ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/9 - (c) 1988

I MAESTRI DELLA MUSICA









Franz SCHUBERT (1797-1828)
Sinfonia N. 8 in Si minore "Incompiuta", D. 759

23' 47"


- Allegro moderato
11' 42"

1

- Andante con moto
12' 05"

2

Ouverture in Do maggiore "Nello Stile Italiano", Op. 170, D. 591

8' 20"
3

Ouverture "Alfondo und Estrella", D. 732

6' 24"
4

Ouverture in Mi minore, D. 648

6' 00"
5





 
Czech Philharmonic Orchestra / Vaclav Neumann, Direttore - (1-2)
House of Artists, Prague - February / March 1966
Czech Philharmonic Orchestra / Zdenek Kosler, Direttore - (3-5) House of Artists, January 1969
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | SUA ST 50771 | (p) 1966 - (1-2)
Supraphon | 1 10 1119 | (p) 1970 - (3-5)


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/9 | 1 CD - durata 45' 11" | (c) 1988 | ADD

Note
La traccia N. 4 è erroneamente indicata sul Compact Disc come Ouverture "Rosamunda"; in effetti si tratta dell'Ouverture "Alfonso und Estrella".













Schubert (1-2)


Schubert (5-5)

SINFONIA N. 8 IN SI MINORE "INCOMPIUTA"
Scritta nel periodo 1822-26, la Sinfonia n. 8 fu eseguita per la prima volta ben quarant'anni dopo, il 17 dicembre del 1865, durante un concerto della Società Filarmonica, sotto la direzione di Johann Herbek. La storia di questa composizione è abbastanza avventurosa. Nel 1823 un amico di Schubert, J. B. Jenger, gli propose di accettare la carica di membro onorario della Società Musicale Stiriana di Graz. La sua attività di compositore faceva infatti sperare in una fulgida carriera futura. Schubert accolse con entusiasmo l'offerta e rispose immediatamente con una lettera, in cui, oltre ad accettare l'onorificenza, si permetteva di offrire, quale gesto di gratitudine, una sua composizione sinfonica, per l'appunto l'Incompiuta. Il direttore d'orchestra Herbek venne a conoscenza dell'esistenza del manoscritto nel 1860 tramite Josef Hüttenbrenner. A detta di quest'ultimo, suo fratello Anselmo aveva ricevuto direttamente dalle mani di Schubert tale manoscritto come attestato di ringraziamento per averlo introdotto nella succitata Società Musicale. Nel 1865, in un ospizio vicino a Graz, Herbek, durante una visita all'anziano attore Anselmo Hüttenbrenner, trovò tra mucchi di carta anche il manoscritto dell'Incompiuta, che divenne da allora l'opera più eseguita del nostro autore.
L'Allegro moderato si apre, nella dolente tonalità di si minore, con un'introduzione affidata a violoncelli e contrabbassi. È una frase cupa e dolorosa che si interrompe sospesa, quasi un interrogativo. I violini si animano e costruiscono rapidi passaggi fluenti su cui, sempre pianissimo, si innesta il primo tema, annunciato in lontananza da oboe e clarinetto. La melodia è semplice e dolcissima. Carica di una tristezza sconfinata, senza tempo, ci appare come un'mmagine ideale, un assoluto che trae dall'apparente staticità la sua carica drammatica. Queste poche note, che si richiudono in un'ipotetica circolarità, evocano immagini remote e ineluttabili. Anche quando l'intensità passa dal píanissimo iniziale al forte o al fortissimo non si ha la sensazione di aver dato sfogo a una tensione sin qui repressa, ma piuttosto di aver cambiato punto di osservazione: l'oggetto resta immutato; sono gli occhi dell'autore che si spingono a osservare qualcos'altro. Il secondo tema ci offre una pausa rasserenata, quasi felice; una danza che riecheggia suoni e ritmi popolareschi si contrappone al primo tema con estrema nitidezza. Sono gli archi che l'annunciano, e la calma innocenza con cui la melodia si dipana ci fa presto dimenticare l'algida atmosfera di poc'anzi. Anche in questa sezione sono frequenti le variazioni di intensità, che creano un'alternanza emotiva del tutto diversa da quella costruita da Beethoven. Se in Beethoven la musica si svolgeva seguendo un itinerario evolutivo di continue metamorfosi e superamenti, in Schubert le idee si affiancano l'una all'altra, per usare un'espressione di Schumann, con "sublime lungaggine"; niente sembra trasformarsi, ma ogni frammento, ripresentandosi, sembra illuminato ogni volta da una luce sempre diversa. Lo sviluppo è dominato dalla ricomparsa inaspettata del materiale tematico dell'introduzione, che sarà l'unico dei soggetti presentati nell'esposizione a subire grandi trasformazioni. Le sonorità, a volte poderose, a volte flebili, creano un gioco di chiaroscuro in cui l'abilità di Schubert si mostra a livelli elevatissimi. Gli impasti timbrici nuovi e spesso inusitati generano suggestioni indimenticabili. Il movimento si conclude con una breve coda a seguito della ripresa, in un clima compatto e meravigliosamente coerente.
Il secondo e ultimo movimento è l'Andante con moto, in cui una grande varietà di spunti tematici ci coinvolgono in un caleidoscopio di immagini, ora dirette, ora riflesse, come in un gioco di specchi. Il primo motivo viene eseguito due volte dai violini in un clima ovattato e dolce, da cui il secondo motivo si allontana 'declamato' energicamente da tutti gli archi sostenuti dai tromboni; i fiati contrastano ritmicamente l'andamento di questo inciso saltellante e uniforme. Dopo un ritorno del tema a, seppure con lievi variazioni, il clarinetto introduce un nuovo motivo, c, sorretto dagli archi, che eseguono passaggi cromatici in contrattempo. Un momento di grande pathos, in cui i fiati ribadiscono a piena voce il tema c, viene interrotto da un nuovo inciso, d, affidato prima ai soli violini. poi a questi unitamente al flauto. Il continuo ricomparire di questi quattro incisi genera lo svolgimento dell'Andante, assolutamente bello nel suo misterioso progredire ricco di colpi di scena. La creazione di continui cambiamenti di ritmo, dalle affannose sincopi alle pause cariche di aspettative, alle corse frenetiche,  suscita, unitamente agli imprevedibili percorsi melodici. continue sorprese, in un'atmosfera pervasa da vibrante emozione.
Giunto a questo punto, Schubert non proseguì oltre la sua composizione. Esistono brevissimi abbozzi relativi allo Scherzo, ma limitati a poche battute. Quest'interruzione ha innescato numerose polemiche tanto fra i musicologi coevi quanto fra quelli posteriori al compositore. Schubert aveva concluso il suo discorso oppure non aveva condotto a termine la sua opera? Chi sostiene la prima affermazione sottolinea la grandezza e la profonda coerenza interna dei due movimenti completati. Essi rappresenterebbero un discorso interamente concluso, a cui nulla si sarebbe potuto aggiungere, pena il rischio di sciuparlo inevitabilmente. La seconda affermazione trae giustificazione dalle nove battute dello Scherzo, indicate come sicuro nucleo generatore di un nuovo movimento non meno sublime dei primi due. Circa cinquant'anni fa, la Columbia Gramophone Company indisse un concorso internazionale per completare l'Incompiuta. La proposta fu accolta da numerosi compositori che inviarono le loro creazioni. Le proteste di coloro che reputarono l'operazione un vero e proprio tradimento e che invitarono gli organizzatori a ritirare l'offerta ebbero il sopravvento. Il concorso si trasformò cosi in una generica prova di composizione.
María Luisa Merlo

OUVERTURES
Il gruppo di ouvertures scritte da Franz Schubert per orchestra rappresenta una tappa significativa nella storia della forma. Relegata per secoli alla pura funzione del presentare, dell'introdurre, dell'esporre un determinato programma musical-letterario (opera, balletto, commedia, tragedia, cantata), dall'inizio dell'Ottocento in poi l'ouverture cominciò ad assimilare i caratteri della sinfonia e a diventare forma autonoma. Meno impegnata sul versante della captatio benevolentiae (la ben nota figura retorica della richiesta di attenzione prima di un evento) ma più attenta a costituirsi come episodio indipendente di forma-sonata o come fantasia e pot-pourri, l'ouverture finiva così direttamente nelle sale  da concerto, priva di programmi letterari, intenti filosofici e simili. Restava, appunto, tutto il bagaglio tecnico e stilistico assorbito dal linguaggio sinfonico di Mozart, Haydn e Beethoven: gli effetti di contrasto drammatico fra il primo e il secondo tema, lo scambio e il dialogo fra le zone timbriche dell'orchestra, il gioco di crescendi impetuosi e diminuendi sottili; e, ancora, lo sviluppo tematico, l'inserimento di qualche pagina contrappuntistica e il clima rilassante e pacato della lenta introduzione contrapposto alla stretta finale, scattante e rapida ritmicamente. Fra la decina circa di esempi schubertiani, i tre qui riportati sono tra i più significativi.
L'Ouverture in do maggiore 'Nello stile italiana' fu scritta, come quella in re maggiore ugualmente ispirata al Paese del bel canto e della melodia, nel novembre del 1817. È un piacevole e allegro esempio di parodia della musica italiana del tempo, come quella rossiniana di opere quali L'inganno felice, Tancredi e L'italiana in Algeri che stavano allora riscuotendo un successo senza precedenti nei teatri viennesi e imperiali. Il brano si articola in un doppio movimento, Adagio - Allegro, e presenta una certa 'italianità' nell'uso di un'orchestrazione leggera, nelle sfumature teatrali della melodia che gorgheggia su basso ribattuto e nella stretta finale festosa, esilarante e risolutoria. Schubert ne trasse anche una versione da salotto per pianoforte a quattro mani, e, anzi, le cronache parlano di una realizzazione a otto mani (naturalmente su due pianoforti) eseguita in pubblico dallo stesso Schubert, con Josef Hüttenbrenner e le sorelle Therese e Babette Kunz.
L'Ouverture in mi minore apparve due anni dopo, nel febbraio del 1819,  con un bagaglio di inedite combinazioni timbriche e coloristiche che lasciavano presagire l'approdo definitivo alla maturità. La scrittura orchestrale è estremamente nuova: per la prima volta compaiono le due coppie di corni e tromboni. Anche l'impianto formale svela l'estraneità a qualsiasi tipo di modello: il tema, energico e poderoso, attacca con un motivo di fanfara, in un crescendo di tensione ben accentuato, ma viene evitatal'introduzione lenta più convenzionale.
Con l'Ouverture dalle musiche di scena per il dramma Rosamunda, principessa di Cipro approdiamo infine al 1823, anno in cui Schubert si lasciò conquistare da questa complessa vicenda letteraria ideata da Helmine von Chézy. Fu Josef Kupelwieser, amico del compositore e innamorato della volubile signora, autrice fra l'altro del libretto dell'Euryanthe musicato da Carl Marie von Weber, a persuaderlo nella scelta del soggetto. L'esito non fu propriamente fortunato, ma il lavoro gode ancora oggi di una certa notorietà. Per l'occasione, Schubert non scrisse una nuova ouverture, ma si servì dell'introduzione all'opera L'arpa magica scritta tre anni prima su un soggetto di Georg von Hofmann.
Luigi Di Fronzo