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1 CD -
GMD 4/7 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Muzio
CLEMENTI (1752-1832)
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Concerto per
Pianoforte e Orchestra in Do
maggiore |
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22' 57" |
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- Allegro
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9' 43" |
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1 |
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- Adagio |
6' 47" |
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2 |
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- Presto |
6' 27" |
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3 |
Giovanni
Battista VIOTTI (1765-1824)
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Concerto per
Pianoforte e Orchestra in Sol
minore
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38' 36" |
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- Allegro maestoso
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18' 12" |
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4 |
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- Adagio |
8' 22" |
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5 |
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- Rondò |
12' 02" |
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6 |
Domenico CIMAROSA (1749-1801)
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Concerto per 2
Flauti e Orchestra |
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16' 42" |
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7 |
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Prague New
Chamber Orchestra / Felicia
Blumental, Pianoforte / Alberto
Zedda, Direttore - (1-3)
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1970 |
Orchestra
Sinfonica di Torino / Felicia Blumental,
Pianoforte / Alberto Zedda, Direttore
- (4-6) |
1970 |
Concert Hall
Chamber Orchestra / Brigitte
Buxdorf, Martin-Ulrich Senn, Flauti
/ Alain Milhaud, Direttore - (7) |
1969 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert Hall
| SMS 2673 | (p) 1970 -
(1-3)
Concert Hall | SMS 2674 |
(p) 1970 - (4-6)
Musicall Masterpiece Society
| M 958 | (p) 1969 - (7)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
4/7 | 1 CD - durata 78'
15" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Clementi
(1-3)
Viotti
(4-6)
Cimarosa
(7)
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MUZIO
CLEMENTI
CONCERTO
PER PIANOFORTE E
ORCHESTRA IN DO MAGGIORE
Questo
concerto vide la luce nel
1796 quando ormai Clementi,
che risiedeva a Londra, era
un musicista affermato sia
come compositore, ma
soprattutto come pianista e,
in un secondo tempo, anche
come direttore d'orchestra.
I concerti a cui prese parte
come pianista furono
numerosi al Covent Garden
sia in quelli denominati
Hanover Square Grand
Professional Concerts sia
negli spettacoli organizzati
dai famosi impresari La Mara
e Salomon. In quelle
occasioni Clementi eseguiva
esclusivamente opere di sua
composizione e questa
attività gli fruttò ingenti
guadagni.
Non meno proficua era
l'attività che egli svolgeva
come insegnante, in quanto
Clementi era il didatta
preferito dalle famiglie
londinesi più in vista che
facevano la fila pur di
accaparrarselo, e che,
quindi, erano disposte a
spendere anche cifre
considerevoli. Quando però
nel 1794 giunse nella
capitale inglese Franz
Joseph Haydn, Clementi venne
a trovarsi in una situazione
abbastanza insolita per lui.
Durante quella stagione
concertistica difatti, fu
subito evidente di quanto il
pubblico londinese andasse
preferendo la musica del
compositore austriaco
rispetto alla sua, e per
Clementi, come per altri
musicisti, iniziò una
battaglia già persa in
partenza. Ciò nonostante
egli non si lasciò abbattere
e, ricco di iniziative qual
era, decise di intraprendere
un'altra attività, sempre
nel campo della musica, ma
questa volta come
imprenditore.
lnvestì una discreta fortuna
nell'editoria musicale e
nella costruzione di
strumenti, e le sue società
crebbero ben presto,
avvantaggiandosi anche a
spese delle disgrazie altrui
(come avvenne per esempio
con la bancarotta della
Longruon and Broderip nel
1798) tanto che continuarono
a funzionare anche dopo il
ritiro di Clementi del 1830.
L'attivítà compositiva però
non venne mai del tutto
abbandonata, come dimostra
il concerto presentato nella
nostra rassegna. È una
composizione di ampie
dimensioni che si snoda
secondo la consueta
tripartizione, e consente
sia all'orchestra sia al
pianoforte di esprimere una
notevole quantità di
situazioni emotive. Il primo
movimento, Allegro, è il più
ponderoso dei tre e si apre,
come era uso in quegli anni,
con un esteso e vigoroso
intervento dell'orchestra,
che espone il primo tema.
Quando è la volta del
solista, il clima rimane
inalterato: l'energia è
evidentemente espressa dal
passaggio in ottave
ascendenti, che dà lo
slancio alla seconda parte
dell'idea musicale, meno
virile e volutamente più
reclinata per ottenere un
effetto dialettico molto
stimolante per
l'ascoltatore. La strada che
Clementi percorre durante
questo Allegro è quella
della più quieta
'classicità',
nell'osservanza più
ortodossa delle regole
formali. Anche le tematiche
esposte non vogliono mai,
neppure casualmente,
scalfire la sensibilità
dell'uditorio, che sembra -
al contrario - essere
invitato ad abbandonarsi a
una narrazione pacata e
senza turbamenti. Lo
sviluppo ricama un tessuto
fitto di suoni, soprattutto
desumendo il materiale dal
primo dei due temi, ma la
trama ottenuta è anche qui,
ben 'udibile', ricca, ma
chiara e semplice. Una breve
cadenza del pianoforte
precede la tranquilla
conclusione. Il secondo
movimento, Adagio, è
una poetica pagina
dipinta a tinte pastello. Il
clima è garbatamente
sentimentale, ma senza
alcuna concessione a intense
passioni o, tanto meno, a
drammi interiori. La calma
olimpica domina
incontrastata tutto il
concerto e gli eccessi sono
banditi senza remora alcuna.
Lo stesso possiamo affermare
per il Presto; anche in
questo caso Clementi sceglie
di rassicurare il proprio
uditorio con qualcosa di già
conosciuto, e ripercorre
quelle tappe della creazione
musicale che già erano state
convalidate dalla
tradizione. Semprecon buon
gusto, con attenzione a
tener desto l'interesse a
quello che seguirà,
inventando temi gradevoli e
anche animati da una loro
verve, ma senza mai
arrischiare una qualsiasi
strada nuova. L'orchestra
introduce e il solista
segue; non vi è
contrapposizione tra solo e
tutti, ma soltanto
alternanza; gli archi sono
praticamente gli
interlocutori primari del
pianoforte,quando non lo
accompagnano
ossequiosamente. Si può
affermare che questa è una
composizione di eccellente
fattura, ma di maniera, e
che in altre occasioni,
basti citarne solo una, la Sonata
op. 50 N. 3 , la
famosa Didone
abbandonata, Clementi
toccò vette di ben altra
genialità artistica.
GIOVANNI
BATTISTA VIOTTI
CONCERTO
PER PIANOFORTE E
ORCHESTRA IN SOL MINORE
Questa
composizione venne scritta
da Viotti nel 1791 come
concerto per pianoforte,
violino e orchestra, e solo
in un secondo tempo,
probabilmente nel 1797,
venne trascrítta per
pianoforte da Steibelt. È
un'opera assai piacevole, in
perfetto stile galante, con
qualche timido approccio al
nuovo stile romantico. E
quello che si capta sin
dalle prime note
dell'Allegro, dove una certa
intensa drammaticità coglie
l'ascoltatore e può
ricordare, in qualche modo,
la veemenza beethoveniana.
Il primo movimento è
baldanzoso ed eroico; come
un condottiero senza macchia
e senza paura che cavalca
impavido, questo Allegro si
snoda con grande ampiezza di
temi e con una magniloquenza
affascinante. Allo stesso
modo possiamo affermare che
il secondo movimento,
esplora ben altri luoghi
della mente, ma
l'atteggiamento resta
immutato: è comunque una
narrazione energica e
vibrante, che nasce da un
cuore puro e coraggioso. Il
Rondò finale conferma quanto
esposto in precedenza,
relativamente agli altri due
movimenti del concerto.
Pianoforte e orchestra
dialogano in sintonia
perfetta, senza mai
prevaricare l'uno
sull'altra, e l'atmosfera,
che si viene via via
creando, è quella generata
da una severa interiorità,
tesa verso un che di
sublime. La tessitura è
assai ricca e anche i
momenti brillanti vengono
comunque temperati da un
certo lirismo sempre
presente. Va ricordato che
Viotti era un personaggio
dotato di una notevole
personalità, molto attraente
e capace di coinvolgere
chiunque venisse a contatto
con lui. Attorno a sé egli
riuscì a riunire un gruppo
di persone di notevole
talento appartenenti anche a
posizioni sociali molto in
vista; i suoi stessi giovani
allievi erano totalmente
soggiogati dalla sua
personalità e alcuni di loro
lo idolatravano. Esistono
numerosi aneddoti che
attestano quanto egli fosse
sensibile, idealista e
tendesse a una integrità
artistica assoluta.
Purtroppo queste sue
indiscusse qualità non lo
tennero al riparo dagli
scandali che lo coinvolsero.
In un periodo di instabilità
sociale, quale fu quello in
cui egli visse, la sua
ambizione di perseguire una
carriera di compositore e di
virtuoso senza compromessi,
rimanendo fedele ai propri
ideali di integrità, era
impossibile da realizzarsi e
quando egli fu costretto ad
abbandonare i luoghi dove il
suo grande talento si era
espresso, per una
ingiustificata accusa di
giacobinismo, non riuscì più
a risollevare le sorti della
sua professione e,
nonostante le sue opere
continuassero a venir
stampate ed eseguite, egli
trascorse gli ultimi anni
della sua vita in infelice
solitudine.
DOMENICO
CIMAROSA
CONCERTO
PER DUE FLAUTI E
ORCHESTRA
La reputazione
di Cimarosa fu senza
precedenti nel XIX secolo
per quanto riguarda la fama
che un compositore di opere
poteva aver avuto sino ad
allora. Egli era
conosciutissimo e molto
apprezzato tra il 1783 e il
1790, Haydn diresse
l'esecuzione di ben dodici
opere del compositore
napoletano, presso la corte
degli Eszterhazi e Mozart
compose l'aria Alma
grande e nobil core
per la rappresentazione de I
due baroni a Vienna
nel 1791. Goethe rimase
estasiato quando udì a Roma
L'impresario in angustie
e l'opera venne allestita a
Weimar, con la sua
traduzione. Stendhal, poi,
lo definì 'supremo' per la
sua verve comica, ma anche
per la sua passionalità, e
la sua incomparabile
gaiezza.
Per quanto riguarda la sua
opera strumentale, possiamo
affermare che, soprattutto
nei concerti, lo stile di
Cimarosa è molto simile a
quello di Mozart. Con Mozart
infatti il concerto assunse
una forma stabile, uguale a
quella della sonata
classica, ove la dialettica
del bitematismo viene, in
qualche modo, mitigata
dall'uso del ritornello.
Infatti i temi vengono
sempre presentati
dall'orchestra o dal solista
e ripetuti una seconda
volta, facendo sì che venga
suggellato il perfetto
accordo tra l'orchestra e il
solista, uniti dalla
medesima melodia eseguita
ora dall'una ora dall'altro.
Con Beethoven invece gli
orizzonti di questo genere
di composizione si
ampliarono molto: venne
introdotto un contrasto
dialettico molto più vivace
e il solista fu in certo
senso liberato da quella
posizione subalterna nei
confronti dell'orchestra in
cui si era trovato sino ad
allora, e gli furono
affidate parti di maggior
spicco, completamente
autonome, pur senza alterare
l'equilibrio delle due
componenti. Il solista poté
così cominciare a esprimersi
al massimo delle proprie
capacità, con notevoli
concessioni al virtuosismo,
che accrebbero l'interesse
nei confronti di un genere
di composizione sempre più
vario e più ricco di novità.
Con questa composizione di
Cimarosa, ci troviamo di
fronte invece a un'opera di
squisita fattura, elegante e
raffinata, che deve la
maggior parte del suo
fascino alle melodie, così
dolci e appassionate, quasi
fossero, anche in questo
caso, affidate alla voce
umana.
Maria
Luisa Merlo
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