ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 3/4 - (c) 1989

I MAESTRI DELLA MUSICA









Antonin DVORAK (1841-1904)
Sinfonia N. 9 in Mi minore "Dal Nuovo Mondo", Op. 95

39' 23"


- Adagio, Allegro molto
9' 03"

1

- Largo 11' 26"

2

- Molto vivace
7' 45"

3

- Allegro con fuoco 11' 09"

4
Antonin DVORAK Scherzo capriccioso, Op. 66

13' 18"
5





 
Czech Philharmonic Orchestra / Karel Ancerl, Direttore - (1-4)
Dvorak Hall, Rudolfinum, Prague - December 1961
Czech Philharmonic Orchestra / Vaclav Neumann, Direttore - (5) House of Artists, Prague - 9-12 September 1968
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | SUA ST 50054 | (p) 1962 - (1-4)
Supraphon | 1 10 0616 | (p) 1970 - (5)


Edizione CD
De Agostini | GMD 3/4 | 1 CD - durata 52' 41" | (c) 1989 | ADD

Note
-













Dvorak (1-4)


Dvorak (5)

SINFONIA N. 9 IN MI MINORE OP. 95 "DAL NUOVO MONDO"
Quest'opera è sicuramente la più famosa di Dvořák e quella che ottenne i maggiori consensi. Composta nel 1893 è una sorta di omaggio che Dvořák tributa alla sua nuova patria, l'America, che egli espresse con queste parole: «Impressioni e ringraziamenti dal Nuovo Mondo». Il quotidiano New York Herald intervistò il compositore in occasione della prima esecuzione pubblica dellasinfonia, il 15 novembre 1893, e, senza dubbio, ci troviamo di fronte a un documento di notevole importanza in cui Dvořák spiega se stesso: «Dal primo momento in cui sono giunto in questo paese io mi sono profondamente interessato alla musica degli indiani e dei negri. Il carattere, la vera natura di un popolo è contenuta nella sua musica nazionale. Per questa ragione la mia attenzione è rivolta in primo luogo a queste melodie popolari. Ora io penso che la musica degli indiani e dei negri sia praticamente identica. Io ho studiato un cospicuo numero di melodie indiane che un amico mi aveva procurato e, a poco a poco, mi sono imbevuto delle loro caratteristiche, del loro spirito. È questo lo spirito che io ho cercato di riprodurre nella mia nuova sinfonia. Io non ho inserito alcuna di quelle melodie, ho semplicemente scritto temi originali, che contenessero le peculiarità della musica indiana e, utilizzando questi ultimi come soggetti, li ho sviluppati con tutte le risorse della moderna tradizione musicale: ritmi, armonia, contrapposizioni e abbinamenti di 'colori' orchestrali. La sinfonia è in mi minore. È stata scritta secondo lo schema classico in quattro movimenti. Si apre con una breve introduzione, un Adagio di sole trenta battute in tutto. Questo sfocia direttamente nell'Allegro che 'incarna' il principio con cui io ho sviluppato anche le mie Danze slave: di preservare, di tradurre in musica, lo spirito di ciascun popolo così come appare nelle proprie melodie nazionali o nelle canzoni folk. ll secondo movimento è un Adagio. Ma è diverso dalle composizioni classiche in questa forma. È in realtà uno studio per un'opera più lunga, una cantata o un'opera che ho in mente di scrivere, e che si baserà su Hiawatha di Longfellow. Io ho in mente da tanto tempo l'idea di utilizzare questo poema. Mi ci accostai per la prima volta trent'anni or sono ma ne lessi la versione tradotta in cecoslovacco. Allora colpì molto fortemente la mia immaginazione, e quell'impressione è ancora molto viva dentro di me. Lo Scherzo della sinfonia mi è difatti stato ispirato dalla scena della festa in Hiawarha in cui gli indiani danzano ed è anche un saggio che io ho prodotto in cui cerco di trasferire il colore locale del carattere indiano nella musica. L'ultimo movimento è un Allegro 'con fuoco' (in italiano nel testo). Tutti i temi precedenti ricompaiono e vengono trattati in una grande varietà di modi. Gli strumenti sono soltanto quelli che noi chiamiamo 'dell'orchestra beethoveniana', e cioè archi, quattro corni, tre tromboni, due trombe, due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti e i timpani. Non vi è 1'arpa e non ho ritenuto necessario aggiungere alcun altro nuovo strumento per ottenere gli effetti che desideravo...» (New York Herald, 15 dicembre 1893, trad. M. Luisa Merlo).
Questa significativa intervista apparve con il titolo '
Dvořák, circa la sua nuova opera' mentre un altro ammiratore del compositore, il giornalista Krehbiel, gli dedicò due colonne e mezza sul New York Daily Tribune dando ampio spazio a una discussione sulla nuova sinfonia. Il fatto interessante è che la prima di questa composizione non era però ancora avvenuta quando comparvero questi scritti, ma doveva aver luogo proprio quel giorno. Dvořák non presenziò alla prima (cedette il suo biglietto a un amatore desideroso di parteciparvi) e poiché il concerto si svolse nel pomeriggio, la platea risultò composta solo da un pubblico femminile che con il proprio entusiasmo per la nuova composizione ne decretò il successo.
All'esecuzione del 16 novembre presenziò invece anche l'autorc, accompagnato dalla moglie e dai suoi allievi prediletti (M.W. Loomis e M.A. Stratthotte), ricevendo grandi ovazioni, alla fine di ciascun movimento. Soprattutto il Largo suscitò una tale emozione e un tanto clamoroso consenso che
Dvořák fu costretto ad alzarsi in piedi e a ringraziare sporgendosi dal palco. Il Krehbiel così scrisse a proposito dell'esecuzione: «L'attenzione e il contegno solenne dell'uditorio della Filarmonica ha raggiunto il massimo».
Questa sinfonia, che viene eseguita tuttora in ogni parte del mondo riscuotendo sempre i più grandi consensi, mostra tutto il valore e la notevole fertilità di un compositore giunto alla sua maturità creativa. Grande è la suggestione che viene conseguita con l'Introduzione, un adagio, in cui si mescolano sapientemente momenti enigmatici e altri più energici. Da qui scaturisce, sottovoce, inaspettatamente pianissimo, l'Allegro molto, ricco ditemi, tutti fortemente caratterizzati ritmicamente e che, molto spesso, contraddicono le intenzioni e le parole dell'autore giacché più che evocare le melodie dei pellirosse esprimono l'anima cecoslovacca e le sonorità della madre patria. Le combinazioni timbriche sono sempre molto sofisticate egiocano un ruolo determinante nello sviluppo del movimento. Il Largo ('Scendi piccolo carro') si basa invece su un motivo struggente e bellissimo di stretta derivazione dagli spirituals negri. Si tratta di un canto dolcissimo e triste (
«l'ultimo viaggio lo faremo lentamente, dondolando su di un piccolo carro e giungeremo a casa, dove gli angeli ci accoglieranno» così dicono le parole del testo) e la melodia, ad andamento prevalentemente discendente, sottolinea melodicamente questa immagine che appare dilatata dal sapiente uso dei timbri e trepidante nella sua universalità. Un nuovo episodio, più animato, viene introdotto dai flauti e dagli oboi che eseguono unanuova idea tematica a cui ne seguono altre - cinque per la precisione - che si intrecciano continuamente creando una fascinosa malia. Lo Scherzo è aggressivo e brillante. La scena del poema di Longfellow che la ispirò è ladanza della tribù Pan-Puk-Keewis e, senza dubbio, la componente ritmica tanto incisa e insolita prevale sulle altre: la melodia si sofferma insistentemente sui suoni ribattuti, con caparbietà, quasi a voler sottolineare l'aspetto 'primitivo', assolutamente genuino, delle idee musicali originali da cui ha preso l'afflato vitale. Altri temi si compongono con questo primo, anche se meno irruenti, ma nella coda, come nella parte centrale del movimento, è sempre il primo tema che domina e conclude, ingentilito e sottovoce (appena sussurrato), creando una zona di grande contrasto con l'estrema conclusione: un accordo fortissimo, preceduto da una lunga pausa. L'ultimo movimento, Allegro con fuoco, è grandioso e trascinante. Il primo tema, quello principale, che ci accompagna per tutta la pagina, è perentorio, arroccato solidamente alla tonica da cui comincia e su cui conclude con ostinata fermezza. L'orchestra è animata da una forza travolgente che si attenua un poco solo quando appare il secondo tema, più pacato,eseguito dal clarinetto.
Abbiamo anche un terzo tema, dinamico e danzante, che rievoca un altro aspetto dell'anima musicale nera, non più, però, il languore degli spirituals ma la contagiosa vitalità dei ritmi di danza. Un brano senza respiro, sempre teso al massimo, serrato e denso nella concatenazione delle idee musicali, che è un esempio stupefacente delle immense potenzialità espressive dell'orchestra quando è plasmata dalle mani di un grande musicista come fu
Dvořák. Un musicista che seppe fondere nella sua musica modernità (soprattutto nelle combinazioni dei timbri) e tradizione (nella architettura formale della sinfonia), per ottenere un capolavoro come questo che nell'ultimo suono, che si estingue a poco a poco in un pianissimo, sembra quasi, così riluttante a concludersi, non voler più morire.

SCHERZO CAPRICCIOSO OP. 66
Questa composizione, scritta nel 1883, è ancora oggi una delle più amate dal pubblico. Fruttò all'autore grande notorietà anche in vita, dato che senz'altro nel periodo tra il 1889 e il 1892, fu il suo pezzo più eseguito e più apprezzato. In realtà si tratta di un brano di grande fascino e ricco di una vitalità entusiasmante e contagiosa. Dvořák lo scrisse però in un periodo particolare della sua esistenza quando la madre, a cui era legatissimo, era scomparsa da poco e quando la sua vita interiore stava affrontando gravosi travagli. Proprio per contrastare queste pulsioni negative, e per ritrovare una vena compositiva ottimista, egli affrontò con volitività la composizione di quest'opera, primo tentativo di ritorno a uno stile effervescente e gioioso. Subito la critica si manifestò favorevole come possiamo vedere nell'articolo che Ebenezer Prout scrisse su Athenaeum dopo il concerto al Crystal Palace: «Quest'opera possiede in massima misura fuoco e spirito. La scrittura orchestrale è splendidamente brillante; tutto crea un grande effetto come, del resto, non avrebbe potuto essere diversamente». La struttura del pezzo è libera; si apre con un Allegro con fuoco introdotto da una festosa fanfara dei corni. Questo clima però, di gioiosa baldanza, non dura a lungo perché sopraggiunge un movimento più pacato, anche se non vi è alcuna interruzione, e si diffonde una melodia più malinconica ove occhieggiano qua e là ricordi del primo tema. Nella zona centrale di questa seconda sezione trova spazio anche un gentile e delicato tema di valzer da cui, da ultimo, scaturisce il Presto finale, conciso e vorticoso. La mescolanza di sentimenti diversi, dall'umorismo alla tragedia, in un continuo rinnovarsi, è senza dubbio l'aspetto più affascinante della composizione, che si traduce musicalmente in un'incessante variazione di tonalità.
Maria Luisa Merlo