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1 CD -
GMD 2/13 - (c) 1988
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Robert
SCHUMANN (1810-1856)
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Carnaval,
Op. 9
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27' 31" |
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-
Préambule |
2' 05" |
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1 |
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-
Pierrot
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1' 09" |
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2
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- Arlequin
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1' 01" |
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3
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- Valse noble
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1' 48" |
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4 |
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- Eusebius
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1' 35" |
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5 |
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- Florestan |
0' 41" |
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6 |
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- Coquette |
1' 22" |
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7 |
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- Réplique |
0' 47" |
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8 |
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- Sphinxes |
0' 28" |
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9 |
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- Papillons |
0' 44" |
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10 |
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- A.S.C.H. -
S.C.H.A. (Lettres dansantes)
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0' 54" |
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11 |
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- Chiarina |
1' 22" |
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12 |
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- Chopin |
1' 17" |
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13 |
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- Estrella |
0' 24" |
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14 |
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- Reconnaissance |
1' 44" |
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15 |
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- Pantalon et
Colombine
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0' 52" |
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16 |
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- Valse allemande
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0' 53" |
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17 |
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- Intermezzo:
Paganini
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1' 05" |
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18 |
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- Aveau |
0' 55" |
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19 |
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- Promenade |
1' 54" |
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20 |
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- Pause |
0' 18" |
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21 |
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- Marche des
"Davidsbündler" contre les
Philistins
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3' 34" |
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22 |
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Studi
Sinfonici, Op. 13 |
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23' 48" |
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- Tema. Andante
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1' 17" |
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23 |
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- Studio I. Un
poco piü vivo
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1' 13" |
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24 |
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- Studio II.
Marcato il canto
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2' 52" |
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25 |
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- Studio III.
Vivace
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1' 17" |
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26 |
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- Studio IV
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0' 57" |
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27 |
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- Studio V
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1' 20" |
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28 |
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- Studio VI.
Agitato
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0' 58" |
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29 |
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- Studio VII.
Allegro molto
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1' 07" |
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30 |
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- Studio VIII
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1' 46" |
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31 |
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- Studio IX.
Presto possibile
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0' 39" |
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32 |
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- Studio X
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1' 11" |
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33 |
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- Studio XI
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2' 25" |
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34 |
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- Studio XII.
Allegro brillante
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6' 32" |
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35 |
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Nikita Magaloff,
Pianoforte |
Janvier
1970
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert
Hall | SMS 2678 | (p) 1970
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 2/13 | 1 CD -
durata 51' 19" | (c) 1988 | ADD |
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Note |
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-
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Schumann
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CARNAVAL
OP. 9
STUDI
SINFONICI OP. 13
Il prestigioso
interprete di queste
composizioni schumanniane è
Nikita Magaloff, il
brillante e impeccabile
concertista che, nei tratti
del viso, nello sguardo un
po' sornione, nel sorriso
gentile e nei modi di fare
ha conservato tutto il
'savoir faire' della cultura
aristocratica di inizio
secolo. Magaloff appartiene
infatti alla Russia degli
zar. Là è nato nel 1912 e là
è rimasto legato il suo
ricordo, nonostante sia
fuggito dal Paese natale a
soli cinque anni e non vi
abbia più fatto ritorno.
Già dal momento della
nascita, il piccolo Nikita
ebbe un incontro con la
musica, che egli stesso ama
spesso raccontare: «Il
papà era un dignitario di
corte dell'ultimo zar di
Russia Nicola II, per cui
viveva con tutta la corte al
Palazzo d'Inverno. Quella
sera del 1912 la corte era
riunita nella sala della
musica per assistere a un
concerto di Sergej
Rachmaninov. Poiché, per
ordine espresso dello zar,
le porte dovevano rimanere
sbarrate sino alla fine
dell'esecuzione, mio padre
fu avvertito della mia
nascita solo a concerto
finito. Quando, molti anni
dopo, rievocai l'episodio
con Rachmaninov, al quale
sono sempre stato legato da
profonda amicizia, il grande
pianista mi abbracciò
ridendo e chiamandomi 'suo
figlio spirituale'».
A cinque anni inizia per
Magaloff la fuga da quel
mondo dorato e un
pellegrinaggio che lo
porterà prima in Finlandia,
poi negli Stati Uniti e
infine a Parigi. Pietroburgo
e la corte degli zar sono
perse, ma la musica si
insinua sempre più nella sua
vita: Magaloff la respira in
casa, impara ad amarla
attraverso la madre che
prende lezioni da Prokofev,
un caro amico di famiglia.
Proprio Prokofev lo spinge,
a sette anni, ad addentrarsi
nel meraviglioso mondo
musicale attraverso lo
studio del pianoforte e
della composizione. A dodici
anni Nikita suona e prende
alcune lezioni da
Rachmaninov; in seguito,
entra nel fervido mondo
musicale dominato da Maurice
Ravel, da Igor Stravinskij,
che conosce personalmente, e
dalla cultura del 'Gruppo
dei Sei'. Gli spostamenti da
una nazione all'altra lo
portano a esordire piuttosto
tardi, a 25 anni, ma con
l'appoggio dei maggiori
musicisti del tempo che
l'avevano già ascoltato e
incoraggiato a intraprendere
la carriera concertistica.
Da quel debutto la sua
carriera si dispiega sempre
più trionfalmente,
suscitando ovunque
ammirazione.
Oggi, Magaloff è famoso per
il fraseggio chiaro, il
virtuosismo agguerrito
eppure mai aggressivo o
appariscente, e soprattutto
per il 'bel suono', quel
timbro che ha reso famose le
sue interpretazioni di
autori romantici e
soprattutto di Chopin, il
suo eterno cavallo di
battaglia, ma che
ritroviamoanche in questa
impareggiabile esecuzione
schumanniana.
Fu nel 1830, all'età di
vent'anni, che Robert
Schumann lesse chiaramente
in se stesso, intuendo che
la sua vera aspirazione non
era la letteratura, che pure
amava e avrebbe continuato a
coltivare attivamente, ma la
musica. Sino a quel momento,
il giovane aveva vagato alla
ricerca di una spiaggiadove
far riposare il suo estro
artistico: il pianoforte era
stato il suo primo grande
amore, ma nel frattempo si
era insìnuato in lui il
desiderio di manipolare quei
suoni, di assoggettarli ai
propri voleri. La
composizione lo affascinava,
ma egli non si sentiva
ancora padrone della materia
musicale e, d'altra parte,
la madre sperava per lui un
solido avvenire d'avvocato.
«Ho la certezza che,
lavorando con pazienza e con
un buon maestro, potrò,
entro sei anni, rivaleggiare
con qualsiasi pianista»,
scrisse Schumann alla madre
nel luglio del 1830, e
citava i maestri che, dopo
averlo ascoltato, lo avevano
esortato a scegliere la
strada della musica. Fra
questi vi era il professor
Wieck, suo futuro suocero;
credendo fermamente nel
ragazzo, non esitò a
rispondere alla madre che
gli aveva sollecitato un
parere disinteressato.
Secondo Wieck, Robert
avrebbe potuto diventare
«uno dei più grandi pianisti
viventi, più spirituale e
ardente di Moscheles, più
raffinato, nel tocco, di
Hummel»,
naturalmente a patto che si
affidasse a lui per almeno
tre anni. La madre, di
fronte a tanta
'disinteressata' convinzione
per le doti del suo Robert,
concesse il benestare. Così,
il 18 ottobre di quello
stesso anno Schumann si
trasferì a Lipsia presso il
professor Wieck.
Anche se i loro temperamenti
non combaciavano alla
perfezione, Schumann e Wieck
lavorarono con accanimento,
e ben presto il giovane
acquisì una padronanza e una
conoscenza profonde della
tastiera. Desiderava con
forza imparare ogni segreto
della tecnica pianistica,
perché solamente così
avrebbe potuto essere in
grado di comporre tutto ciò
che la sua ispirazione gli
dettava. Tormentato dai
dubbi sul proprio valore e
forse anche su quello
dell'insegnante, il giovane
arrivò al punto di
trasferirsi a Weimar per
studiare con Hummel, e tutto
di nascosto da Wieck, che,
scoperto il 'tradimento',
andò naturalmente su tutte
le furie; il rapporto tra i
due, comunque, continuò,
seppure fra immancabili alti
e bassi.
Nel frattempo, Schumann non
aveva perso di vista,
nemmeno per un attimo,
l'attività compositiva e nel
1831 aveva dato alle stampe
le Variazioni ABEGG.
Insoddisfatto del lavoro e
consapevole delle
manchevolezze della sua
preparazione
contrappuntistica, si mise
alla ricerca di vari
insegnanti di composizione,
che trovò dapprima in un
certo Kupsch e poi nel
direttore dell'Opera di
Lipsia, Heinrich Dorn.
Nell'estate del 1831 si votò
definitivamente alla
composizione. Il suo primo
.sbocco creativo lo incanalò
naturalmente verso il
pianoforte, lo strumento
romantico per eccellenza,
quello che egli aveva
studiato con tanto
accanimento e sul quale
avevano già dispiegato la
loro genialità autori che
Schumann amava e imitava,
come Franz Schubert e
Frédéric Chopin. E fu
proprio su uno spunto di
valzer schubertiano, scritto
nel 1829, che Schumann
cominciò a comporre Papillons
op. 2, una serie di
pezzi in forma di danza
completata nel 1832. Con Papillons
ebbe inizio il primo grande
capitolo compositivo della
vita di Schumann, imperniato
totalmente sulla scrittura
di brani per pianoforte. A
quel periodo risalgono, tra
gli altri, gli Studi op.
3 sui Capricci
di Paganini, la Fantasia
satirica su un tema di
Herz, l'Improvviso op. 5
su un tema di Clara Wieck,
figlia del professor Wieck e
sua futura moglie, gli Studi
in forma di libere
variazioni
sull'Allegretto della Sinfonia
n. 7 di Beethoven, le
Variazioni,
incompiute, sul Notturno
op. 15 n. 3 di Chopin;
e, ancora, le Davidsbündlertãnze
(Danze dei fratelli di
Davide) op. 6, la Toccata
op. 7, i Phantasiestücke
(Pezzi fantastici) op.
12, le Kinderszenen
(Scene infantili) op. 15,
Kreisleriana op. 16,
le Novellette op. 21,
il Faschingsschwanz aus
Wien (Carnevale di
Vienna) op. 26. Su
tutto troneggiano il Carnaval
op. 9 e gli Studi
sinfonici op. 13.
L'idea del Carnaval
prese forma in Schumann dopo
la composizione di Papillons,
12 brevi brani ispirati
musicalmente da Schubert e
poeticamente dall'ultimo
capitolo del Flegeljahre
(Anni scapigliati)
dell'amico Jean Paul,
capitolo in cui i
protagonisti si rincorrono
immersi nell'atmosfera di un
ballo mascherato sul tema
delle farfalle. Fu proprio
l'idea del celarsi
dietro a una maschera, gioco
affascinante in cui la vera
identità si confonde con la
finzione, che colpì il
romantico Schumann. Nel Carnaval
Schumann distribuisce quel
gioco tra le due figure
immaginarie di Florestano ed
Eusebio, che attornia di
personaggi autentici come
Chopin, Paganini,
Estrella (il suo primo
amore) e Chiara (Clara
Wieck) e delle maschere di
Pierrot, Arlecchino,
Pantalone e Colombina.
Schumann crea così un gioco
divertente sospeso tra
realtà e irrealtà, tra
verità e finzione, in uno
sdoppiamento che non ha ne'
risposte né soluzioni.
La successione dei 22 pezzi
che compongono Carnaval
è studiata in modo da
fornire una grande varietà
musicale e di atmosfere. Al
maestoso Préambule
d'apertura seguono due brani
graziosi, Pierrot e
Arlequin, e un Valse
noble. Si incontrano
poi i due personaggi nei
quali Schumann vedeva
riflessa la propria natura:
Eusebius, sognatore
appassionato e ardente,
dipinto con un tenero
Adagio, e Florestan,
ribelle e riformatore, al
quale Schumann ha
impresso le tinte intense di
un Passionato. A Coquette,
di chiaro sapore
ìmpressionista, e a Réplique
succede la curiosa Sphinxes,
scritta, più che per essere
suonata, per mostrare le
combinazioni tematiche sulle
quali il compositore ha
impostato l'intera suite. Vi
sono poi Papillons e
A.S.C.H.-S.C.H.A (Lettres
dansantes), seguiti da
Chiarina e da Chopin,
pagina questa di sapore
molto intimista e chiaro
tributo allo stile
'notturno' del compositore
polacco. Dopo Estrella
e Reconaissance
appaiono due fra le maschere
carnevalesche più tipiche e
immortali, Pantalon
et Colombine, che
lasciano presto spazio a un
romantico Valse
allemande e al
fantasmagorico Paganini.
Con Aveu ricompaiono
le atmosfere di appassionato
sentimento, mentre la
tranquillità si ritrova in Promenade.
Dopo la breve Pause
irrompe infine trionfalmente
il finale con la Marche
des 'Davidsbündler' contre
les Phílistíns.
Nello stesso periodo, e
precisamente nel 1834,
Schumann si dedicò
allacomposizione di un'altra
fondamentale opera
pianistica, i 12 Studi
sinfonici op. 13, in
cui si fondono con grande
abilità i due generi dello
studio e della variazione,
generi su cui il musicista
aveva svolto un profondo
lavoro di ricerca. Fu
soprattutto grazie a
composizioni quali l'Improvviso
op. 5 su un tema di
Clara Wieck, le Sehnsuchtswalzervariationen
su un tema di Schubert e gli
Studi in forma di
libere variazioni su
un tema di Beethoven che
Schumann riuscì a dare agli
Studi sinfonici una
struttura assai complessa e
originale. Se il virtuosismo
si ritrova soprattutto nello
Studio III, dalla
figurazione violinistica,
nell'invenzione accordale
del IV e del X,
nei fugati del I e
dell'VIII, e nel
ritmo travolgente del V
e del VII, un
pungente intimismo traspare
in studi come il IV
e il V, mentre la
massiccia presenza dei
valori poetici, tanto cari
all'autore, spiccano in
particolare nella
straordinaria esplosione
emotiva dello Studio XI.
Nel finale, che trae il tema
da una romanza dell'opera Il
Templare e l'Ebrea di
Heinrich Marschner, Schumann
lascia libero sfogo
all'atmosfera sinfonica.
Mariangela
Mianiti
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