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1 CD -
GMD 2/1 - (c) 1988
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Ludwig van
BEETHOVEN (1770-1827)
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Sinfonia
N. 3 in Mi bemolle maggiore
"Eroica", Op. 55
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47' 39" |
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-
Allegro con brio
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14' 17" |
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1 |
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-
Marcia funebre. Adagio assai
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15' 19" |
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2
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- Scherzo. Allegro
vivace
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6' 02" |
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3
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- Finale. Allegro
molto
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12' 01" |
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4 |
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Ouverture
"Coriolano", Op. 62
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8' 12" |
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5 |
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Ouverture
"Egmont", Op. 84
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8' 43" |
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6 |
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Czech
Philharmonic Orchestra / Paul Kletzki,
Direttore |
House of Artists, Prague - 18-21
February 1967 (Op. 55)
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House of Artists, Prague - 23-28
Juni 1964 (Opp. 62, 84)
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Supraphon
| SUA ST 50793 | (p) 1968 -
(1-4)
Supraphon | DV 6106-07 | (p)
1964 - (4-7)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 2/1 | 1 CD - durata
64' 59" | (c) 1988 | ADD |
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Note |
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Mozart (1-4)
Mozart
(5-6) |
SINFONIA
N. 3 "EROICA"
Composta negli
anni 1802-1804, la Sinfonia
n. 3 fu dedicata al
principe Joseph Maximilian
Lobkowitz, nel cui palazzo
fu eseguita in forma privata
nel1'agosto del 1804.
Prima d'intitolarsi Sinfonia
eroica composta per
festeggiare il sovvenire
di un grand'uomo,
l'opera era stata denominata
Bonaparte. Di questo
c'informa Ferdinand Ries:
«Beethoven aveva pensato a
Napoleone console. Lo
paragonava ai consoli
romani... Tanto io quanto
altri amici abbiamo visto
questa sinfonia sul suo
tavolo, già compilata in
partitura. In alto, sulla
copertina, era scritto:
'Bonaparte' e sotto, in
fondo, 'Luigi van
Beethoven', e niente più.
Fui il primo a portargli la
nuova che Bonaparte s'era
proclamato imperatore.
Esclamò con violenza: 'Ma
anche lui dunque non è che
un uomo come tutti gli
altril'. Andò al tavolino,
strappò la copertina. La
prima pagina fu scritta
un'altra volta e solo allora
nacque il titolo di Sinfonia
eroica».
Nelle sue linee esterne, la
sinfonia rispetta il taglio
classico, ereditato da
Haydn: quattro sono i suoi
movimenti, con un Adagio e
uno Scherzo compresi fra i
due Allegri estremi. Ognuno
di questi movimenti segue la
disposizione tradizionale.
Lo schema dell'iniziale
Allegro con brio è quello
della forma-sonata:
esposizione, sviluppo,
ripresa.
Se spostiamo l'attenzione
dalle linee esterne alla
sostanza musicale che vi si
raccoglie, ci accorgiamo che
gli schemi tradizionali sono
pervasi da una vitalità
prima sconosciuta. Dopo i
due accordi iniziali, si
affaccia il primo tema,
affidato ai violoncelli.
Basato sulle note
dell'accordo, ha i tratti
energici e marziali di un
segnale militare. Sarà il
vero protagonista
dell'Allegro che, nell'arco
della prima sezione, udremo
rimandato, per intero o a
piccoli frammenti, agli
altri gruppi strumentali. A
questo tema se ne
contrappone subito un altro,
cantabile e patetico,
affidato ai legni (oboe,
clarinetto, fagotto, flauto).
La possanza creativa di
Beethoven si libera poi
nell'invenzione di numerosi
altri nuclei tematici,
affidati ora agli archi ora
ai fiati, capaci di creare
un complesso gioco
dialettico attraverso le
varietà dei ritmi, dei
colori orchestrali e dei
disegni melodici.
L'alternanza dei diversi
temi crea un audace
avvicendamento di climi
psicologici diversi, che
contrastano con l'omogeneità
emotiva delle sinfonie del
periodo classico. Anche la
scelta degli strumenti è
decisiva per l'espressione.
I motivi energici sono
affidati agli archi,
maggiormente capaci di
slanci e di agilità; i
motivi cantabili ai legni,
che, con le loro sonorità
suadenti, acuiscono ancor
più le zone di intimità.
Lo sviluppo concilia in
maniera unica due scelte
stilistiche opposte: da una
parte, le dimensioni
eccezionalmente ampie, che
turbarono i primi
ascoltatori di questa
sinfonia; dall'altra,
l'impiego, lungo tutta
questa sezione, del solo
tema a, che Beethoven
scompone e ricompone,
affidandolo ogni volta a
strumenti diversi, in un
mirabile gioco armonico ove
la ricerca timbrica assume
un ruolo prioritario. Questa
parte si conclude con un
episodio fugato, che prelude
al momento di massima
tensione in cui tutta
l'orchestra si protende
verso l'acuto con accordi
ripetuti.
La ripresa si apre
nuovamente con il motivo
iniziale, a cui si
succedono, nello stesso
ordine, tutti i motivi già
esposti nella prima parte,
anche se con piccole
varianti, per giungere alla
conclusione trionfale. Qui
il tema a viene scandito
dalle trombe, dopo un
crescendo “rossiniano”,
sopra fluidi passaggi
ascendenti e discendenti
degli archi. Proprio a
questo punto di grande pathos
si inseriscono i timpani,
che rendono più incalzante
la conclusione e, al tempo
stesso, anticipano la
costante ritmica del
movimento successivo, dove
questo stesso spunto, reso
più contratto e infittito,
sarà affidato agli archi e
accompagnerà, in modo quasi
ossessivo, l'intera Marcia
funebre, collocata al posto
dell'Andante, che, nella
sinfonia classica,
rappresenta il momento
lirico e di ripensamento
dell'intera composizione.
Lo Scherzo, apparentemente
così immediato e spontaneo,
deve la sua forma odierna a
numerose trasformazioni. I
fattori costanti durante il
processo creativo furono
l'attacco anomalo della
frase melodica (dopo sole
sei battute introduttive) e
l'uso dei tre corni con
funzione tematica. Nella
versione finale, lo Scherzo
è interamente costruito su
questo materiale, che si
ripresenta tuttavia in modi
sempre diversi. Nella parte
centrale, il trio, dominato
dal gruppo dei corni,
interrompe la corsa sfrenata
dello Scherzo, riecheggiando
richiami di caccia. Questo
movimento così impetuoso e
vitale prelude con il suo
slancio all'Allegro finale,
in cui Beethoven raggiunge
una delle vette più elevate
della sua ispirazione. ,
ll nostro autore costruisce
questo quarto movimento
sviluppando e mescolando ora
il basso ora la melodia del
motivo principale
appartenente alla musica
composta pochi anni prima
per il balletto Le
creature di Prometeo
di Salvatore Viganò, il
famoso coreografo
napoletano, che intendeva
celebrare con questo ballo
allegorico la fiducia
illuministica nella ragione
e nella scienza. È il 'tema
di Prometeo' o, come verrà
chiamato in seguito, il
'tema eroico'. Dopo
un'introduzione vigorosa,
all'unisono, di tutta
l'orchestra, gli archi
annunciano in pizzicato il
primo motivo, subito
ripetuto a canone con i
fiati. Poco dopo fa il suo
ingresso il secondo motivo,
annunciato dall'oboe e
ripreso dagli altri
strumenti in un sapiente
gioco di alternanze e di
trasformazioni. Quando
ricompare, dopo una pausa di
collegamento, il primo
motivo è trasformato, in
modo minore, in un episodio
fugato d'intensa
drammaticità, che lascia il
posto a una marcia
militarescae perentoria. Il
Finale continua ancora con i
due motivi alternati fino a
sfociare in un episodio di
rara bellezza e pathos:
il Poco andante. Qui i legni
riprendono il secondo
motivo, ma rallentato, come
trasfigurato in unaatmosfera
sognante e carica di
commozione, da cui
scaturirà, eroico e animato
di nuova vita, verso
l'apoteosi finale. Una breve
coda, analoga all'esordio,
chiude a mo' di commiato
l'intera sinfonia.
Maria
Luisa Merlo
CORIOLANO
e EGMONT
Un chiaro
legame ideale congiunge
alcuni capolavori della
musica 'assoluta' composta
da Beethoven negli anni
fatidici che intercorrono
tra il 1803 e il 1810. È
questo il settennio in cui,
mentre compie la sua
prodigiosa maturazione
artistica, egli consegna
all'immortalità un gruppo
eccelso di lavori tutti
animati da un medesimo
profondo sentimento civile
ed umano: la Terza
Sinfonia 'Eroica'
(1803), il Quinto
Concerto “Imperatore”
(1809), la Quinta
Sinfonia (1804-1808) e
Coriolano op. 62 e Egmont
op. 84, due ouvertures
rispettivamente del 1807 e
del 1810. Sono musiche nate
dalla stessa intensa
ispirazione poetica - lo
testimoniano persino le loro
tonalità - e sono
decisamente dominateda una
profonda convinzione etica.
Esse celebrano, infatti, la
grandezza e la nobiltà
dell'uomo, l'incalcolabile
forza del suo animo e le
alterne vicende della sua
lotta incessante contro le
avversità della sorte; e,
soprattutto, la precarietà
delle sue conquiste terrene
e l'inevitabilità delle sue
sconfitte che si tramutano
però, sempre e comunque,
nella luminosa vittoria
finale dello Spirito.
Beethoven è sempre arso da
una sconfinata e vulcanica
passione per la libertà e
per la dignità dell'uomo e
sa manifestarla con la sua
tempestosa energia
spirituale e col fascino
irresistibile della sua arte
superlativa. Perciò 'sente'
profondamente il dramma
morale ed umano di Coriolano
e di Egmont, ambedue segnati
dalle stimmate che onorano i
nobili eredi di Prometeo. Un
abisso di secoli separa la
Roma repubblicana di
Coriolano dalla Fiandra
cinquecentesca di Egmont.
Beethoven riesce a colmare
lavoragine del tempo
identificandosi nei due
protagonisti delle diverse
vicende, facendo suo il loro
sogno e il loro ruolo di
testimoni di un bene supremo
indispensabile agli uomini -
la libertà - e celebrando
incomparabilmente la loro
lotta e il loro sacrificio
con la potente suggestione
della sua musica.
L'ouverture del Coriolano
è stata scritta per
l'omonimo lavoro teatrale
dello scrittore austriaco
Heinrich Josef von Collin,
che nel 1802 riscuoteva
largo e costante successo
presso il pubblico viennese.
Bastano a Beethoven sette
minuti di musica per evocare
in modo indimenticabile quel
mortale contrasto di
sentimenti che ha sconvolto
e rigenerato l'animo del
patrizio romano quando -
rinunciando a combattere
contro la propria patria e,
insieme, venendo meno al
giuramento reso ai Volsci -
ha sentito il dovere di
rinunciare alla vita.
Coriolano è l'uomo in
rivolta contro la società
del suo tempo nella quale
non vuole e non può
integrarsi, della quale non
vuole accettare né le
convenzioni né i
compromessi. Così lo sente e
lo esalta come un eroe il
musicista che, colpito pure
lui da una condanna atroce -
la sordità -, ha oscillato a
lungo tra la rinuncia alla
vita, come ribellione alla
crudeltà della sorte, e la
sublimazione dell'esistenza,
come servizio per l'umanità.
Ha detto tutto ciò quasi
autobiograficamente,
contrapponendo a un
drammatico intreccio di
motivi concitati, immersi
nella buia tensione di un
clima travolto
dall'inquietudine, brevi e
soavi momenti di
inattesapace e serenità.
Con le parole che ha fatto
pronunciare a Egmont conte
di Lamoral quando è andato
all'estremo supplizio,
Goethe ha chiuso la sua
autobiografia. E Beethoven
ha con una splendida sintesi
messo a fuoco i tempi ei
temi del dramma goethiano
che vede il magnifico conte
Egmont mettere la propria
brillante vita come posta
per la libertà del suo
popolo e quindi perderla.
Una sconfitta che è una
vittoria. L'ouverture
beethoveniana tra radi
accenti di funebre tristezza
e aperte esclamazioni di
giubilo trionfale sembra
riecheggiare la famosa
domanda di san Paolo:
"Morte, dov'è la tua
vittoria?". Ancora una volta
Beethoven ha saputo creare
l'unione ideale fra la
'santità della parola e la
magia del suono'.
Silvestro
Severgnini
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