|
1 CD -
GMD 3/25 - (c) 1990
|
|
I MAESTRI DELLA
MUSICA
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Dmitrij
ŠOSTAKOVIČ (1891-1953)
|
Sinfonia N. 7
in Do maggiore "Leningrado", Op.
60 |
|
75' 21" |
|
|
|
- Allegretto
|
26' 35" |
|
|
1 |
|
- Moderato (Poco
allegro)
|
11' 50" |
|
|
2 |
|
- Adagio
|
18' 54" |
|
|
3
|
|
- Allegro non
troppo
|
16' 17" |
|
|
4 |
|
|
|
|
|
Czech
Philharmonic Orchestra / Vaclav
Neumann, Direttore |
House of
Artists, Prague - 19/20 March 1974 to
16/17 September 1974
|
|
|
|
|
Manufactured |
|
Tecval
Memories SA (Switzerland) |
|
|
Prima Edizione LP |
|
Supraphon
| 1 10 1771/2 | (p) 1975
|
|
|
Edizione CD |
|
De
Agostini | GMD
3/25 | 1 CD - durata 75'
21" | (c) 1990 | ADD |
|
|
Note |
|
-
|
|
|
|
|
Prokofev
(1-4)
Prokofev
(4-16)
|
SINFONIA
N.7 IN DO MAGGIORE OP.60
"LENINGRADO"
Questa
celeberrima composizione,
che valse all'autore il
Premio di stato dell'Unione
Sovietica (conferitogli il 5
marzo 1942, a Kuibyschev,
proprio in occasione della
prima esecuzione) venne
composta nel 1941, si
potrebbe dire 'in trincea',
visto che l'autore si
trovava a partecipare
direttamente agli eventi
bellici che gli avrebbero
ispirato il grande affresco
musicale costituito, appunto
dalla Settima sinfonia.
Durante quel terribile anno,
Leningrado era difatti cinta
d'assedio dalle divisioni
tedesche e questa drammatica
situazione stava ormai
piegando la città, stremata
dalla fame e dal freddo. In
queste circostanze
Šostakovič, coraggiosamente,
aveva presentato domanda
alle autorità per essere
arruolato e contribuire in
prima persona, come
combattente, alla difesa. La
sua richiesta non venne però
accolta e gli venne invece
imposto di rimanersene a
casa pur tenendosi a
disposizione.
Fu in questo clima,
certamente eroico, che al
musicista venne l'idea di
realizzare una composizione
capace di incitare gli animi
alla lotta e alla
resistenza, concorrendo
quindi, anche se in modo
diverso da quello
precedentemente sperato,
alla causa nazionale.
In una testimonianza scritta
subito dopo la ritirata
dell'esercito tedescodalla
città, che aveva pagato con
630.000 morti la volontà di
resistere alle forze
d'invasione, Šostakovič
ricordò: «Nei primi giorni
caldi di luglio, incominciai
la mia Settima sinfonia,
concepita come la
personificazione musicale
del supremo ideale della
guerra per la patria. Il
lavoro mi assorbì
completamente. Né le
selvagge incursioni aeree né
la dolorosa atmosfera di una
città assediata potevano
frenare il flusso delle mie
idee musicali. Il secondo e
il terzo movimento della
Sinfonia riaffermano la vita
in opposizione alla guerra.
Cercai di esprimere la
convinzione che l'arte, la
letteratura e la scienza
devono avanzare a dispetto
della guerra. Se si vuole è
una tesi polemica contro
l'affermazione che 'quando i
cannoni tuonano la Musa
tace'. Il quarto movimento,
poi, dedicato alla nostra
vittoria, è un'immediata e
logica continuazione dei
precedenti. È la vittoria
della luce sulla tenebre,
della saggezza sulla follia,
del nobile umanesimo sulla
tirannide mostruosa. Mentre
lavoravo a questa musica,
Leningrado si era
trasformata in una fortezza
imprendibile. L'intera
popolazione aveva imparato
l'arte di combattere:
sembrava che la guerra
avesse soppiantato tutti gli
altri interessi. Eppure,
trovai che non era così: la
Sala dei concerti
filarmonici era sempre
stracolma. Capii, come non
mai prima di allora, che la
musica, come ogni arte, è
per l'uomo una genuina
necessità».
La Sinfonia si apre con una
sezione al tempo stesso
baldanzosa e malinconica;
dice ancora l'autore:
«questa musica parla
all'inizio della vita felice
e pacifica di un popolo che
confida in sé e nel suo
futuro». È lo slancio che
nasce dalla spinta della
dominante verso la tonica,
che conferisce a questo
tempo un che di battagliero
e richiama sonorità
militari. Ma l'oboe, con la
sua voce vibrante, insinua
immagini più dolci, ricordi
di visioni agresti e più
intime che si affacciano
accanto alla vitalità eroica
del primo inciso tematico.
Ma è con l'avvento del
tamburo rullante, lontano,
che le immagini pacifiche si
dissolvono completamente,
schiacciate dalla pesante
brutalità del tema della
guerra, il tema nazista.
Questa idea musicale,
volutamente poco attraente,
quasi ingenua nella sua
semplicità, viene
riproposta, sempre uguale,
per ben dodici volte, ma
quali sorprese riserva
all'ascoltatore! Ricorda
nuovamente il musicista:
«Non ho fatto il minimo
tentativo di interpretare
naturalisticamente la guerra
imitando i boati del
cannone, i proiettili, gli
scoppi... Ho cercato di dare
un'immagine emotiva della
guerra». Il tema si rinnova
continuamente, poiché
cambiano gli strumenti che
lo eseguono; lo udiamo
eseguito in canone, ma anche
sovrapposto a se stesso in
tonalità diverse, per
ottenere un effetto di
stridore doloroso; al tempo
stesso, si modifica anche
l'intensità, che passa da un
pianissimo quasi
impercettibile, ottenuto dai
violini in pizzicato, fino
ad arrivare a dei fortissimo
terrificanti, che travolgono
l'ascoltatore. Il tamburo
rullante accompagna
ossessivamente tutte e
dodici le ripetizioni,
creando un effetto di
angoscia persistente e quasi
insostenibile; ce ne si
rende conto quando, in
concomitanza con
un'esplosione degli ottoni,
quel terribile martellamento
cessa di colpo. Si viene
allora travolti da una
specie di effetto
liberatorio che però scopre
uno spazio devastato, livido
e privo di forze. Durante le
ripetizioni del tema
d'autore ha difatti
aggiunto, via via, dei
motivi ostinati che
sovrapponendosi hanno creato
quella tensione tremenda,
quella situazione di
alienazione insopportabile,
che sembrava aver travolto
ogni capacità di resistenza.
Invece l'insperabile accade:
tra le rovine di quanto è
riuscito a sopportare le
barbarie della guerra, si
risentono le dolci note del
tema della vita felice. Ma
quale mestizia in quei suoni
così imploranti dopo la
violenza bruta e
distruttrice della guerra!
Il primo movimento però non
finisce qui. Lontano,
seppure con tono più
dimesso, si ode ancora il
tema nazista, con la sua
terribile innocenza, con
quel suo incedere a mo' di
marcetta infantile, come se
l'autore ci volesse
ricordare che la guerra può
cominciare per gioco, che i
soldati sono da sempre
pedine inconsapevoli di ben
altre trame e che spesso
sono dispensatori di
distruzione e di morte senza
saperlo. È forse un monito,
quello di aver fatto udire
ancore le note di un tema
guerresco, come se ci si
debba sempre guardare da una
guerra continuamente in
agguato? O, forse, si tratta
più semplicemente di un
fatto scaramantico, visto
che la guerra con la
Germania, al momento della
composizione della sua
opera, non era ancora
terminata e pertanto la
vittoria poteva essere solo
auspicata ma non era, certo,
ancora possibile celebrarla?
In particolare, il primo
movimento della Settima
sinfonia raccolse consensi
da tutte le parti del mondo:
non si sa come, ma la
partitura, in microfilm,
riuscì fortunosamente a
superare l`assedio nazista
del 1941, e a giungere negli
Stati Uniti dove la sinfonia
venne subito eseguita e
continuamente trasmessa
dalla radio durante i
restanti anni di guerra,
tanto da diventare
rapidamente la musica più
esaltante, capace di tener
vivo l'amor patrio e di
instillare coraggio nei
popoli che combattevano
contro la Germania nazista.
Il 19 luglio 1942 difatti
Arturo Toscanini aveva
diretto la NBC Symphonic
Orchestra in un memorabile
concerto radiotrasmesso,
ascoltato da milioni di
persone, e la sinfonia di Šostakovič
era diventata il simbolo
stesso della resistenza
tanto che Carl Sandburg la
definì «musica scritta con
il sangue del cuore».
Inoltre tra il 1942 e il
1943, soltanto negli Stati
Uniti, venne eseguita ben
sessantadue volte. Non a
tutti però fu gradito tanto
trionfalismo e un ottimismo
così ostentato: per esempio
Bela Bartók, che si trovava
da tempo malato in un
ospedale di New York trovò
orribile la musica di Šostakovič.
Anzi la sua irritazione di
personaggio introverso e
poco incline alla
magniloquenza fu tale, che
decise di operarne una
caricatura musicale. Nel suo
Intermezzo interrotto
troviamo difatti, tra un
giro di valzer e una melodia
languida, proprio il 'tema
nazista', ma
irriverentemente stravolto:
diventato cioè una marcia da
circo equestre o un
valzerone da balera e
commentato, a ogni
apparizione, ora da una
risata, ora da una
disapprovazione
inequivocabile, affidata
alla tuba. Il tema di Šostakovič
è insomma trasformato qui in
un vero e proprio pensiero
ossessivo che, come certi
sciocchi motivetti, si fissa
nella memoria per riemergere
nei momenti più impensati e
meno opportuni.
Tornando a Šostakovič
e alla sua Settima sinfonia
è infine da notare che con
il secondo e il terzo
movimento ci troviamo in un
clima molto diverso da
quello descritto nel primo:
un clima dove la poesia e la
memoria hanno il
sopravvento. Sono pagine di
intenso lirismo, soprattutto
nell'Adagio, mentre l'ultimo
movimento, basato su modi e
melodie popolari afferma,
forse con toni
eccessivamente retorici, la
vittoria finale. È
probabilmente questa scelta
di concludere sempre in tono
ottimistico e celebrativo le
proprie composizioni
sinfoniche, che può
disturbare l'ascoltatore di
oggi, sicuramente meno
disponibile alle
manifestazioni
propagandistiche dell'arte,
e che si trova a vivere in
un mondo in continua
evoluzione dove,
fortunatamente, hanno forse
sempre meno spazio le
pregiudiziali ideologiche.
Maria
Luisa Merlo
|
|
|
|
|
|