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1 CD -
GMD 3/13 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Claude
DEBUSSY (1862-1918)
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Composizioni
varie per pianoforte |
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Reflets dans l'eau - Images,
Prima serie (1905)
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4' 50" |
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1 |
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- Des pas
sur la neige - Préludes,
Premier Livre (1909-1910)
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3' 40" |
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2 |
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La sérénade interrompue - Préludes,
Premier Livre
(1909-1910)
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2' 30" |
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3 |
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Arabesque n. 1 - Deux arabesques
(1888, 1891)
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3' 28" |
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4 |
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Poissons d'or - Images, Seconda
serie (1907)
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3' 32" |
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5 |
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L'isle joyeuse - (1904) |
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5' 20" |
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6 |
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Estampes
(1903)
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12' 58" |
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Pagodes |
4' 47" |
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7 |
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-
Soirée dans Grenade
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4' 44" |
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8 |
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-
Jardins sous la pluie |
3' 27" |
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9 |
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Préludes,
Deuxième livre (1911-1912)
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Bruyère |
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2' 35" |
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10 |
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-
Ondine |
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3' 02" |
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11 |
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Feux d'artifices
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3' 38" |
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12 |
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Nikita Magaloff,
Pianoforte
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1968
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert
Hall | SMS-2578 | (p) 1968
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
3/13 | 1 CD - durata 46'
33" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Debussy
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COMPOSIZIONI
VARIE PER PIANOFORTE
Alla fine
dcll'800 Parigi deteneva il
ruolo di guida culturale
dell'intera Europa. Fra le
diverse tendenze artistiche,
che alimentavano un
ininterrotto dibattito,
emergevano per la loro
portata d'avanguardia i
postulati
dell'Impressionismo che
ravvisavano nell'arte lo
strumento per lo scavo
profondo e spietato della
realtà più o meno
fuggevolmente colta in uno
di quegli istanti che,
rincorrendosi, ne
definiscono il fluire nel
tempo. Questa nuova visione
estetica non rinunciava a
nessun mezzo pur di cogliere
le verità che
inafferrabilmente circondano
il nostro vivere. Da qui il
recupero di un certo gusto
anticheggiante e la scoperta
della cultura orientale:
tutto doveva stimolare e
acuire la capacità
percettiva dell'artista. In
questo contesto, grazie alle
proprie caratteristiche di
fruizione e di fantastica e
libera evocazione di una
suggestione trascolorante e
impalpabile, la musica
avrebbe di colpo assunto una
parte importantissima. Ma,
come sempre accade, questi
propositi non avrebbero
avuto nessun seguito senza
l'intervento di personalità
artistiche del tutto uniche.
È questo il caso di Claude
Debussy, autore decisivo per
lo sviluppo musicale tra XIX
e XX secolo.
Profeta di una nuove arte,
Debussy visse nei confronti
delle teorie
dell'Impressionismo un
rapporto quasi di
odio-amore, non privo, ai
nostri occhi, di una
misteriosa ambiguità. Il
compositore negò sempre le
affinità che la propria
musica mostrava con la
contemporanea ricerca
pittorica soprattutto
preoccupato che le sue
realizzazioni potessero
essere scambiate per opere
descrittive e iconografiche.
Debussy aveva insomma il
timore che i canoni estetici
e formali
dell'Impressionismo
potessero inghiottire
l'autonomia e i principi
costruttivi e di ricezione
della sua musica. Detto
questo non sipuò certo
mancare di riferire delle
affinità che l'opera di
Debussy mostra proprio nei
confronti della sensibilità
impressionistica: la stessa
predilezione per l'elemento
coloristico, la stessa
volontà di mettere a punto
un nuovo linguaggio
artistico, evocativo e
deliberatamente incompiuto
(benché strutturato
rigorosamente) che vuole
alludere all'inesprimibile,
agli arcani misteri
dell'esistenza. Un
linguaggio che toccando in
maniera analitica, ma
sfumata, i lati più oscuri e
ancestrali della psiche
spinga l'ascoltatore a fare
entrare nel gioco musicale
anche la propria personale
immaginazione, le proprie
sensazioni. Da qui la
disponibilità ad accettare
nei titoli alcune immagini
'pittoriche', ma soprattutto
la preminenza conferita alla
elaborazione di nuove
tecniche compositive. Una
problematica, quest'ultima,
che con il progressivo
allontanamento dai
riferimenti visivi assunse
col tempo, nella musica di
Debussy, un'importanza
sempre maggiore, fino a
definirsi come ricerca
astratta e strettamente
musicale. In tal senso la
produzione pianistica di
Debussy è forse più adeguata
ad esprimere quella
atmosfera in cui avvenivano
le infervorate discussioni
dei salotti parigini e,
contemporaneamente, più
adatta per ripercorrere in
maniera discreta quella
sorta di ménage che il
compositore condusse in
quegli anni con la
sensibilità
impressionistica.
D'altra parte già nelle
opere giovanili Debussy
mostra quei caratteri
musicali che saranno di
primaria importanza per
tutta la sua produzione. Del
1888 è l'Arabesque n. 1,
in cui il musicista intende
l'arabesco come una
decorazione che vive nel
moto universale della
natura. Il gusto ornamentale
si esprime qui nella
sinuosità e nella eleganza
fantasiosa della linea
sonora. Benché la
composizione sia priva di
una piena sicurezza
espressiva, emerge comunque,
già chiara, la sensibilità
poetica dell'autore. Inoltre
la costruzione è incardinata
su una tradizionale
tripartizione (ABA'), mentre
l'armonia è nel complesso
nitida e la scrittura è
trasparente.
Con le tre Estampes
(1903) siamo di fronte alla
prima importante raccolta
pianistica di Debussy e alla
fase più 'impressionistica'
del compositore. Lo stacco
con le opere cameristiche
che l'anticipano appare
evidente come, del resto,
balza ugualmente in rilievo
la trasposizione sulla
tastiera del pianoforte
delle precedenti esperienze
orchestrali.
In Pagodes rivive
invece il fascino per
l'esotico che Debussy provò
nei confronti delle
orchestre giavanesi, giunte
alle Esposizioni parigine
del 1889 e del 1900. Il
brano offre effetti sonori
complessi e la trattazione
tematica mostra un'arte
rigorosa e calcolata. Molto
bene viene qui evocata una
immobile e fatalistica
sacralità orientale,
contemplativa e silenziosa,
odorante d'incenso. Evidenti
sono i riferimenti alla
scala musicale pentatonica.
Alla Spagna, mediante una
cartolina spedita al
musicista da Manuel de
Falla, sarebbe ispirata Soírée
dans Grenade.
L'ambientazione è notturna e
ricca di preziose risonanze
mediterranee e la Spagna è
evocata da Debussy grazie al
ritmo di una danza,
1'Habanera, con il sapiente
e sanguigno alternarsi di
dolcezza e di violenza, di
sensualità e di fierezza. In
Jardins sous la pluie
Debussy celebra uno dei suoi
temi preferiti: lo
scintillio del movimento
dell'acqua. La struttura,
benché tripartita, è priva
di ogni rigidezza
schematica; la fantasia è
estremamente libera, ma
sempre ordinata. La pioggia
è raffigurata mediante una
scrittura quasi
clavicembalistica che
permette un raffinato e
luminoso rifrangersi di una
cascata di piccole note,
mentre le progressioni
esprimono le raffiche del
vento. Il pezzo si conclude
con uno scoppio di gioia
solare; è mutata la natura e
con essa il sentimento
dell'uomo.
Con L'isle joyeuse
siamo nel 1904, cioè al
termine del periodo più
impressionistico di Debussy.
La prima ispirazione del
brano pare che si debba alla
visione di un quadro di
Watteau, l'Embarquement pour
l'Île de Cythère
(oggi al Louvre): ancora una
volta è il movimento
dell”acqua che sollecita la
fantasia visiva del
musicista conducendolo in
questo caso, a una
anticipazione di quella
intensità espressiva, di
quella insostenibile
tensione continua verso una
crescente animazione ritmica
che caratterizza alcune
pagine di La mer.
Anche qui sono decisivi, per
la rappresentazione di
questa inventata e favolosa
isola, gli accenni di
esatonalismo e le preziosità
timbriche, pur sempre
calcolatissime nonostante il
sincero abbandono.
Nel 1905 e nel 1907 Debussy
stende le due serie di Images
per pianoforte,ognuna delle
quali è composta da tre
brani. Già in queste due
raccolte appare più
problematica una piena
adozione della definizione
di 'musica
impressionistica': le
indicazioni visive contenute
nei titoli sono difatti
oramai sempre più un
pretesto per l'esibizione di
mezzi espressivi ancor più
affinati, di un fraseggio
più sicuro, di una forma e
di una armonia del tutto
libere. I pezzi sono dei
veri saggi di bravura che
richiedono un'esecuzione
eccezionale. Qui presentiamo
due composizioni che si
rivolgono una volta ancora
all'espressione dell'energia
vitale dell'acqua, in cui
misteriosamente si sciolgono
fascinosi giochi di luce. Reflets
dans l'eau fa parte
della prima serie. L'opera è
composta su due elementi
principali tutt'altro che
semplici; infatti si
presentano come una somma di
cellule minori. È questo un
procedimento ricorrente
nella musica di Debussy,
nella quale una situazione
sonora è ricreata attraverso
la sfaccettata e
contrappuntistica addizione
di minute componenti
musicali: un esempio di come
la tradizione non venga
rinnegata dal compositore
francese ma venga, al
contrario, sapientemente e
flessibilmente utilizzata
per i propri personalissimi
scopi. Qui i due elementi di
base, che si alternano in
una forma che ha il sapore
del Rondeau (ABABA), non
offrono sostanziose e
reciproche combinazioni,
mentre sono soggetti, invece
a interessantissime e
individuali varianti. Nella
seconda serie incontriamo
invece Poissons d'or,
brano dotato di una forma
ancora più libera e
fantasiosa. Il pezzo, aperto
da un tremolo, procede con
fare disinvolto e concilia
attimi guizzanti con momenti
di immobilità.
Con i 24 Preludes
(pezzi brevi da eseguire
singolarmente prima di
un'opera principale) Debussy
esprime l'intenzione di
caratterizzare ogni brano
mettendolo in relazione
oltre che con una più o meno
definita immagine visiva,
anche con una particolare
soluzione
tecnico-compositiva. Ne
deriva una non indifferente
varietà di espressioni
emotive e di tipologie di
scrittura musicale. Il
titolo è posto volutamente
alla fine di ogni pezzo, tra
parentesi e dopo tre
puntini, quasi a
sottolineare la carica
puramente evocativa e non
descrittiva di queste
indicazioni. Il linguaggio
musicale di Debussy si è a
questo punto ormai fatto
solidissimo, più intenso e
più interiore. Il Primo
libro dei Préludes
risale al 1909-10 circa. Des
pas sur la neige è uno
di quei preludi che, secondo
Debussy, si dovevano suonare
soltanto 'a quattr'occhi' ed
è un esempio della nuova
scrittura del musicista:
meno colorata, più scarna,
più asciutta e senza
risonanze, quasi ad
esprimere, nel caso
specifico, quella percezione
ovattata del suono tipica
delle giornate di neve. La sérénade
interrompue presenta
una gustosissima miscela di
elementi spagnoleggianti
(impareggiabile è
l'imitazione onomatopeica
del canto della chitarra)
che convivono
imprevedibilmente
all'interno di una forma
assai libera. La scrittura è
ardita e ricca di
dissonanze. Con il Secondo
libro dei Préludes
(1910-13) si accentua la
ricerca sullo strumento e
notiamo un deciso balzo in
avanti nell'evoluzione
musicale di Debussy. Infatti
alcune pagine appaiono
totalmente estranee
all'estetica
dell'Impressionismo e, al
contrario, in linea con la
scrittura dei successivi Douze
études.
Bruyères è uno dei
Preludi più vicini alle
precedenti opere di Debussy.
L'opera si svolge in maniera
sfumata nell'intento di
evocare lontani orizzonti.
Il canto è dolce e lineare e
offre un senso di pace e
serenità. Anche Ondine
rientra nell'estetica
impressionistica. Questo
preludio è caratterizzato da
una condotta capricciosa e
irregolare, ma non mancano
alcuni riferimenti visivi
legati al rumore delle
acque, al canto e alla
danza, mentre la ricerca
armonica appare nel
complesso notevolmente
audace. Con Feux
d'artifice, infine,
possiamo ascoltare uno dei Préludes
che meglio evidenziano il
progressivo spostarsi di
Debussy su problemi
compositivi più astratti. Lo
spunto iniziale del
pirotecnico scoppio di luce
da vita a una virtuosistica
ricerca sul suono puro e
solo nella chiusa la fugace
apparizione delle prime
battute della Marsiglíese
placa, quasi con un sorriso,
la tensione fino a quel
momento esibita.
Massimo
Rolando Zegna
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