ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 3/12 - (c) 1990

I MAESTRI DELLA MUSICA









Gustav MAHLER (1860-1911)
Sinfonia N. 7 in Mi minore
73' 45"


- Langsam · Adagio · Allegro risoluto 20' 44"

1

- Nachtmusik I · Allegro moderato
14' 21"

2

- Fliessend, aber nicht schnell (Schattenhaft)
8' 52"

3

- Nachtmusik II · Andante amoroso
13' 26"

4

- Rondò-Finale: Tempo II Allegro moderato ma energico
16' 10"

5





 
Wiener Symphoniker / Hermann Scherchen, Direttore
Vienna - 1960
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
AS disc | AS 302 | (p) 1988 - Compact Disc


Edizione CD
De Agostini | GMD 3/12 | 1 CD - durata 73' 45" | (c) 1990 | ADD

Note
-













Mahler (CD)

SINFONIA N. 7 IN MI MINORE
Nel 1897 Mahler lasciò la direzione dell'Opera di Amburgo per porsi alla guida dell'Opera di Vienna. Il rapporto con questo ente musicale durò fino al 1907: dieci anni caratterizzati da un intenso impegno nel settore interpretativo che innalzarono Mahler ai vertici più alti della direzione orchestrale europea. Non altrettanto conforto però gli derivava dall'inflessibile lavoro compositivo che comunque portava avanti in quegli anni con rara costanza ed entusiasmo anche se sempre accompagnato da una tormentosa predisposizione al perfezionismo che lo spingeva a rivedere e correggere instancabilmente le sue partiture fra cui, in particolar modo. la strumentazione orchestrale.
Gli impegni viennesi costringevano Mahler a concentrare il suo lavoro creativo soprattutto nei mesi estivi, vissuti spartanamente in un quasi totale isolamento, condizione indispensabile per ricreare quello stato di concentrazione e tranquillità che il musicista desiderava durante la stesura delle sue musiche. Dal 1900 fino al 1907 Mahler si ritirò per la sua attività compositiva a Maiernigg sul Worthersee, in un graziosissimo chalet circondato dagli alberi e posto in riva al lago. Qui videro la luce le Sinfonie n° 4-5-6-7-8 e i famosi 'Kindertotenlieder'.
La partitura della Settima fu stesa durante le estati del 1904 e del 1905 ma negli anni successivi il compositore continuò a intervenire sulle pagine dell'opera. La prima esecuzione assoluta della sinfonia ebbe luogo a Praga il 19 settembre 1908 sotto la direzione dello stesso Mahler. Dopo la portata catastrofica e tragica della Sesta Sinfonia (dove sono indimenticabili le martellate che nell'ultimo movimento letteralmente abbattono la personalità, l'Io del compositore) sembrerebbe di notare nella Settima, che non fa ricorso all'intervento della voce umana, un nuovo carattere attivo e propulsivo, a volte esultante, e perfino, al primo ascolto, quasi ottimistico, seppur alternato a momenti di intensa riflessione. Ma questo allentamento di tensione, questa riscoperta serenità, è pura apparenza. Anche in questo caso il sinfonismo contraddittorio e ambiguo di Mahler si nutre di una vena lacerante e instabile, sotterranea e inquietante, proprio perché la sua musica è crollo e distruzione, terreno di gioco di emozioni spesso estreme e dirompenti. Con un gesto di forza il compositore evoca, con affetto e cordoglio, la visione della grande tradizione romantica ma, contemporaneamente, la smitizza, la disintegra alle sue fondamenta mediante un rinnovamento di forme e di schemi, di sintassi e di lessico. Un crogiolo di cellule stilistiche a cui a piene mani attingeranno le correnti più avanzate dell'espressionismo viennese, Schönberg per primo. Con un voluto richiamo al finale della Nona Sinfonia di Beethoven, l'orchestra mahleriana assume i connotati di una poderosa macchina musicale che può descrivere e possedere l'intero universo sonoro, dagli aspetti più popolari fino a quelli più colti. Così la scrittura contrappuntistica, lungi da un passivo recupero classicheggiante, diventa in Mahler lo strumento ideale per assemblare e sovrapporre in maniera complessa le impressioni più diverse, generate da un repertorio tematico estremamente eterogeneo. Da qui la comparsa di elementi formali classici, ma anche di marce, danze alla moda, canzoni da strada: ingredienti che la vena fantastica del compositore riveste di una più nobile importanza significante e unisce in una continua e repentina mutevolezza del carattere musicale. Ugualmente gli impasti timbrici dei vari strumenti dell'orchestra, spesso inusuali, appaiono del tutto nuovi e inaspettati e impegnati assiduamente nell'esprimere in maniera esaustiva tutte le possibilità coloristiche della musica, da quelle più dense fino a quelle  maggiormente rarefatte e impalpabili.
Il nuovo modo poetico di Mahler - ricercato e raffinatissimo, ma sempre in maniera evidente sorretto da un'instancabile quotidianità di lavoro, che si potrebbe dire 'artigianale' - al momento del crollo propone uno struggente ritorno all'insegnamento della natura, ristoro ai dolori, guida a un sentimento del vivere più vero. Le stesse qualità che il compositore ricercava, lontano dalle ribalte musicali, d'estate, sui monti, immerso nella spazialità tersa del creato. Lui e la sua musica. Ed ecco allora, nel complesso sinfonismo mahleriano, il costante riferimento al 'Naturlaute', ai suoni eal canto della natura.
L'architettura globale della Settima è assai articolata, ma limpida nei suoi richiami proporzionali. All'interno della suddivisione in cinque tempi, si stagliano, per ampiezza di dimensioni, impegno compositivo e mezzi orchestrali adottati, il primo tenebroso movimento e il finale, impetuoso e sfolgorante. I tre tempi centrali si configurano invece quasi come brevi intervalli musicali, più raccolti, ma fantastici e visionari, sicuramente di non minore portata artistica. I laterali, cioè il secondo e il quarto movimento, sono ambedue corredati dalla medesima dicitura di 'Nachtmusik' (musica notturna). Mentre al centro di questa organizzazione formale troviamo incastonato uno Scherzo, accompagnato dall'indicazione 'Schattenhaft' (indistinto), anch'esso registrato su un carattere crepuscolare, e sardonicamente abitato da misteriose presenze notturne.
Il primo tempo e aperto da un Adagio ('Langsam') che si presenta all'inizio con i connotati di una marcia funebre. Sul cupo e pulsante accompagnamento di archi del registro grave e dei legni si sovrappone la linea musicale del corno tenore. Il discorso musicale presto si avvia a un crescendoorchestrale, che rapidamente s'interrompe, per fare nuovamente posto alla voce del corno tenore. Già qui è bene evidente una caratteristica del linguaggio musicale di Mahler che procede, si potrebbe dire, a grandi ondate sonore che ascendono gradualmente, mostrano una difficoltà, quasi un'inibizione, nei confronti del raggiungimento di una conclusione, di una completa esplosione, e quindi lentamente scemano, se non addirittura precipitano, verso l'inizio di un nuovo episodio. Altrettanto limpidamente appare subito l'inquietudine e l'ambiguità tonale del fraseggio mahleriano,ricco di dissonanze mai risolte, di rapidi salti da una tonalità all'altra. Dopo questa tenebrosa introduzione ascoltiamo un Allegro risoluto ma non troppo che presenta due temi principali dotati di una certa spinta in avanti, di una propulsione vigorosa, sempre però messa in discussione da continue interruzioni di carattere riflessivo. Il brano prosegue con la complessa elaborazione del materiale musicale, che dona ai vari motivi una propria personalità e un proprio significato. I contrasti di carattere che ne conseguono mostrano un'interessante predisposizione del compositore verso un vero e proprio 'teatro delle musiche', nel quale al posto dei personaggi incontriamo diverse sezioni tematiche, poste in una successione drammatica. ma del tutto astratta. Vale la pena di ricordare l'episodio centrale, nel quale a una situazione sospesa, quasi religiosa, segue un cameristico intreccio delle voci orchestrali e, ancora, un successivo intervento delle percussioni impegnate a realizzare immani e deflagranti boati. Il movimento termina con un episodio che dapprima ha le fattezze di una marcia, prosegue deciso e quasi eroico, cresce e s'innalza per poi spezzarsi all'improvviso.
Il secondo tempo e una 'Nachtmusik' (Allegro moderato), che si presenta come un'ideale evocazione delle atmosfere alpestri, pervasa da un panteistico desiderio d'immersione e abbandono nell'armonia del creato, in cui si spande il canto della natura. La struttura in cinque parti avvicina in maniera brusca e quasi meccanica emozioni e momenti formali di estrazione diversa. Non mancano in tal senso riferimenti al mondo concreto. È il caso di alcuni ritmi di danza, o dei richiami dei corni, che all'inizio del brano riecheggiano nell'ampio silenzio della montagna e a cui risponde il brulicare intrecciato delle magiche e misteriose voci notturne della natura. Ma ancora più famosa è la situazione di sospensione e di rarefazione ricreata dai corni che, a distanza, si chiamano e giocano in eco, aprendo l'orizzonte e misurando lo spazio di cristallo, mentre in lontananza, trasportato dal vento, giunge il suono dei campanacci di una mandria al pascolo.
Il terzo movimento è uno Scherzo ('Schattenhaft') canonicamente tagliato in tre parti: la seconda è un vero e proprio Trio, mentre la terza è una libera ripresa della prima sezione. Il brano è dotato dei tratti fisionomici tipici della danza macabra. A al proposito basta osservare le fugaci e striscianti apparizioni che attraversano, rapide, la bruna atmosfera iniziale. Il linguaggio musicale è una summa di espedienti atti a destabilizzare l'ascolto. I timpani, ad esempio, invece di ribadire le misure, percuotono e proseguono inafferrabìli, mentre la linea musicale, quanto mai frammentata, si spezza, riprende, crolla. I colori, allucinati, fanno capo a una tavolozza timbrica del tutto personale.
Segue a questo punto una nuova 'Nachtmusik' (Andante amoroso) che, come assai raramente capita in Mahler, mostra una serena e delicata atmosfera, a cui contribuisce soprattutto una particolarissima scrittura, discreta ma per certi aspetti estroversa, che fa riferimento ai modelli cameristici delle antiche serenate. Decisivo in questa direzione è anche l'utilizzo di strumenti quali il mandolino, l'arpa, la chitarra e il violino solo. Quest'ultimo apre il brano con un inciso che sembra concludere, con continuità, un discorso iniziato in precedenza e da noi non afferrato in tempo. L'intreccio musicale, mai malinconico, è dotato di una filigrana trasparente che bene esprime la luce di una limpida ed estatica calma lunare, ma non mancano, soprattutto verso la conclusione, alcuni ansiosi slanci dell'orchestra.
Il Rondò-Finale (Allegro ordinario - Allegro moderato ma energico) è una monumentale e sfolgorante apoteosi, che ostenta in maniera magniloquente forza, ottimismo ed esultanza. Il movimento si apre con l'esplosione terribile delle percussioni a cui fa subito seguito un'orchestra agitata e luminosa che con decisione e fasto utilizza tutti i mezzi possibili per ottenere una atmosfera di tripudio. Ma è proprio in questa esagerazione, in questo sforzo di superamento del limite di tolleranza di una retorica tronfia e ridondante, che sono da avvertire i segni della crisi, dell'apocalittico crollo degli espedienti formali romantici di glorificazione.
Massimo Rolando Zegna