ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/1 Bis - (c) 1988

I MAESTRI DELLA MUSICA









Ludwig van BEETHOVEN (1770-1827)
Sinfonia N. 7 in La maggiore, Op. 92

38' 46"


- Poco sostenuto. Vivace
13' 30"

1

- Allegretto
9' 28"

2

- Presto
8' 18"

3

- Allegro con brio
7' 30"

4

Sinfonia N. 8 in Fa maggiore, Op. 93

26' 38"


- Allegro vivace con brio 8' 27"

5

- Allegretto scherzando 4' 35"

6

- Tempo di minuetto
5' 46"

7

- Allegro vivace 7' 50"

8





 
Wiener Philharmoniker / Wilhelm Furtwängler, Direttore Salzburg - 30 August 1954
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Paragon | CRP 23 | (p) 1986


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/1 Bis | 1 CD - durata 66' 36" | (c) 1988 | ADD

Note
-












Beethoven
  
LA SINFONIA N. 7 E LA SINFONIA N. 8
DIRETTE DA FURTWANGLER
Wilhelm Furtwängler è il direttore d'orchestra ormai unanimemente riconosciuto come il più grande interprete novecentesco dei capolavori della musica classica germanica, a cominciare dalle sinfonie di Beethoven. Secondo Piero Buscaroli «è un mistero che non si lascia forzare come egli ottenesse modelli interpretativi tali da sfidare le mode, i decenni e le leggi stesse della biologia musicale. Infatti la legge biologica vuole che la fama di un interprete illanguidisca e sbiadisca via via che il tempo propone nuove reincarnazioni delle grandi opere del passato. Con Furtwängler accade il contrario. Le sue incisioni sono sempre più vive e attendibili in quanto lavoro di un interprete ispirato». Di rincalzo Paolo Isotta afferma: «Wilhelm Furtwängler non è un grande direttore d'orchestra del passato, ricordato più o meno con fatica, oppure noto agli specialisti dell`interpretazione musicale. Possiamo affermare che egli è una vera e propria presenza della nostra vita musicale: un termine di paragone, un modello, di continuo evocato non solo dai musicisti ma anche dai comuni dilettanti, dai possessori di discoteche famigliari. Questa funzione, dopo la morte, è cresciuta gradualmente, inarrestabilmente, grandiosamente, nella consapevolezza del mondo contemporaneo, così da configurarsi il caso, forse unico, di un interprete musicale lacui fama aumenta man mano che ci si allontana dalla sua scomparsa».
Questa è la registrazione dell'ultimo concerto di Furtwängler: Salisburgo, 30 agosto 1954. È il concerto d'addio, che ebbe luogo giusto tre mesi prima della scomparsa del maestro, avvenuta a Baden, il 30 novembre 1954. Si tratta quindi di un documento eccezionale, d'interesse storico ed umano veramente unico; e anche di un'emozionante testimonianza dell'indefettibile e assoluta dedizione di Furtwängler a Beethoven.
A 34 anni dalla morte, ora che Furtwängler è divenuto, nel mondo della musica, un mito sempre più affascinante, sono rimasti soltanto i dischi a restituire la magia delle sue interpretazioni. Pertanto le elevate e impetuose consonanze emotive che egli sapeva creare col pubblico sono oggi affidate alle registrazioni, talune delle quali conservano ancora buona parte delle qualità precipue e inimitabili del maestro. Come questa, per esempio, che riesce ad arrivare, con immediatezza, al cuore e alla ragione insieme. Tale risultato conferma l'acuto e originale assunto del musicologo Michelangelo Zurletti: che, cioè, «per Furtwängler il momento decisivo di ogni sua interpretazione era quello dell'esecuzione: magnetico, attentissimo, sensitivo, egli portava l'esecuzione che l'orchestra gli porgeva dove in quel momento gli pareva necessario che dovesse andare [...]. Lasciava che la musica facesse la sua strada secondo un itinerario di cui erano fissati psicologicamente e analiticamente soltanto gli esiti estremi». Così il critico legittima la sua dichiarata preferenza per i dischi live, ossia dal vivo, di Furtwängler, mentre identifica il magistero del direttore nella «sensibilità per le pause, nella capacità di dilatare le corone, di stringere nei momenti decisivi, di creare abissi di luce e di ombre».
Della magnificenza, dignità e intensità delle interpretazioni di Furtwängler - sia dal podio sia nelle registrazioni - i maggiori artisti che hanno collaborato con lui (come del resto quelli venuti dopo di lui) hanno fornito preziose testimonianze intessute di sconfinata e grata ammirazione. Fra questi, un posto di primo piano spetta al celebre violinista Jehudi Menuhin che, nel secondo dopoguerra, intrecciò col maestro un'intensa collaborazione artistica collegata a un'amicizia schietta e profonda. Il celebre violinista ha poi tentato di rintracciare e di identificare le sorgenti nascoste e misteriose della grandezza di Furtwängler. Che, secondo lui, è stato più diogni altro in grado di far «vivere e respirare» una sinfonia di Beethoven, in quanto era l'ultimo esponente di una tradizione filosofica per la quale la musica costituiva - come già nelle età remote della Grecia e dell'India - un legame sacro con la divinità. Menuhin ritiene che l'atteggiamento mistico del grande maestro nei confronti della musica abbia risuscitato l'antica immagine di essa come ponte tra l'uomo e Dio.
Un altro grande della musica, il pianista Alfred Cortot, ha sostenuto che Furtwängler ha saputo tradurre i messaggi ideali celati nel mistero dei capolavori sinfonici per una specie di 'divinazione' rivelatrice che gli era propria. Conferendo un nobile svolgimento alla frase melodica, curando infallibilmente la scelta dei timbri e l'intensità dei colori, la finezza delle sfumature e il valore dei ritmi, il maestro esprimeva così, e insieme celebrava,il significato interiore che aveva per lui ogni discorso musicale. «Ascoltare il Beethoven di Furtwängler - scrive Zurletti - è tuttora un'esperienza sconvolgente. Anzi, sconvolgente sempre più man mano che ci si allontana dalla pregnanza dei contenuti».
La registrazione dell'ultimo concerto diretto dal maestro propone l'ascolto di due esaltanti creazioni di Beethoven, delle quali egli offre un'interpretazione del tutto inedita e assolutamente particolare, che diventa una rara immagine emblematica del senso e del sentimento di quelle musiche, tanto variamente decifrate e illustrate dai critici.

La Settima Sinfonia op. 92 in la maggiore - come la gemella Ottava - venne portata a termine nel 1812. È un capolavoro che, come nota Giovanni Carli Ballola, «corona un periodo di gioiosa “libertà” creativa, acquistata attraverso il superamento della fase cruciale dell”individualismo eroico e del sublime assillo dell'urgenza contenutistica. È il periodo in cui Beethoven è tornato a comporre musica da camera e ha realizzaqto una serie di capolavori: la Sonata op. 69 per cello e pianoforte; i due Trìi op. 70; il Quartetto op. 74; le Sonate op. 78, 79, 81/a, 90 per pianoforte. Tutta una produzione caratterizzata spesso da una pura bellezza, dai contorni ambigui e problematici in cui si stenta a riconoscere il volto dell'autore dell'Appassionata e dell'Eroica
».
Per Richard Wagner la Settima Sinfonia è 'l'apoteosi della danza'. Per Wilhelm von Lenz è la rappresentazione di una festa nuziale campestre e ciascun tempo ne descrive una scena: Arrivo dei contadini - Marcia nuziale - Danze - Festino ed orgia. Per Alexander Oulibitscheff l'Allegretto è una Marcia funebre e lo Scherzo evoca le sponde del Reno, le remote vicende dei castelli feudali, il corno di Oberon, ecc. Paul Bekker ravvisa nella Settima una sorta di «sublimazione ideale dell'antica 'Suite di Danze'. Ciò per quel che di aulico e solennemente festoso, quel tono di alta retorica cerimoniale, intesa come un astratto prodigio sonoro al di fuori della vita reale che costituisce il suo 'colore' inconfondibile». Infine, per il massimo esegeta di Beethoven, il Riezler, «la Settima è la vittoria della Sinfonia sulla tirannide del ritmo; in nessun'altra opera tutti i tempi sonocosì fortemente dominati dal ritmo; soprattutto non c'è nessun altro secondo tempo lento di questa specie in cui la danza del primo si trasformi in un solenne incedere
».
Nella sua memorabile interpretazione salisburghese Wilhelm Furtwängler sa far esplodere e risplendere tutto quell'universo di luce cosmica che viene perennemente attinto dall'immensa selva di guglie sonore innalzata daBeethoven. Ogni frase, nel cuore e nelle articolazioni, viene fulgidamente irradiata e sviluppata con tale fervore ed impeto da provocare suggestioni irresistibili. Ogni pausa, coi suoi profondi riflessi, viene trepidamente sospesa in un alone arcano di ansiosa attesa: come una domanda e una supplica, che ottengono infallibilmente munifici risarcimenti. Ogni tema diviene, di volta in volta, inno e preghiera, sussurro e grido, alito di brezza e rombo di tuono, eco di onde e schianto di folgori: tutte le multanimi voci dell'infinito cielo e della terra madre, evocate da Beethoven, sono sentite ed espresse del supremo magistero di Furtwängler.
Questo miracolo accade anche quando il maestro si confronta e si misura da pari suo con l'Ottava Sinfonia op. 93 in fa maggiore Walter Krug la chiama la «Sinfonia del buon umore
» e per Riezler è il «buon umore di un dio, tanto sono potenti i pensieri che vi sono espressi. Soprattutto nel tempo più celebre per la sua estrosa novita, quell'Allegretto scherzando che ha fatto dire a Berlioz "è una di quelle pagine alle quali non si può trovare né modello né paragone ma che cadono direttamente dal cielo nel pensiero dell'artista. Dolce, ingenua, di un'indolenza graziosa, è come la canzone di due bimbi che in un prato raccolgono fiori mentre brilla una splendida mattina di primavera». Pure, come rileva Carli Ballola, questa 'piccola sinfonia' (chiamata kleíne, piccola, dallo stesso Beethoven, che pure la considerava addirittura 'migliore della Settíma') è stata per molto tempo la cenerentola delle nove sinfonie. Il suo settecentesimo per partito preso, le minuscole proporzioni, i suoi tratti umoristici o francamente burleschi, la sua indefinibile stranezza, tra ambigua e capricciosa, disorientarono e delusero l'Ottocento che in essa non ritrovò né riconobbe il 'suo Beethoven', tutto pathos ed eroismo. Ma la fattura, il dettaglio, lo sviluppo armonicoappartengono effettivamente alla maturità del maestro e Furtwängler mette autorevolmente in tutto rilievo queste peculiarità.
Silvestro Severgnini