ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 4/1 - (c) 1990

I MAESTRI DELLA MUSICA









Domenico GABRIELLI (1659-1690)
Sonata per Tromba N. 2 in Re maggiore
3' 38"


- Adagio-Allegro 1' 40"

1

- Largo 0' 53"

2

- Allegro 1' 05"

3
Giuseppe TORELLI (1658-1709) Concerto in Sol minore "Pastorale per il SS. Natale", Op. 8 N. 6

6' 48"


- Grave-Vivace
2' 44"

4

- Largo
2' 20"

5

- Vivace 1' 44"

6

Sonata per Tromba in Re maggiore

6' 50"


- Allegro 2' 14"

7

- Adagio-Allegro-Adagio 3' 00"

8

- Allegro 1' 36"

9
Francesco BARSANTI (1690-1772) Concerto grosso in Re maggiore, Op. 3 N. 10

11' 14"


- Adagio 1' 07"

10

- Allegro 4' 24"

11

- Largo 2' 53"

12

- Vivace 2' 50"

13
Francesco DURANTE (1684-1755) Concerto grosso N. 5

7' 11"


- Allegro 2' 35"

14

- Adagio 3' 12"

15

- Allegro 1' 24"

16
Alessandro MARCELLO (1673-1747) Concerto per Oboe

10' 17"


- Allegro moderato
2' 50"

17

- Adagio 4' 35"

18

- Allegro 2' 52"

19
Antonio LOTTI (1667-1740) Sonata per Flauto, Violoncello e basso continuo in Sol maggiore

7' 15"


- Largo 1' 49"

20

- Allegro 1' 36"

21

- Adagio 1' 55"

22

- Vivace 1' 55"

23





 
Collegium Academicum de Genève / Michel Cuvit, Tromba /  Robert Dunand, Direttore - (1-3,7-9,10-13)
1956
Netherlands Chamber Orchestra / Maurits van den Berg, Direttore - (4-6,14-16)
1964
Sestetto d'Archi Scaligero / Diego Dini Ciacci, Oboe - (17-19) 1985
Romano Pucci, Flauto / Clare Ibbot, Violoncello / Marina Vaccarini, Clarinetto - (20-23) 1985
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | SMS 2677 | (p) 1956 - (1-3,7-9,10-13)
Concert Hall | M 2080 | (p) 1964 - (4-6,14-16)
Paragon | CRP 20 | (p) 1985 - (17-19,20-23)


Edizione CD
De Agostini | GMD 4/1 | 1 CD - durata 54' 43" | (c) 1990 | ADD

Note
-













Gabrielli / Torelli / Barsanti
(1-3,7-9,10-13)


Torelli / Durante (4-6,14-16)


Marcello / Lotti (17-19,20-23)

SONATE E CONCERTI IN ITALIA TRA XVII E XVIII SECOLO

Gabrielli
Nel panorama musicale italiano della seconda metà del XVII secolo Domenico Gabrielli ha svolto un ruolo importantissimo nel processo di messa a punto dei prototipi dei modelli formali-compositivi settecenteschi. Al suo tempo, Domenico fu celebre soprattutto per le eccezionali qualità di virtuoso del violoncello (non a caso fu soprannominato in dialetto “Minghén dal viulunzèl'), al quale donò una propria personalità di solista già chiaramente separata dalla funzione di basso continuo. La Sonata per tromba si ricollega direttamente alla produzione tipica della bolognese Cappella di San Petronio, nella quale, con alterne fortune, il Gabrielli operò dal 1680 fino al 1688. Il lavoro si suddivide in quattro tempi secondo la tradizionale alternanza di un tempo lento e di uno veloce. La prima sezione è un vero e proprio sipario ai restanti movimenti della composizione, ed è caratterizzata dalla solennità dell'orchestra a cui si sovrappongono gli squilli luminosi della tromba. Dopo il secondo tempo, in cui il solista e l'orchestra - che procede con una dinamica 'a terrazze' - si alternano rapidamente, ascoltiamo una sezione lenta, affidata ai soli archi, carica di raccoglimento. Chiude la Sonata un ultimo tempo giocato quasi per intero su un breve inciso che rimbalza dalla tromba all'orchestra.

Torelli
Un altro rappresentante della vita musicale bolognese legata all'attivítà della Cappella di San Petronio è Giuseppe Torelli che vi operò dal 1686 fino al 1695 e con la quale mantenne contatti di collaborazione, come primo violino, anche dopo il suo soggiorno all'estero, cioè dal 1701 in poi.
Nelle opere di Torelli date alle stampe negli ultimi due decenni del Seicento e nei primi anni del Settecento sfociano tutte le ricerche di una intera generazione di compositori e di liutai che, con le loro conquiste, aprirono nuovi orizzonti musicali.
I dodici Concerti grossi (fra cui questo in sol min. op. 8 n. 6 'Pastorale peril Santissimo Natale' per due violini concertanti, due violini di ripieno, viola e basso continuo) furono pubblicati postumi a Bologna nel 1709. La raccolta mostra alcune delle caratteristiche stilistiche che sono ricorrenti nell'exeursus creativo di Torelli: la sintesi formale e significante dei vari movimenti, spesso innervati in maniera vitalissima sulla componente virtuosistico-improvvisativa, tipica della musica del secolo successivo, e la drammatica concentrazione dei tempi lenti, carichi di un sincero e lirico patetismo, che nel caso della Pastorale esprime splendidamente il raccoglimento emotivo e spirituale dell'evento natalizio. Possiamo aggiungere che la particolare funzione religiosa della Pastorale informa anche i tempi veloci di una più nobile compostezza, non raramente impostata su dotti procedimenti stilistici contrappuntati e sul fine intreccio dei due violini solisti.
La Sonata per tromba in re maggiore di Torelli, come già quella di Domenico Gabrielli, rimanda alla produzione musicale destinata agli ampi organici orchestrali della Basilica di San Petronio. l'uso della tromba come strumento concertante era tipico della scuola musicale bolognese e in particolare il genere della Sonata per tromba (articolato in cinque movimenti secondo lo schema Allegro-Adagio-Allegro-Adagio-Allegro) era appositamente concepito per essere eseguito come introduzione o intermezzo durante la liturgia. E in effetti gli incessanti giochi spaziali fra solista e orchestra e i riverberi e gli echi di queste opere sono appositamente concepiti per risuonare nella grande chiesa bolognese. Questo è anche il caso della nostra Sonata, un'opera tutta giocata su forti contrasti chiaroscurali che bene esprimono la luce del Signore e il buio dell'attesa e del pentimento. Il primo e l'ultimo tempo sono interamente giocati sulla propulsione ritmica degli archi, incessante e instancabile, a cui si sovrappongono i richiami della tromba che illumina e amplia le misure foniche. I tre tempi centrali sono eseguiti dai soli archi che nei movimenti lenti assumono le sonorità dolenti di una intensa religiosità penitente.

Barsanti
L'esempio compositivo di Francesco Barsanti è interessante proprio per il tentativo di innestare il modello formale del concerto italiano sulla cultura musicale inglese. Il risultato ottenuto è rappresentato da alcune composizioni che, ampliando e complicando il fraseggio orchestrale, anticipano in maniera avveniristica il genere sinfonico tardo-settecentesco. Un caso esemplare sono i dieci Concerti grossi op. 3, pubblicati a Edimburgo nel 1743, nei quali gli strumenti a fiato e i timpani svolgono la funzione di concertino. Il Concerto n. 10 in re maggiore richiede l'utilizzo di due oboi e di una tromba e si articola in quattro ben distinti movimenti. Il primo, lento e breve, presenta l'andamento solenne e pomposo degli archi a cui si alternano gli interventi marziali e militareschi del concertino. Il secondo è caratterizzato da una serrata ma vivace scrittura contrappuntistica degli archi e dei fiati. Il terzo esprime un introverso raccoglimento, mentre il quarto si divide in tre parti: nelle due laterali emerge il discorso frenetico degli archi inspessito, a tratti, dai fiati e dai timpani, mentre nella centrale, affidata ai soli archi, si riconoscono quasi le aggraziate movenze di una danza di corte.
Durante - La lezione musicale di Francesco Durante svolse un ruolo decisivo per la formazione della cosiddetta 'scuola napoletana' settecentesca e per il trapasso della musica seicentesca italiana alla nuova sensibilità, alla nuova visione del mondo del secolo successivo. Importantissima, a tal fine, fu l'assidua opera didattica di Durante che gettò delle basi uniformi di gusto e di preparazione in funzione dell'importante mutazione stilistica. Il soggiorno romano mise il compositore in contatto con l'antica tradizione contrappuntistica palestriniana che difatti trova un notevole riscontro nelle sue opere a carattere religioso, soprattutto negli oratori. Ma è nella musica strumentale che il ruolo di Durante si fa decisivo proprio per la fusione di questa arte aulica e polifonica con il nuovo mondo sensibile che si stava proponendo, un'unione che a lui stesso permise di realizzare le sue opere più originali. Le nuove esigenze espressive spinsero inoltre Durante a equilibrare nei suoi lavori le esperienze tratte dalla musica religiosa con un'impronta già per molti aspetti galante. Ne è esempio proprio il Concerto grosso n. 5 che Durante bada a snellire e compattare nella stessa suddivisione tripartita della successione agogica. Già il primo tempo esibisce un curato intreccio polifonico, originalmente in simbiosi con una educata galanteria musicale, propria soprattutto degli episodi ritornellati. Il secondomovimento ruota attorno a un patetismo già pienamente settecentesco, pervaso da una emozionalità religiosa, risolta attraverso modi ricorrenti nella musica sacra. Il terzo tempo è il più trasparente, anche se la trama del fraseggio non è certo delle più semplici. Interessante è infine la mancanza di quel vitalistico senso di moto continuo tipico della musica barocca.

A. Marcello
Alessandro Marcello è il rappresentante settecentesco e veneziano di una antica categoria di cultori dell'arte, quella dei cosiddetti 'dilettanti', che non va intesa nel senso spregiativo moderno. Sin dal '500 'dilettante' era il nobile che praticava l'arte non per guadagno, ma solo per proprio piacere e per elevarsi. Alessandro, da buon 'dilettante', compose pochissimo e pubblicò ancora meno, ma la sua musica - seppur nitido riflesso e di guadagno che caratterizza un grande contemporaneo, l'abate Vivaldi - mostra delle soluzioni affatto personali, assolutamente non riconducibili alla produzione di qualsiasi altro musicista coevo. Questo famosissimo Concerto in do (o re) minore per oboe, archi e basso continuo fu pubblicato per la prima volta nel 1716 ad Amsterdam in una raccolta di Dodici concerti a cinque di vari autori; successivamente J. S. Bach lo trascrisse per uno strumento a tastiera. Il primo tempo è un Allegro moderato dotato diun inizio polifonico e spigoloso degli archi che sarà successivamente ritornellato. L'Adagio che segue inizia in maniera ipnotica, con le varie sezioni degli archi che entrano in successione una sull'altra, preparando l'ingresso del canto struggente e notturno dell'oboe che, a mano a mano, andrà complicandosi sempre più. L'Allegro finale riconduce l'atmosfera del concerto nei binari di una fresca alternanza di colloquio tra archi e solista.

Lotti
Antonio Lotti era uno dei partecipanti alle riunioni che si svolgevano nella dimora dei due fratelli Marcello ai quali diede anche lezioni di musica. All'inizio celebre soprattutto per i suoi lavori operistici, Lotti si dedicò, dopo il suo ritorno da un soggiorno all'estero, principalmente alla musica cameristica e a quella religiosa, senza preoccuparsi molto di pubblicare le sue creazioni.
I quattro movimenti della Sonata in sol maggiore per flauto, violoncello e basso continuo sono un esempio della produzione cameristica di Lotti, caratterizzata da una notevole conoscenza dei modelli formali del tempo e da uno stile severo che spesso fa ricorso a una spiccata abilità contrappuntistica. In questo caso si noti, soprattutto, il valore stilistico espresso dall'equilibrio del decorativo intreccio delle varie parti musicali.
Massimo Rolando Zegna