ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 4/4 - (c) 1990

I MAESTRI DELLA MUSICA









Henry PURCELL (1659-1695)
Trumpet Voluntary in Re maggiore
2' 34"
1

Trumpet Ouverture

3' 22"
2

Ouvertures




- Abdelazer
13' 34"
3

- The Fairy Queen

11' 28"
4

- Distressed Innocence

11' 47"
5

- Amphitryon

11' 56"
6

Sonata per Tromba e Archi in Re maggiore

6' 39"
7





 
Collegium Academicum de Genève / Roger Delmotte, Tromba / Robert Dunand, Direttore - (1,2,7)
1966
Orchestra dell'Accademia Monteverdiana / Denis Stevens, Direttore - (3-6)
London - 1966
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Concert Hall | SMS 2784 | (p) 1966 - (1,2,7)
Concert Hall | SMS 2869 | (p) 1966 - (3-6)



Edizione CD
De Agostini | GMD 4/4 | 1 CD - durata 61' 20" | (c) 1990 | ADD

Note
-













Purcell (1,2,7)


Purcell (3-6)

TRUMPET VOLUNTARY IN RE MAGGIORE
TRUMPET OUVERTURE
Purcell fu senza dubbio il compositore più significativo dell'Inghilterra della seconda parte del diciassettesimo secolo e contribuì con il suo genio e la sua fecondità compositiva alla creazione di uno stile britannico di pari importanza rispetto alla tradizione musicale degli altri paesi europei. Egli si formò in un'atmosfera di corte e trascorse la sua breve esistenza tra i lussi e le occupazioni di palazzo, cosa che gli procurò critiche e accuse abbastanza pesanti di frivolezza, di pathos limitato e di mancanza di rigore nelle rappresentazioni teatrali. Noi siamo invece pienamente d'accordo con il famoso musicologo Manfred Bukofzer di cui riportiamo le parole: "questa attenzione al godimento sensuale non era altro che l'unico modo in cui si faceva musica in Inghilterra in quegli anni, dove l'ufficio principale di qualsiasi performance musicale (religiosa e non) era quello di creare 'una decorazione sonora'". Purcell divenne un acutissimo interprete dello stile del suo tempo e costruì delle meravigliose architetture sonore, dimostrando ben presto di essersi impadronito di tutte le tecniche e le tendenze compositive contemporanee, riuscendo anche a superarle. È il caso, per esempio, del brano intitolato Trumpet ouverture. Lontano dall'essere stato condizionato dalle limitazioni armoniche che la tromba naturale gli imponeva, Purcell fece di necessità virtù riuscendo a evitare ogni banalità nelle entrate in imitazione o nelle modulazioni, alla dominante e alla dominante del relativo minore. La canzone che segue, trattata a mo' di fuga libera, è singolarmente vivace e lo sviluppo si snoda con tale naturalezza e magnificenza da ricordare i Concerti grossi di Haendel. È costume considerare l'arte di Purcell come essenzialmente vocale; in effetti quello che vi è di magistrale nella sua musica vocale, nel trattamento della voce e nell'attenzione al testo, lo ritroviamo ugualmente nella musica strumentale, dove emerge in maniera assai convincente il fatto che egli ricevette una formazione contrappuntistica: e l'arte del contrappunto fu, prima di tutto, essenzialmente strumentale.

OUVERTURES DA: THE FAIRY QUEEN, ABDELAZER,
DISTRESSED INNOCENCE, AMPHITRYON -
SONATA PER TROMBA E ARCHI IN RE MAGGIORE
Ad un genere particolare di opera, molto in voga negli ambienti aristocratici del diciassettesimo secolo, appartiene The Fairy Queen. Si trattava di un intrattenimento teatrale in cui confluivano diversi generi: recitazione, ballo, canto e brani orchestrali. In particolare quest'opera è un adattamento della commedia di Shakespeare, il Sogno di una notte di mezza estate, anche se la passione per la messa in scena indusse gli adattatori a introdurvi un gran numero di personaggi estranei al testo originale (dei e dee, spiriti, ninfe, danzatrici cinesi, le quattro stagioni, pastori, scimmie) così che lo spettacolo divenne una sorta di rivista in cui le scene di Shakespeare non erano altro che degli episodi incastrati in un insieme più ampio o più spettacolare. L'opera così trasformata ottenne un tale successo nel 1692 che fu ripresa anche l'anno successivo pur con qualche variante e con l'introduzione di qualche nuova aria. Poi la partitura cadde nell'oblio per più di duecento anni e venne ritrovata presso la Biblioteca della Royal Academy of Music solo nel 1903, giusto in tempo per poter essere pubblicata a cura della Purcell Society. Anche se non totalmente autografa, la partitura, senza dubbio alcuno, è quella che venne utilizzata per la prima rappresentazione. The Fairy Queen è la più lunga opera teatrale di Purcell; consiste principalmente in una successione di arie cantate e di danze, e anche se non è contraddistinta da una forte unità, raggiunge un elevato livello di perfezione. Alcuni episodi sono tradizionali e un po' piatti, come dice il musicologo Jack A. Westrup nel suo libro (per esempio le fanfare dell'ouverture), ma la maggior parte dell'opcra è di notevole freschezza d'ispirazione.
Tra la grande quantità di musica di scena, che dobbiamo alla generosa fecondità del genio di Purcell e che egli scrisse durante i suoi ultimi cinque anni di vita, si trovano molti pezzi brevi che meritano di essere messi accanto alle pagine più belle delle sue opere. Uno di questi è il rondò di Abdelazer, pagina animata da un forte pathos, strettamente connesso con la tragicità del soggetto rappresentato. La solennità drammatica di questo pezzo introduce in modo assai convincente il clima intenso dell'opera che affascinò intensamente anche un altro compositore inglese, Benjamin Britten, ben tre secoli più tardi. Britten infatti riutilizzò il tema di questo rondò per la sua composizione Guida del giovane all'orchestra. Le note di Purcell risuonano proprio in apertura, citate alla lettera, ma per diventare poi oggetto di ben tredici variazioni che i diversi strumenti dell'orchestra possono svolgere ciascuno nel modo che gli risulta essere più congeniale. Alla fine della composizione il tema ricompare nella sua sfolgorante veste originale, in un contrappunto entusiasmante con un nuovo tema, creato da Britten, che con il suo carattere brillante e ammiccante, ne esalta la possanza espressiva.
Sia per l'opera Amphitryon sia Dístressed Innocence sono da ascriversi al periodo più fecondo di Purcell relativamente all'attività teatrale, quello iniziato nel 1690, quando il compositore scrisse ben cinque opere drammatiche fra cui, appunto, Amphitryon, su di un testo di John Dryden. Questo drammaturgo e poeta contribuì non poco a introdurre Purcell nell'alta società londinese e a procurargli quelle occasioni mondane che avrebbero fatto di lui un beniamino dei teatri e delle corti europee. Era stato illuminante per il drammaturgo, aver assistito, non più di cinque anni prima dell'incontro con Purcell, alla rappresentazione del suo Albion and Albanius musicato dal compositore francese Louis Grabu, che gli aveva fatto esprimere pubblicamente queste lodi: «Il compositore ha espresso così precisamente i suoi sentimenti, che egli sembra aver penetrato realmente l'animo del dramma da essere diventato, oltre che il musicista, anche il poeta» e poco più avanti aggiunse: «quando uno dei nostri compatrioti sorpasserà il suo talento, io sarà orgoglioso, per amore della vecchia Inghilterra, di riconoscerlo
». Successivamente Dryden si trovò in condizioni di poter mantenere la sua promessa: egli incontrò un compositore inglese, Purcell, con cui riusciva bene ad intendersi, e dopo avergli manifestato la sua approvazione, gli chiese quindi di scrivere la musica per l'Amphitryon. Con molta probabilità le opinioni di Dryden non potevano influenzare più di tanto l'attività di Purcell, in quanto il punto di vista del commediografo era pur sempre quello di un poeta e non quello di un musicista, ma sono incontestabili gli effetti 'sociali' che la collaborazione con Dryden produsse. Lo scrittore, difatti, 'lanciò' il compositore nel gran mondo ed ebbe una parte considerevole nello stimolare nei cinque anni che seguirono la fervida fantasia creativa di Purcell e la sua personalità sempre così attiva ed ispirata.
È ancora lo stesso Dryden che ci racconta come, alla prima dell'Amphitryon, il folto gruppo di belle dame presenti applaudisse con cuore sincero la musica di Purcell, in particolar modo l'affascinante e molto toccante dialogo pastorale del quarto atto tra Thyrsis e Isis. In una lettera che venne poi utilizzata come prefazione all'opera, ecco quanto disse il drammaturgo a proposito della musica composta sopra il suo testo:
«La musica di Monsieur Purcell ha abbondantemente sopperito a quello che mancava al mio testo; noi abbiamo infine trovato in lui un Inglese uguale ai migliori stranieri. Questa è la mia opinione dopo la realizzazione così seria, impegnata e complessa della sua ultima opera, il Diocleziano, e dopo l'esperienza che io stesso ho fatto del suo talento, con la musica delle mie tre canzoni di Amphitryon». (trad. di M.L. Merlo).
Distressed Innocence (o La Principessa di Persia) si basa invece su una tragedia di Elkanah Sekle ma appartiene anch'essa a questo quinquennio di grande fortuna creativa del nostro autore. Apprezzata, come ormai tutte le composizioni di Purcell, rappresenta un esempio assai interessante di come il musicista riusciva a creare il clima musicale più adatto a far penetrare nel pubblico il significato della vicenda. La capacità evocativa della sua musica la possiamo ulteriormente sottolineare ricordando le toccanti e intense variazioni sul tema della 'follia' che Purcell usa nella ouverture della nostra raccolta. Questo tema musicale venne molto usato nel periodo barocco come base per canzoni, balli o variazioni; venne battezzato 'follia' per la prima volta in Portogallo alla fine del quindicesimo secolo; in seguito divenne molto popolare in Spagna e da lì in Italia dove raggiunse grande diffusione durante la prima metà del Seicento. In un testo del 1611 Covarrubias Horozco spiegò il perché di questo nome (follia) che, secondo lui, era veramente appropriato. La danza, che veniva eseguita con l'accompagnamento della chitarra e di una sorta di tamburello basco, chiamato 'sonajas', era velocissima e quasi ipnotica, tanto che i poveri danzatori, al termine dell'esecuzione, risultavano così frastornati da sembrare usciti di senno. Le variazioni che questo motivo subì nei periodi successivi, soprattutto a carico della velocità, che si ridusse notevolmente, non influirono però sul nome, che rimase inalterato.
Infine quanto si è già detto per la Trumpet ouverture si può dire per la Sonata per tromba e archi in re maggiore dove il timbro chiaro della tromba brilla, senza però mai sovrastare, sugli archi e crea una suggestione garbata, ricca di uno charme composto e pacato.
Maria Luisa Merlo