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1 CD -
GMD 4/2 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Tomaso
ALBINONI (1671-1751)
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Sonata a cinque
in Mi minore, Op. 5 N. 9 |
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5' 32" |
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-
Allegro-Adagio-Allegro |
5' 32" |
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1 |
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Concerto per
Archi e Cembalo in Re
maggiore, Op. 7 N. 1
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5' 10" |
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-
Allegro-Adagio-Allegro |
5' 10" |
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2 |
Tommaso Antonio
VITALI (1663-1745) |
Ciaccona per
Violino e basso continuo in Sol
minore
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11' 36" |
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3 |
Giuseppe TARTINI (1692-1770)
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Sonata a tre
per due Violini e basso continuo
in Re maggiore, Op. 8 N. 6
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4' 28" |
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- Largo,
Andante-Andante-Presto |
4' 28" |
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4 |
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Sinfonia in Re
maggiore
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10' 30" |
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-
Allegro-Adagio-Allegro |
10' 30" |
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5 |
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Adagio
cantabile
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2' 45" |
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6 |
Baldassare GALUPPI (1706-1785) |
Concerto a
quattro per Archi e Cembalo in
Sol maggiore
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5' 38" |
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-
Andante-Allegro-Andante-Allegro
assai
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5' 38" |
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7 |
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The Ramat-Gan
Chamber Orchestra / Mendi Rodan,
Direttore - (1,2,5)
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1968
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Riccardo
Odnoposoff, Violino / Heinz
Wehrle, Organo / Leo
Rostal, Violoncello / Benjamin
Oren, Clavicembalo - (3)
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1956 |
Sestetto
d'Archi Scaligero / Virginia
Popescu, Violino / Heidrun Bauman, Clavicembalo
- (4,7) |
1985 |
Collegium
Academicum de Genève / Robert
Dunand, Direttore - (6) |
1966 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert
Hall | SMSC 2296 | (p) 1968 -
(1,2,5)
Concert Hall | CHS 2080 | (p)
1956 - (3)
Paragon | CRP 20 | (p) 1985 -
(4,7)
Concert Hall | SMS 2694 | (p)
1966 - (6)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
4/2 | 1 CD - durata 46'
30" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Albinoni
/ Tartini
(1,2,5)
Vitali
(3)
Tartini
/ Galuppi
(4,7)
Tartini
(6)
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MUSICA
STRUMENTALE ITALIANA DEL
SETTECENTO
Albinoni
Come i due
fratelli Marcello, anche
Tomaso Albinoni fece parte,
all'inizio, di quella
categoria di compositori di
estrazione sociale nobile o,
perlomeno, benestante che,
in età barocca, si dedicò
alla musica al di fuori di
ogni finalità
specificatamente
professionale. Verso i
trentacinque anni però
l'attività artistica di
Albinoni iniziò lentamente a
scostarsi da questo modello
di cultore musicale per
diletto per avvicinarsi e
quindi identificarsi
completamente con quella del
compositore a pieno titolo.
Le cause, con tutta
probabilità, sono da
ricercarsi nello stesso
carattere di Tomaso e nelle
sue, alla fine non
solidissìme, condizioni
economiche se non, e
soprattutto, nella morte del
padre avvenuta nel 1709.
Comunque la personalità
stilistica del musicista si
era allora già saldamente
edificata secondo una
visione nobile e colta della
musica che faceva
felicemente riferimento, sia
nel settore strumentale, sia
in quello operistico, a una
notevole abilità
contrappuntistica, a una
delicata ed emozionata
cantabilità, dotata di una
spiccata carica espressiva,
e a una discreta vitalità
virtuosistica.
Il ritornello che introduce
il primo movimento della Sonata
a cinque che qui
presentiamo descrive a
dovere il carattere dotto
del severo intreccio
musicale che spesso
incontriamo nelle
composizioni di Albinoni. In
questo caso anche gli
episodi solistici sono
caratterizzati da una
tessitura complessa e
impegnata. Segue un tempo
lento che si svolge in una
atmosfera quasi teatrale,
dominata dal giro armonico
degli archi, che crea una
certa attesa, una tensione
che si risolve solo alla
conclusione della sezione.
Il movimento successivo è
principalmente definito da
un lungo e instancabile
intervento del violino
solista sorretto dalle note
degli altri archi.
L'episodio è interrotto da
un gesto dissonante che
spezza l'atmosfera fin qui
esibita e che conduce a una
conclusione giocata su un
tempo più lento e su una
luce fortemente
chiaroscurata. L'ultimo
movimento è introdotto da un
coltissimo colloquio
polifonico che, via via,
assume una maggiore energia
e una più chiara
estroversione.
Il Concerto per archi
e basso continuo è già
architettato secondo la
successione agogica
tripartita che sarà tipica
del concerto settecentesco
maturo e poi di quello
ottocentesco. In pratica
incontriamo due tempi veloci
che racchiudono un movimento
lento che però, in questo
caso, è estremamente ridotto
in ampiezza e che ha più le
fattezze di una transizione
tra due episodi. Questo
'ponte' musicale si apre
drammaticamente per poi
assumere lentamente un
carattere un poco più
melodico e pacato. Al
contrario, i due movimenti
laterali sono interamente
giocati tra i riverberi di
una composta ma vivace
brillantezza di corte. Qui
l'orchestra, con una
studiatissima eleganza e con
una raffinata cantabilità
settecentesca, riproduce dei
godibilissimi effetti di eco
e di dinamica a 'terrazze'.
È da notare come nell'ultimo
movimento due ampi
ritornelli incastonino una
sezione centrale in cui si
può individuare un maggiore
sviluppo tematico.
Vitali
Tommaso
Antonio Vitali è ricordato
come gran virtuoso del
violino dal celeberrimo
teorico musicale e
compositore padre Giovanni
Battista Martini, maestro di
cappella nella chiesa di San
Francesco a Bologna: «Nei
tempi e nei teatri ha sempre
eccitato in chi lo ha udito
gli stupori». L'odierna fama
di Vitali è quasi per intero
da attribuirsi al successo
della Ciaccona per
violino e basso continuo,
un brano, peraltro, di cui,
è oramai dubbia una sua
attribuzione.
La ciaccona, a parte le sue
origini ispano-americane si
distingueva per il ritmo
ternario e, soprattutto, per
essere composta da una serie
di variazioni su un tema che
ricorre in maniera ostinata
nella parte del basso
continuo, definendo
contemporaneamente lo schema
armonico della composizione.
La Ciaccona di
Vitali si presenta come un
lungo soliloquio meditativo
che inizia in maniera
abbastanza chiara e lineare
ma che, via via, va
complicandosi sia dal punto
di vista formale sia da
quello più strettamente
espressivo. Nel corso della
composizione il violino
assume una notevole varietà
di inflessioni e di
caratteri declamativi che
vanno, con molta elasticità,
dal decorativismo più
elegante fino al patetismo
più intenso, passando
attraverso uno sviluppo
tematico che esprime i
mutamenti, le elaborazioni
emozionali e intellettive
che mai cedono sul piano
della introspettiva
concentrazione. Il crescente
virtuosismo esecutivo
espresso da questo lavoro
giustifica, almeno nelle
intenzioni, l'attribuzione
all'eccezionale arte
violinistica di Vitali.
Tartini
Ancora oggi
una disastrosa mancanza di
fonti cronologicamente
attendibili e ordinate rende
molto difficoltosa la messa
a fuoco della personalità e
del percorso compositivo e
intellettuale di Giuseppe
Tartini. Comunque, il
musicista istriano appare
ugualmente un personaggio
artisticamente autonomo
rispetto alle mode e alle
tendenze creative a lui
contemporanee. Col passare
del tempo la sua figura
appare, anzi, sempre più
decisiva per l'edificazione
delle fondamenta di quel
trapasso che conduce dalla
cultura e dalla musica
tardo-barocca della prima
metà del Settecento fino ai
primi esempi di arte
classica della seconda parte
del secolo.
In questo trapasso Tartini
operò in veste, oltre che di
compositore e di esecutore,
anche di teorico e di
filosofo. Del tutto
sorprendente è che, all'alba
di una nuova età classica,
che avrà il suo zenit
musicale nella personalità
di Franz Joseph Haydn,
Tartini si ponga le stesse
problematiche e ripercorra
le stesse tappe degli
artisti che elaborarono le
teorie dell'arte
rinascimentale. Egli difatti
affrontò la musica dal punto
di vista fisico, filosofico
e teorico, utilizzando le
conoscenze di pensiero che
identificavano nell'arte e
nelle scienze gli ideali
strumenti di indagine e di
riproduzione di quelle
eterne e misteriose leggi
che governano e muovono
l'intero universo.
All'interno di questa
ricerca importantissimi
furono i contatti,
soprattutto epistolari, che
Tartini coltivò, sul modello
degli antichi umanisti, con
gli uomini di scienza della
sua età: l'astronomo Gian
Rinaldo Carli, il matematico
Leonhard Euler e l'ambiente
degli enciclopedisti
francesi. Ugualmente
sorprendente è l'interesse
che Tartini mostrò, sulle
orme dei compositori della
cinquecentesca Camerata de'
Bardi, per una musica
essenzialmente monodica, in
quanto più efficace
strumento per una naturale
immediata e intensa
esposizione che veniva
invece irrimediabilmente
indebolita dalle complesse e
artificiose costruzioni
polifoniche. La stessa
tecnica virtuosistica dello
strumento, la stessa arte
degli abbellimenti, secondo
Tartini, dovevano essere
semplicemente un mezzo per
una più intensa espressione
musicale.
Le Sei sonate a tre op.
8 furono pubblicate a
Parigi nel 1749 e la numero
6 qui presentata riproduce
la tipica suddivisione
agogica che Tartini affidava
a questo genere musicale,
cioè un movimento lento
seguito da due veloci (il
primo maggiormente carico di
energia, il secondo un poco
più disteso e impostato su
un ritmo quasi di danza).
Decisivo al fine del lavoro
è il superbo e serrato
intreccio delle
ornamentatissime linee
melodiche dei due violini.
La Sinfonia in re
maggiore ripercorre
invece la tripartizione
tipica della struttura del
concerto, cioè quella che
vede un tempo lento tra due
veloci. In questo caso il
respiro musicale di Tartini
si fa più ampio, più
'classico' e, nello stesso
tempo, ancora più terso e
meno frastagliato. Sono da
notare i giochi di colore,
di dinamica e di richiami
tra le varie parti musicali,
mentre caratteristico è
l'inserimento di una danza
rustica nel terzo e
sconcertante movimento, un
espediente che ricorda
l'arte musicale di Haydn.
L'Adagio cantabile
rappresenta a dovere il
desiderio di Tartini di
elaborare uno stile di
espressione estremamente
intenso, quasi incandescente
e recitato, che sia nello
stesso tempo naturale e
semplice, e quindi
immediato. Questo brano
ruota interamente attorno a
una cantabilità pura e
melodica. Il periodo
principale viene esposto
quattro volte: la prima con
un carattere più sfumato, la
seconda e la terza con un
intento di sviluppo tematico
e la quarta con una decisa
affermazione di tutta la
carica lirica.
Galuppi
La fama di
Baldassarre Galuppi, allievo
prediletto di Lotti, è
soprattutto legata alla sua
vasta e fortunata produzione
operistica, inaugurata già
in giovane età. Comunque nel
corso della sua carriera
Galuppi ebbe modo di
dedicarsi abbondantemente
anche alla musica
strumentale. In questo
repertorio i sette Concerti
a quattro sono tra le
composizioni più spesso
ricordate. Questo Concerto
a quattro in sol maggiore
per archi e cembalo
è un altro esempio del
cammino della musica
strumentale italiana
settecentesca verso moduli
via via sempre più classici.
Incontriamo dapprima un
breve movimento lento e
cadenzato che sul finire va
ad aprirsi su una visione
più nostalgica. Il secondo
tempo è invece
caratterizzato da un rapido
intreccio fugato che si
amplifica acquistando una
incessante e vitalistica
vigoria. Ancora in tempo
lento è la terza sezione del
Concerto, intrisa di una
concentratissima e dolorosa
sofferenza. L'ultimo
movimento presenta due
ritornelli suddivisi da un
episodio più libero. Una
coda chiude gioiosamente il
brano.
Massimo
Rolando Zegna
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