ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 3/2 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Anton BRUCKNER (1824-1896)
Sinfonia N. 7 in Mi maggiore

59' 56"


- Allegro moderato
20' 18"

1

- Adagio: Sehr feierlich und sehr langsam 18' 30"

2

- Scherzo: Sehr Schnell
8' 45"

3

- Finale: Bewegt, doch nicht schnell 12' 23"

4





 
The Hague Philharmonic Orchestra / Carl Schuricht, Direttore September 1964
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | M 2394 | (p) 1966


Edizione CD
De Agostini | GMD 3/2 | 1 CD - durata 56' 56" | (c) 1989 | ADD

Note
Grand Prix du Disques de l'Académie Charles Cros













Bruckner


SINFONIA N. 7 IN MI MAGGIORE
Nella produzione sinfonica di Bruckner, la Settima (in mi maggiore) assume una sua ben precisa specificità, un suo ruolo del tutto caratteristico. Il musicista compose e numerò, durante la sua attività, nove sinfonie elaborate dal 1865 fino al 1896 (ma in realtà ne esistono altre due: una in fa minore 'senza numero', del 1863, e una in re minore 'n. O' del 1863/64). Queste composizioni furono ripetutamente rcvisionate da Bruckner, che le considerava come organismi vivi, quindi degni di trasformazioni.
A dispetto dell'immagine mite, pacata e religiosissima del loro autore, le sinfonie di Bruckner, soprattutto a partire dalla numero 4, propongono un progetto articolato e complesso che si carica di un'energia di rottura nei confronti dei canoni compositivi del tempo e di una tendenza a uno sperimentalismo rivoluzionario e d'avanguardia. Ciò spinse una parte dell'opinione musicale a vedere nel compositore un grande discepolo dell'arte wagneriana. Il timido Bruckner si trovò così scaraventato, suo malgrado, in una diatriba musicale tra wagneriani e brahmsiani che gli era del tutto estranea se non addirittura fastidiosa. Tutto ciò, sommato anche a una certa ingenuità e a un certo impaccio nel gestire il proprio ruolo artistico, condusse a un deterioramento dei suoi rapporti con la vita musicale viennese. Il culmine di questo processo fu raggiunto il 16 dicembre del 1877, giorno della prima disastrosa esecuzione della sua Terza sinfonia. La rinascita e i primi riconoscimenti dovettero attendere ancora qualche anno, per  l'esattezza fino al 1881, con la prima esecuzione della Quarta; poi ancora il 30 dicembre 1884, quando al Gewandhaus di Lipsia trionfo la Settima.
Ma, come si diceva, questa composizione è un caso particolare. Bruckner o non ascoltò mai l`esecuzione delle sue sinfonie, o per far questo dovette lasciar trascorrere un ampio lasso di tempo. Soltanto la Settima, elaborata tra il 24 settembre 1881 e il 5 settembre 1883, e proprio grazie all'abile e diplomatica dedica del compositore a Luigi II re di Baviera, potè essere appunto eseguita appena un anno dopo il suo completamento. L'opera è stata definita come il capolavoro sinfonico di Bruckner e comunque, al di là di parziali graduatorie di giudizio, mostra una ispirata ma sempre calibrata meditazione; d'intonazione religiosa, senza alcun dubbio, ma che ugualmente affonda le proprie radici in sensazioni e sentimenti lirici del tutto terreni che, a sprazzi, non riescono a mascherare un certo fascino sensuale. Tale crogiolo d'impressioni s'inquadra in una struttura organica ed equilibrata, edificata su una raffinatissima elaborazione tematica e colorata da tutta una serie di ricercatezze timbríche. È forse proprio da ascrivere anche all'isolamento del compositore, alla sua rinuncia ad un confronto con la vita musicale, spregiudicata ma legata al quotidiano, se la parabola musicale di Bruckner si spinse così vertiginosamente verso esperienze tanto nuove ed avveniristiche, tali da condurlo a una contemplazione ultraterrena che lo induceva a stupirsi, ogni volta, della grandezza di Dio e che, contemporaneamente, ampliava e inturgidíva a dismisura le dimensioni orchestrali, recuperando e disgregando insieme i superstiti principi classici.
La Sinfonia è tradizionalmente tagliata in quattro movimenti, con una costruzione statica che dona maggiore ampiezza ai primi due. Il primo tempo (Allegro moderato) si svolge secondo i principi della forma-sonata, dove la dialettica, come spesso accade in Bruckner, è ampliata attraverso l'utilizzo di un terzo tema principale. Un caratteristico stilema del compositore austriaco, il tremolo degli archi, posto in apertura di brano, crea un senso di attesa e di tensione che offre maggiore individualità all'esposizione del primo tema. Questo motivo, ampio e wagneriano, che è affidato ai violoncelli, dopo esser stato ripetuto intensamente, cresce con un effetto di ondate sonore, prende forza e quindi si spegne sul precedente tremolo degli archi. Il procedimento compositivo è tipico dell'arte di Bruckner nella quale è facile incontrare disegni musicali estremamente carichi di energia, che si presentano misteriosamente, prendono gradualmente forza fino ad impossessarsi dell'intera orchestra; quindi, con un senso quasi di pentimento e d'inibizione (se non addirittura di punizione), si dissolvono repentinamente su un altro motivo debole e sommesso (spesso una flebile lumeggiatura delflauto) offrendo la stessa sensazione che si ricava nell'arte musicale organaria con i passaggi da un registro all'altro. In questo caso, appare un timido motivo affidato a un piccolo gruppo di fiati, è il secondo tema, che presto viene ripreso dall'orchestra che lo carica di una certa cantabilità e di un ritmo più sostenuto; ciò fino al raggiungimento, agitato e affannoso, di una prima grande esplosione degli ottoni, caratterizzata dalla eroica iterazione di un breve inciso che poi, ancora una volta, precipita di colpo sulla soffusa presentazione del terzo tema, vivo e ritmato. Anche l'introduzione di tale motivo finisce, alla fine, per sfociare in un culmine dell'orchestra, ancora più rude e allegro del precedente. Terminata così la sezione dell'Esposizione Bruckner inizia a elaborare un imponente Sviluppo che coloradi differenti tonalità espressive il materiale tematico fin qui ascoltato.
Colpisce di questa parte del movimento un episodio di discreta conversazione dei fiati, pastorale e sereno, incorniciato da due interventi degli archi, sottili nell'introduzione e più gravi e passionali nella conclusione. Ancora più evidente appare un successivo e drammatico bozzetto degli ottoni dissonanti; segue quindi la Riesposizione, che, secondo i canoni musicali di Bruckner, non è mai meccanica e comporta un'interna modificazione espressiva della materia tematica. Quindi incontreremo ancora il primo tema, wagnerianamente affidato agli ottoni, poi il secondo, dove l'intreccio dei fiati e amplificato dai bassi e decorato dal pizzicato dei violini; quindi il terzo, che conduce a un nuovo picco orchestrale. Come maestosa conclusione del tempo, troviamo una luminosissima coda composta da due susseguenti ondate musicali che fanno riferimento al primo tema.
Il secondo tempo (Adagio) è uno dei movimenti lenti più belli che Brucker abbia mai scritto. Al sublime risultato ebbe parte anche la vicenda della morte di Wagner, per il quale il compositore aveva un'ammirazione sconfinata e un intensissimo affetto. Il musicista riferì che già durante l'elaborazione del brano, sotto l'impressione della malattia del suo maestro spirituale, venne colto da una certa angoscia che si trasformò in mesto cordoglio quando, proprio mentre stava per iniziare la stesura della conclusione del tempo, a Vienna giunse la notizia della morte di Wagner. Da qui nacque il proposito di comporre l'ultima sezione dell'Adagio come una vera e propria marcia funebre. Nella scrittura sinfonica di Bruckner si riscontrano, con una certa facilità, alcune caratteristiche compositive proprie della musica di Wagner (esasperazione del cromatismo, instabilità tonale, modulazione continua) ma, in questo movimento, appare ancora più serrato il legame sonoro tra i due musicisti. Del resto, sempre in omaggio a Wagner, qui Bruckner fece ricorso a cinque tube (due tenori, due basse e una contrabbassa). La grandezza del brano comunque ci pare proprio che sia da individuare nella capacità mostrata dal compositore nel sapersi innalzare dal fatto personale: nella proposta, cioè, di una raccolta meditazione sulla morte che riesce ad assumere coordinate cosmiche.
All'inizio, cupamente, viene esposto il primo tema che, in maniera incandescente, è subito ripreso dagli archi. Dopo un crescendo che cade vertiginosamente su un piano, appare il secondo tema lirico e nostalgico, quasi un incantevole ricordo di un ballo voluttuoso. Con la ripresa del primo tema Bruckner inizia a costruire le fondamenta di un possente e complesso Sviluppo, fino al raggiungimento di un vertice di tripudio. Si apre poi la conclusione, un vero elogio funebre, nella quale il compositore adopera un tema tratto dal suo Te Deum. Iniziano gli ottoni che, con fissità, propongono un'atmosfera di cordoglio ai quali seguono gli archi con un disegno stupefatto e smarrito. Una sonorità più evidentemente organistica conduce alla chiusa, dove la tensione si distende e si placa in una luce rassegnata.
Gli Scherzi di Bruckner mirano sempre all'ottenimento di una salda e compatta costruzione, in grado di sprigionare, con continuità, una decisa e inesauribile energia. Nel nostro caso il movimento, breve ed incisivo, mostra una struttura nitidamente classica e tradizionalmente tripartita. Mentre la sezione centrale è occupata da un Trio, la prima e l'ultima sono praticamente identiche e, a loro volta, ancora tripartite in maniera che la loro prima e tcrza parte siano uguali. Il primo episodio, dinamico e carico di una notevole pulsazione vitalistica, racchiude un intermezzo più pudico e quasi danzante, introdotto da un piano dei timpani. Tocca quindi al Trio tratteggiare una situazione e un clima nuovamente dolci e distesi. Solo alla sua conclusione notiamo l'inserimento di un motivo più accorato, dal quale prende vita una decorazione del flauto. A conclusione del movimento viene ripetuta la prima sezione. Particolare, ma non del tutto nuova, è la tipologia costruttiva dell'ultimo tempo (Finale: Mosso ma non troppo rapido). Questa la incontriamo infatti, a grandi linee, anche nell'Ouverture del Tannhauser di Wagner. In pratica, si assiste all'esposizione continua di un materiale tematico sempre nuovo e una volta raggiunto un episodio centrale, essenzialmente improntato sulle voci dei fiati, si passa a una ricapitolazione inversa di quanto già esposto. Il tempo è inaugurato da un disegno ansioso e in ascesa, esposto su un tremolo degli archi che viene poi ripetuto da altri gruppi orchestrali ancora due volte. A questo punto, tocca a un nuovo motivo, quasi solenne, anch'esso suonato tre volte da diverse voci: ricorrente, è però un accompagnamento 'pizzicato'. Dopo un culmine orchestrale, grottesco all'inizio ma più eroico sul finire, caratterizzato da rapide note ribattute degli ottoni, si passa a una agitatissima sezione che si risolve sull'episodio centrale che abbiamo precedentemente segnalato. In una luce di quiete emerge interessantissima la conversazione dei fiati e, come si è già detto, segue la riesposizione, in senso inverso, dei precedenti episodi, più o meno elaborati, per approdare a un impetuoso finale carico di energia, che chiama a raccolta, in enormi fanfare, tutta l'orchestra.
Massimo Rolando Zegna