ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/18 - (c) 1988

I MAESTRI DELLA MUSICA









Fryderyk CHOPIN (1810-1849)
Ballata N. 1 in Sol minore, Op. 23

9' 02"
1

Ballata N. 2 in Fa maggiore, Op. 38

7' 18"
2

Ballata N. 3 in La bemolle maggiore, Op. 47

7' 00"
3

Ballata N. 4 in Fa minore, Op. 52

11' 16"
4

Sonata N. 3 per Pianoforte in Si minore, Op. 58
27' 15"


- Allegro maestoso
10' 10"

5

- Scherzo. Molto vivace
2' 45"

6

- Largo
8' 45"

7

- Finale: Presto, non tanto
5' 35"

8





 
Valentina Kamenikova, Pianoforte - (1-4)
Studio Domovina, Prague - April/May 1967
Frantisek Rauch, Pianoforte- (5-8)
Supraphon Studios - 1967
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | SUA ST 50893 | (p) 1968
Supraphon | SUA ST 50893 | (p) 1966


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/18 | 1 CD - durata 61' 51" | (c) 1988 | ADD

Note
-













Chopin (1-4)


Chopin (5-8)

4 BALLATE
Ciò che fa di Chopin uno dei compositori romantici più amati e conosciuti dal gran pubblico è la sua capacità di aver fatto del pianoforte un tramite per aprire agli altri il proprio mondo interiore, un mondo più di sentimenti e di emozioni che di idee. Il pianismo chopiniano è assai meno ermetico di quello di Schumann e la discorsività fluente e appassionata travolge a tal punto l'ascoltatore da aver generato in musicologi anche insigni, a partire già dal secolo scorso, interpretazioni circa la “malsanità” della sua musica: «Quale potrebbe essere ora la particolare influenza della sua musica in chi ne facesse uno studio esclusivo? [...] Non esitiamo a dire: sarebbe dannosa. Chopin è un malato, un malato che si compiace della sua sofferenza e non vuole essere guarito. È pericoloso abbandonarsi al fascino della musica di Chopin. Bisogna sottrarsi in tempo al marasma, alla tristezza sterile ch”essa provoca».
L'apparizione della Ballata n. 1 in sol minore op. 23 scatenò un vero putiferio. Lo stesso Schumann la definì «una delle sue opere più selvagge e caratteristiche» e non meno stupore generarono via via le altre tre che seguirono ad essa. Il fatto che sia stato Chopin a utilizzare per la prima volta il termine 'ballata' per composizioni musicali esclusivamente strumentali può essere connesso con quel desiderio dei musicisti romantici di creare delle corrispondenze tra la musica e la poesia anche servendosi di intitolazioni comuni alle due arti. Proprio l'utilizzo del termine 'ballata' ha creato un grosso dibattito attorno a queste composizioni, dibattito vertente sull'esistenza o meno di un legame addirittura programmatico tra la musica di Chopin e i versi del poeta e compatriota Mickiewicz. Pare che lo stesso autore abbia affermato di aver tratto ispirazione dalle ballate dello scrittore polacco, come cita Schumann in una sua famosa recensione. È comunque ormai assodato da autorevoli recenti studi che lo stimolo creatore o una certa affinità artistica e ideologica tra i due tipi di composizione non debbano essere confusi con un parallelismo preciso tra le parole di Mickiewicz e le note di Chopin.
La Ballata n. 2 in fa maggiore op. 38, scritta tra il 1836 e il 1839, fonda la propria drammaticità e il suo tono eroico sul contrasto tra due nuclei tematici fondamentali che generano episodi antitetici tra loro: l'Andantino e il Presto con fuoco. Il primo è sottovoce e cullante; in modo maggiore, si svolge senza drammi, con disegno ritmico rado e uniforme. Il secondo episodio ci investe invece come un fiume in piena, aggressivo e agitato. Dopo lo sviluppo del primo nucleo tematico, compare la ripresa, in cui vengono presentati, anche se in ordine inverso, elementi di entrambi i temi; la citazione del primo tema fa proprie sia la velocità che l'andamento ritmico del secondo. La coda, Agitato, non è chiaramente riconducibile ai due temi esposti in precedenza. La conclusione è invece costituita proprio da una citazione dell'Andantino, che richiude l'ideale arco simmetrico su cui si snoda la ballata, anche se il brano termina nel modo minore.
La Ballata n. 3 in la bemolle maggiore op. 47 fu scritta tra il 1840 e il 1841, a breve distanza dalla seconda. Pur non discostandosi molto da essa per quanto riguarda la struttura globale, appare senz'altro più compatta e meno dialettica. L'esordio è sommesso ma si anima presto. I passaggi virtuosistici e lo slittare degli accenti in un discorso melodico frequentemente interrotto da pause fanno di questa prima parte una zona trepidante, da cui nasce una nuova idea, fluente e carezzevole. Il momento più intenso è dato dalla sezione centrale, in minore, impetuosa e fremente, che carica di nuova energia anche il primo tema. Dimentico della sua prima timida apparizione, esso ricompare maestoso e prorompente; in questo clima raggiante e vitale si chiude la composizione.
La Ballata n. 4 in fa minore op. 52 è senza dubbio la più complessa. In essaritroviamo più di un riferimento ad altre forme compositive, la forma-sonata, la forma tema e variazioni o la forma-rondò. Un'introduzione dolente precede il primo tema, nella funerea tonalità di fa minore; sarà esso ilgrande protagonista della composizione. Lo sentiremo variato due volte, prima di approdare alle calme rive del secondo nucleo tematico, in maggiore, dolce e implorante. Il primo tema viene poi nuovamente variato una terza e una quarta volta. È in questa zona così fortemente travagliata che, dopo un breve passaggio di collegamento, si spalanca il materno abbraccio del secondo tema, anch'esso variato. Cinque accordi, in maggiore, posti come in estatica attesa, introducono invece la conclusione, tragica e violenta, assolutamente inaspettata e prepotentemente bella nella novità creata da un prologo così dissimile.
Maria Luisa Merlo

SONATA N. 3 PER PIANOFORTE OP. 58
Quando, nel 1844, si dedicò alla composizione di questa sonata, Chopin si discostò da quella totale libertà espressiva che aveva sino ad allora contrassegnato la sua opera, intraprendendo un cammino creativo maggiormente rivolto, soprattutto sotto il profilo formale, alla tradizione tedesca. Alcuni critici, che considerano Chopin 'poco adatto' a un tipo di musica 'costretta' da leggi formali, reputano quest'opera meno felice delle sue altre. Pare che lo stesso Liszt abbia messo mano allo spartito apponendovi delle correzioni nel finale, non sappiamo se per una sua esecuzione o per qualche suo allievo. Gli estimatori di questa sonata furono comunque numerosi. Uno di essi fu il pianista Anton Rubinstein, che l'eseguiva sempre come primo 'bis'.
L'Allegro maestoso inizia con un tema vigoroso in cui si alternano brevi arpeggi e accordi. Il clima è teso e pare prevalere la direzione melodica discendente, anche se spesso le due mani si muovono per moto contrario, creando un effetto di dinamismo e di instabilità. L'uso frequentissimo di passaggi cromatici rende ancora più evidente questa tendenza: la mano sinistra percorre in linea ascendente la tastiera, partendo dal grave e suonando tutti i tasti uno dopo l'altro (scala cromatica), mentre la mano destra esegue un canto triste e oscillante che si muove cromaticamente ma in linea discendente. Il momento lirico ci giunge con una dolce melodia accompagnata da arpeggi in terzina e un continuo cambiamento di paesaggio, ora lieto, ora drammatico, ci fa addentrare nella parte centrale del primo tempo. Momenti di intensa drammaticità esigono dall'esecutore una notevoleabilità espressiva e anche un'estrema rapidità nel trasformarsi: il secondo tema ricompare, ma totalmente modificato dal cambio di modo; come rinato in una serenità vitale, l'Allegro si conclude.
Subito dopo troviamo lo Scherzo, che solitamente, nella sonata classica,rappresenta il terzo movimento. Molto vivace, ha una prima parte costruita su di una melodia fluente e ritmicamente uniforme, cui si oppone la seconda (il trio), caratterizzata da durate più lunghe e da una linea melodica meno mossa. Il ritorno del primo episodio non è scevro di cambiamenti.La fantasia di Chopin crea delle piccolissime varianti qua e là, che, se ci permettono di riconoscere il motivo iniziale, ce lo fanno sfuggire dalle mani quando crediamo di averlo afferrato, creando un piacevole effetto.
Giungiamo così al Largo, che viene introdotto da un passaggio fortissimo, scelta piuttosto insolita ma di indubbia efficacia. Tale passaggio anticipa  l'andamento ritmico del tema, smorzandosi poi per permetterne l'ingresso, sussurrato. La mano sinistra accompagna con un disegno singhiozzante il dolce canto, semplice e accorato. La parte centrale del movimento è basata su di un espediente tecnico che si rivela assai suggestivo: i suoni eseguiti uno dopo l'altro dalla mano destra, sopra i lunghi accordi della mano sinistra, vengono tenuti in modo tale da formare anch'essi degli accordi. Si ottiene così una stratificazione progressiva dell'insieme sonoro, come se la melodia ci pervenisse dal profondo del mare. Il ritorno del primo tema, con un accompagnamento più mosso, conclude la pagina.
Il Finale si apre nuovamente nella tonalità iniziale della sonata, in modo minore. Una serie di accordi eseguiti in crescendo servono da introduzione. Dopo una pausa, inizia il primo motivo, agitato e turbinoso, senza requie, ricco di cromatismi. Come questa prima idea tematica sale dalle regioni più cupe della tastiera per liberarsi verso l'acuto, le si avventa contro con disperazione il secondo inciso tematico, costituito da scale cromatiche discendenti. L'alternanza dialettica tra queste due idee prosegue, presentando via via continue novità. L'uniformità ritmica del primo tema si spezza quando Chopin contrappone all'andamento a gruppi di tre suoni della mano destra un andamento a gruppi di quattro suoni eseguito dalla manosinistra. Quando la modulazione improvvisa modifica del tutto il quadro di riferimento del secondo episodio, si aprono nuovi panorami. Con il ritorno alla tonalità di si minore ci troviamo nella parte finale della composizione. Una continua reiterazione del semitono, volutamente accentuato,ripropone il clima di instabilità e di elusione che avevamo trovato nel primo movimento. La mano sinistra si distende in ampi arpeggi, mentre la melodia affidata alla mano destra è dubbiosa e inquieta. Tutto pare trovare risposta quando di nuovo il panorama si rischiara con l'ultimo e definitivo ritorno al modo maggiore. Ancora qualche turbamento, ancora il fittissimo cromatismo; poi giunge, smagliante e vigorosa, una conclusione senza incertezze.
Maria Luisa Merlo