ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 4/17 - (c) 1990

I MAESTRI DELLA MUSICA









Emmanuel CHABRIER (1841-1894)
España
6' 40"
1

Bourrée Fantasque
5' 46"
2
Isaac ALBÉNIZ (1860-1909) Iberia

30' 32"


- Evocation 4' 32"

3

- Fête Dieu à Seville
8' 08"

4

- Triana 4' 45"

5

- El Puerto
5' 12"

6

- El Albaicin
7' 55"

7

Concerto Fantastico in La minore, Op. 78
25' 58"


- Allegro non troppo
11' 18"

8

- Rêverie e scherzo
7' 28"

9

- Allegro 7' 12"

10





 
Monte Carlo National Orchestra / Paul Paray, Direttore - (1)
1969
Orchestre des Concerts de Paris / Pierre-Michel Le Conte, Direttore - (2) 1959
The French National Radio Orchestra / Charles Münch, Direttore - (3-7) 1968
Orchestra Sinfonica di Torino / Felicia Blumental, Pianoforte / Alberto Zedda, Direttore - (8-10) 1970
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Edito-Service S.A. Genève | ES 4056 | (p) 1987 - (1)
Musical Masterpiece Society | M-951 | 7" | (p) 1959 - (2)
C
oncert Hall | SMS 2494 | (p) 1968 - (3-7)
Turnabout | TV-S 34372 | (p) 1970 - (8-10)



Edizione CD
De Agostini | GMD 4/17 | 1 CD - durata 69' 40" | (c) 1990 | ADD

Note
-













Chabrier (1)


Chabrier (2)
 

Albeniz (3-7)


Albeniz (8-10)

CHABRIER - "ESPAÑA"
La rapsodia per orchestra España è la composizione in assoluto più famosa di questo musicista francese che, amato e apprezzato più dai suoi amici compositori che dal grande pubblico, proprio con España raggiunse l'apice della fama. Composta nel 1883, la rapsodia nacque nella mente di Chabrier subito dopo una sua visita in Spagna, dove il suo gusto per i ritmi e le melodie popolari (che forse gli veniva dalle sue origini: era dell'Arvegne) venne immediatamente stimolato dalle danze e dalle canzoni andaluse. Appena tornato in patria il compositore si era subito messo al lavoro per recuperare dalla memoria i colori, i suoni, i profumi, la luce e tutto quello che lo aveva inebriato nel recente viaggio. Nella rapsodia, inoltre, egli profuse tutta la sua abilità nel trattare i colori orchestrali. La prima esecuzione della composizione ebbe luogo a Parigi presso la Société des Noveau Concertes, il 4 novembre 1883.
La dicitura che si trova all'inizio della partitura indica immediatamente a quale spettacolo pirotecnico l'ascoltatore deve prepararsi: Allegro con fuoco. Senza alcuna esitazione si viene infatti immediatamente catapultati in una feria colorata, festosa, sanguigna. Il ritmo, serrattissimo, giocato su uno slittamento continuo dell'accento, caratterizza con precisione la prima idea tematica. A essa ne seguono altre, sempre smaglianti, che si sovrappongono, dialogano tra loro, scompaiono improvvisamente portate via da una folata di vento per poi ritornare, magari come sottofondo a un'altra canzone, come accade nella realtà quando, immersi in una baraonda festosa, sognamo or una or un'altra delle melodie che giungono alle nostre orecchie. La concitazione raggiunge quasi il parossismo nel finale: l'orchestra, violenta, declama a gran voce brandelli delle canzoni già udite nelcorso del brano e conclude con perentoria decisione con tre accordi all'acuto, interrompendo, se vogliamo, la grande festa piena di colori che non vorremmo finisse mai. Non vi è malinconia, o rimpianto come una conclusione in diminuendo avrebbe potuto suggerire. Questa chiusura secca, all'apice del divertimento, è grandiosa e brillante come un 'olé'.
Sicuramente la collocazione di questo estroso musicista autodidatta deveessere considerata di primo piano nel panorama musicale europeo anche perché da lui trassero ispirazione altri grandi compositori come, per esempio, Maurice Ravel.

CHABRIER  - "BOURRÉE FANTASQUE"
Questa composizione risale agli ultimi anni dell'autore, precisamente al 1891, quando il musicista stava attraversando un periodo decisamente difficile della sua esistenza. Quando, cioè, ormai fiaccato dalla malattia e profondamente in ansia perché non riusciva a intravedere un futuro qualsiasi per sé, era anche afflitto dalle precarie condizioni economiche, dovute agli insuccessi di alcuni allestimenti delle sue opere. Nonostante ciò egli non rinunciò totalmente a comporre e dalla sua fervida fantasia prese forma la Bourrée Fantasque, una deliziosa opera per pianoforte, di cui però noi udiamo la versione orchestrale. È una composizione libera nell'ispirazione, che crea continuamente suggestioni di danza, e che nei ritmi e nelle melodie sembra rifarsi alle tradizioni musicali della sua provincia di nascita. Il movimento è unico, «Assai animato e con molto slancio», come è annotato, e in esso si fondono episodi molto diversi tra loro: si passa con eleganza e disinvoltura da situazioni drammatiche a scene giocose, con fluidità e grande maestria e con l'utilizzo di espedienti efficaci e carichi di charme. Alcuni critici hanno definito questa scorrevolezza melodica abbastanza esteriore, cosa che non reputiamo del tutto veritiera, in quanto pensiamo che questa musica non possa essere giudicata sulla base di un metro che non le si confà, cercando, per esempio, gravosi impegni di rielaborazione tematica; la sua bellezza è racchiusa proprio in questa leggiadria, nelle sue frasi melodiche calde, ampie e libere che possiedono magari il respiro di una poesia di pochi versi, che inneggia alla vita e a una felicità sensuale e prepotente.

ALBÉNIZ - "IBERIA"
Giustamente considerata il capolavoro di Albéniz, quest'opera è tale perche' in essa troviamo quella Spagna così amata e così altrettanto rimpianta a Parigi, durante gli anni di lontananza dell'autore. Pubblicata in quattro libri dal 1906 al 1909, Iberia consta di “dodici impressioni” per pianoforte (la versione che viene presentata nella nostra collana è però quella orchestrale realizzata dopo la morte del compositore). I dodici brani costituiscono, come dice Gilbert Chase in un suo saggio, una sintesi immaginaría della Spagna, che viene vista attraverso i ricordi nostalgici dell'autore trapiantato in Francia. Ciascuno di questi brani utilizza ritmi di danza tipici, anche se vengono trasformati e idealizzati molto liberamente. Il primo pezzo, Evocacion, è un 'fandanguillo', un piccolo fandango (danza tipica spagnola) in cui ha parte di rilievo una intensa lirica 'copla', un inciso melodico vocale che si ripete. Questa melodia si presenta prima al grave, poi ritorna all'acuto accompagnata dalla dicitura «tres doux et lontain», creando un effetto di grande pathos. El Puerto ci conduce in una gioiosa e soleggiata giornata di festa in un porto del sud, Puerto de Santa Maria, sul fiume Guadalete, vicino a Cadice. La vivacità e la travolgente animazione sono evocate attraverso tre danze andaluse, il 'polo', la “bulerias' e la 'seguiriya' gitana che in quest'ordine vengono presentate in un crescendo di entusiasmo per poi interrompersi via via e raggiungere il culmine con la terza danza dissonante e sincopata, che sembra evocare le movenze provocanti delle ballerine andaluse. Infine, come per magia, tutto scompare e il brano si conclude con una coda pacata. È Siviglia la città a cui è dedicata la terza scena, la Siviglia delle sfarzose feste religiose, miste di fede e di superstizione. Fête Dieu à Seville evoca difatti la processione del Corpus Christi attraverso le strade della città, dove la folla dei fedeli accompagna ilpercorso con una nenia, la 'saeta'. Questo canto spontaneo nasce da un gruppo e si diffonde in successione passando da balcone a balcone, e aggiunge all'aspetto ufficale della processione quello più intimo dei fedeli che invocano grazie alla Madre di Dio. Subito sentiamo la banda militare che suona un allegro motivo popolare, La Tarara (come osserva la Balwin in un suo articolo). Il motivo passa poi ad altri strumenti, ognuno dei quali aggiunge la sua piccola variazione, finché gli ottavini in vicinanza, portano la processione davanti ai nostri occhi. Udiamo il rumore dei passi, unito a meno austere capriole; il suono delle campane e le voci degli ottoni che proclamano la potenza e la gloria della Chiesa. A questo punto si insinua La saeta, eseguita dal corno inglese solo, che viene però interrotto dal tema dell'allegra marcia che, a sua volta, viene coperto dal frastuono delle campane e da un effetto d'organo da cattedrale ottenuto da ottoni e legni nel registro basso. Poi, di nuovo, torna la calma; dolcemente il quadro si dissolve e le campane della sera segnano la fine del giorno del Corpus Domini a Siviglia.
Il secondo libro di Iberia si apre con 'Triana'. Triana è un antico quartiere di Siviglia attraversato dal fiume che, nonostante il nome imperiale che le fu conferito da Traiano nato in quei pressi, è stato per molti anni il ritrovo di zingari, toreri, ambulanti, girovaghi e altre pittoresche figure che vivevano di espedienti. La gente di Triana è socievole e sembra che passi legiornate a ciarlare, mercanteggiare e litigare nelle strade. Questa è la vita che Albéniz dipinge con la sua musica: voci e via vai della folla. A un tratto si ode un canto liturgico che proviene dalla cattedrale, ma di nuovo ricompaiono temi scanzonati e, da ultimo, una dolcissima canzone che richiama l'attenzione della folla e che suggella questa fantasiosa descrizione.
Il terzo libro si apre con 'El Albaicin', il quartiere degli zingari a Granada, sotto la fortezza dell'Alhambra. Il pezzo è basato su di una 'bulerias', una delle danze andaluse più appassionate; la melodia è sinuosa e conturbante e richiama da vicino le cantilene tipiche del 'cante hondo'.

ALBÉNIZ - CONCERTO FANTASTICO IN LA MINORE, OP. 78
Composto probabilmente nel 1887, l'autore stesso curò pochi anni più tardi la riduzione per due pianoforti del concerto. Albéniz, allora ventisettenne, era già un affermato pianista e soprattutto in questa veste egli era noto al pubblico internazionale. La sua composizione è quindi essenzialmente dedicata al pianoforte, il suo strumento, che, anche qui, viene trattato con maestria e con un certo gusto per la novità, anche se non vi si trovano espliciti rifiuti della tradizione. Nei tre movimenti che lo compongono si alternano momenti molto diversi, dalla vivacità alla malinconia, ma sempre con lo sguardo rivolto alla Spagna e alla sua musica. La scrittura pianistica ci appare estremamente interessante e, a questo proposito, possiamo affermare che è veramente un peccato che Albéniz non abbia inciso delle registrazioni, perché così sicuramente avremmo potuto conoscere il suo virtuosismo e il suo modo di eseguire che, a detta delle testimonianze pervenuteci, era caratterizzato da una rara e innata facilità e da una grande intuizione.
Maria Luisa Merlo