ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/21 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Johannes BRAHMS (1833-1897)
Concerto per Violino e Orchestra in Re maggiore, Op. 77

41' 30"


- Allegro non troppo
23' 00"

1

- Adagio 10' 10"

2

- Allegro giocoso ma non troppo vivace, Poco più preesto
8' 20"

3

10 Danze Ungheresi

26' 26"


- N. 6 in Re maggiore
3' 20"

4

- N. 3 in Fa maggiore
2' 27"

5

- N. 2 in Re minore
2' 48"

6

- N. 20 in Mi minore
2' 35"

7

- N. 4 in Fa diesis minore
4' 21"

8

- N. 7 in Fa maggiore
1' 50"

9

- N. 13 in Re maggiore
1' 40"

10

- N. 9 in Mi minore
1' 50"

11

- N. 19 in Si minore
2' 24"

12

- N. 1 in Sol minore 3' 11"

13





 
Orchestra Nazionale dell'Opera di Monte-Carlo / Christian Ferras, Violino / David Josefowitz, Direttore- (1-3)
(?)
Festival Orchestra di Vienna / David Josefowitz, Direttore- (4-13) (?)
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | SMS 2986 | (p) 1979 - (1-3)
Concert Hall | SMS 2279 | (p) 1964 - (4-13)


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/21 | 1 CD - durata 67' 56" | (c) 1989 | ADD

Note
-













Brahms (1-3)


Brahms (4-13)
CONCERTO PER VIOLINO OP. 77
Non conosciamo con precisione quando Brahms si accinse alla composizione del suo Concerto per violino; sappiamo però che terminò di scriverne la prima copia nell'estate del 1878 a Portschach. Il suo desiderio era di comporre un concerto per il suo grande amico e valente violinista Joseph Joachim.
È con grande amicizia e sincera modestia che Brahms spedì il 22 agosto 1878 la parte per il violino solista all'amico, accompagnandola con queste parole: «Dopo averti scritto questo, io mi sono chiesto cosa potrai fartene della sola parte per violino. La mia intenzione è, naturalmente, che tu la corregga, non limitatamente alla qualità della composizione, e che, se pensi che non valga la pena di pubblicarla, me lo dica. Io ti sarò molto grato se mi indicherai quali parti sono difficili, inopportune o impossibili da eseguire. L'intera opera è in quattro movimenti». Cosi rispose Joachim: «Mi fa molto piacere che hai scritto un concerto per violino, e in quattro movimenti! Ho dato un'occhiata a quello che mi hai mandato e ho fatto alcune annotazioni e modifiche, ma senza la parte dell'orchestra non vuol diremolto. Io posso ricavare parecchio da questo lavoro e vi è una gran quantità di ottima musica per violino, ma se è possibile suonare con agio in una calda sala da concerto... ti lascio immaginare... Non potremmo passare unpaio di giorni insieme?
».
La proposta del violinista fu di provare il Concerto a Berlino prima del Natale dello stesso anno, ma Brahms, sempre alla ricerca della perfezione e continuamente assillato da dubbi e da ripensamenti, rifiutò e il 23 ottobre così scrisse: «Io sono lento a scrivere; per la prima poi! Se tu pensi qualcosa a proposito del mio lavoro, prendi accordi per gennaio. Io non posso scrivere niente di definitivo al momento, soprattutto dopo aver 'inciampato' nell'Adagio e nello Scherzo». Si fece restituire il manoscritto,seguirono lettere sconfortate in cui lamentava la mediocrità dell'Adagio e la sua totale insoddisfazione per lo Scherzo, ma il 12 dicembre aggiunse: «Ti restituisco la parte e sono completamente d'accordo con le tue correzioni. Le parti per l'orchestra potrai vederle a Lipsia il 1° gennaio, nel casotu voglia suonarlo lì».
Nonostante il Concerto presentasse notevoli difficoltà, Joachim lo eseguì puntualmente il 1° gennaio, ma Brahms non lo reputò ancora pronto per la pubblicazione. Dopo che Joachim, ripresosi il manoscritto, esegui il pezzo numerose volte in Inghilterra ottenendo un buon successo, nel marzo del 1879 ricevette dal musicista questa lettera: «Il fatto che tu abbia ancora il mio lavoro non è una grave disgrazia. Ma io sono ansioso di vedere quali modifiche hai fatto e se saranno convincenti o se dovrò consultare qualcun altro, cosa che non voglio fare. Dimmi, questo concerto è pronto per essere pubblicato?
». Non tutte le correzioni piacquero all'autore, che il 22 giugno scrisse: «Dovrai pensarci due volte prima di chiedermi un altro concerto! È una buona cosa che il tuo nome compaia sullo spartito; tu sei, poco o tanto, responsabile della parte del violino solista».
Il pubblico e la critica non furono entusiasti: lo considerarono una composizione che non valorizzava il violino ma che, al contrario, pareva scritta'contro' di esso; comunque, il Concerto venne pubblicato dall'editore Simrock nell'ottobre del 1879.
Il primo movimento, Allegro non troppo, inizia subito con un tema semplice e lineare, costituito dalle note dell'accordo di tonica. Il discorso dell'orchestra si infittisce, varia frequentemente e, d'un tratto, irrompe il secondo tema, eseguito dagli archi in re minore, irruento e aggressivo, e proprio sulla conclusione reiterata di questo motivo attacca il solista. Sin dalle prime battute appare chiaramente come il violino debba affrontare difficoltà notevoli: infatti, il guizzare continuo dal grave all'acuto non conosce soste; solo i legni e i timpani sostengono l'infaticabile solista mentre gli archi tacciono. Per tutto il movimento, il violino rivela un atteggiamento analogo: i suoi interventi sono sempre in stile 'cadenzante' e, nell'esecuzione del primo e del secondo tema, la melodia viene trasfigurata in alcuni casi con l'introduzione di passaggi di arricchimento, mentre in altri è trasportata nella regione sovracuta, in cui il violinista deve mettere a duraprova la propria tecnica. Passaggi impervi, dissonanze, arcate melodiche frequentemente interrotte da arpeggi virtuosistici conferiscono al violinoun nuovo ruolo: da struggente cantore di melodie appassionate diviene un esploratore che si spinge a sondare nuove possibilità espressive.
Nell'Adagio, i legni intonano un canto dolce e malinconico che, a tratti, riecheggia melodie popolari; gli archi e il solista tacciono, e quando fanno udire le loro voci paiono rispondere seguendo un andamento di tipo antifonale. L'idilliaca atmosfera è ricca di grande fascino e venata contemporaneamente di una seriosità tutta germanica. A questo punto avrebbe dovuto trovarsi lo Scherzo, di cui Brahms parla in una lettera a Joachim, ma nella stesura definitiva non compare, e sembra che sia stato utilizzato nel Concerto n. 2 op. 83 per pianoforte e orchestra.
L'ultimo movimento, Allegro giocoso ma non troppo vivace, è in forma di rondò e colorato con le vivaci tinte dello stile ungherese: il ritmo è deciso, tutto è caratterizzato da una grande energia a tratti attenuata da momenti di solare e robusto umorismo. La parte conclusiva, Poco più presto, introdotta da un divertente passaggio dei legni, è la trasformazione del motivo principale del rondò in andamento di marcia. Il ricordo di Beethoven nell'Alla Marcia dell'ultimo movimento della Nona è immediato: e non ci riferiamo esclusivamente alla tonalità (re maggiore) che accomuna le due opere, ma anche allo spirito eroico che le ha generate. E infatti mentre i concerti per violino di Spohr, Mendelssohn e Bruch furono definiti romantici e femminili, per Brahms si utilizzò subito l'aggettivo virile.
Maria Luisa Merlo

10 DANZE UNGHERESI
Le 21 Danze Ungheresí per pianoforte a quattro mani hanno la loro origine nell'aurora musicale del musicista amburghese, ossia ancora prima che il decennio 1853-62 di preparazione e studio e gli incontri con Joseph Joachim e, soprattutto, con Robert Schumann lo lanciassero nella graduale ascesa alle vette dei modelli musicali tardo-romantici. In quegli anni, il padre di Johannes, un modesto suonatore di contrabbasso, lo aveva catechizzato con le prime rudimentali conoscenze musicali e poi iniziato alla sua stessa attività. Così, il giovane Johannes, che aveva però già iniziato più convincenti studi con Otto Cossel ed Eduard Marxsen, si ritrovò a guadagnarsi la vita suonando in orchestrine e locali del porto della sua città natale. Proprio in questo crogiolo di genti, culture e musiche di provenienza diversa e, in seguito, nella sua breve collaborazione col violinista ungherese Eduard Reményi, compositore e amante di musiche zigane, è da scorgere la fonte delle sue prime esperienze etnomusicali, che ritroveremo adombrate, su ben altri livelli, tra le possenti architetture musicali della sua maturità artistica.
Fu nel 1852 (il musicista aveva allora solo diciannove anni) che Brahms iniziò, per puro diletto, la composizione della serie di Danze Ungheresi. Il lavoro crebbe in continuazione e proseguì fino al 1869, quando l'editore Simrock pubblicò a Bonn, senza numero d'opus, i primi due quaderni, che raccoglievano dieci brani. Il successo, notevolissimo, fece fare il giro d`Europa alle danze, che furono presto conosciute nelle più svariate trascrizioni. Simrock decise così di pubblicare a Berlino nel 1880 il terzo e quarto quaderno, rispettivamente composti di sei e cinque danze, che esaurivano i pezzi della serie.
La tipologia di queste danze, che già l'originale partitura definiva come ungheresi, aveva un significato del tutto particolare nell'Ottocento. La musica del folclore magiaro era allora ancora del tutto sconosciuta e, in pratica, era sostituita da quella nomade zigana, della quale le composizioni di Brahms riportano tutte le caratteristiche melodiche e ritmiche. L'equivoco e l'oblio avrebbero avuto fine solo all'inizio del nostro secolo, grazie alle ricerche musicali di Béla Bartók e Zoltán Kodály.
Abbiamo parlato di composizioni, ma, in realtà, quelle di Brahms sono da considerare più esattamente come adattamenti di originali musiche zigane. Il compositore le liberava da tutta la loro pirotecnica verve virtuosistica, improvvisata in fase d'esecuzione, nel tentativo di recuperare, oltre all'originaria struttura ritmico-musicale, la primitiva carica espressiva delle loro melodie. Di conseguenza, quasi tutte le danze presentano la tradizionale tripartizione formale: al primo episodio (A) ne succede un secondo (B) fortemente contrastante nell'espressione e nel ritmo; la danza è conclusa dalla ripresa, più o meno variata, della prima sezione (A'). Delle danze, che qui vengono presentate in versione orchestrale, sottolineiamo le più famose. Apre l'ascolto la n. 6 modellata su Rózsa Bokor di Adolph Nittinger. Segue la n. 3, che riprende la canzone nuziale Tolnaí Lakadalmas di Rizner. La quarta s'ispira alla melodia Kalocsay Emlék. Conclude la rassegna la celeberrima danza n. 1, che ha origine nella Isteni czàrdas di Sárközy e presenta un primo tema di notevole pregnanza espressiva.
Massimo Rolando Zegna