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1 CD -
GMD 3/23 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Igor
STRAVINSKIJ (1882-1971)
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La Sagra della
Primavera |
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31' 29" |
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Prima parte -
L'adorazione della terra
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15' 22" |
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1 |
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- Introduzione
(Lento) - Danza degli adolescenti
- Gioco del rapimento - Cortei
primaverili
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- Giochi delle
tribù rivali, Corteo del Saggio,
Il Saggio - Adorazione della terra
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Seconda parte -
Il sacrificio
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16' 07" |
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2 |
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- Introduzione -
Cerchi misteriosi degli
adolescenti - Glorificazione
dell'Eletta, Evocazione degli avi
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- Azione rituale
degli avi - Danza sacra - L'eletta
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Suite "Le Chant
du Rossignol"
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20' 10" |
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3 |
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Scènes de
ballet
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15' 32" |
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4 |
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Orchestra
Nazionale di Parigi / Pierre
Boulez, Direttore - (1-2) |
Parigi -
1963
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Orchestra NBC
/ Guido Cantelli, Direttore - (3) |
New York
- 21 February 1954 |
Orchestra della
RAI di Roma / Igor Stravinskij, Direttore
- (4) |
Roma -
1954 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert
Hall | SMS 2324 | (p) 1963 -
(1-2)
ASdisc | AS 530 | (p) 1989 - (3)
Compact Disc
Paragon | ? | (p) 1989 - (3)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
3/23 | 1 CD - durata 67'
11" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Stravinskij
(1-2)
Stravinskij
(3)
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"LA SAGRA
DELLA PRIMAVERA"
I giornali
dell'epoca e tutti i testi
che parlano di questa
composizione ricordano la
data della prima, il 28
maggio 1913 al Theatre des
Champs-Elysées, come il
giorno del più memorabile
fiasco di cui si abbia
memoria. Pare che i fischi e
le urla del pubblico fossero
tali da sovrastare
l'orchestra che pure dava
continua prova di una
possanza senza precedenti. È
comunque spiegabile che
un'opera complessa come Le
Sacre potesse
scioccare un pubblico ignaro
che probabilmente si
aspettava quadri idilliaci e
sdolcinati come il titolo
sembrava suggerire.
Stravinskij che, come disse
egli stesso, divenne «un
rivoluzionario, mio malgrado»
imputò buona parte
dell'insuccesso alla
coreografia inventata da
Nijinsky definendola poco
pertinente: «l'impressione
generale che ho avuto allora
e che tuttora conservo di
quella coreografia è
1'incoscienza con cui venne
creata da Nijinsky [...]
come era lontana da ciò che
avevo voluto!».
A questo primo allestimento
ne seguirono altri, ma sin
dal 1914 si iniziò a
eseguire Le Sacre
senza alcuna coreografia,
inserendola sin da allora
nel repertorio
concertistico. È poi da
precisare che la traduzione
italiana del titolo, La
Sagra della Primavera,
ormai consacrata dall'uso, è
sbagliata: Sacre è
'rito', 'sacrificio', non
'sagra' i cui significati
sono anzi totalmente fuori
luogo in un contesto come
quello evocato da
Stravinskij.
L'opera si divide in due
parti, ciascuna delle quali
è costituita da sette e da
sei episodi rispettivamente.
Il sottotitolo, 'Quadri
della Russia pagana', può
orientarci sul significato
dell'intera composizione.
Non è una primavera
oleografica che si vuole
celebrare non, cioè, la più
dolce stagione dell'anno,
bensì il momento culminante
del ciclo della natura,
quello della procreazione,
che è insieme gioia e
tormento. La terra ribolle e
dalle sue viscere scaturisce
la vita dopo il gelo mortale
dei tremendi inverni russi e
l'uomo, agli albori della
civiltà, contempla attonito
il miracolo che si
rinnovella ogni anno ed
esorcizza la paura della
sterilità, l'orrore delle
carestie, compiendo il
cruento sacrificio
dell'uccisione di una
vergine. Il fagotto solo
apre l'Introduzione, con un
tema pastorale e arcaico. A
esso si aggiungono gli altri
legni che fremono, si
agitano, prendono vita a
poco a poco. La seconda
scena, Gli Auguri
primaverili, Danze degli
adolescenti, è vigorosa ed
energica, dominata da una
scansione ritmica ossessiva.
L'accordo d'apertura viene
ripetuto prima per otto
battute (32 volte) poi per
dieci (40 volte) poi
addirittura per trentacinque
battute consecutive creando
una tensione sempre più
intensa che si accumula e
aumenta sino all'attacco
della scena successiva: Il
gioco del rapimento. Qui
l'orchestra si butta a
capofitto in una ridda
sfrenata. La concitazione è
ottenuta con un continuo
cambiamento di misura che fa
slittare senza requie gli
accenti creando effetti di
affanno sempre crescente. La
scena successiva, i Cortei
primaverili, propone invece
un momento di quiete. Il
cerimoniale barbarico ha
inizio e all'incedere
pesante degli Auguri viene
contrapposto un breve e
rapido passaggio introdotto
dal flauto piccolo. Con il
Gioco delle città rivali ci
troviamo di nuovo in
un'atmosfera ribollente e
violenta, dalle sonorità
stridenti e aggressive: il
tema, già udito nel Gioco
del rapimento, ritorna ma in
modo più drammatico,
ispessito dalla diversa
orchestrazione. Il Corteo
del Saggio procede
maestosamente, con frastuono
assordante, e prelude al
momento culminante della
prima parte, l'Adorazione
della terra-Danza della
terra. Quattro battute
introduttive, Lento,
sfociano in un Prestissimo
orgiastico e frenetico dove
il ritmo martellante delle
percussioni scandisce questa
danza terribile e fastosa.
La seconda parte, il
Sacrificio, si apre con una
Introduzione gravida di
presagi funesti. L'atmosfera
è immobile, un gelo di
morte, evocato dal procedere
cromatico dei corni, avvolge
il tema triste e malinconico
affidato prima al flauto e
poi ai corni. Con i Cerchi
misteriosi degli adolescenti
riascoltiamo lo stesso tema,
mentre la tensione cresce,
gli archi crepitano con
trilli e passaggi arpeggiati
e un Crescendo e un
Accelerando sfociano nella
Glorificazione dell'Eletta.
Da questo punto la
composizione non conosce più
neppure un attimo di requie:
l'atmosfera si fa sempre più
incandescente, l'orchestra
ribolle come un magma ed
esplode in sonorità crude,
penetranti, cariche di una
potenza e di un'energia
devastanti e grandiose.
Questo episodio che l'autore
aveva pensato come una
selvaggia cavalcata di
Amazzoni, come ricorda Roman
Vlad in un suo scritto, è
irruento e animato da una
forza tremenda e magnifica.
L'ascoltatore può solo
contemplarlo attonito come
potrebbe fare di fronte a un
cataclisma, terrificante e,
al tempo stesso,
stupefacente. L'Evocazione e
l'Azione rituale degli avi
preparano con ferocia
barbarica al rito
sacrificale. Il ritmo è
incessante e inesorabile; il
rigore meccanico
dell'accompagnamento delle
percussioni richiama il
tempo che scorre segnato da
un orologio così preciso da
diventare ossessionante. Le
forze della natura seguono
un ordine esatto che non
lascia alcuno spazio alla
casualità e all'interno di
quest'ordine l'uomo non ha
spazio se non come automa.
La Danza sacra-l'Eletta
rappresenta l'evento
culminante di tutto il
pezzo, in un crescendo
orgiastico in cui
l'orchestra si dilania, si
gonfia, si agita presa dal
vortice del terribile evento
sacrificale che si sta
celebrando. La conclusione è
inesorabile, l'ultimo
accordo è aspro, tagliente,
non esiste neppure un
istante per esprimere quella
pietas che l'uomo ha
attribuito alla propria
specie per esorcizzare
l'efferatezza di cui è
capace.
"LE CHANT
DU ROSSIGNOL"
Questo poema
sinfonico, scritto nel 1917,
si rifà all'opera che
Stravinskij aveva scritto
alcuni anni prima, Le
rossignol, ispirata
all'omonima fiaba di
Andersen. Non tutto il
materiale dell'opera venne
però utilizzato, ma solo
parti del secondo e del
terzo atto e il Canto del
pescatore, tratto dal primo
atto. I movimenti sono
quattro: un primo
Presto-Andantino-Presto, la
Marcia cinese, il Canto
dell'usignolo e il Gioco
dell'usignolo meccanico. La
composizione pone, come
nella fiaba e nell'opera,
l'antitesi tra la natura
(l'usignolo) e
l'intelligenza umana
(l'usignolo meccanico).
Stravinskij usa perciò due
stili musicali molto
diversi: l'uno ricco di
passaggi cromatici, con una
massiccia presenza di
intervalli di semitono,
palpitante e vivo come è il
canto libero dell'usignolo
vero, l'altro - irrigidito
negli schemi della musica
orientale - fatto di
sequenze pentafoniche
totalmente prive di
semitoni, che risultano nel
confronto con il primo
assolutamente irreali.
Nel 1920 Diagilev fece
rappresentare questa
versione orchestrale
dell'opera sotto forma di
balletto e affidò la
creazione dei costumi e
delle scene a Matisse. Il
pittore ne fu entusiasta e
scrisse subito a Stravinskij
una lettera in cui si
rallegrava di questo
incarico e gli comunicava le
sue idee in merito alla
realizzazione dello
spettacolo. Stravinskij, al
contrario, non apprezzò
particolarmente la
collaborazione, come
raccontò lui stesso a Robert
Craft: «Non fu mia la scelta
di Matisse, per le scene del
Rossignol, fu un'idea
di Diagilev. In realtà io mi
opposi, ma in modo troppo
diretto. La produzione, e
specialmente la parte che ne
ebbe Matisse, fu un
fallimento. Diagilev sperava
che Matisse facesse qualcosa
di molto cinese e attraente.
Egli non fece altro che
copiare la Cina dei negozi
di rue de la Béotie».
SCÈNES DE
BALLET
Fu nel 1944
che uno dei grandi
produttori di Broadway,
Billy Rose, invitò
Stravinskij a comporre un
brano da inserire nella
rivista musicale The
Seven Lively Arts.
Questo spettacolo doveva
essere una sorta di apoteosi
delle arti viventi e sulle
note della composizione di
Stravinskij (che avrebbe
dovuto 'impersonare' la
musica colta) avrebbero
danzato i ballerini del
corpo di ballo in un'azione
coreutica priva di un
argomento narrativo, ma
completamente astratta.
Nacquero così le Scènes,
una vera e propria suite di
scene di ballo allo stato
puro, dove il movimento non
ha altro fine che raccontare
se stesso.
All'Introduzione, seguono,
nell'ordine, le Danze del
corpo di ballo, la
Variazione della prima
ballerina, la Prima
pantomima, un Passo a due,
la Seconda pantomima, la
Variazione del ballerino,
un'altra Variazione della
ballerina solista, la Terza
pantomima, un'altra Danza
del corpo di ballo e
l'Apoteosi finale. Come è
consuetudine negli Stati
Uniti, prima di venir
rappresentato a New York, lo
spettacolo fu allestito in
anteprima in un'altra città,
a Filadelfia, e proprio in
seguito a questo avvenimento
Roman Vlad cita in un suo
scritto un aneddoto molto
divertente. Gli
organizzatori, dopo la prima
dello spettacolo, mandarono
a Stravinskij questo
telegramma: «Sua
musica grande successo.
stop-Potrebbe essere
successo sensazionale se lei
volesse autorizzare Robert
Russell Bennett ritoccare
orchestrazione. stop-Bennett
orchestra persino le opere
di Cole Porter».
Stravinskij rispose: «Mi
contento del grande successo».
Non sappiamo se questa fu la
causa che determinò la
scomparsa delle Scènes
dalle ribalte di Broadway,
ma già dal 1945 questa
composizione entrò a far
parte del repertorio
sinfonico. Anni dopo
l'autore giudicò, forse
con eccessiva
severità, la sua musica,
definendola «un pezzo
dell'epoca, un ritratto di
Broadway negli ultimi anni
di guerra. È un peso piuma
ed è zuccherato; il mio
dente dolce non era allora
ancora cariato».
A proposito della
Seconda pantomima l'autore
rincarò la dose definendola
«una cattiva musica da film»,
ma il lavoro
complessivamente non fu mai
rinnegato e, anzi,
l'Apoteosi finale reca, nel
manoscritto originale, una
frase molto importante:
«Paris n'est plus aux
allemandes»
poiché Stravinskij concluse
la pagina il giorno della
liberazione di Parigi.
L'autore confermò
successivamente la sua
affermazione nei dialoghi
con Robert Craft: «Ricordo
che interrompevo il lavoro
ogni pochi minuti per
ascoltare i notiziari
radiofonici. Penso che la
mia esultanza c'è, nella
musica».
Maria
Luisa Merlo
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