|
1 CD -
GMD 3/14 - (c) 1990
|
|
I MAESTRI DELLA
MUSICA
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Claude
DEBUSSY (1862-1918)
|
La Mer |
|
23' 00" |
|
|
|
-
De l'aube à midi sur la mer
|
8' 42" |
|
|
1 |
|
- Jeux de
vagues
|
6' 33" |
|
|
2 |
|
-
Dialogue du vent et de la mer |
7' 45" |
|
|
3 |
|
Iberia
|
|
20' 27" |
|
|
|
-
Les parfums de la nuit |
7' 14" |
|
|
4 |
|
-
Le matin d'un jour de fêt |
13' 13" |
|
|
5 |
|
Prélude
à l'après-midi d'un faune
|
|
9' 57" |
|
6 |
|
|
|
|
|
The French
National Radio Orchestra / Charles
Munch, Direttore
|
1966
|
|
|
|
|
Manufactured |
|
Tecval
Memories SA (Switzerland) |
|
|
Prima Edizione LP |
|
Concert
Hall | SMS-2579 | (p) 1968-
(1-3,6)
Concert Hall | SMS 2494 | (p)
1968 - (4-5)
|
|
|
Edizione CD |
|
De
Agostini | GMD
3/14 | 1 CD - durata 53'
24" | (c) 1990 | ADD |
|
|
Note |
|
-
|
|
|
|
|
Debussy
(1-3,6)
Debussy
(4-5)
|
LA MER
Questi tre
schizzi sinfonici furono
composti tra il 1903 e il
1905 e rappresentano una
delle opere più
rappresentative di Debussy.
Considerato da molti il
padre della musica moderna,
colui che per primo ha rotto
nettamente i legami con la
tradizione, Debussy costruì
nuovi ambiti musicali
utilizzando una nuova scala
a toni interi (senza
semitoni), la scala
esatonale, che consente di
combinare gli accordi
liberamente senza mai
modulare. L'effetto che si
ottiene è quello di una
situazione di 'movimento
nella staticità', come se
cambiassimo le luci che
illuminano sempre lo stesso
paesaggio. Con La mer
ci troviamo dinanzi a una
delle applicazioni più
efficaci di questo nuovo
sistema narrativo chc si
distacca dal modello del
poema sinfonico in quanto
non abbiamo più una
successione di eventi che
vengono raccontati bensì un
accostamento di atmosfere,
una giustapposizione di
suggestioni e di emozioni.
Debussy era inoltre un fine
orchestratore, dotato di
gusto raffinato e di
sensibilità preziosa e
questo ulteriore aspetto
rende ancor più suggestiva
l'evocazione delle
profondità marine.
Non possiamo però
considerare quest'opera
limitata alla riproduzione
più o meno astratta di
'situazioni marine', in
quanto il lavoro di cesello
e di costruzione di
arabeschi, seguendo una
logica veramente musicale, è
in alcuni passi
assolutamente prevalente.
Può essere significativo, a
questo proposito, il fatto
che la copertina della prima
edizione di questo lavoro
riportasse il disegno di
un'onda ispirato a una
celebre opera del pittore
giapponese Okusai. Il primo
brano De l'aube à midi
sur la mer inizia
sommessamente, il tema
affidato ai fiati si ode in
lontananza sul tremolio
continuo degli archi. La
corrispondenza pare
evidente: dalla profondità
dei flutti, dove la luce
penetra appena, lentamente
affioriamo per essere
investiti dalla luminosità
del giorno e dove le onde -
la musica si muove proprio
ad Andante, con dei
Crescendo magici - ci
investono, immagine di
forza, di vita e di
grandiosità. Jeux de
vagues è lieve e
argenteo. Le sonorità
sottili, le combinazioni
ritmiche rapide e
spumeggianti ci dipingono un
'pizzo' di suoni
straordinario e
affascinante. La sorpresa,
qui, non viene mai da eventi
grandiosi o dirompenti ma da
stupende aperture, da
indescrivibili combinazioni
strumentali, da melodie
apparentemente dimesse ma
cariche di un fascino
sensuale e misterioso. Con
il Dialogue du vent et
de la mer assistiamo a
un vero e proprio capolavoro
di orchestrazione. I gruppi
strumentali si fronteggiano,
si mescolano: quando gli
archi sostengono con un
lungo arpeggio un tema
drammatico eseguito da
fagotti e contrabbassi in
cui si misurano i corni,
punteggiandolo con dei brevi
interventi nella regione
acuta, godiamo di un vero e
proprio saggio di
manipolazione sopraffina del
materiale sonoro. La
sensibilità di Debussy si
esprime ai massimi livelli
combinando continuamente le
masse orchestrali che si
rimandono i diversi temi
creando effetti di
luce-ombra, primo
piano-sfondo in un clima di
profonda tensione, di grande
energia, come se una forza
latente si liberasse poco
alla volta ed emergesse,
alla fine, fulgida e
vittoriosa come un magnifico
spettacolo di potenza della
natura.
La prima esecuzione de La
mer ebbe luogo il 15
ottobre del 1905 diretta da
Chevillard ai Concerti
Lamoureux e ne abbiamo
notizia diretta dal critico
e amico del musicista Louis
Laloy. Egli scrisse:
"L'opera era attesa a Parigi
con un'impazienza tutt'altro
che ben disposta.
L'esasperata indignazione
non si era ancora calmata, e
d'ogni parte, tutti erano
pronti a far pagare
caramente all'artista i
torti che venivano imputati
all'uomo". Difatti l'anno
addietro Debussy aveva
lasciato la moglie per
andare a vivere con Emma
Bardac, donna colta, ricca e
brillante che sarebbe
diventata la sua seconda
moglie nel 1908 e che
proprio la sera successiva
alla prima de La Mer
avrebbe dato alla luce
l'unica figlia Claude-Emma
chiamata 'Chou-Chou'. Sulla
stampa scoppiò una vera e
propria bagarre. Proprio
perché quest'opera segnava
un punto di inizio di un
nuovo periodo compositivo
divenne uno dei pretesti per
scatenare le ostilità. Il
critico Pierre Salo su Les
Temps concluse il suo
articolo con queste parole:
"Io non odo, né vedo, ne'
sento il mare". A lui si
associò Gaston Carrand che
aggiunse: "È certamente un
nuovo Debussy, cioè la più
individuale, la più preziosa
e la più fine espressione
della nostra arte, ma
suggerisce quasi la
possibilità che potremo un
giorno avere un Debussy
americanizzato". Questa
atmosfera ostile si
protrasse per alcuni anni e
l'autore durante tutta la
sua esistenza dovette sempre
fare i conti con questa
critica velenosa, spesso
ottusa e partigiana.
IBERIA
Questa serie
di Images per
orchestra, la seconda delle
quali è quella proposta
nella nostra raccolta,
risale agli anni 1906-1912
ed è di poco posteriore alle
due omonime raccolte per
pianoforte. La seconda
immagine è dedicata alla
Spagna, come dice il titolo,
e si ispira al folclore di
questa terra come le altre
due scene erano dedicate
rispettivamente
all'Inghilterra e alla
Francia. Non dobbiamo però
pensare di trovarci di
fronte a un brano
descrittivo: la Spagna si
trasfigura e i suoni, i
colori, i profumi di questo
paese che aveva acceso le
fantasie di tanti musicisti,
diventano evocazioni, sogni,
misteriose malìe, che
avviluppano l'ascoltatore
con le loro trame fascinose.
Le tre parti in cui si
divide il pezzo mostrano
altrettanti momenti di
questo viaggio ideale in
terra di Spagna. Soprattutto
il secondo, costruito su
ritmo di 'habanera',
sensuale e
straordinariamente
coinvolgente. Totalmente
diverso è invece 1'ultimo
episodio, rutilante di
colori orchestrali, animato
da una gaiezza spumeggiante,
che conferisce a questa
pagina quella immedia-
tezza che le ha consentito
di non cadere nell'oblìo,
come invece è accaduto agli
altri due brani (Gigues
e Rondes de printemps).
PRÉLUDE À
UAPRÈS-MIDI D'UN FAUNE
Debussy si
dedicò a questo celeberrimo
pezzo orchestrale dal 1892
al 1894. Il brano doveva
essere il primo di una serie
di tre che avrebbero dovuto
accompagnare, passo passo,
la declamazione dell'omonima
poesia di Mallarmé. Il poeta
aveva infatti concepito la
sua opera come un assorto
monologo che doveva essere
recitato da un attore solo
sulla scena, con l'unico
supporto della musica che
egli intendeva come una
«illustrazione che non
presenti alcuna dissonanza
con il mio testo. Che vada
piuttosto molto più lontano,
nella nostalgia e nella luce
con sottigliezza, malessere
e ricchezza». Probabilmente
il musicista aveva in mente
questa realizzazione
definitiva dell'opera e non
conosciamo il motivo per cui
lasciò cadere il progetto
iniziale limitandosi alla
creazione del Preludio. Il
testo di Mallarmé è fremente
e carico di emozione. Ogni
parola è un simbolo (per
questo risulta difficilmente
traducibile in italiano) e,
in alcuni passi, è alquanto
oscuro. Ne diamo qui un
breve riassunto. Un fauno si
ridesta da un sogno: ha
veduto due ninfe, una con
'occhi freddi come una
sorgente piena di lacrime',
l'altra come 'il respiro nel
fuoco del mezzogiorno'.
Nella sua solitudine ricorda
di essersi immerso nelle
sorgenti delle Naiadi e di
aver costruito il flauto di
canne che ora appoggia alle
sue labbra e suona.
Improvvisamente si risveglia
in lui, con violenza, la
passione e vorrebbe vivere
solo per farsi travolgere
dal piacere. La sua
immaginazione febbrile lo
esalta ed egli si avventa
sulle due Naiadi: le
delicate creature sono
spaventate da tanto ardore e
cercano di fuggire, una
alfine vi riesce e con essa
svanisce l'illusione.
Tutta la poesia è un inno
esaltato e vibrante alla
passione istintiva, fisica e
travolgente, e il succo
dell'intera composizione è
racchiuso in queste
paroleche Mallarmé fa
pronunciare al fauno in lode
della voluttà animale:
O
passione, tu sai che
alla maturanza purpurea
la
melagrana scoppia per il
fiero ronzio delle api;
Il nostro
sangue, avvinto, prima
di essere fuso di buon
grado
Scorre
anche per il vibrante
turbinare della pena
d'amor.
Le
corrispondenze fra testo e
musica non vanno però
cercate verso per verso, ma
nella globalità dell'intera
opera che è sorretta dalla
medesima sensualità ed evoca
con sonorità soffuse la
magia di questa visione
mitica.
Il flauto risuona lontano e
a esso rispondono echi di
clarinetti e di corni sopra
un'orchestra che vibra con
trepidazione. La forma del
pezzo è libera, istintiva,
perché anche in musica
prevalgono le emozioni, ma è
altrettanto affascinante per
noi accostarci a una
costruzione così precisa e
rigorosa soprattutto nella
ricerca degli impasti
orchestrali. Niente è
casuale, ogni effetto, anche
piccolissimo, è cercato,
calibrato e l'ascoltatore
rimane intrappolato nella
malia struggente di questa
pagina che si evolve come un
sogno e come tale scompare
nel nulla. L'idea musicale
contenuta nel tema iniziale
del flauto, circola per
tutto il pezzo subendo
continue modifiche e creando
un effetto di incantamento.
La dissonanza che talvolta
si avverte tra un fluttuare
di fiati e gli accordi
prodotti dall'orchestra
richiama altresì il
contrasto tra sogno e
realtà, tra ideale e reale,
come afferma in un suo
esauriente saggio Corneel
Mertens, e anche su questo
elemento si basa la
dialettica evolutiva del
pezzo.
Nel 1912 Diaghilev allestì
il balletto omonimo con la
partecipazione del
grandissimo ballerino
Nijinskij, ma questo
allestimento, che pure ebbe
un notevolissimo successo,
non vide tra i suoi
sostenitori Debussy il quale
criticò le pose troppo
esplicite dei danzatori che
male si accordavano, secondo
lui, con la sensualità
ambigua e soffusa evocata
dalla musica.
Maria
Luisa Merlo
|
|
|
|
|
|