ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 1/27 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Wolfgang Amadeus MOZART (1756-1791)
Concerto per Violino e Orchestra N. 3 in Sol maggiore, K. 216

22' 09"


- Allegro
8' 06"

1

- Adagio 8' 24"

2

- Rondò. Allegro, Andante, Allegretto, Tempo I
5' 39"

3

Concerto per Violino e Orchestra N. 5 in La maggiore, K. 219
29' 18"


- Allegro aperto
10' 06"

4

- Adagio 10' 24"

5

- Rondò. Tempo di minuetto
8' 48"

6





 
Prague Radio Symphony Orchestra / Cenek Pavlik, Violino / Josef Hrncir, Direttore - (1-3)
(?)
Czech Philharmonic Orchestra / Ishikawa Shizuka, Violino / Nevill Marriner, Direttore - (4-6) (?)
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | ? | (p) 1981 - (1-3)
Supraphon | ? | (p) 1979 - (4-6)


Edizione CD
De Agostini | GMD 1/27 | 1 CD - durata 53' 01" | (c) 1989 | ADD

Note
-












CONCERTO PER VIOLINO E ORCHESTRA N.3
IN SOL MAGGIORE K. 2l6
Nel 1775, a Salisburgo, Mozart si concentra sulla forma del concerto per violino solista con una tale intensità e caparbietà da costituire un caso eccezionale, se non unico, nella storia della musica. Da aprile a dicembre il musicista elabora difatti, con frenesia, ben cinque composizioni. Una serie, cioe, di perle superbe che se pur rivela al suo interno una rapidissima crescita della maturità artistica dell'autore (che senza dubbio consegni nelle ultime tre una maggiore perfezione a cui corrisponde non a caso una fama più diffusa) mostrano tutte il proprio singolo fascino, che corrisponde ai precisi e differenti problemi compositivi affrontati da Mozart nella stesura di ognuna di esse. Dalle testimonianze che ci sono giunte ci sembra di capire che, dopo tale infilata di eccezionale valore, Mozart non s'impegnò mai più seriamente in alcuna composizione per violino c orchestra il che conferisce un alone di mistero a questa impresa aggiungendole l'intrigante seduzione della rarità.
I cinque lavori fanno comunque leva su un gruppo di nobili precedenti musicali, ingiustamente tutti più o meno sconosciuti, costituiti dai concerti di Boccherini, di Nardini c di Pugnani ai quali Mozart rimase aderente nella scelta di uno stile c di una scrittura semplice (questo, nel complesso, lo si riscontra in quasi tutta la sua produzione salisburghese) ma che però in questo caso privilegia il gusto musicale per una dolce cantabilità melodica, moderando invece, con continuità, l'elemento tecnico-virtuosistico. Naturalmente, ancora una volta, l'intervento di Mozart crea una repentina accelerazione in quello che è lo sviluppo storico di una forma e allora i confronti col passato diventano improponibili e i distacchi e le differenze si fanno abissali. I lavori di Mozart portano difatti il marchio della genialeinvenzione, della personale e originalissima fantasia (meditata ma libera) con cui elabora il materiale tematico. Questo è spesso risolto con scioltezza musicale ed equilibrio formale, in una varietà di atteggiamenti che, con spontaneità, alternano una provocante sensualità a una sensibilità drammatica e una pulsione popolare a un guizzo umoristico.
Il Concerto in sol maggiore K.216, completato dunque da Mozart il 12 settembre 1775, appartiene ancora allo spirito e all'estetiea galante della musica tardo-rococò, soprattutto nella sua evidente tendenza ad accostare, senza eccessivamente svilupparli e approfondirli, i diversi e i nuovi soggetti melodico-tematici. Questo non impedisce al musicista di staccarsi dalla tradizione stilistica mediante l'inserimento di una certa venatura d'inquietudine e attraverso l'affermazione della propria personalità musicale - non incasellabile e originalissima - che ama già sorprendere e sconcertare l'aseoltatore con i suoi ricorrenti scarti formali ed emotivi. Il primo tempo (Allegro), caratterizzato dal tipico humour gestuale mozartiano, fonde piacevolmente energia e sensualità e assembla, con esuberanza e ricchezza inventiva, numerosi e vari spunti musicali. Il primo tema, effettivamente teatrale nella strumentazione, riprende il ritornello orchestrale dell'aria di Aminta “Aer tranquillo e di sereni”, dall'opera Il re pastore, eseguita per la prima volta nel Palazzo arcivescovile di Salisburgo il 23 aprile dello stesso anno. A questa prima idea tematica se ne affiancano subito altre due (una affidata ai fiati, l'altra a un secco disegno dei violini), che hanno il compito di completare la prima esposizione, una vera e propria introduzione orchestrale. A questo punto, con la seconda esposizione, viene presentato il solista che dapprima ripete il primo tema, poi esibisce una nuova e cantabile idea e quindi affronta il vero secondo tema del movimento (una leggera e staccata marcetta). Dopo la sezione dello sviluppo che in pratica, pero, introduce con freschezza del materiale inedito, e quella della riesposizione, il violino s'impegna in una cadenza di bravura, non scritta in partitura, ehe precede la conclusione orchestrale. Per riuscire a realizzare un'atmosfera sognante nel secondo tempo (un commovente Adagio) Mozart sostituisce al timbro luminoso della coppia di oboi quello più velato di due flauti mentre prescrive a tutti gli archi l'utilizzo della sordina.
È l'orchestra a introdurre soffusamente e magicamente il tema principale, subito liricamente ripreso dal solista. L'idea musicale è trepidamente svolta, ma non sviluppata, fino al congiungimento con un secondo motivo che, a sua volta, conduce a una ricapitolazione del materiale tematico. La conclusione del tempo e nuovamente costruita sti una libera cadenza del violino, ma viene completata dalla sfumata chiusa dell'orchestra. Il Rondò presenta l'alternanza di sezioni dal ritmo differente e gioiosamente affida al solista una parte più brillante. Il movimento inizia con un Allegro in 3/8, che più avanti viene interrotto da un intermezzo centrale in tempo binario, a sua volta suddiviso in due parti (Andante e quindi Allegretto), che vede il solista esibirsi in movenze danzanti. Alla fine dell'intermezzo si torna al “Tempo primo”, cioè all'Allegro iniziale. Curiosissima è la conclusione che, senza gesti plateali, si spegne sul bisbiglio di oboi e corni.

CONCERTO PER VIOLINO E ORCHESTRA N.5 IN LA MAGG. K.219
Mozart completò questo Concerto il 20 dicembre 1775. L'opera è forse la migliore fra quelle che il musicista destinò a questo organico musicale, forse proprio per la maggiore sicurezza e coerenza con cui elaborò l'immediato e spontaneo materiale sonoro, dalle origini del tutto eterogenee quali, per esempio, l'opera e il balletto. Già nel primo movimento (Allegro aperto) la maniera con cui l'autore presenta il solista mostra una padronanza compositiva che lascia perplessi quando si rammenti che Mozart, al tempo, aveva solo diciannoveanni. Come nel precedente concerto, anche qui incontriamo una doppia esposizione. Inizia l'orehestra - ma il solista suona assieme ai primi violini - che presenta il materiale tematico fondamentale. È dapprima esposto il tema principale, che nasce stilizzato e in ascesa per due volte, a cui segue una situazione sonora più ampia e distesa. Terminata questa apertura orchestrale compare improvvisamente un Adagio di sole sette battute, dove il violino fa il suo ingresso da solista suonando in maniera molto libera e intensa, sull'accompagnamento scorrevole e fluente degli altri violini. Il tempo prosegue, quindi, con il recupero dell'Allegro aperto dell'inizio. Caratteristica e ancora la cadenza che prepara alla conclusione del movimento. L'Adagio che segue pare che non piacesse ad Antonio Brunetti, primo violino dell'orchestra di Salisburgo e probabile dedicatario di una buona parte dei concerti per violino di Mozart. Da una lettera di Leopold, del 9 ottobre 1777, si apprende difatti clte a Brunetti doveva apparire eccessivamente ricercato e studiato tanto che, già sul finire del 1776, Mozart aveva sopperito alle discutibilissime richieste del violinista con la stesura di un altro Adagio (K.261), più immediato e di sicuro effetto. Un Adagio dove, come nel tempo lento del Concerto K. 2l6, il compositore sostituisce agli oboi una dolcissima coppia di flauti e, ancora una volta, prescrive la sordina agli archi. Al contrario, il nostro Adagio implica mezzi più elementari e procede con una sobrietà esemplare che diventa il fondamentale tramite per il raggiungimento di vertici altissimi, anche solo volendo guardare all'interno della produzione mozartiana. ll canto del violino, che a volte però si avvicina quasi agli accenti tipici della recitazione, si propone qui come una confessione sconsolata e malinconica, fortemente espressiva, che spesso si innalza e si stabilizza su un registro molto acuto. L'orchestra, oltre a commentare delicatamente l'abbandono del solista, ha il compito di spezzarlo e di incorniciarlo con tre episodi. Un suo quarto intervento, dopouna nuova cadenza del violino, completa il movimento.
Anche il grazioso Rondò di questo Concerto assembla e alterna sezioni dai ritmi differenti. Il brano inizia sul Tempo di minuetto, con il violino accompagnato che propone subito l'aristocratico e danzante inizio di un ritornello d'etichetta, immediatamente ripreso e completato dall'orchestra. Seguono, alternati, due episodi liberi e due riesposizioni del ritornello finché, al centro del movimento, appare una sezione musicale che ha la funzione d'intermezzo. Il brano, estremamente curioso, e difficilmente riconducibile, nella forma e nel ruolo, alla tipologia del tradizionale trio che, con frequenza, veniva inserito nei minuetti. Si tratta di un Allegro, in ritmo quaternario, che vttole essere un omaggio e, contemporaneamente, una divertente e grottesca caricatura alla musica dei giannizzeri, secondo un gusto e una moda per i turchi e le turcherie molto diffusa in Austria sul finire del XVIII secolo. Il brano utilizza un tema già usato da Mozart per l'incompiuto balletto Le gelosie del serraglio K. 135a che, in origine, doveva essere abbinato all'opera teatrale (del 1772) Lucio Silla. La musica militare turca faceva un grande uso di strumenti a percussione, di cui non era munito l'organico dell'orchestra salisburghese. Mozart, con inventiva, trasformò tale mancanza in un divertentissimo gioco d'imitazioni timbriche. Il compositore, infatti, impone ai violoncelli e ai contrabbassi di suonare 'coll'arco al rovescio', così scrive nella partitura, ossia utilizzando il dorso dei loro archetti. L'espediente permette un'effieace sostituzione del triangolo, dei piatti e della grancassa, con un riferimento alla realtà, sempre rivista e filtrata attraverso lo spirito del divertimento e della favola, che irride ed esorcizza i militaresehi ardori del turbolento vicino turco. Il bizzarro esotismo, odorante di spezie, di questo brano 'alla turca', che comunque fa riferimento anche al virtuosismo e ai ritmi della musica tzigana, e seguito, con gustoso contrasto, dal recupero del Tempo di minuetto che, con rinnovata grazia ed eleganza, chiude soffusamente il Concerto.
Massimo Rolando Zegna