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1 CD -
GMD 2/17 - (c) 1988
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Fryderyk
CHOPIN (1810-1849)
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Concerto
N. 2 per Pianoforte e Orchestra in
Fa minore, Op. 21
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28' 52" |
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Maestoso
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11' 59" |
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1 |
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- Larghetto
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8' 35" |
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2
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- Allegro vivace
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8' 18" |
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3 |
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Mazurca in Do
minore, Op. 56 N. 3 |
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5' 21" |
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4 |
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Scherzo N. 4 in
Mi maggiore, Op. 54
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11' 05" |
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5 |
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Valzer in Do
diesi minore, Op. 64 N. 2
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3' 40" |
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6 |
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Valzer in La
minore, Op. 34 N. 2
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5' 13" |
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7 |
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Philharmonia
Orchestra / Arthur Rubinstein, Pianoforte
/ Carlo Maria Giulini, Direttore -
(1-3)
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Royal
Festival Hall, London - 16 May 1960
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Arthur Rubinstein,
Pianoforte- (4-7)
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London -
1 February (6), 16 February (4,5) 1960
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Paragon
| LBI 53001 | (p) 1988
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD 2/17 | 1 CD -
durata 56' 02" | (c) 1988 | ADD |
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Note |
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Chopin
(1-6) |
CONCERTO
N. 2 IN FA MINORE OP. 21
N. 4
Questa
composizione così
intensamente 'chopiniana'
scaturì dalla mente del
maestro, allora solo
diciannovenne, nel 1829. Già
in essa si ritrovano le
caratteristiche più marcate
del pianismo di Chopin: le
sue melodie poetiche e il
suo slancio passionale, che,
a tratti, si interrompe per
lasciar spazio a una vena
più languida. Il pianoforte
è il vero protagonista del
concerto: un pianoforte
battagliero, poeta, che
cambia frequentemente ruolo
con estrema naturalezza,
facendoci vivere esperienze
sempre emozionanti.
L'orchestra, come un fido
scudiero, sorregge,
accompagna, sottolinea con
garbo, senza mai
prevaricare, tanto da far
apparire quest'opera più una
fantasia solistica con
accompagnamento che un
concerto nel senso più
proprio del termine.
Il primo movimento,
Maestoso, ha parecchi punti
in comune con l'analogo
movimento del Concerto
n. 1, soprattutto dal
punto di vista
ritmico.L'ampiezza degli
incisi melodici permette al
solista di espandersi in
momenti di grande lirismo,
pur mantenendo però una
condotta energica che ben si
attaglia allo slancio di
giovanile entusiasmo che
caratterizza le parti
orchestrali.
Il secondo movimento,
Larghetto, è una delle perle
dello scrigno musicaledel
musicista polacco. Ricco di
tensione emotiva, carico di
pathos, raggiunge
momenti di lirismo
indimenticabili, come nel
recitativo pianistico che
porta l'indicazione di
Appassionato, culmine
dell'intero movimento. Così
scriveva Liszt: «Egli
[Chopin] aveva una grande
predilezione per questa
pagina, in cui troviamo un
recitativo pianistico in
tono minore che hala
funzione di antistrofe.
Tutto il pezzo è di una
perfezione ideale; il
sentimento che lo pervade è
a volte raggiante, a volte
pieno di grande pietà.
Fapensare a un magnifico
paesaggio inondato di luce,
a qualche fortunata valle di
Tempe, luogo prestabilito
per un racconto tragico, per
una scena di alti lamenti.
Si direbbe che
un'irreparabile infelicità
colpisca il cuore umano in
presenza di un fulgido
splendore della natura:
questo contrasto èmesso in
luce da una fusione di toni,
un digradare di tinte
attenuate, che impedisce il
minimo urto o la minima
dissonanza con l'impressione
commovente che esso produce,
contrasto che, a un tempo,
rende malinconica la gioia e
rasserena il dolore».
Il concerto si chiude con un
Allegro vivace in forma di
rondò; un modo di concludere
brillante e ricco di verve.
In un gioioso andamento di
valzer, si dipana una
vicenda colorata a tinte
vivaci, come una danza
popolare, incui si
intrecciano motivi vari e
piacevoli per le continue
novità proposte.
Maria
Luisa Merlo
MAZURCA
OP. 56 N 3 - SCHERZO N.
4 OP. 54
VALZER
OP. 64 N. 2 - VALZER OP.
34 N. 2
Ultima di un
ciclo di 3 mazurche composte
nel 1843, la Mazurca in
do minore ci introduce
in una scena dipinta con
toni soffusi, nella quale
ritornano pensieri intimi,
ricordi privati e in cui
predomina la malinconia.
Oscillante tra la tristezza
del modo minore e la
gaiezza, incontrata a
tratti, del modo maggiore,
si muove quietamente nella
prima parte, per animarsi
solo nella conclusione,
quando si apre con energia
verso una scena più
pacatamente festosa. La
sezione centrale è
baldanzosa, anche se pare
trattenuta da qualcosa che
impedisce alla vitalità di
irrompere indisturbata. Il
clima reclinato della prima
parte ritorna nella sezione
conclusiva, ampia, intensa e
molto ricca armonicamente e
melodicamente. Passaggi
cromatici rendono ancora più
interessante la sezione
estrema della composizione
che, con un guizzo tutto
chopiniano, chiude in
maggiore, languidamente,
teneramente, senza alcuna
leziosità, come accade
anche, all'inverso, in
analoghe composizioni,
quando un cielo terso e
senza nuvole si abbuia
improvvisamente e quella che
era stata sino ad allora una
pagina tranquilla e pervasa
da una serenità certa
diventa d'un tratto
drammatica, di una
drammaticità così intensa da
far dimenticare tutto quanto
era avvenuto prima. Anche in
questo caso, con poche
pennellate, l'orizzonte si
rischiara e, preceduto da un
vero preziosismo armonico,
l'accordo di do maggiore si
assesta sicuro, ribadito per
quattro volte consecutive.
Lo Scherzo n. 4 è
una composizione assai
complessa e ricca di stimoli
per gli ascoltatori di ogni
epoca. In particolare, si
tratta del più ampio tra gli
scherzi scritti da Chopin e
anche del più chiaro nella
sua tripartizione formale,
oltre che del più solare dal
punto di vista affettivo. La
composizione si basa su
quattro temi che si
fronteggiano
dialetticamente, creando
suggestioni assai efficaci:
il primo è statico,
contrassegnato da suoni
lunghi; il secondo ricalca
in parte la struttura del
primo ma introduce qualche
elemento di movimento nelle
due battute centrali (tutti
i temi constano di otto
battute, una frase
musicale); il terzo è mosso
da un arpeggio iniziale che
va dal grave verso l'acuto,
per poi ridiscendere appena;
il quarto riprende la prima
parte del disegno del terzo
tema ma con uno slancio
maggiore fornitogli dal
ritmo puntato. La
combinazione di queste
quattro idee crea un
panorama complesso, in cui
la componente armonica ha un
ruolo di primaria
importanza, soprattutto
nella parte centrale del
pezzo, lo sviluppo, dove
troviamo le soluzioni più
ingegnose. Dopo questa
rielaborazione complessa del
materiale musicale, l'autore
ci riporta alla ripresa, con
cui il brano si conclude.
Il Valzer in do diesis
minore è forse il più
famoso tra tutti quelli
composti da Chopin e, senza
dubbio, uno dei più
straordinari. Generato da un
motivo ricercato, conciso e
aristocratico nella forma,
si svolge splendidamente
nelle tre parti che si
alternano e si completano in
un clima sognante e
delicato. Nei seducenti
contorni melodici di questa
pagina possiamo leggere i
tormenti di un animo
addolorato che si abbandona
alla tristezza che riemerge
dal ricordo. La prima
sezione è composta e
reclinata, venata da una
malinconia che si
intensifica sino a sfociare
nel secondo episodio, più
agitato, caratterizzato da
rapide scale discendenti che
giungono all'ultimo suono,
un do acutissimo, attraverso
una scala cromatica
ascendente, quasi si volesse
affermare la difficoltà di
raggiungere una situazione
di calma, anche se
momentanea. L'episodio
centrale si apre in maggiore
e svela un mondo affettuoso,
appassionato ma quanto mai
struggente. Quasi fosse
un'apparizione ormai perduta
per sempre, si consuma
troppo brevemente, lasciando
posto al primo motivo che
ritorna, seguito
immediatamente dall'inciso
vorticoso. La ripetizione,
più piano, smorza appena il
dolore; la pagina si chiude
in quest'atmosfera di
solitudine e di
abbattimento.
Come il Valzer op. 69 n.
1 è stato denominato
'valzer dell'addio', anche
il Valzer in la minore
op. 34 n. 2 potrebbe
avere una sua intitolazione;
l'ispirazione del musicista
sembra infatti ritornare a
un ricordo triste e
malinconico, cullato da un
ritmo di danza che
accompagna la memoria nel
suo girovagare intorno a un
sogno mai svanito. È il
'valzer del ricordo'. Tutta
la pagina è pervasa da un
languore misterioso, come
incatenata a un'unica idea
di grande potere evocativo.
La prima parte, a mo'
d'introduzione, è cantata al
grave dalla mano sinistra e
crea un'atmosfera di
grigiore, da cui scaturisce
il primo motivo, doloroso,
rotto da pause che lo
rendono quasi singhiozzante.
La seconda idea è in
maggiore, ma, al contrario
di quanto ci si
aspetterebbe, non ci
spalanca orizzonti chiari e
luminosi. Il clima resta
immutato, la sofferenza si è
appena attenuata, ma nessun
sorriso rallegra questa
scena livida; il
rinnovellarsi dei motivi già
esposti fa oscillare il
valzer fra malinconia dolce
e dolore più vivo. Di grande
effetto è la conclusione:
ricompare il tema
introduttivo, plumbeo,
scoraggiato, privo di
risorse, e farcelo
nuovamente ascoltare come
commiato sembra quasi una
resa all'ineluttabilità del
destino.
Il Concerto n. 2 è
stato registrato dal vivo a
Londra il 16 maggio 1960; le
altre quattro composizioni
il 1° e il 16 febbraio dello
stesso anno. Al pianoforte
siede il celebre concertista
polacco naturalizzato
americano Arthur Rubinstein.
Maria
Luisa Merlo
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