ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 2/25 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Franz LISZT (1811-1886)
I Preludi

16' 35"
1

Prometeo

12' 50"
2

Orfeo

10' 15"
3

Tasso, Lamento e trionfo

21' 30"

4





 
Orchestra Filarmonica Cecoslovacca / Karel Ancerl, Direttore Studio Supraphon, Prague - 1964
Orchestra Sinfonica della Radio di Praga / Stanislav Macura, Direttore Studio Supraphon, Prague: 11-14 December 1975 (2,4) | 11 January 1976 (3)
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | SUA ST 50625 | (p) 1965 - (1)
Supraphon | 4 10 2080 | (p) 1977 - (2-4)


Edizione CD
De Agostini | GMD 2/25 | 1 CD - durata 61' 10" | (c) 1989 | ADD

Note
-













Liszt (1)


Liszt (2-4)

I PRELUDI - PROMETEO - ORFEO -
TASSO, LAMENTO E TRIONFO
Quando nel 1848 a Weimar compose I Preludi, Liszt era già un affermato musicista, le cui esecuzioni avevano conquistato numerose platee europee; 'l'ottava meraviglia del mondo', come fu definito, aveva percorso in lungo e in largo tutta l'Europa, impegnandosi in tournées faticosissime. Nell'anno precedente aveva compiuto la sua ultima tournée in Turchia e in Russia; a Kiev aveva conosciuto la moglie separata del principe russo Sayn-Wittgenstein, la polacca Carolyne Iwanowska che, ottenuto il divorzio, lo seguì a Weimar. I  12 poemi sinfonici scritti tra il 1848 e il 1858 furono tutti dedicati a Carolyne, donna colta e attenta, che si era dedicata totalmente alla causa del compositore, incoraggiandolo a impegnarsi maggiormente nelle opere orchestrali e convincendolo a non avvalersi più di alcuna collaborazione nella strumentazione (in precedenza affidata a Conradi e a Raff).
Con il termine poema sinfonico si intende definire un'opera per orchestra di ampie dimensioni (pari a quelle di una sinfonia) senza alcuna divisione in movimenti, anche se in essa sono evidentissimi momenti animati dai sentimenti più contrastanti, e che trae spunto da un'altra opera prevalentemente letteraria a guisa di programma. È comunque molto importante sottolineare che, per Liszt, l'occasione letteraria non viene trasportata in musica in modo meccanico, bensì viene trasformata dalla musica stessa, che ne diviene piuttosto un'interpretazione simbolica.

I Preludi furono scritti inizialmente come introduzione a una composizione corale, Les Quatre Éléments, su testo di un poeta provenzale, Joseph Autran. Quando il compositore decise di utilizzare l'introduzione come composizione a sé stante, avvertì la necessità di affiancarle un altro 'programma'. La scelta cadde su un'omonima composizione di Lamartine facente parte della raccolta intitolata Médítations Poétiques, in cui assorte considerazioni sulla vita pastorale e sullo spirito guerresco sono mescolatein un fittissimo intreccio. Solo su questo punto le due opere hanno un'effettiva corrispondenza. Liszt, infatti, autore egli stesso del programma di sala, così dice: «Che cos'è la vita se non una serie di preludi a un inno sconosciuto, la cui prima e solenne nota viene intonata dalla Morte? Amore è l'alba di tutte le esistenze; ma qual'è il destino la cui prima delizia di felicità non viene interrotta bruscamente dalle tempeste, le cui dolci illusioni non vengono dissipate da un vento di morte, consumandosi come in un lampo? E qual'è quell'anima così crudelmente ferita che, finalmente uscita da una di queste tempeste, non cerca di alleviare i suoi ricordi nella calma serenità della vita agreste? Tuttavia, l'uomo non si consegna a lungo al piacere di quella benefica quiete che ha gustato per la prima volta in seno alla natura e, quando 'la tromba annuncia il segnale d'allarme', egli prende il suo posto, non importa quanto sia pericolosa la lotta che lo chiama tra le sue schiere; perché egli nel combattimento ritroverà la piena coscienza di sé e della sue forze». (Trad. M.L. Merlo).

Composto nel 1850, il Prometeo prese l'avvio da un fatto reale della vita del nostro musicista, che così lo racconta:
«L'inaugurazione della statua di Herder ebbe luogo a Weimar nel 1850; lo stesso giorno si tenne anche una rappresentazione teatrale in cui si voleva celebrare questo poeta-pensatore. Tra tutte le cantate e le poesie, noi abbiamo scelto il Prometeo, sia perché in quest'opera trovano posto i sentimenti più puri e generosi che meglio descrivono colui che fu l'apostolo dell'umanità, sia perché questo brano fu probabilmente pensato per essere messo in musica; infatti, solo in alcuni punti noi abbiamo dovuto fare degli aggiustamenti. Il brano sinfonico servì da introduzione, ma noi scrivemmo anche i cori e altre parti successive che ci riserviamo di realizzare definitivamente più avanti, in quanto la rappresentazione teatrale fu allestita in modo che il pensiero e 1'opera dell'illustre filosofo non venissero trasformati, ma declamati per intero, un'abitudine abbastanza insolita, distante dal nostro concetto attuale di arte drammatica. Il mito di Prometeo è pieno di mistero, di tradizioni lontane, di speranze tanto incorporee quanto ricche di sentimento [...]. Alla musica basta assimilare i sentimenti che, nei modi più diversi, sono stati sviluppati in questo mito e che si trovano nella profondità dell'animo umano: audacia, sofferenza, tenacia, salvezza; aspirazione ardita verso i destini più alti che lo spirito umano possa desiderare; attività creatrice, bisogno d'espansione... dolore espiatorio che travolge i nostri organi vitali, senza però annientarci. Condanna a un duro viaggio lungo le spiagge più aride della nostra natura: crisi d'angoscia e lacrime di sangue, ma anche un'inammissibile coscienza di una grandezza nascente, di una futura libertà; la fede tacita in un liberatore che, dopo essere stato a lungo prigioniero, torturato, ruberà la fiammella luminosa... e, infine, l'accondiscendenza misericordiosa degli Dei a benedire il gran giorno alfin venuto! Sventura e gloria! Il pensiero fondamentale di questa fiaba troppo veritiera è strettamente racchiuso nella nostra musica e ci ha condotto, nella sua creazione, come una folgore. La desolazione trionfante per la perseveranza dell'energia umana forma il carattere musicale di quest'opera». (Trad. M.L. Merlo).
Queste ardenti parole sono la miglior spiegazione per condurre l'ascoltatore lungo le strade descritte dalla musica di Liszt. Il sentimento trabocca con violenza in tutte le parti di questo poema sinfonico, onirico, passionale, oscuro e febbricitante nel suo sviluppo grandioso e affascinante.

Anche nel caso dell'Orfeo, composto nel 1854, le doti di Liszt scrittore risultano estremamente utili per chi si accinge, a più di un secolo di distanza, all'ascolto. Le sue parole ci introducono infatti in un mondo di pensieri ormai perduto, quello del periodo Romantico, con le sue magie e i suoi stupori per tutto ciò che la ragione non riesce a padroneggiare.
«Ci trovammo una volta a dirigere l'Orfeo di Gluck. Per via delle ripetizioni, ci fu impossibile non estraniarci per far vagare la nostra immaginazione [...]. Abbiamo subito ripensato a un vaso etrusco della collezione del Louvre che rappresenta il primo poeta-musicista, vestito con un manto stellato, con la fronte cinta da un mirto misticamente regale; le sue labbra socchiuse fanno  uscire le parole energiche dei suoi canti divini, e le sue dita lunghe e affusolate fanno risuonare le corde della lira. Nel comporre la nostra opera, ci siamo posti dinanzi a questo personaggio come se lo stessimo contemplando da vivo: le bestie feroci del bosco che ascoltano rapite, gli istinti brutali degli uomini che si nobilitano, le pietre che si sbriciolano, i cuori più duri che si inteneriscono, gli uccelli garruli e le cascate che interrompono i loro rumori festanti; le risate e i discorsi che si tacciono con rispetto dinanzi a questi suoni che rivelano all'umanità la possanza benefattrice dell'arte, il suo potere illuminante, glorioso, la sua armonia civilizzatrice. Purtroppo, anche oggi l'umanità, pur se nutrita dai più puri sentimenti morali, educata dai dogmi più sublimi, rischiarata dai lumi più brillanti della scienza, resa più dotta dai ragionamenti filosofici dell'intelligenza, circondata da realtà culturali tra le più raffinate, conserva nel profondo del suo animo gli istinti della ferocia, della brutalità, della sensualità animale, per cui la missione dell'arte è ancora quella di addolcire, nobilitare, ammorbidire. Oggi, come ho già detto, Orfeo, cioè l'arte, deve espandere i suoi afflati melodiosi, i suoi accordi vibranti, come una luce dolce e irresistibile, sopra gli uomini, mettendo in luce tutte le contrarietà per convincere ognuno a modificare saggiamente le proprie tendenze. Orfeo che piange Euridice è l'emblema dell'ideale travolto dal male e dal dolore; egli riuscì a impietosire gli Dei degli Inferi e riuscì a strappare ancora una volta la sua amata alla morte, ma, ahimè!, non riuscì a mantenere questa gioia sulla terra. Non ritorni mai più il tempo della barbarie, quando tutto era in balia di passioni stupide e mendaci!». (Trad. M.L. Merlo)

Anche di Tasso, Lamento e trionfo, il poema sinfonico scritto da Liszt nel 1849, abbiamo un'efficace guida pensata proprio dall'autore. «Nel 1849, la Germania intera ha celebrato con gran tripudio il centesimo anniversario della nascita di Goethe. A Weimar pertanto, per la sera del 28 agosto, viene messo in scena il suo dramma Torquato Tasso. Le vicissitudini del destino del più sfortunato tra i poeti hanno stimolato l'immaginazione dei più brillanti genii poetici del nostro tempo, Goethe e Byron, benché, sia l'uno che l'altro ebbero una sorte ben diversa da quella toccata al poeta italiano [...]. Noi non vogliamo tacere che, quando nel 1849 ci venne chiesto di scrivere un'ouverture per il dramma di Goethe, ci siamo sentiti più direttamente ispirati dalla rispettosa compassione di Byron per le sciagure toccate al grand'uomo che egli rievoca che non dall'opera del poeta tedesco. Byron ci ha ispirato i lamenti dolorosi del Tasso nella sua prigione che noi abbiamo trasposto nel Lamento, dove cerchiamo di esaltare la nobiltà e la crudezza del dolore che dilaniava la sua anima, per poi giungere al Trionfo, che egli ha atteso per una tardiva ma gloriosa giustizia, egli, il grande poeta cavalleresco, autore della Gerusalemme liberata. Noi abbiamo voluto sottolineare questo contrasto nel titolo stesso della composizione, per dare maggior rilievo alla grande antitesi di questo genio maltrattato durante la sua vita e poi illuminato di una luce abbagliante dopo la sua morte, esempio e condanna anche per i suoi persecutori. Il Tasso ha amato e sofferto a Ferrara; è stato vendicato a Roma; la sua gloria è ancora viva nei canti popolari di Venezia. Questi tre momenti non possono essere separati in una rievocazione che debba essere immortale. Per renderla in musica, abbiamo fatto sorgere la grande ombra dell'eroe, come se ci apparisse oggi evanescente tra le nebbie della laguna di Venezia; abbiamo spiato la sua figura rattristata e dolente passare attraverso i saloni delle feste a Ferrara e, infine, lo abbiamo ritratto a Roma, la città eterna che lo incoronò martire e sommo poeta». (Trad. M.L. Merlo).
Maria Luisa Merlo