ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/20 - (c) 1988

I MAESTRI DELLA MUSICA









Fryderyk CHOPIN (1810-1849)
Fantasia in Fa minore, Op. 49

12' 31"
1

Tarantella in La bemolle maggiore, Op. 43

3' 30"
2

Scherzo in Si bemolle minore, Op. 31

10' 00"
3

Barcarola in Fa diesis maggiore, Op. 60

7' 48"
4

Berceuse in Re bemolle maggiore, Op. 57

4' 45"
5

Studio in Do minore, Op. 10 N. 12

2' 40"
6

Preludio in Si bemolle minore, Op. 28 N. 16

1' 08"
7

Notturno in Fa dieses maggiore, Op. 15 N. 2

3' 20"
8

Valzer N. 14 in Mi minore, Op. postuma
2' 37"
9

Mazurca in Do diesis minore, Op. 50 N. 3

3' 55"
10

Studio in Mi maggiore, Op. 10 N. 3

4' 14"
11





 
Vlado Perlemuter, Pianoforte
September 1960 (1-6) | 1961 (7-11)
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | AM 2223 | (p) 1962 - (1-6)
Concert Hall | M 959 A | 7" | (p) 1961 - (7-11)


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/20 | 1 CD - durata 57' 19" | (c) 1988 | ADD

Note
Grand Prix du Disque - Académie Charles Cros (Tracks 1-6)













Chopin (1-6)


Chopin (7-11) 7"
11 COMPOSIZIONI PER PIANOFORTE
Il poeta Heinrich Heine, che assieme a Schumann, a Liszt e a tanti altri musicisti e intellettuali dell'epoca fu un grande ammiratore di Chopin, così descrisse l'amico: «I diversi influssi di tre nazioni si sono fusi, in Chopin, in qualcosa di unico ed eccezionale. Egli ha assimilato le qualità maggiori che caratterizzano tre popoli: la Polonia gli ha dato il suo spirito cavalleresco e quel velo di tristezza, frutto di dolori secolari; la Francia, il suo fascino, la sua grazia; la Germania, la sua sognante profondità. È un musicista-poeta, e niente è paragonabile alla gioia che ci procura quando improvvisa al piano. Non è allora polacco, non è francese e neppure tedesco; tradisce un'origine più nobile: viene dalla terra di Mozart, di Raffaello, di Goethe, dal paese della poesia».
Il pallido, umorale Chopin aveva conquistato Heine soprattutto perché la sua produzione poco si rifaceva alle forme passate e all'ingombrante figura di Beethoven. Per la sua purezza di linee e per la sua scabra semplicità la scrittura di Chopin può in certo modo richiamare alla mente la musica di Mozart. Apparentemente, i due compositori sono tra loro lontanissimi, eppure li unisce la stessa pregnanza espressiva, gli stessi mezzi lineari, lo stesso uso, vivo e moderato, del contrappunto. Il linguaggio musicale servì poi a entrambi per esprimere la rispettiva personalità, l'intimo modo di sentire, quasi che la pagina di musica fosse una sorta di specchio della loro anima. In Mozart, figlio dell'Illuminismo, questo processo avvenne attraverso la conoscenza e lo studio di tutti gli stili musicali del tempo, tramite le più svariate e molteplici esperienze di luogo e di forma, quindi attraverso l'universalità della conoscenza; nel romantico Chopin, invece, l'espressione del proprio 'io' si realizzò, attraverso la profonda fedeltà a un patrimonio acquisito nella fanciullezza e sempre rivissuto con grande nostalgia, nell'immaginazione. E, infatti, Franz Liszt scrisse di Chopin: «Simile a quei fiori che soltanto di sera aprono i loro calici odoranti, aveva bisogno di un'atmosfera di pace e di raccoglimento per diffondere liberamente i tesori di melodia che giacevano in lui. La musica era il suo linguaggio, divino linguaggio in cui esprimeva un ordine di sentimenti, che soltanto pochi potevano comprendere
».
Per esprimere quei sentimenti, Chopin rinunciò alle forme classiche, sostenendo di non essere abbastanza musicista per cimentarsi con le difficoltà della sonata, del quartetto, dell'opera, della sinfonia «per le quali occorre un'enorme esperienza», e preferì dedicarsi alle facili forme da salotto che così bene aveva conosciuto nella fanciullezza, durante i brevissimi studi di composizione, e a quei ritmi di danza che aveva imparato ad amare nella sua Polonia (le polacche e le mazurche) o in Austria (i valzer). Quando poi questi stimoli non gli bastavano, Chopin, rispondendo solo all'estro del momento, preferiva inventare forme nuove e allora nascevano gli improvvisi, i notturni, gli scherzi; o, ancora, preferiva trasformare in musica e sentimento forme di natura meccanica e tecnica come gli studi e i preludi. Probabilmente, fu proprio il distacco da costruzioni prestabilite che gli permise di affinare quella capacità di immergersi totalmente nella creazione che a molti suoi contemporanei risultava difficile.
È su questa linea che si muove il Valzer in mi minore, composto nel 1830 e pubblicato postumo nel 1868. Semplice nella struttura, che riprende lo schema ternario del minuetto settecentesco con una prima parte, il trio e la ripresa della prima parte, questo breve brano è tuttavia denso nell'espressione, molto tenera, sognante e delicata. Appartiene a quella serie di composizioni salottiere destinate all'intrattenimento, a luoghi in cui l'attenzione viene concentrata sulla bella conversazione, sullo 'stare insieme' in modo poco impegnativo di colti dilettanti. Pur essendo un piccolo gioiello d'espressione, Chopin non dovette perciò dare a questo valzer, e agli altri cinque scritti fino a quell'anno, particolare importanza, tanto che non si preoccupò di pubblicarne alcuno, preferendo distribuirli agli amici come piccoli, preziosi omaggi musicali.
Diverso peso hanno invece i 12 Studi op. 10, che Chopin compose tra il 1829 e il 1833 e dedicò all'amico Franz Liszt. E proprio come Liszt, anche Chopin, come del resto era nella tradizione di questi tipi di raccolte, pensò a ciascuno studio con l'evidente scopo didattico di sviluppare determinate tecniche pianistiche. Si va così dagli arpeggi alle scale cromatiche, dal legato all'uguaglianza fra le due mani, dalla tecnica delle doppie note agli accordi arpeggiati, via via sino all'agilità della mano. L'aspetto interessante della raccolta non risiede tuttavia tanto nello scopo didattico. Questo non era infatti che il punto di partenza per arrivare a esprimere significati ben più profondi di uno sterile digitalismo. Lo Studio in mi maggiore op. 10 n. 3, ad esempio, inizia con una tersa melodia che, sviluppandosi in un progressivo crescendo, culmina in un fortissimo. Dalla morbida conclusione si origina la seconda parte, che riprende il tema iniziale e lo sviluppa in maniera tenera, graziosa, intensificandosi con una serie di accordi che sfociano in un legatissimo. Un nuovo inizio si innalza poi verso un altro fortissimo, per calare ancora in un'evanescente conclusione smorzata. Breve, maintenso e travolgente, è lo Studio in do minore n. 12, che, con lo scopo apparente di sviluppare la tecnica della mano sinistra, riesce a concentrare in poche pagine una cascata di vibrante emozione.
Il Notturno in fa diesis maggiore op. 15 n. 2 venne composto tra il 1830 e il 1833 assieme ad altri due che sono catalogati allo stesso numero d'opera. La celebrità di questa composizione, che rappresenta un notevole passo avanti rispetto ai precedenti 3 Notturni op. 9, è giustamente dovuta alla sua straordinaria bellezza e all'originalità, che, più tardi, servirà anche da spunto ad altri compositori. La parte centrale, ad esempio, è facilmente 'ritrovabile' in Fêtes, il secondo dei tre notturni di Claude Debussy.
Incerti, quanto a datazione, sono i 24 Preludi op. 28. Sicuramente Chopin ne compose due intorno al 1831, mentre sembra che gli altri siano stati scritti durante il soggiorno a Maiorca, tra il 1838 e il 1839. La forma libera scelta da Chopin gli permette di riversare nello schema una musica allo stato puro, senza nessun obbligo di rispettare architetture preesistenti. I 24 Preludi, composti seguendo la progressione tonale come Il clavicembalo ben temperato di Bach, sembrano a prima vista una massa di pagine che, stilisticamente, vanno dal foglio d'album, allo studio, al notturno. In realtà, quest'opera è stata definita una delle più alte espressioni musicali di tutti i tempi. Il Preludio in si bemolle minore n. 16 si brucia in tre infuocate pagine che si sviluppano in una mirabolante agilità della mano destra, impegnata in continui crescendo e diminuendo, mentre la sinistra tesse l'armatura armonica con accordi spezzati, e l'uso del pedale contribuisce non poco a dare al pezzo un'atmosfera di travolgente slancio.
Lo Scherzo in si bemolle minore op. 31 venne composto da Chopin nel 1837 e coincise probabilmente con il fidanzamento segreto del compositore con Maria Wodzinska. Il brano ha una struttura pulita ed equilibrata che si riflette in un'espressività elegante, levigata e serena.
La Fantasia in fa minore op. 49, come la Tarantella in la bemolle maggiore op. 43, venne composta nel 1841 e fa parte di quel gruppo di brani che appartengono alla maturità espressiva di Chopin, ossia a quel periodo della vita in cui il musicista era sentimentalmente legato alla scrittrice George Sand. Ripensamento radicale della forma tradizionale del primo tempo di sonata, la Fantasia op. 49 rappresenta una delle architetture più geniali create dal compositore, che non esita ad adottare una scrittura pianistica densissima, molto orchestrale, e a inframmezzare ai larghi spazi concessi al virtuosismo momenti di alta poesia.
Anche le 3 Mazurche op. 50 fanno parte del periodo artisticamente piùmaturo di Chopin e portano la stessa data di composizione della Fantasia op. 49. Riguardo a questo tipo di composizione, Schumann scrisse: «Le mazurche sono state innalzate da Chopin a piccola forma d'arte. Sebbene abbia scritto parecchi pezzi in questa forma, pochi di essi sono somiglianti fra loro. Quasi tutti hanno un tratto poetico: qualcosa di nuovo nella forma o nell'espressione
».
La Berceuse in re bemolle maggiore op. 57 e la Barcarola in fa diesis maggiore op. 60 appartengono rispettivamente al 1843 e al 1845-46. In queste  pagine, Chopin sviluppa lo studio di sonorità evanescenti, dalle mille sfumature, dolci e sempre imperniate su volumi tenui. Ne risulta uno studio raffinatissimo sui timbri e sui colori del suono che anticipa ciò che sarà la materia musicale pregnante nelle composizioni di Claude Debussy e di Maurice Ravel: la ricerca infinita sulle possibilità del suono.
Mariangela Mianiti