ricco.
Nel Largo ma non tanto, i protagonisti assoluti sono i due solisti, mentre l'orchestra si limita ad assolvere il compito di devota accompagnatrice. La melodia è mossa e piacevolmente ricercata, in un clima di vitale serenità dove non trovano spazio gravi turbamenti o angosce esistenziali.
L'Allegro finale è sfolgorante e assai impegnativo, soprattutto per gli strumenti solisti che si devono cimentare in ogni sorta di prodezze e virtuosismi, dai velocissimi passaggi in terzina alle note doppie che scandiscono ossessivamente la reiterazione del primo frammento del tema principale eseguita dall'orchestra. La gaiezza, l'energia e la vitalità rendono questo Allegro una delle pagine più belle di Bach e sicuramente una delle più amate dal pubblico.
Di questo concerto l'autore realizzò una splendida trascrizione per 2 clavicembali. L'arrangiamento, fatto come in altri casi simili in una tonalità più bassa (da re minore a do minore), ha perso parecchie delle caratteristiche eminentemente violinistiche per acquistare peculiarità clavicembalistiche, soprattutto nella parte relativa alla mano sinistra. Il clavicembalo, infatti, data la sua struttura, consente di abbracciare uno spazio melodico più ampio di quanto non si possa fare con il violino particolarmente nella regione grave. Dobbiamo purtroppo rammaricarci del fatto che Bach lasciò molti dei suoi concerti scritti in modo incompleto. In numerosi casi, la parte del clavicembalo ci è pervenuta solo accennata, con una scrittura approssimativa. Questo fatto si è verificato per un motivo fondamentale, legato al ruolo che lo strumento in questione ricopriva. Il clavicembalo veniva infatti utilizzato principalmente come basso continuo, ossia come strumento accompagnatore, della cui parte veniva scritta per esteso solo la linea melodica principale, mentre la parte armonica e di accompagnamentoerano indicate con numeri arabi. Quando erano più di una, le cifre venivano scritte una sopra l'altra e indicavano un accordo, cioè un insieme di suoni simultanei. Per questo motivo, l'esecutore non si limitava solo a realizzare quanto era stato pensato dal compositore, ma partecipava attivamente all'attività creatrice; le indicazioni numeriche, infatti, offrivano solo alcuni suggerimenti di massima su quali suoni utilizzare, ma il ritmo, l'andamento melodico dell'accompagnamento, eventuali progressioni o riecheggiamenti della linea melodica principale venivano affidati interamente alla sensibiltà musicale dell'interprete. Dobbiamo supporre che Bach sia stato il più grande esecutore della propria musica e che abbia potuto realizzare quell'unità e quella perfetta fusione tra le parti che sentiva dentro di sé ma che, purtroppo, non trasferì sulla carta. Oggi, gli esecutori più attenti cercano di migliorare le loro prestazioni, conducendo ricerche di carattere filologíco al fine di approfondire le conoscenze sulle modalità esecutive del basso continuo al tempo di Bach e di riuscire in questo modo a realizzare performances il più vicino possibile a ciò che l'autore intendeva.
María Luisa Merlo