ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 3/3 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Antonin DVORAK (1841-1904)
Danze Slave, Op. 46





- N. 1 in Do maggiore

3' 50"
1

- N. 2 in Mi minore
4' 43"
2

- N. 3 in La bemolle maggiore

4' 00"
3

- N. 5 in La maggiore
3' 18"
4
Antonin DVORAK Serenata per Archi in Mi maggiore, Op. 22

28' 18"


- Moderato 4' 00"

5

- Tempo di valzer
6' 28"

6

- Scherzo. Vivace
5' 45"

7

- Larghetto 5' 59"

8

- Finale. Allegro vivace
6' 06"

9
Bedrich SMETANA (1824-1884) La Moldava
12' 27"
10





 
Czech Philharmonic Orchestra / Karel Sejna, Direttore - (1-4)
Dvorak Hall, Rudolfinum, Prague - 16-18 June 1959
Prague Chamber Orchestra / Josef Vlach, Direttore - (5-9) House of Artists, Prague - December 1966
Czech Philharmonic Orchestra / Karel Ancerl, Direttore - (10) House of Artists, Prague - 7-14 January 1963
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | SV 8003-4 | (p) 1961 - (1-4)
Supraphon | SUA ST 50760 | (p) 1967 - (5-9)
Supraphon | GS ST 50521/2 | (p) 1963 - (10)


Edizione CD
De Agostini | GMD 3/3 | 1 CD - durata 56' 36" | (c) 1989 | ADD

Note
-













Dvorak (1-4)


Dvorak (5-9)


Smetana (10)

DVORAK - 'DANZE SLAVE' (PRIMA SERIE OP. 46)
Nel 1869 l'editore berlinese Simrock pubblicò i primi due quaderni delle Danze ungheresi di Johannes Brahms. La stampa ebbe una fortuna insperata, tanto che, qualche anno dopo, per fare fronte a una precisa richiesta di mercato musicale, Simrock decise di commissionare a Dvorák una serie di danze slave. Queste, nel loro insieme, avrebbero dovuto ispirarsi al precedente modello brahmsiano. Come bene si può capire, l'operazione implicava soprattutto dei forti interessi economici; ma fu proprio merito dell'editore l'intuire con perspicacia sia il felice momento creativo che stava attraversando Dvorák, sia la sua crescita artistica nel panorama musicale europeo. Mentre stava operando alla stesura di altre composizioni, il musicista abbozzò quindi in tutta fretta il piano dell'opera. Il 18 marzo del 1878 iniziò la scrittura della copia definitiva che implicava due contemporanee versioni: una per pianoforte a quattro mani e una per orchestra. L'incredibile successo di pubblico che seguì fu decisivo per le sorti della carriera del compositore. Difatti spinto dall'onda dell'entusiasmo scaturito da questo clamoroso affare editoriale, Simrock successivamente prospettò al musicista l'edizione di una seconda serie di danze. Però soltanto nel 1886 Dvorák prese seriamente in considerazione l'offerta, preparando un secondo ciclo, catalogato come Opera 72, che meritò un uguale successo di pubblico.
Le Danze Slave sono senz'altro da inserire tra le opere più famose di
Dvorák; questo soprattutto per merito dell'energia, di carattere fortemente popolare, che il compositore è riuscito a immettere nella partitura. Ma occorre fare attenzione che sebbene l'architettura e gli entusiasmanti ritmi di questi lavori guardino sia ad alcuni precedenti colti sia alla stessa tradizione slava, non è così per la componente puramente melodica. Anche quando Dvorák vuole esprimere una vitalistica cantabilità contadina, infatti, non è concesso all'ascoltatore assistere ad alcun preciso e ben definito riferimento al repertorio folcloristico. Il musicista, in questo caso, fa sempreleva sulla propria inesauribile fantasia, sul proprio esperto slancio creativo, il che permette a Dvorák di esprimere con sincerità e schiettezza un vero senso popolare. Evita così, con sicurezza, il pericolo di cadere in una situazione di rifacimento, un po' archeologico e un po' impettito e inamidato come, del resto, capita a tratti allo stesso Brahms delle Danze ungheresi.
Il nostro ascolto presenta una breve scelta di danze tratte dalla “prima serie” Opera 46. Ascolteremo la n.1 in do maggiore (Presto), la n.2 in mi minore (Allegretto scherzando), la n.3 in la bemolle maggiore (Poco allegro)e la n.5 in la maggiore (Allegro vivace). Le Danze proposte fanno formalmente riferimento ad alcuni modelli popolari e cioè: la furiante in 3/4, la dumka ucraina in 2/4, la polka in 3/4, e la krakowiak in 2/4.

DVORAK - SERENATA IN MI MAGGIORE PER ARCHI OP.22
La Serenata in mi maggiore per archi Opera 22 fu composta da Dvorák in uno spazio di tempo ridottissimo. Infatti in soli undici giorni (dal 3 maggio al 14 maggio del 1875) il musicista portò a compimento questa, che è una delle sue opere più perfette ed equilibrate, e ciò malgrado la ridotta ampiezza di organico orchestrale che il maestro s'impose. La felicità dell'invenzione, l'eccezionalità e la sicurezza della scrittura, non fanno altro che rispecchiare una facilità creativa che, nell'intero excursus artistico di Dvorák, caratterizza il 1875: anno che vide, tra l'altro, la nascita della Quinta sinfonia e dell'opera Vanda. La prima esecuzione della Serenata ebbe luogo a Praga nel 1876.
Mentre nel panorama musicale europeo di metà '800, sulla spinta della rinascita del nazionalismo, si tendeva a privilegiare i generi dell'opera lirica e del poema sinfonico,
Dvorák con la Serenata Opera 22 si concesse un retrospettivo ritorno alle forme settecentesche. Questo non toglie comunque che il compositore risolse in maniera del tutto personale il notturnismo che è proprio di questo genere strumentale; grazie soprattutto all'innesto, suitradizionali stilemi formali classici, di un materiale tematico-melodico che ricercava le proprie fattezze e la propria personalità nello spirito musicale boemo. Il risultato, originalissimo, offre all'ascolto la sensazione di un'organica e compatta unità formale, di leggere ma limpide proporzioni classiche minuziosamente calibrate.
Queste caratteristiche sono subito concretamente evidenziate dall'ascolto del primo movimento (Moderato), che spicca proprio per la scorrevolezza e la grazia del suo fraseggiare, che mai però cede a una fredda sensazione di recupero neoclassico. Il secondo brano (Tempo di valzer) si presenta come un ballo lieve ma ugualmente appassionato; ma la struttura tripartita, rispecchiata miniaturisticamente nella ulteriore divisione in tre parti delle tre sezioni, è pervasa da una cantabilità, da una luce (boema) che impongono a tratti ritmi più decisi e staccati. Dopo uno Scherzo vivace, che sapientemente amalgama nostalgia e scattante virtuosismo, è presentato un Larghetto che emana una luce estatica, una purezza quasi religiosa. La conclusione dell'opera è affidata a un Finale Allegro vivace dotato di un carattere deciso e quasi un po' burbero rispetto ai precedenti pezzi. Nel movimento
Dvorák ha trovato il modo di ripresentare, con gesti rapidi e sobri, i temi principali del Larghetto e, poco prima della conclusione, del Moderato.

SMETANA - 'LA MOLDAVA'
Il 30 giugno del 1874 il debole fisico di Bedrich Smetana dovette subire il peso di un primo collasso. A risentirne furono soprattutto il sistema nervoso e l'udito e verso la metà di settembre il compositore già si lamentava di come il suo stato non gli permettesse di ascoltare con nitidezza la musica. Benché i medici gli avessero proibito tutte le attività musicali, il 19 ottobre subentrò una nuova crisi dalla quale Smetana uscì completamente sordo. Il musicista decise allora di ritirarsi in campagna,  nella Boemia del nord, in casa della figlia Sofia, e qui, durante questi ultimi anni di attività, rivolse la sua attenzione soprattutto al genere operistico  e sinfonico. Nello stesso 1874 iniziò l'elaborazione di quello che è, per importanza compositiva e spirituale, il nucleo centrale della sua produzione orchestrale: un ciclo di sei poemi sinfonici intitolato La mia patria (Ma Vlast) che, nelle sue intenzioni, doveva esaltare e glorificare la terra boema. La stesura, terminata soltanto nel 1879, sarà seguita da pochi altri lavori, bruscamente interrotti dalla pazzia che, prima della morte (1884), verrà a oscurare la mente del musicista.
Il programma dei sei pezzi fu ideato da Zeleny, un compatriota del musicista, e solo successivamente approvato da Smetana. Comunque il ciclo appare estremamente unitario anche osservandolo dal lato puramente musicale. Interessante in tal senso è la pratica di far scorrere alcuni elementi tematici da un poema all'altro. Il ciclo praticamente 'narra' la storia della terra boema, le sue leggende e descrive la vita civilmente attiva e operosa del suo popolo. Innalza a ideale politico la libertà di un'intera nazione, caratterizzata con precisione da tutta la sua tradizione culturale. Ma soprattutto è il paesaggio boemo, la sua bellezza selvaggia o coltivata e razionalizzata dall'uomo, a trasparire dalle pagine pentagrammate di Smetana.
Il secondo poema sinfonico del ciclo, La Moldava, è senza alcun dubbio il più popolare e forse anche il più riuscito della serie. La composizione sviluppa contemporaneamente la descrizione del fiume, che cambia aspetto al mutare del paesaggio, e della vita della gente boema che scorre serena sulle sue rive. A tale scopo, unico caso della raccolta, il musicista ha dotato la partitura di tutta una serie di indicazioni descrittive che precisano i vari episodi rappresentati dalla musica che si svolgono nel medesimo tempo: un 'Allegro comodo non agitato'. S'inizia con Le sorgenti della Moldava dove, su un pizzicato degli archi, due flauti delineano una figura ondeggiante, il gorgogliare delle due fonti da cui nasce il fiume, che va poi man mano a prendere consistenza. E cosi anche il disegno musicale si fa sempre più rapido, acquista corposità, per poi passare agli archi. Su questo scorrere delle acque si sovrappone, a questo punto, il tema della Moldava: un motivo nostalgico e melodico, indimenticabile per l'ascoltatore, che va a suavolta lentamente a spalancarsi verso sonorità sempre più vaste.
Su quest'ampio distendersi del canto della natura e del popolo boemo, si innestano i richiami dei corni di una 'caccia nel bosco' che poi si allontanano per lasciare spazio alle sonorità di una festa contadina. È la volta quindi di una 'Notte al chiaro di luna', nella quale si distingue la voce di un'arpa ('La danza delle ninfe'). Ritorna il giorno e ora la Moldava s'infrange, spumeggiando, alle 'rapide di San Giovanni'; ma, non appena le ha superate, il fiume (la musica) riacquista ancora più maestosità, e si dirige ora verso la città di Praga. Ascoltiamo dapprima il tema di Vysehrad, l'antica rocca dei sovrani di Boemia, e quindi una luminosissima apoteosi finale.
Massimo Rolando Zegna