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1 CD -
GMD 3/6 - (c) 1989
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Piotr Ilic
CIAIKOVSKI (1840-1893)
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Concerto
per Violino e Orchestra in Re
maggiore, Op. 35 |
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32' 54" |
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Allegro moderato
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17' 53" |
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1 |
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Canzonetta. Andante
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5' 57" |
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2 |
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Finale. Allegro vivacissimo
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9' 04" |
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3 |
Piotr Ilic CIAIKOVSKI |
Concerto
per Pianoforte e Orchestra N. 1 in
Si bemolle maggiore, Op. 23 |
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30' 15" |
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Allegro non troppo e molto maestoso.
Allegro con spirito
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18' 08" |
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4 |
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Andantino semplice. Prestissimo
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6' 12" |
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5 |
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Allegro con fuoco
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5' 55" |
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6 |
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Orchestra RAI di
Torino / David Oistrakh, Violino
/ Rudolf Kempe, Direttore - (1-3)
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Torino -
26 April 1963
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Orchestra
Filarmonica di New York / Vladimir
Horowitz, Pianoforte / George Szell,
Direttore - (4-6) |
New York
- 4 May 1952
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Frequenz
| 041.011 | (p) 1989 | Compact
Disc - (1-3)
Movimento Musica | 01.008 33/30
| (p) 1981 - (4-6)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
3/6 | 1 CD - durata 63'
10" | (c) 1989 | ADD |
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Note |
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Ciaikovski
(1-3) CD
Ciaikovski
(4-6)
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CONCERTO
PER PIANOFORTE E
ORCHESTRA
IN SI
BEMOLLE MINORE N.1 OP.
23
Scritta tra il
1874 e l'inizio dell'anno
successivo quest'opera
avrebbe dovuto essere un
omaggio di Ciaikovski
all'autorevole direttore del
Conservatorio di Mosca
Nicolai Rubistein, ma non
andò così. In una lettera
del 21 gennaio 1878 scritta
da Sanremo all'amica signora
von Meck, Ciaikovski
racconta con arguzia e
appassionato risentimento
come si svolsero i fatti: «Nel
mese di dicembre del 1874
avevo scritto un Concerto
per pianoforte e poiché non
sono pianista credetti
opportuno farmi consigliare
da un virtuoso di tale
strumento soprattutto
relativamente alla tecnica e
anche per sapere cosa è più
gradito e cosa è di maggior
effetto: avevo insomma
bisogno di un critico severo
e al tempo stesso affabile.
Mi sentivo in qualche modo
dubbioso sul rivolgermi a
Rubistein che, a parer mio,
non si sarebbe lasciato
scappare l'occasione di
contrastarmi, ma d'altro
canto, non vi era a Mosca un
pianista migliore di lui e
sapevoche si sarebbe offeso
se io mi fossi rivolto a
qualcun altro. Alla presenza
di Hubert (un insegnante del
Conservatorio) suonai il
primo tempo. Non fiatò! Voi
potete ben immaginare come
sia doloroso chiedere
un'opinione a un amico e
ricevere solo silenzio
[...]. Hubert taceva,
aspettando che l'insigne
amico si pronunciasse per
decidere da che parte
schierarsi... Io, che
d'altronde non chiedevo un
giudizio sul valore
artistico della composizione
ma sulle difficoltà tecniche
dell'esecuzione, suonai
pazientemente il Concerto
sino alla fine. Ancora
silenzio, allora chiesi
apertamente il suo parere e
dalla sua bocca sgorgò un
fiume di parole dapprima
sottovoce e poi tuonanti
come quelle di Giove: 'Il
suo Concerto non vale
niente, non si può suonare,
i passaggi sono così
impacciati e volgari che non
val neppure la pena di
mettervi mano... Ci son solo
due o tre cose che
potrebbero rimanere, tutto
il resto va buttato'. E
suonando un passaggio in
modo totalmente snaturato
diceva: 'Cosa vuol dire
questa roba? Come si
potrebbe mai tollerare?'.
Continuò così per un bel po'
e il fatto più importante di
tutto questo increscioso
episodio era il suo tono. Se
in quel momento fosse
entrato un estraneo in
quella stanza avrebbe
pensato che un musicante da
strapazzo si era permesso di
importunare un grande
artista con le sue
cartacee...».
Ciaikovski se ne andò
furibondo convinto di aver
subito un affronto siacome
uomo sia come artista e
anche quando Rubistein
mitigò le sue affermazioni
chiedendogli solo di
apportare qua e là delle
modifiche per dichiararsi
(solo in quel caso)
disponibile a eseguire il Concerto,
gli rispose seccamente che
non avrebbe cambiato neppure
una nota. E così avvenne. La
dedica a Rubistein fu perciò
cancellata e venne
sostituita con quella ad
Hans von Bülow che si era
più volte dichiarato
ammiratore di Ciaikovski.
In verità anni dopo
Rubistein si ricredette e
più tardi eseguì, con
trionfale successo, il Concerto
a Parigi e a Mosca. Nel
frattempo la prima
avevaavuto luogo a Boston
nel 1875 con al pianoforte
lo stesso Bülow.
Il primo movimento del Concerto
n. 1 op. 23 consta di
due allegri, il primo,
Allegro non troppo e molto
maestoso, è in modo
maggiore, anche sela
tonalità dal concerto è
minore, ed è dominato dal
tema introduttivo, ampio
caldo e cantabile, che è
forse il tema più famoso in
assoluto tra quelli scritti
da Ciaikovski. Il clima è
struggente e animato da
un'emotività febbricitante;
riecheggiano anche qui la
passionalità e il
sentimentalismo accentuati
propri del decadentismo che
nasce e si diffonde
nell'Europa di quegli anni.
Senza interruzione
sopraggiunge il secondo
allegro, l'Allegro con
spirito, animato da un primo
tema, questa volta nella
tonalità di si bemolle
minore, violento e virile. A
esso si accostano un secondo
e un terzo tema: l'uno,
affettuoso, affidato ai
legni e l'altro più gaio e
festante come un ballo
popolare russo. Il
pianoforte è il grande
protagonista del Concerto
e ha modo di esprimersi con
lunghi passaggi
virtuosistici; inoltre alla
figura di solista 'eroico'
si contrappone un'orchestra
sempre molto eloquente
creando effetti di notevole
intensità drammatica.
Il secondo movimento,
Andantino semplice -
Prestissimo I tempo, vede la
prima parte basata su una
dolce e semplice melodia
declamata appassionatamente
dal flauto nella sua prima
apparizione, mentre il
movimentato tema di valzer
della sezione centrale
proviene da una canzone del
repertorio di Desirèe Artôt,
una cantante della quale
Ciaikovski era stato molto
innamorato alcuni anni prima
tanto da volerla sposare.
Poi erano intervenuti fatti
contrari per cui la Artôt
sposò invece il baritono
spagnolo Padilla. Il
musicista non dimenticò mai
quel suo amore, tanto che
quando rivide anni più tardi
la cantante, ormai
invecchiata, ne rimase
ancora turbato, come
confessò in una lettera, del
1888, al fratello Modest: «l'anziana
signora è ancora
affascinante, come vent'anni
fa».
L'ultimo movimento del Concerto,
Allegro con fuoco, Allegro
vivo, è un rondò-sonata dove
il tema principale è
costituito da una canzone
ucraina.
CONCERTO
PER VIOLINO E ORCHESTRA
IN RE
MAGGIORE OP.35
Quest'opera fu
scritta nel 1878 anno denso
di avvenimenti non sempre
piacevoli. Il rientro a
Mosca, si rivelò deludente
tanto che anche
l'istituzione
conservatoriale risultò
all'ormai maturo Ciaikovski
talmente priva di
qualsivoglia interesse da
decidere di ritirarsi.
Artisti di grande valore
come Rubistein, non
mancarono di congratularsi
con il maestro per la
decisione presa, e a queste
voci si aggiunse anche
quella della signora von
Meck. Costei, ricchissima e
vedova dal 1876, gestiva il
suo immenso patrimonio con
generosità, finanziando
soprattutto attività
musicali. Nel 1877 aveva
conosciuto la musica di
Ciaikovski restandone
totalmente ammaliata tanto
da voler avere a tutti i
costi un contatto con lui.
Questo rapporto iniziò e
conobbe momenti di grande
trasporto, anche se rimase,
per volere di entrambi,
esclusivamente epistolare.
Comunque i generosi aiuti di
questa signora consentirono
al musicista di vivere
agiatamente, pensando solo
alla propria arte, senza
doversi avvilire con le cure
della vita quotidiana. I
viaggi nelle città più belle
d'Europa alimentarono il suo
genio, e anche un soggiorno
a Firenze vide questi due
insoliti viaggiatori
risiedere nella stessa
città, ma in luoghi diversi,
limitarsi a scambiarsi
missive come quella che
segue, senza mai volersi
incontrare: «Sia benvenuto a
Firenze mio caro ed
impareggiabile amico! Come
sono lieta, mio Dio! Che
gioia grande è per me sapere
che lei è vicino; conoscere
le stanze che abita, pensare
che ammira lo stesso
panorama che io ammiro, che
respira la stessa aria che
io respiro. È una felicità
indescrivibile! Come
desideravo che la casa che
avevo scelto per lei le
piacesse! Adesso è mio
ospite, caro, caro amico,
tanto vicino al mio cuore».
Al che Ciaikovski
rispondeva: «Non
trovo parole amica cara per
esprimerle il mio incanto
per tutto quello che mi
circonda. È impossibile
immaginare di vivere in un
posto più perfetto. Ieri non
potevo prender sonno; giravo
per la mia casa e assaporavo
l'incomparabile silenzio,
pensando a Firenze che amo
tanto, distesa ai miei piedi
e a lei, felice di saperla
vicina...».
Durante questo soggiorno i
rispettivi servitori ebbero
un gran daffare per
recapitare una o più volte
al giorno le lettere che i
due si scambiavano per
tenersi minuziosamente e
reciprocamente informati
senza, però, infrangere il
tacito patto di non
incontrarsi mai.
È in questo clima da idillio
che assume la sua forma
definitiva il Concerto
per violino, e
l'entusiasmo della
ricchissima dama moscovita
gratificò moltissimo
Ciaikovski che non era mai
soddisfatto delle proprie
opere e che tendeva a una
perfezione del tutto
irraggiungibile. Leggiamo le
parole della von Meck in una
lettera datata 21 novembre
1878: «Adesso la nostra
villa è piena di gente. Mia
figlia Lida ha due bambini e
con loro ci sono anche due
balie tedesche. Poc'anzi ho
suonato al pianoforte la
'Canzonetta' del suo
Concerto e ne ho provato un
rapimento ineffabile. Devo
assolutamente far venire da
Mosca la copia stampata. Che
gioia pensare a queste
giornate trascorse così
vicino a lei, in continua
comunione con lei!».
Nonostante l'apprezzamento
entusiastico della signora
von Meck, il Concerto
rimase ineseguito per ben
tre anni per cui la prima
esecuzione si tenne a Vienna
solo nel 1881. Da allora è
divenuto il cavallo di
battaglia di molti virtuosi
del violino, poiché il
virtuosismo è sicuramente
l'aspetto preponderante di
questa pagina. Dal punto di
vista delle intuizioni
musicali, non ci troviamo di
fronte a qualcosa di
particolarmente originale,
anche se le melodie ivi
proposte dall'autore sono
comunque affascinanti e
fortemente caratterizzate
dal suo temperamento a
tratti enfatico e a tratti
struggente. L'Allegro
moderato con cui si apre il
Concerto è
strutturato secondo la forma
sonata, seppure con qualche
concessione e, sin dalle
prime apparizioni, il
solista viene impegnato in
prestazioni a dir poco
ardite. La canzonetta, che
tanto aveva commosso la
signora von Meck, è
sicuramente la pagina più
affettuosa e intima di tutta
la composizione, dove si
effonde l'idea musicale più
bella e spontanea e dove,
proprio all'inizio della
parte del solista, come è
stato notato dalla critica,
si trova una singolare
citazione di Verdi.
L'Allegro vivacissimo che
conclude il concerto è una
pagina travolgente, dove il
virtuosismo puro impera. I
temi si rincorrono, si
sovrappongono, variano, si
intrecciano creando effetti
dinamici straordinari di
grande effetto: un vero
caleidoscopio di colori dove
il solista primeggia in modo
assoluto. Tutto ruota
attorno al violino che, da
vero protagonista, domina la
scena. Sembra superfluo
aggiungere che da quando
questo concerto è stato
scritto, quasi nessun
violinista ha saputo
resistere alla tentazione di
affrontarlo, quasi fosse una
sfida o un duello.
Maria
Luisa Merlo
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