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1 CD -
GMD 2/15 - (c) 1988
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Felix
MENDELSSOHN (1809-1847)
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Concerto
per Violino e Orchestra in Mi
minore, Op. 64
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26' 22" |
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1. Allegro molto appassionato | 2.
Andante
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20' 07" |
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1 |
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- 3. Allegretto
non troppo | 4. Allegro molto
vivace
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6' 15" |
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2
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Ouverture
"Sogno di una notte di mezza
estate", Op. 21 |
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11' 05" |
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3 |
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Ouverture "Le
Ebridi (La grotta di Fingal),
Op. 26
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9' 25" |
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4 |
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Ouverture
"Calma di mare e viaggio
felice", Op. 27 |
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12' 36"
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5 |
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Orchestra
Filarmonica Cecoslovacca / Josef Suk,
Violino / Karel Ancerl, Direttore |
House of
Artists, Prague - 28-29 February 1964
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Orchestra
Sinfonica di Praga / Vaclav Smetacek,
Direttore |
House of
Artists, Prague - 7-13 March 1963
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Supraphon
| SUA ST 50546 | (p) 1964 -
(1-2)
Supraphon | SUA ST 50514 | (p)
1963 - (3-5)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 2/15 | 1 CD -
durata 59' 28" | (c) 1988 | ADD |
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Note |
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Mendelssohn
(1-2)
Mendelssohn
(3-5) |
CONCERTO
PER VIOLINO E ORCHOSTRA
OP. 64
Tra i concerti
di Mendelssohn, questo,
scritto durante un periododi
convalescenza nel 1844, è
senza dubbio il capolavoro.
Già nel 1836 l'amico e
grande violinista Ferdinand
David aveva richiesto al
compositore un concerto per
violino e orchestra, ma solo
dopo parecchi anni l'opera
ricevette la sua stesura
definitiva.
Nel primo movimento, Allegro
molto appassionato, il tema
viene affidato
immediatamente al violino,
grande protagonista del
concerto, che si lancia in
spericolati passaggi
virtuosisticì; anche quando
riprende il secondo tema,
più quieto e pensoso, lo
rende intenso e fremente con
il ricorso a inaspettati
suoni sovracuti. Il
movimento procede secondo lo
schema classico della
forma-sonata anche se con
qualche novità: la
collocazione della cadenza,
per esempio, è posta al
termine dello sviluppo e
viene utilizzata, con la
reiterazione degli arpeggi
conclusivi, per riattaccare
con la ripresa. Con un accelerando
in cui il violino esegue
passaggi difficilissimi, in
terza e in sesta, giunge a
termine il primo tempo.
L'Andante inizia con un
bellissimo effetto d'eco tra
legni e fiati che si
rimandano, uno dopo l'altro,
un esitante intervallo di
semitono ascendente che ha
il sapore di un
interrogativo. Il primo
tema, eseguito dal violino
su un accompagnamento di
soli archi, è una melodia
ampia, dolce e consolatoria,
di un lirismo appassionato.
Un secondo tema, più torvo,
viene annunciato da legni e
violini: con l'alternanza
episodica delle due idee
tematiche si evolve questa
pagina intensa.
L'Allegretto non troppo, più
che un vero e proprio terzo
movimento, data la sua
brevità, sembra piuttosto
un'introduzione all'ultimo
movimento. Il suo tema
richiama quello con cui si
apriva l'Allegro iniziale,
di cui ha lo stesso profilo
ritmico. Nell'Allegro molto
vivace Mendelssohn esalta al
massimo grado le capacità
virtuosistiche del violino;
in più di un'occasione
l'orchestra tace o è ridotta
al minimo, mentre il solista
si lancia in passaggi
spericolati, arditi e senza
requie. Probabilmente il
fatto che Mendelssohn avesse
vicino un grande talento
violinistico quale Ferdinand
David lo stimolò ad
arricchire il concerto di
difficoltà per mettere in
adeguato risalto le doti
dell'amico.
La prima esecuzione avvenne
il 13 marzo 1845 alla
Gewandhaus di Lipsia, con
David al violino e Niels
Gade alla direzione
dell'orchestra. Una seconda
esecuzione ebbe luogo pochi
mesi dopo, il 23 ottobre, e
fu lo stesso Mendelssohn a
salire sul podio.
Maria
Luisa Merlo
OUVERTURES
Tra le opere
per cui Felix Mendelssohn
Bartholdy viene maggiormente
ricordato vi sono certamente
l'ouverture e le
musiche di scena composte
per il Sogno di una
notte di mezza estate
di Shakespeare. Le due parti
non furono scritte di
seguito: l'ouverture,
che ascoltiamo in questo
caso, venne composta nel
1826, mentre i 12 pezzi per
soli, coro e orchestra
destinati a essere inseriti
nella rappresentazione
shakespeariana risalgono al
1842. Tuttavia non vi è
disomogeneità tra le due
parti, perché già nell'ouverture
il diciassettenne
Mendelssohn mostrò di
possedere una maturità
musicale, un genio e
un'inventiva non dissimili
da quelli di cui avrebbe
dato prova sedici anni dopo.
Nel 1826 il giovane Felix
era già pienamente padrone
dei suoi mezzi e sapeva
assai bene come dominare la
materia musicale. Voleva
accendere emozioni
romantiche senza tuttavia
rompere lo schema classico,
e vi riuscì molto bene,
soprattutto mantenendo il
limpido gioco delle 'parti'
nel loro percorso armonico e
quello della strumentazione.
Mendelssohn ricevette
l'ispirazione per questa ouverture
durante i numerosi incontri
culturali e le letture
shakespeariane che si
tenevano nella villa della
nonna. Nel parco popolato da
alberi maestosi che
circondava la casa vi era un
padiglione d'estate dove,
ogni domenica, si riunivano
i nomi più illustri
dell'arte e della cultura
per leggere e discutere di
letteratura e di poesia e
per ascoltare musica,
eseguita da famosi artisti
di passaggio accompagnati da
un'orchestra ben affiatata.
Fu in quest'ambiente
stimolante che il giovane si
avvicinò a Shakespeare, ma
non all'autore forte e
carico di tensione dei
drammi, bensì a quello più
favoloso, in cui si ritrova
una natura carica di odori,
di animali, di visioni
fiabesche, proprio come
quella del Sogno di una
notte di mezza estate.
Nell'ouverture,
ispirata all'opera
dell'autore inglese,
Mendelssohn introdusse, come
in quasi tutta la sua
musica, quel gusto per il
racconto incantato in cui si
rispecchiava perfettamente
la sua natura romantica, un
po' languida e dolce, ma
sempre attenta a non farsi
travolgere dalla passione
violenta, dal sentimento
viscerale. Ciò che
Mendelssohn tese a costruire
fu un'isola incantata di
musica, un sogno, appunto,
di realismo fatato e magico.
L'ispirazione attinta dalla
parola, lo sguardo rivolto
alla letteratura di un
grande poeta la si ritrova
anche in un'altra ouverture,
scritta nel 1828, Calma
di mare e viaggio felice.
Questa volta Mendelssohn
prese lo spunto da due
poesie di Goethe, il poeta e
scrittore tedesco che Felix
aveva avuto modo di
conoscere giovanissimo e che
continuò ad ammirare
intensamente per tutta la
vita. Quando si conobbero,
Mendelssohn aveva solo
dodici anni e Goethe
settantatré: il pretesto per
l'incontro era stata una
visita di quindici giorni di
Friedrich Zelter, amico e
consigliere musicale del
poeta di Weimar e insegnante
di composizione di
Mendelssohn, che aveva
condotto con sé il piccolo e
prodigioso allievo. Tra
Mendelssohn e Goethe nacque
subito, spontanea, una di
quelle tenere amicizie che
spesso legano i vecchi ai
bambini. In una lettera di
quei giorni Mendelssohn
scrisse ai genitori: «E ora
ascoltate tutti. Domenica
scorsa, il sole di Weimar,
Goethe, è spuntato. La
mattina siamo andati in
chiesa. Una volta usciti, vi
ho scritto una piccola
lettera e poi sono andato
all'Elefante, dove ho
disegnato la casa di Lucas
Cranach. Verso le due, il
professor Zelter ha
annunciato: “Il vecchio
maestro è giunto: Goethe è
qui!”. Subito siamo corsi da
lui. Era nel giardino e ci è
venuto incontro, tenendo in
mano un bastoncino
flessibile; proprio come te,
papà: non è strano? È molto
gioviale e trovo che nessuno
dei suoi ritratti gli
assomigli. Non dimostra
assolutamente i suoi
settantatré anni; tutt'al
più lo si può prendere per
un cinquantenne [...]. Qui
suono molto di più che a
casa; qualche volta quattro
ore, più spesso sei e anche
otto. Tutti i pomeriggi
Goethe nell'aprire il
pianoforte mi dice: “Oggi
non ti ho ancora sentito,
su, fammi un po' di
baccano”. Si siede al mio
fianco, e, quando ho finito
(io in genere improvviso),
gli chiedo un bacio o glielo
do. Non potete farvi un`idea
della sua bontà e dalla sua
cordialità; così come non
potete immaginare la ricca
collezione di minerali,
busti, stampe, statue,
disegni che possiede. Non ha
una figura imponente; non è
molto più grande di papà.
Quello che impone riverenza
è il suo contegno, il suo
modo di parlare, il suo
nome! La sua voce ha una
straordinaria potenza. I
suoi capelli non sono ancora
bianchi, la sua andatura è
sicura e la parola dolce».
Un'altra delle più celebri
composizioni
mendelssohniane, l'ouverture
dal titolo Le Ebridi,
venne scritta poco tempo
dopo le due precedenti, nel
1829, e nacque a seguito di
un viaggio in Scozia. Il 7
agosto di quell'anno
Mendelssohn, che da più di
tre mesi si trovava in Gran
Bretagna, si era imbarcato
assieme all'amico Carl
Klingemann su un battello a
vapore per visitare le Isole
Ebridi. La mattina seguente
inviò a casa una lettera in
cui aveva trascritto un'idea
musicale, con indicata
l'orchestrazione, su due
pentagrammi. Questo tema
sarebbe diventato l'inizio
dell'Ouverture op. 26,
che si intitolò inizialmente
L'isola solitaria,
poi La grotta di Fingal
e, infine, Le Ebridi.
Quest'ultimo titolo
sembrerebbe il più
appropriato, perché, a causa
del mare piuttosto agitato,
la navigazione del battello
non dovette essere molto
tranquilla, per cui, molto
probabilmente, il musicista
rinunciò ad esplorare
l'Isola di Staffa, sede
appunto della celebre grotta
di Fingal.
Non bisogna tuttavia
dimenticare che Fingal è
anche il nome con cui James
Macpherson chiamò, in un
omonimo poema pubblicato nel
1761, il mitico re irlandese
Finn, protagonista, assieme
al figlio Ossian, di un
vasto ciclo epico. Anche
Fingal è dunque immerso in
quell'ambientazione
fantastica che tanto aveva
colpito Mendelssohn nel Sogno
shakespeariano: boschi
incantati, paesaggi marini,
grotte misteriose, montagne
impervie, malinconiche e
animate nello stesso tempo,
insomma uno scenario dal
marcato gusto preromantico.
Da questa somma di emozioni
il compositore ricavò Le
Ebridi, un autentico
capolavoro, montato per
un'orchestra classica, che
crea un quadro di rara
suggestione. Persino Wagner,
che notoriamente non amava
la musica di Mendelssohn e
tanto meno il suo modo di
dirigere l'orchestra, si
inchinò di fronte alla
bellezza di questa ouverture
e ne riconobbe l'indiscusso
fascino, definendola
significativamente «una
delle più belle opere
musicali che noi possediamo».
Mariangela
Mianiti
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