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1 CD -
GMD 3/10 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Edvard GRIEG
(1843-1907)
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Suite
N. 1 "Peer Gynt", Op. 46 |
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13' 03" |
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-
Il mattino
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3' 36" |
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1 |
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- La morte
di Aase
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3' 36" |
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2 |
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-
La danza di Anitra
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3' 33" |
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3 |
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-
Nell'antro del Re della montagna
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2' 18" |
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4 |
Edvard GRIEG |
Suite
N. 2 "Peer Gynt", Op. 55 |
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16' 12" |
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- Rapimento
e lamento di Ingrid
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3' 36" |
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5 |
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- Danza
araba
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4' 42" |
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6 |
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- Il ritorno
di Peer Gynt
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3' 24" |
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7 |
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- Canzone di
Solvejg
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4' 30" |
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8 |
Edvard GRIEG |
Suite
"Sigurd Jorsalfar", Op. 56
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17' 15" |
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- Preludio.
Nella sala del re
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3' 44" |
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9 |
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-
Intermezzo. Sogno di
Borghild
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3' 46" |
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10 |
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- Marcia |
9' 45" |
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11 |
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Plzen Radio
Orchestra / Bohumir Liska, Direttore
- (1-8)
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1974
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Prague Symphony
Orchestra / Vaclav Smetacek, Direttore
- (9-11) |
Smetana
Hall, Prague - 29/30 November 1976
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Supraphon
| ? | (p) 1974 - (1-8)
Supraphon | 1 10 2277 | (p) 1978
- (9-11)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
3/10 | 1 CD - durata 46'
30" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Grieg
(9-11)
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“PEER
GYNT” SUITES ORCHESTRALI
OP. 46 e OP. 55
Una delle
ambizioni di Edvard Grieg,
il più importante
compositore scandinavo, fu
quella di fondare un
organismo che presiedesse
alla creazione di una musica
nazionale. Il suo progetto
si avverò nel 1867 quando,
con Richard Nordraak, fondò
a Cristiania l'Unione
Musicale che diresse sino al
1880. Fu proprio questa
organizzazione che gli
consentì di allacciare
relazioni con le menti più
interessanti del suo tempo,
tra cui il drammaturgo
Ibsen. Questo sodalizio si
espresse con la creazione
del dramma Peer Gynt,
per il quale Grieg compose
le musiche di scena. Ciò
avvenne nel 1874; più tardi,
nel 1876 Grieg raccolse
questi brani in due suites
orchestrali che sono quelle
che vengono qui proposte.
Nelle suites l'ordine dei
brani però non segue più la
narrazione del dramma -
bensì una logica diversa,
finalizzata all'ascolto in
sala da concerto. Nella
nostra analisi noi seguiremo
invece l'ordine secondo la
successione degli eventi del
dramma di Ibsen ma
riportando tra parentesi il
numero che il pezzo occupa
nelle due suites.
Peer Gynt è un personaggio
di straordinario fascino.
Grande e dannato, è
l'emblema della nostra sete
di conoscenza, del nostro
desiderio di libertà senza
confini che però, ci dice
Ibsen, ci fa perdere il
senso delle cose davvero
importanti dell'esistenza.
In un bellissimo monologo
Peer paragona la vita a una
cipolla: l'uomo la sfoglia
cercandone il senso e quando
arriva alla fine capisce che
il senso della vita era dato
proprio dai momenti che
aveva vissuto, o sprecato,
come la cipolla in cui ogni
strato non racchiude nulla,
se non la cipolla stessa.
Al primo atto della vicenda
vediamo Peer alla festa di
nozze della bella Ingrid,
che egli stesso avrebbe
voluto sposare, ma che gli
era stata negata dai
genitori di lei, diffidenti
verso un sognatore
perdigiorno. Nessuna ragazza
del paese vuol ballare con
lui, salvo una sola, Solvejg
la forestiera, che gli
mostra benevolenza, ma che
Peer nemmeno nota preso
com'è dal desiderio di dare
una lezione ai suoi
concittadini. E, a questo
scopo, rapisce addirittura
Ingrid, per poi però
abbandonarla sulla montagna.
A questo fatto si ispira 'Il
pianto di Ingrid' (suite II
n. 1): una pagina ricca di
intensa drammaticità,
giocata sull'alternanza di
due motivi antitetici. Il
primo violento e aggressivo,
e breve, vivacissimo e
scosso da una furia
tagliente e disperata, il
secondo è invece tragico e
lamentoso. La rabbia lascia
il posto alla tristezza e
alla paura e un canto
dolcissimo e struggente,
affidato ai violini, effonde
questo sentimento, con
mirabile efficacia.
Nell'anima di Ingrid
affiorano ora la rabbia e
ora la disperazione e sulle
note cupe e gravi dei
timpani e degli archi sí
chiude la pagina.
La deplorevole azione costa
a Peer il bando definitivo
dal paese, pena la morte, ed
egli è quindi costretto a
nascondersi nella foresta.
Qui incontra la figlia del
re dei Troll, i diavoli
dell'egoismo, che lo conduce
alla reggia del padre. Peer
viene accolto con magnimità
dal vecchio re che pensa
subito di combinare un
matrimonio tra il giovane e
la figlia.
Lo scapestrato Peer
acconsente ma solo allora
viene a conoscenza delle
condizioni che gli verranno
imposte: il suo occhio
sinistro dovrà essere
graffiato e l'occhio destro
dovrà essere sostituito con
uno di vetro, grosso come
quello di un bue per poter
meglio “apprezzare” le
grazie della sposa che
poc'anzi Peer aveva invece
scambiato per un orribile
animale. A questo punto il
giovane eroe rifiuta le
nozze scatenando le ire dei
Troll.
'Nell'antro del Re della
montagna' (suite I, n. 4)
viene raccontata la
corrispondente avventura del
nostro protagonista: un tema
saltellante e sinistro sale
dalle sonorità più profonde
dell'orchestra eseguito
prima dai violoncelli e dai
contrabbassi ai quali si
uniscono i fagotti e poi,
via via, tutti gli strumenti
in un crescendo e un
accelerando continui. Poi un
brevissimo preludio a mo' di
marcia introduce - con aria
di mistero - il tema a cui
fanno eco i corni con un
'grido' e, a poco a poco, la
musica cresce con l'impiego
di una coloritissima
compagine orchestrale che
crea una vera e propria
orgia di suoni. Dopo questa
terribile esperienza, Peer
ritorna sulla montagna dove
si costruisce una capanna e
dove, con sua grande
meraviglia, viene raggiunto
dalla dolce Solvejg che gli
confida il proprio amore
grazie al quale desidera
ricondurlo a una vita
normale.
Però Peer non riesce nemmeno
ora a trovare la verità
dentro di sé e decide di
partire un'altra volta anche
se adesso sa che lei lo
aspetterà per sempre. Prima
di partire il giovane vuole
però andare a salutare la
vecchia madre morente: è
questa una delle scene più
intense del dramma di Ibsen.
La musica di Grieg è, dal
canto suo, mesta e dolorosa.
Il tema, unico, si ripete
lentamente 'pronunciato'
dagli archi soli, mentre
tutto il resto
dell'orchestra assiste muta.
L'angoscia strazia la
melodia che aumenta di
intensità per poi ripiegarsi
tristemente su se stessa.
L'ultimo frammento del tema,
tre suoni a distanza di un
semitono discendente, viene
ripetuto più volte sempre
più piano, spostandosi
dall'acuto al grave in un
lamento sommesso che si
conclude, appena udibile, in
un clima di sconfinata
malinconia.
Durante le sue nuove
peregrinazioni Peer giunge
fino al lontano Marocco e su
una spiaggia di fronte al
mare sconfinato, si desta in
una mattina stupenda
scoprendo la bellezza della
natura. L'ammirazione
stupefatta di Peer per la
natura traspare dalle note
di Grieg. Il tema è soave,
cantato dai fiati, prima il
flauto poi l'oboe, in
un'atmosfera tersa e carica
di commozione. 'Il mattino'
(suite I n. 1) esplode
quando gli archi prendono a
loro volta la parola e a
piena voce ci inondano di
luce e di calore. Il tema
principale circola per tutto
il brano e pare riecheggiare
le parole di Ibsen: ogni
nuova scoperta rinnovella la
sorpresa come il ritorno
della medesima idea musicale
sembra evocare.
Il mitico oriente viene
vagheggiato nelle due danze
successive. 'La Danza Araba'
(suite II, n. 2) e la 'Danza
di Anitra' (suite I, n. 3).
In entrambe
l'orchestrazione,
sofisticata e attenta, ci
coinvolge con i suoni dei
tamburelli, dei cimbali e
dei sonagli che rievocano
con immediatezza le sonorità
folcloristiche dei popoli
arabi. La prima danza è più
festosa e corale, mentre
nella seconda sentiamo la
presenza calda e sensuale
della schiava Anitra che,
con le sue movenze morbide,
irretisce il giovane Peer.
Ma intanto, nella lontana
capanna nel bosco, c'è
Solvejg che aspetta
trepidante vivendo
sentimenti contrastanti di
speranza e di sconforto.
Grieg con la sua 'Canzone di
Solvejg' (suite II, n. 4) dà
voce a questi sentimenti con
una delle pagine più intense
di tutta la raccolta. Il
brano si apre con un
episodio breve ed
enigmatico: Solvejg si
chiede quale sarà il suo
destino e la melodia
inquietante si chiude su di
un accordo sospeso. Un primo
pensiero di Solvejg è di
rassegnazione: e così pare
dicano le note di questo
secondo inciso tematico, che
è lento, grave, in modo
minore, poi, a un tratto, in
lei affiora la speranza e
tutto si tinge di rosa. Il
nuovo tema è quindi
danzante, in maggiore,
eseguito nella regione
acuta. Poi, di nuovo,
prevale il pessimismo a cui
segue nuovamente la
speranza, ma il canto si
chiude come è iniziato. Il
tema della domanda e
dell'incertezza ritorna a
suggella l'intera pagina.
Con 'Il ritorno di Peer'
(suite II, n. 3) giungiamo
alle battute conclusive del
dramma: Peer, vecchio e
lacero, approda, dopo un
naufragio, sulle rive della
patria. Ha perduto tutto,
fama, denaro, giovinezza e
ora si accorge, negli attimi
estremi della sua esistenza,
che ha sprecato la vita
cercando quello che invece
aveva già: l'amore della sua
devota compagna.
Il brano della suite è
intenso e movimentato. Ricco
di effetti d'eco, è dominato
da un tema irruento dove
prevalgono i cromatismi. La
partecipazione alla vicenda
è commossa e trepidante, e
quando anche l'ultimo suono
si spegne l'infinita
tenerezza di questa pagina
rimane a lungo nella
memoria.
“SIGURD
JORSALFAR”
- SUITE OP. 56
A un certo
punto della sua vita, a
Cristiania, Grieg iniziò a
collaborare con il famoso
drammaturgo Bjørnson, senza
dubbio, dopo Ibsen, il più
importante scrittore di
teatro norvegese. Fu durante
questi anni che prese forma
il dramma Sigurd
Jorsalfar, che venne
allestito per la prima volta
nel maggio del 1872, appunto
a Cristiania. Scrittore e
musicista avevano lavorato
insieme con immenso piacere,
per realizzare questo dramma
con musiche di scena. tanto
che decisero di stendere un
piano per la realizzazione
di un'opera che si fondasse
su un oggetto interamente
norvegese. La breve suite
che è stata tratta dalle
musiche che completavano il
dramma consta di tre brani,
Preludio ('Nella sala
reale'), Intermezzo ('Il
sogno di Borghild') e
'Marcia trionfale'.
Questa composizione viene
oggi eseguita raramente,
soprattutto perché a suo
tempo l'azione scenica e la
musica erano così
strettamente legate tra
loro, da far apparire monca
la mera esecuzione musicale,
quasi opacizzandola, dato
che era stata pensata
proprio per uno spettacolo
multimediale, come è il
teatro musicale. Dei tre
brani è comunque l'ultimo
quello che non è caduto
nell'oblio, forse perché,
essendo il pezzo conclusivo
dell'intera opera, riassume
il significato globale del
dramma, con spunti melodici
molto belli e suggestivi.
María
Luisa Merlo
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