ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/19 - (c) 1988

I MAESTRI DELLA MUSICA









Fryderyk CHOPIN (1810-1849)
Sonata N. 2 per Pianoforte in Si bemolle minore, Op. 35

28' 03"


- Grave. Doppio movimento
8' 13"

1

- Scherzo 8' 04"

2

- Marcia funebre. Lento
10' 29"

3

- Finale. Presto
1' 19"

4

Valzer in La bemolle maggiore, Op. 69 N. 1

4' 12"
5

Valzer Brillante in La bemolle maggiore, Op. 34 N. 1

5' 37"
6

Valzer in Mi maggiore, Op.  postuma

13' 14"
7

Andante Spianato e Grande Polacca brillante in Mi bemolle maggiore, Op. 22
13' 12"
8





 
Arturo Benedetti Michelangeli, Pianoforte
Arezzo - 1952 (1-4) | London - 1959 (5-8)
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Paragon | LBI 53009 | (p) 1986
Supraphon | SUA ST 50893 | (p) 1966


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/19 | 1 CD - durata 64' 18" | (c) 1988 | ADD

Note
-













Chopin

SONATA N. 2 OP. 35
Opera di grande rilevanza nel panorama compositivo di Chopin, la Sonata n. 2 rappresenta un tentativo importante di superare il concetto di sonata nel senso beethoveniano del termine al fine di conferire a tale genere, così come stava avvenendo in Russia a proposito della sinfonia, delle caratteristiche più 'nazionalistiche'. Prodotto della maturità artistica dell'autore (siamo nel 1839), la Sonata n. 2 riflette anche una nuova epoca della vita di Chopin. La relazione con la scrittrice George Sand si era consolidata e la lunga estate trascorsa nella dimora di lei, a Nohant, aveva permesso al musicista di dedicarsi interamente alla composizione. Solo una parte di essa, la Marcia funebre, era antecedente; risaliva infatti a due anni prima ed era frutto di un periodo estremamente infelice per l'artista, un periodo contrassegnato dall'interruzione della sua relazione amorosa con Maria Wodzinska.
La Sonata attacca con un movimento denso e altamente drammatico. Ricco di cromatismi, appassionato, rivela un uso della dinamica assolutamente diverso da quello abituale nella sonata classica. Un Grave di sole quattro battute contrasta mirabilmente con il primo tema vero e proprio, impetuoso e toccante, a cui si contrappone il secondo motivo, di soave bellezza. Entrambi i motivi intensificano la loro potenza espressiva con ripetizioni continue, e lo slittamento degli accenti crea effetti quasi ipnotici, di grande effetto. Dopo uno sviluppo straordinario, che rappresenta il punto culminante del primo movimento, abbiamo una doppia ripresa, in cui la tensione dialettica che aveva agitato la prima parte trova sbocco nella valorizzazione del secondo tema, che qui gode di una posizione di privilegio.
Lo Scherzo è energico e virile, alla maniera di Beethoven. Contrassegnato da una forte propulsione ritmica, riscopre un`identità più chopiniana nella sezione centrale, dove un certo carattere retorico viene abbandonato per lasciare spazio alla liricità della melodia accompagnata.
La Marcia funebre è analoga allo Scherzo nel racchiudere al suo interno sentimenti tra loro così contrastanti. Tripartita, vede spalancarsi, nella sezione centrale, uno spettacolo dolcissimo e consolatorio, come scrisse Ehlert: «Dopo una tale abbondanza di drappi di nero broccato, si sente il bisogno di un po' di biancheria candida». Proprio dalla giustapposizione di elementi così diversi, la marcia funebre e il notturno, nasce la straordinaria potenza espressiva di questa pagina.
Il movimento conclusivo unisce in sé la forma unitaria e la consistenza figurativa del preludio o di uno studio. Definito futuristicamente atematico, senza alcun precedente nella storia della musica pianistica, è una pagina di rimarchevole interesse; potente e fascinoso, possiede una carica ironica non indifferente, tanto più se confrontato con la Marcia funebre.
Il fascino di questa composizione fu avvertito immediatamente anche dai primi ascoltatori; tra questi, il più lucido e attento fu senza dubbio Robert Schumann. Queste le parole che egli scrisse nel 1841: «Dar uno sguardo alle prime battute di questa Sonata e dubitare ancora di chi sia sarebbe poco degno dell'occhio d'un buon conoscitore di Chopin. Così comincia, e così finisce: con dissonanze, attraverso dissonanze, nelle dissonanze. Eppure quanta bellezza nasconde anche questo pezzo! Si potrebbe definire un capriccio, se non una tracotanza, l'averla chiamata 'sonata', poiché egli ha riunito quattro delle sue creature più bizzarre per farle passare di contrabbando sotto questo nome in un luogo in cui altrimenti non sarebbero penetrate. Supponete, per esempio, che un organista di campagna venga in una città musicale 'per farvi delle spese artistiche'. Gli si presentan le novità,ma egli non ne vuol sapere. Infine, un abile commesso gli passa una 'sonata'. “Ecco”, dice, “questo è per me un pezzo del buon tempo antico”, e la compra. Giunto a casa, si getta sul pezzo, ma mi sbaglierei di molto se egli, prima ancora d'aver faticosamente decifrata la prima pagina, non dice chenon è vero stile di sonata, ma un sacrilegio. Invece, Chopin ha raggiuntociò che voleva: la sua Sonata ha preso posto negli scaffali di un organista e chissà che, dopo molti anni, non cresca un nipote più romantico che, scossa la polvere dalla Sonata, non pensi fra sé suonandola: “ma non aveva poi così torto!”. Con tutto questo è già data anticipatamente una metà del giudizio. Chopin non scrive affatto quello che si potrebbe avere da altri: rimane fedele a se stesso e ne ha buona ragione» (R. Schumann, La musica romantica, a cura di L. Ronga, Einaudi).

3 VALZER
Il Valzer op. 69 n. 1 fu composto nel 1836 ma pubblicato postumo. All'origine di questa pagina vi è uno dei momenti più tristi della vitadel compositore. Nell'estate del 1835, Chopin aveva trascorso le vacanze a Karlsbad con i suoi cari. Durante il viaggio di ritorno a Parigi, si fermò a Dresda per far visita alla famiglia Wodzinski; in quell'occasione, tra lui e la sedicenne Maria nacque una vera passione amorosa. Ilparere sfavorevole della famiglia di lei, fondato soprattutto sulle cagionevoli condizioni di salute del musicista, non consentì tuttavia il matrimonio.
A questo momento doloroso si ispira il nostro valzer, chiamato 'il valzer dell'addio' a ricordo di un sogno di felicità teneramente accarezzato e poi infelicemente sfumato. Il valzer parla d'amore, dell'amore secondo il cuore, la tempra e la fede di Chopin. La melodia, malinconica e struggente, si dipana palpitante, ancora gravida di sogni disillusi eppure non del tutto abbandonati. La fusione di elementi propri sia della mazurca sia del valzer e l'alternanza di motivi lieti e di motivi dolenti conferiscono a questa famosa pagina 'privata' le caratteristiche di un vero e proprio estremo saluto.
Il Valzer op. 34 n. 1, composto nel 1835 e pubblicato nel 1838, fa parte di un gruppo di tre denominati 'valzer brillanti'. La notevole cura nella realizzazione di questa pagina dimostra il significativo cammino condotto da Chopin verso il suo ideale d'espressione poetica. Il materiale musicale è decisamente affine a quello usato per il Grande valzer brillante op. 18, anche se le immagini sembrano meno reali, più impalpabili e fantastiche, e l'oggetto delle evocazioni chopiniane ci risulta meno definibile, sfuggente. Il ritmo si fa a tratti languido, esitante, in qualche modo in contrasto con le esigenze del ballo, che lo vorrebbe regolare. Eppure, tutto freme e sfugge allo stesso tempo; gli slanci della musica sembrano ottemperare a un'altra logica, quella più intima di un cuore appassionato. Come scrisse Schumann, intuendo le remote intenzioni di Chopin, «sembra che egli, da grande artista, guardi la folla danzante trasportata appunto dal suo gioco pianistico e pensi a tutt'altro che a quello che lì si danza [...]. Valzer per leanime più ancora che per i corpi».
Composto nel 1829 e pubblicato solo nel 1871, il Valzer in mi maggiore è uno dei primi valzer scritti da Chopin. Semplice e garbato, esordisce con un motivo baldanzoso e, al tempo stesso, contenuto, contrassegnato da una velocità ridotta. Qua e là riecheggiano atmosfere campestri: la danza è ancora 'polacca' e ha ben poco della brillantezza delle pagine future, che risentiranno degli sfavillii dei salons parigini. Un secondo inciso in minore si insinua, ma senza turbare la serena compostezza di questa pagina, che ruota attorno al primo motivo riproposto insistentemente. È nel complesso una pagina poco appariscente, come il grazioso abito di una fanciulla campagnola, che, pur senza competere con le toilettes ricercate delle grandi dame, ha pure un suo fascino. Un fascino pudico, che trasforma per l'ultima volta il primo tema, eseguito più lento e più piano, come se un improvviso rossore fosse comparso su guance troppo giovani per essere fiere della propria bellezza.

ANDANTE SPIANATO E
GRANDE POLACCA BRILLANTE OP. 22

Pezzo di grande effetto, dedicato a un pubblico vasto, quale è quello che assiste alle composizioni sinfoniche, tradisce in un certo senso quell'amore incondizionato che Chopin nutrì per il pianoforte e, per contro, quel desiderio, che risultò però sempre ostico al nostro autore, di accostarsi anche all'orchestra. La Grande Polacca venne composta negli anni 1830-31 in un chiaro stile brillante, ricca di slancio, di passione, di vitalismo entusiastico. L'Andante che la precede fu invece scritto qualche anno più tardi e, almeno inizialmente, era una composizione assolutamente a sé stante. I due pezzi possiedono in effetti caratteristiche assai diverse: l'Andante è lirico e introverso, e l'abbinamentocon la Polacca, un pezzo di bravura, appare quanto meno fantasioso. Interessante ci sembra a questo proposito l'affermazione del famoso musicologo e studioso di Chopin Jim Samson che, in un saggio del 1985, interpreta la Polacca come una sorta di concessione fatta dal musicista al grande pubblico parigino per accattivarsene le simpatie. Non è un caso che Chopin, proprio eseguendo questo pezzo, ribaltò le sue fortune come compositore e come esecutore in un momento in cui non godeva di grandi favori. Il concerto, trionfale, ebbe luogo il 26 aprile 1836 durante una serata di beneficenza in favore dei Polacchi rifugiati in Francia. Il pianoforte resta sempre il primo attore e domina la scena senza alcun cedimento, sia nella lirica intimità dell'Andante, percorso da motivi affettuosi e suggestivi, sia nella virile baldanza della Polacca, fiera e regale nel suo svolgersi e intimamente legata all'antica danza della terra natia del nostro musicista.
Maria Luisa Merlo