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1 CD -
GMD 4/15 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Max BRUCH (1838-1920)
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Concerto
per Violino e Orchestra in Sol minore,
Op. 26 |
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26' 28" |
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- Preludio
(Allegro moderato) · Adagio
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18' 40" |
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1 |
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- Finale
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7' 48" |
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2 |
Camille SAINT-SAËNS (1835-1921)
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Concerto
per Violoncello e Orchestra in La
minore, Op. 33
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19' 14"
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- I parte
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10' 10" |
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3 |
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- II parte
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9' 04" |
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4 |
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Danza
macabra, Op. 40 |
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7' 16" |
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5
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Introduzione
e Rondò capriccioso
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9' 05" |
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6 |
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"Havanaise"
per Violino e Orchestra
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9' 04" |
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7 |
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Vienna
Festival Orchestra / Tibor
Varga, Violino / Jean-Marie
Auberson, Direttore - (1-2)
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1965 |
Orchestre
National de l'Opéra de Monte-Carlo
/ Pierre Fournier, Violoncello / Josef Conta, Direttore -
(3-4) |
November
1977 |
Orchestre
National de l'Opéra de Monte-Carlo
/ Paul Paray, Direttore
- (5) |
1980 |
Radio Geneva
Symphony Orchestra / Ricardo
Odnoposoff, Violino / Gianfranco Rivoli, Direttore
- (6-7) |
1963 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert Hall
| SMS 2587 | (p) 1965 -
(1-2)
Turnabout | TV 34731 | (p)
1978 - (3-4)
Turnabout | TV 34756 | (p)
1980 - (5)
Concert Hall | SMS 2250 |
(p) 1963 - (6-7)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
4/15 | 1 CD - durata 71'
47" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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-
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Bruch
(1-2)
Saint-Saëns
(3-4)
Saint-Saëns
(5)
Saint-Saëns
(6-7)
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BRUCH
- CONCERTO PER
VIOLINO E ORCHESTRA
Bruch
intraprese la carriera di
compositore molto presto ma
le sue doti non gli
fruttarono gli esiti sperati
perché il suo stile
sentimentale e le affinità
con le correnti
folckloristiche dei diversi
paesi europei erano in
contrasto con le tendenze,
che si stavano
progressivamente
manifestando, della “nuova
scuola tedesca”. L'unica
opera di questo autore,
amato più all'estero che
nella sua terra, e tuttora
presente negli attuali
repertori concertistici è
quindi solo questo Concerto
per violino.
Si tratta di una
composizione- molto
interessante, soprattutto
nel movimento centrale, un
Adagio, dove il carattere
affettuoso e appassionato di
Bruch può effondersi con
grande libertà concedendo
ampio spazio alle melodie
ampie, contrassegnate da una
linea melodica orecchiabile
e toccante. Questa zona
estesa e intensa, dove la
dinamica ha una notevole
importanza nel creare
situazioni di grande
tensione espressiva, ben
contrasta con il primo
tempo, Allegro moderato,
cupo e tormentato, che si
apre con un sinistro rullo
di timpani. Il Finale
possiede il piglio di certe
fantasie ungheresi: il
violino che sembra quello
delle feste tzigane esegue
vere e proprie acrobazie,
alle prese con un ritmo
aggressivo e smagliante e
con passaggi rapidi e
infiorettati. L'orchestra
partecipa a gran voce e
sottolinea i momenti di
maggior pathos, come quando
introduce il secondo tema,
molto intenso, ricco di
slancio e trepido come
l'abbraccio di due amanti.
L'alternanza di questi due
pensieri, l'uno baldanzoso e
virile, l'altro più dolce e
intimo, costituisce la
sostanza di questa
gradevolissima pagina che si
conclude festosamente con un
presto di undici battute. Va
infine ricordato che il
concerto, fin dall'anno
della sua stesura
definitiva, il 1866, divenne
un cavallo di battaglia dei
più grandi violinisti, a
partire da Joseph Joachim, a
cui era dedicato. La sua
scrittura valorizza difatti
la funzione del solista che
può sviluppare le proprie
doti di melodicità e di
elegante virtuosismo,
soprattutto nell'ultimo
movimento, dove vengono
richieste notevoli risorse
per ottenere tutte le
qualità del suono che il
violino è in grado di
produrre e l'esecutore deve
utilizzare le tecniche
dell'arco con magistrale
agilità.
SAINT-SAËNS
- CONCERTO PER
VIOLONCELLO E ORCHESTRA
N. l
Scritto nel
1873, questo Concerto
per violoncello e
orchestra n. 1 in la
min. op. 33 venne eseguito
per la prima volta nello
stesso anno al Conservatorio
di Parigi avendo come
solista Auguste Tolbecoque
al quale è dedicato. Sin
dalle primissime battute del
primo movimento, Allegro non
troppo, il solista enuncia
il tema principale
caratterizzato dalle rapide
terzine e dalla chiusura
sull'intervallo di semitono
prima ascendente (mi-fa) poi
discendente (fa-mi) ripetuta
due volte, anelante e
peroratrice. Questo clima
tormentato viene temperato
dal secondo soggetto, quieto
e languido, e
dall'interazione tra i due
temi scaturisce
un'esposizione totalmente in
linea con i canoni classici
del movimento in
forma-sonata. Nel breve
sviluppo compare un nuovo
tema, suggestivo e fugace,
cui fa seguito una
riproposta della prima parte
dell'Allegro che però non
potremmo definire una vera e
propria ripresa ma più
esattamente un interludio
che lascia spazio a una
nuova azione. Il carattere
di questo episodio è affine
al minuetto, aperto
dall'orchestra e concluso
dall'apparizione del primo
tema questa volta, però,
affidato all'oboe. Si apre a
questo punto la sezione
lenta, la più affettuosa del
concerto. Il violoncello
canta una melodia struggente
per animarsi subito dopo.
Non esiste un vero e proprio
Finale; il clima si agita
progressivamente e da una
concitazione sempre più
intensa scaturisceuna coda
brillante basata sui due
temi principali oltre che su
quell'idea brevemente citata
nello sviluppo iniziale.
SAINT
SAËNS - "DANZA MACABRA"
OP. 40
Questo
poema sinfonico risale
al 1874, quando il
famoso compositore
francese aveva trentanove
anni. Il tema, già
utilizzato da Liszt, è
quello della visione
orribile e fantastica della
morte che, al suono del suo
demoniaco strumento, il
violino, fa ballare gli
spettri e gli spiriti
dell'aldilà. Il terribile
scenario si sviluppa di
notte, in un clima gotico e
tremendo. Si anima a poco a
poco, sino a raggiungere
sonorità poderose e
altisonanti, per poi
scomparire come d'incanto,
ai primi bagliori dell'alba.
L'ispirazione per questo
poema sinfonico venne a
Saint-Saëns da una omonima
poesia di Henri Cazalis:
Zig e zag e
zag,
la Morte in
cadenza
battendo col
tallone una tomba,
e la notte è
fonda;
dai tigli escono
lamenti;
vagano nell'ombra
scheletri bianchi
correndo a balzi
sotto gli ampi
sudari |
Zig e zig e
zag,
tutto s'agita,
senti risuonar le
ossa
dei bianchi
ballerini.
Ma pst!
Improvvisamente
la genia si
disperde.
Spingi, fuggi:
il gallo ha
cantato.
|
Ed ecco come Saint-Saëns
ripercorre la narrazione del
poeta. Dapprima l'arpa fa
udire dodici rintocchi: è
mezzanotte, e in questa
atmosfera di magia e di
paura, si ode il violino; è
un motivo smozzicato, come
se qualcuno stesse
accordando il suo strumento.
E lei, la morte, che
risveglia l'orrenda genia
degli spiriti dannati. Il
flauto esegue un motivo
animato che viene ripreso
subito dopo dai violini e a
esso risponde il violino
solo con un nuovo tema; è
una melodia suadente ma che
racchiude in sé qualcosa di
drammatico. Il ritmo di
valzer le conferisce una
ampia agilità, mentre la
melodia insinuante, così
simile a certi temi tzigani,
le dà un che di demoniaco e
di splendido al tempo
stesso. La morte è la regina
della scena, e ciò che resta
delle sembianze umane, gli
scheletri, sono ridotti a
dei buffi ballerini
scricchiolanti, il cui
rumore è riprodotto dallo
xilofono. Di fronte al
fascinomaestoso della morte,
gli esseri umani altro non
sono, dunque, che grotteschi
burattini. Il tema del
violino solista si
impadronisce della scena e
viene ripreso dall'orchestra
intera a mo' di fugato. Il
musicista indugia sulla
prima parte del tema, un
passaggio cromatico
discendente, che fa pensare
a uno struggente giro di
valzer. La concitazione però
cresce via via e, annunciata
dagli squilli degli ottoni e
da colpi di timpani,
assistiamo a una ridda
sfrenata. I due temi si
sovrappongono, quello del
solista non viene più
eseguito dai violini ma
dagli ottoni e così sovrasta
imperiosamente l'altra
melodia, più danzante e
scherzosa, che è affidata al
resto dell'orchestra,
punteggiata dalle
apparizioni quasi comiche
degli xilofoni. D'un tratto
l'oboe prende la parola: il
suo canto gentile, ma
deciso, interrompe la
baraonda. Il suo richiamo
agreste annuncia l'arrivo
del nuovo giorno, e con esso
decreta la fine del potere
degli spiriti della notte.
La scena si sta per
concludere, ma il violino
solista ancora indugia. Ogni
nota è intrisa di rimpianto,
forse per la luce del sole,
per la vita che è stata
perduta per sempre. Il canto
assume i toni di
un'implorazione; su di un
trillo prolungato sembra che
ancora la danza possa
ricominciare, ma i due
accordi finali, sottovoce,
suggellano inesorabilmente
la fine di tutto.
SAITN-SAËNS
- INTRODUZIONE E RONDÒ
CAPRICCIOSO
La prima delle
due composizioni qui
presentate risale al 1870,
momento molto importante per
Saint-Saëns, in quanto
proprio in quegli anni egli
cominciò a veder
riconosciuto il suo genio.
Anche questa composizione
sinfonica mostra come
Saint-Saëns fosse animato da
uno spirito innovativo,
sempre curioso e rivolto
verso il futuro, e come egli
tenesse a rafforzare il
gusto per l'idioma
strumentale in una Francia
soprattutto dedita all'opera
lirica e al balletto. Ed è
proprio nella sua musica
strumentale che noi possiamo
trovare pagine di
appassionato vigore
espressivo, dove la sua
sensibilità così
squisitamente francese si
fonde talvolta con sonorità
esotiche, conosciute nei
numerosi viaggi in Africa e
in Oriente.
SAINT-SAËNS
- "HAVANAISE" PER
VIOLINO E ORCHESTRA
Il folklore
spagnolo fu una delle
principali fonti ispiratrici
della musica di Saint-Saëns,
come degli altri compositori
francesi vissuti fra l'Otto
e il Novecento. Ma
dell'anima spagnola i
musicisti francesi amavano
soprattutto l'estrosa e
irruente varietà degli stati
d'animo. Questa Havanaise,
che l'autore scrisse nel
1887, fra il celebre
Carnevale degli animali e le
più accademiche opere della
maturità, inizia in un modo
che richiama da vicino
l'omologa Habanera
di Chabrier: un ritmo
cullante seguito da una
melodia carezzevole,
affidata al violino. Il
violino, che suona
prevalentemente nella
regione acuta, fa tanto la
parte del leone, riducendo
l'orchestra alla funzione di
accompagnamento, quanto di
sutura, nei momenti di
passaggio tra una sezione e
l'altra. Il tenero motivo
iniziale ritorna alla fine,
dopo la brillante sezione
centrale, dominata dal
festoso tema della tipica
danza spagnola.
Maria
Luisa Merlo
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