ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/10 - (c) 1988

I MAESTRI DELLA MUSICA









Franz SCHUBERT (1797-1828)
Quintetto per Pianoforte e Archi in La maggiore "La Trota", Op. 114, D. 667

34' 17"


- Allegro vivace
9' 17"

1

- Andante
6' 35"

2

- Scherzo. Presto
4' 16"

3

- Tema. Andantino, Variazioni 1/5, Allegretto
7' 29"

4

- Finale. Allegro giusto
6' 40"

5

Quartettsatz in Do minore, D. 703

8' 29"
6





 
The Pascal String Quartet / Vlado Perlemuter, Pianoforte Pathé Marconi, Chatou
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | AM-2203 | (p) 1962


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/10 | 1 CD - durata 42' 46" | (c) 1988 | ADD

Note
-













Schubert

QUINTETTO IN LA MAGGIORE "LA TROTA"
Nell'estate del 1819 Schubert si recò con l'amico Vogl nell'Austria settentrionale. Nel paese di Steyr, trovò una comunità di appassionati musicofili che, sotto la guida di Sylvester Paumgartner, si cimentavano in esecuzioni dilettantistiche. Paumgartner commissionò al compositore un'opera adatta all'inconsueto gruppo strumentale da loro formato, un quintetto composto da un anomalo quartetto d'archi (violino, viola, violoncello e contrabbasso) e pianoforte.
Il titolo La trota gli derivò dal tema dell'omonimo Lied su cui Schubert costruì delle variazioni nel penultimo movimento.
Il primo tempo, Allegro vivace, si apre con un arpeggio del pianoforte, che ritornerà poi, quasi come un ritornello, nel corso del movimento. Gli archi, pianissimo, introducono il primo motivo, mentre il pianoforte, costretto al silenzio, sembra confermare le affermazioni degli altri strumenti con il disegno arpeggiato d'apertura. In questa prima parte del quintetto risultano di notevole interesse il gioco di corrispondenze e la sapiente distribuzione delle masse sonore proposti da Schubert. Soprattutto il contrabbasso e il pianoforte si fondono meravigliosamente, evitando accuratamente di sopraffarsi l'un l'altro; il pianoforte, dotato di una potenza superiore, non suona quindi quasi mai nelle regioni più gravi della tastiera in presenza del contrabbasso, ma lo sostiene e lo controbilancia muovendosi preferibilmente nella zona mediana. Questo movimento è in forma-sonata e si svolge secondo una logica profondamente schubertiana con quelle modulazioni (cambiamenti di tonalità) “impossibili” che erano tanto care alla sensibilità dell'autore. L'andamento ritmico è spesso caratterizzato dall'uso delle terzine (soprattutto da parte del pianoforte) che contrastano la scansione rigorosamente binaria delle parti affidate agli altri strumenti.
L'Andante è costituito da tre sezioni ripetute in tonalità differenti. La prima è caratterizzata dall'andamento melodico del pianoforte, che procede sempre con le due mani all'ottava (la stessa melodia viene cioè eseguita adistanza di un'ottava). Questo procedimento, oltre a conferire maggior spessore alla parte cantabile, lascia agli archi, in special modo a violoncello e contrabbasso, il compito di arricchire e sostenere armonicamente il discorso melodico, che scivola magistralmente dal violino al pianoforte. Nella seconda sezione, il canto si sposta dalle regioni acute a quella mediana, più calda e vibrante, occupata da viola e violoncello. I due strumenti cantano una dolce serenata, muovendosi l'uno vicino all'altro, mentre violino e pianoforte accompagnano, il primo con un disegno sussultante inframmezzato da pause, l'altro con fluidi arpeggi ininterrotti. La terza sezione manifesta immediatamente il suo carattere più energico con un disegno melodico affidato nuovamente al pianoforte in ottava, in cui slanci verso l'acuto, resi più incisivi dal ritmo puntato, si alternano a ricadute più morbide verso il grave. La riapparizione dei tre motivi in ambiti tonali diversi rinnova l'attenzione e il piacere dell'ascoltatore, che si ritrova in luoghi conosciuti senza aver la sensazione di una semplice ripetizione.
Lo Scherzo, con la sua spumeggiante vivacità, ci coinvolge immediatamente; i cinque strumenti si muovono in simultaneità, con qualche eccezione per il pianoforte che accenna talvolta a brevi dialoghi col violino. Il trio è invece chiaramente in forma antifonale: il pianoforte da un lato e gli archi dall'altro si alternano in un dialogo pacato. La ripetizione dello Scherzo conclude il movimento.
Il quarto tempo è caratterizzato dalle variazioni sul tema del Lied omonimo La trota. Il testo di questa canzone, a un tempo ingenuo e divertito, narra le vicende di una povera trotella che finisce per abboccare all'amo di un pescatore. Non dimentichiamo che Schubert era in vacanza in un ridente paesino di montagna ed era felice. Tutto il quintetto lascia del resto trasparire questo senso di appagamento, di sintonia perfetta con il mondo circostante; la gentile e ammiccante melodia del Lied trova dunque in questo contesto una collocazione ideale. Il Tema. Andantino viene esposto dal quartetto d'archi, mentre il pianoforte assiste in silenzio, per prender voce subito dopo, nella prima variazione, quando esegue il tema con le due mani all'ottava. Viola, violino e violoncello lo accompagnano con arpeggi veloci, completati dal leggero pizzicato del contrabbasso. Nella seconda variazione, il tema passa a viola e violoncello, mentre il violino esegue spericolati passaggi virtuosistici. Il 'solista' della terza variazione è il contrabbasso, che esegue il tema al registro grave; gli altri strumenti, per farne risaltare meglio la voce, si muovono sempre nella regione media e acuta. La quarta e la quinta variazione sono le più complesse. La prima, in modo minore, alterna zone fortissimo ad altre pianissimo; la seconda è ricchissima soprattutto dal punto di vista armonico e contrappuntistico. I vari strumenti eseguono parti completamente diverse tra di loro, e lo stesso pianoforte, nella seconda parte del brano, sviluppa un disegno melodico molto articolato, in cui le mani si muovono per moto contrario, seguendo cioè direzioni opposte. Conclude il movimento un leggero Allegretto, dove violino e viola eseguono in eco il tema del celebre Lied.
Il Finale. Allegro giusto inizia con un motivo grazioso, eseguito in eco da violino e viola da un lato e pianoforte dall'altro su di un accompagnamento saltellante di violoncello e contrabbasso. Questo disegno dialogico si ripete continuamente, interrotto in due sole occasioni, quando tutti gli strumenti eseguono simultaneamente, forte, la stessa melodia, creando delle improvvise ed efficaci zone di luce. Il secondo motivo è nuovamente affidato agli archi, mentre il pianoforte esegue l'accompagnamento che, nel disegno ritmico, ricorda il galoppo di un cavallo. La melodia, cantabile, è costituita da due brevi sezioni; nella prima, violino e viola paiono porre una domanda, cui rispondono in perfetta armonia, nella seconda, violoncello e contrabbasso. Nello sviluppo i discorsi si intrecciano e le parti dei diversi strumenti si infittiscono, mentre qua e là si sente ritornare qualche frammento ora del primo ora del secondo motivo. Con la ripresa ritroviamo lo stesso schema della prima parte. I due temi, come avviene nella tradizione classica, si ripresentano tuttavia in una nuova veste, una tonalità diversa rispetto a quella iniziale. L'intero quintetto si chiude con una coda breve e decisa, in un clima festoso e spensierato.
Maria Luisa Merlo

QUARTETTSATZ IN DO MINORE
L'idea della morte tipica della sensibilità tardosettecentesca e preromantica e cara anche a Franz Schubert è ben espressa dai seguenti versi di Gotthold Ephraim Lessing: «Dammi la tua mano, bella creatura gentile. Io ti sono amica e non vengo a punirti. Fatti coraggio! Io non sono crudele. Devi solo dormire in pace fra le mia braccia››. La morte non viene dunque percepita come improvvisa rottura dell'esistenza, come passaggio traumatico nel mondo dell'aldilà o, peggio ancora, come castigo divino che punisce il peccato originale. La morte è una dolce compagna, fra le cui braccia ci si può cullare morbidamente, una sensazione metafisica in cui la realtà acquista una nuova dimensione, la percezione si distende e la sensibilità si allenta pacatamente. La dolce malinconia prevale sul dolore e sulla paura, la mestizia sull'affanno cupo e sconsolato.
Come nel Quartetto 'La morte e la fanciulla' e in qualche altra pagina cameristica e vocale, anche in questo Quartettsatz (Tempo di quartetto) per archi Schubert trasfigura la visione della morte in un'immagine gentile e malinconica. I fremiti del ribattuto che segnano le prime otto battute d'introduzione si trasformano immediatamente in un cullante e morbido ondeggiare di terzine, dove prevale una cantabilità continua, un languido ed estenuato tematismo. La vena patetica è ulteriormente rafforzata dal contrasto morbido e coloristico dell'impianto tonale: il secondo tema lirico e cantabile è scritto armonicamente in la bemolle maggiore (quindi al VI grado, ossia alla sesta nota progressiva rispetto al do minore di partenza), secondo la tipica propensione schubertiana a evitare il rapporto diretto con la dominante (il V grado) e a preferire piuttosto tenui relazioni modali (III e IV grado).
Il movimento del quartetto è un Allegro assai in 6/8, composto in formasonata con i consueti due temi nell'esposizione conclusa da una coda, unbreve sviluppo che elabora il materiale introduttivo sfruttando i più infimi dettagli melodici e una ripresa velata, in cui il primo tema, il cupo ribattuto ostinato, riappare soltanto alla fine, come estremo congedo.
Il senso di desolata e malinconica tragicità trova diversi riscontri nel tessuto musicale: nel cromatismo insinuante e teso; nell'abbondanza di sfumature dinamiche (pianissimo, smorzati, piano dolce, diminuendo) che contrastano con gli sferzanti accenti pulsivi, i fortissimo, i fortepiano e le forcelle di crescendo e diminuendo; nella disarmante semplicità di certi profili melodici, svenevoli e languidi; nella disposizione delle parti, con l'enfasi delle due zone estreme, l'acuto del primo violino e il grave del violoncello, che delimitano lo sfumato timbrico delle voci intermedie (secondo violino e viola); nell'apparire di un canto stralunato al violoncello, in zona sovracuta, con lo strumento che legge in chiave di tenore.
Il Quartettsatz, composto nel dicembre del 1820, sembra quasi un esile ponte teso a collegare la produzione giovanile dei quartetti da camera con gli ultimi tre capolavori della maturità. Come altri lavori scritti nel dicembre del 1820, l'opera non fu completata. Restano soltanto quaranta battute di un secondo movimento, Andante in 3/4, che Schubert lasciò allo stato fugace e provvisorio del frammento.
Luigi Di Fronzo