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1 CD -
GMD 4/19 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Jean SIBELIUS
(1865-1957)
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Concerto
per Violino e Orchestra in Re minore,
Op. 47 |
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30' 04" |
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- Allegro moderato
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14' 38" |
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1 |
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- Adagio |
8' 38" |
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2 |
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- Allegro |
6' 48" |
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3 |
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Poema
sinfonico "Tapiola", Op. 112 |
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16' 13" |
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4 |
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Poema
sinfonico "Finlandia", Op. 26 N. 7
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7' 45" |
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5 |
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London
Symphony Orchestra / Tossy
Spivakovsky, Violino / Tauno
Hannikainen, Direttore - (1-4)
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1960 |
Utrecht
Symphony Orchestra / Paul
Hupperts, Direttore
- (5) |
1956 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Everest |
SDBR 3045 | (p) 1960 - (1-4)
Musical Masterpiece Society |
MMS 922 | 7" | (p)
1956 - (5)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
4/19 | 1 CD - durata 54'
18" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Sibelius
(1-4)
Sibelius
(5)
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CONCERTO
IN RE MINORE PER VIOLINO
E ORCHESTRA, OP. 47
Sebbene la
celebrità di Jean Sibelius
sia indissolubilmente
legata ai lavori
orchestrali, la prima fase
creativa del musicista,
quella cioè della
formazione delle sue
fondamenta estetiche, fu
caratterizzata da una
assidua sperimentazione
nel settore cameristico.
Questa giovanile
esperienza appare decisiva
nel momento in cui si
osservano i caratteri
fisiognomici delle sue
successive imprese
sinfoniche, tutte
marchiate da quella
invidiabile nitidezza di
linguaggio che distinse
sempre Sibelius dalle
contemporanee tendenze
tardo-romantiche, votate
spesso a un ridondante
gigantismo orchestrale. A
questa eccelsa capacità di
autocontrollo - che, si
badi bene, non andò mai a
scapito, all'occorrenza,
di un efficace effettismo
della strumentazione - si
sommano altre due
particolari tendenze
compositive che assicurano
una piena originalità
all'excursus artistico del
maestro finlandese. La
prima può essere
riconosciuta in una sua
profonda attrazione per lo
spirito classico -
ovviamente rivisto alla
luce delle nuove posizioni
estetiche e dei nuovi
codici di fruizione -
inteso soprattutto come
una chiarezza e una
sobrietà di costruzione
ampiamente impostate su
regolari strutture
architettoniche. A questo
credo Sibelius seppe però
sovrapporre genialmente
una seconda impronta
musicale, governata dal
desiderio di una
spontaneità inventiva, di
uno sviluppo naturale,
quasi istintivo, della
partitura, immaginata come
«un fiume che nasce da
diversi ruscelli che si
cercano l'un l'altro›› e
che deve rimanere libero
di assumere, con
immediatezza, la forma più
naturale e più adeguata.
Entrambe queste tendenze
sono verificabili nel Concerto
in re minore per violino
e orchestra op. 47,
un lavoro decisivo per la
maturazione artistica di
Sibelius, composto nel
1903 e rivisto poi dallo
stesso autore nel 1905.
Dai tre successivi
movimenti (Allegro
moderato, Adagio molto,
Allegro, ma non troppo)
emerge soprattutto la
scrittura fantasiosa e
quasi rapsodica del
solista, veramente l'unico
protagonista della
partitura. L'ascolto
evidenzia la perfetta
simbiosi tra le istanze
'classiche' (la
tripartizione agogica
tipica del concerto
settecentesco, la
concezione stessa di
virtuosismo, la pulizia e
la sobrietà del
trattamento orchestrale,
quasi sempre limitato alla
riproduzione di un
discreto sottofondo
sonoro) e la concezione
'naturale', 'spontanea' e
sempre libera del discorso
musicale.
POEMA
SINFONICO "TAPIOLA",
OP. 112
Un'altra
decisiva componente
dell'arte di Sibelius può
essere riconosciuta nel
rapporto che il
compositore stabilì con la
natura sin dagli anni
della giovinezza, fin da
quando, cioè, munito del
suo violino, compiva
lunghe passeggiate tra i
boschi della sua terra. La
natura divenne così e
progressivamente il nucleo
ispiratore di quasi tutte
le composizioni del
musicista, una natura,
però, non certo intesa in
senso oleografico o
pittoresco ma, al
contrario, vissuta come un
misterioso e, nel
contempo, tranquillizzante
grembo materno, scrigno di
tutti gli archetipi della
coscienza umana e di tutte
le leggi che regolano
armoniosamente il fluire
della vita. È bene
evidente che la visione
non illustrativa, ma
immanente e panteistica
della natura - sorgente di
vita e garanzia di
spontaneità - permetteva a
questa entità di nutrire
non solo le composizioni
di carattere, diciamo
così, descrittivo, ma
anche quelle che per
tradizione sono legate
all'astrattismo formale,
come le sinfonie e i
concerti.
Il rapporto con la natura
fu dunque la condizione
prima dell'arte di
Sibelius e lo ritroviamo
in tutta la parabola
creatrice del musicista
finlandese, compreso
l'ultimo suo lavoro
sinfonico che precede di
poco la definitiva scelta
di ritirarsi dalla
composizione. Stiamo
parlando del poema
sinfonico Tapíola
opera 112, realizzato nel
1926. ll titolo deriva dal
nome della favolosa dimora
di Tapio, dio delle
sterminate e silenziose
foreste finniche (un mondo
nel quale sembra quasi che
Sibelius voglia
definitivamente
ritirarsi), il mondo della
leggenda e dell'eternità.
Lo stesso autore volle
chiarire la trama del
pezzo apponendo sulla
partitura i seguenti
versi: «Là si stendono
ampiamente le cupe foreste
del nord, / antichissime e
misteriose / nei loro
sogni selvaggi. / Abita in
esse il grande dio delle
foreste, / mentre gli
spiriti silvani tessono
magici segreti
nell'oscurità››.
Strutturalmente il poema è
costituito da una breve
introduzione in tempo
lento (Largo), che ha il
compito di presentare
all'ascoltatore il tema
principale, e dalla
successiva alternanza fra
un Allegro moderato e un
Allegro, entrambi
costruiti su una serie di
suggestive metamorfosi del
tema di base che incarna i
mutevoli aspetti delle
solenni foreste del nord.
Ancora una volta la
tematica mitica e
leggendaria si fonde
mirabilmente a un senso
panico della natura,
vissuto con toni senza
alcun dubbio epici, ma che
non rinuncia a una
circolarità atmosferica
quasi
impressionistica,
ottenuta grazie a una
maestria nel trattare i
colori orchestrali in
maniera sempre cangiante e
a una fluida inventiva
melodica. I toni da saga
nordica, comunque, vivono
a fianco di un pathos più
introspettivo, scaturito
da un colloquio intimo con
i quesiti e le suggestioni
ancestrali della natura.
POEMA
SINFONICO "FINLANDIA",
OP. 26 N. 7
Alla fine
dell'800, con il
cosiddetto Manifesto di
febbraio, la Russia
governata da Nicola II
costringeva la Finlandia a
un regime ancora più
autoritario di quello che
fino a quel momento aveva
garantito al paese un
minimo di autonomia.
Davanti all'oppressione
del dispotismo zarista
Sibelius si avvicinò
allora ad alcuni circoli
di impronta liberale e
patriottica, come quello
del giornale Päivälehti e
quello della società
Euterpe e si trovò
impegnato in alcuni lavori
di chiara impronta
propagandista e
indipendentista. In
occasione di alcune
'celebrazioni per la
stampa', organizzate con
lo scopo di raccogliere
dei fondi pensionistici
per i giornalisti, nel
1899 Sibelius scrisse
sette lavori sinfonici,
riuniti sotto il titolo di
Scènes hístoriques
opera 25, per sette
tableaux vivants che
volevano descrivere alcuni
interessanti aspetti
storici della nazione
finnica. In corrispondenza
del tableau numero sei il
musicista progettò un
poema sinfonico intitolato
Finlandia (poi
revisionato dallo stesso
autore nel 1900), l'unico
pezzo delle Scènes
historiques che si
sia guadagnato un posto
permanente nel corrente
repertorio concertistico,
tanto da essere catalogato
con un proprio e
differente numero d'opus.
In Finlandia,
Sibelius tenta ancora, ma
questa volta con intenti
patriottici, una
esaltazione dei valori
'naturalistici' della
propria terra, una
trasognata rievocazione
dei paesaggi nordicí,
ottenuta attraverso la
suggestione della musica
popolare. Ma, a tal
proposito, si deve
procedere a una precisa
distinzione. Sebbene, e a
ragione, il nome di
Sibelius sia spesso
avvicinato a quello delle
scuole nazionali, il
musicista finlandese
mantenne sempre rispetto a
queste ultime una totale
autonomia e una
originalità di metodo.
Infatti a Sibelius non
interessò mai alcuna
precisa citazione
folklorica né, tanto meno,
un esaustivo inventario
del patrimonio musicale
popolare del suo paese. La
sua fu una vita artistica
di stampo nazionalístico
del tutto particolare:
semplicemente ispirata e
sollecitata,
nell''atmosfera', dalla
consonanza con le musiche
del popolo e con gli
orizzonti della natura,
una consonanza che non
vive su nessuna razionale
documentazione, ma
soltanto e unicamente su
una intima sensibilità, su
una profonda e
confidenziale simbiosi con
la propria terra.
Anche Finlandia,
quindi, vive di questa
assoluta originalità di
materiale tematico,
espressa in termini
compositivi attraverso un
linguaggio asciutto e
meditativo, caratterizzato
da una efficacissima e
trasmutante omofonia di
base, che spesso si
risolve teatralmente in
effetti celebrativi e
retorici, eppure sempre
commossi e vissuti
intimamente, dal di
dentro, dall'autore. Di
estrema suggestione sono
all'ascolto i toni cupi e
ancestrali; lo spaziato
arcaismo; le linee dure e,
a volte, spezzate, quasi
petrose, a raffigurare i
graniti finlandesi; la
solennità epica che si
unisce al minuto brulicare
del primaverile risveglio
della natura. Si ascolti,
in questo senso, l'Andante
sostenuto che apre il
poema, quasi un
leggendario corale,
monolitico, arcaico,
caratterizzato dalla
solennità degli ottoni e
dalla oscura terribilità
dei timpani, e poi ancora
l'Allegro moderato e
l'Allegro che completano
il lavoro, con il loro
vigore, la loro
magniloquenza, ma anche
con le loro aperture
liriche e la loro antica
ritualità religiosa.
Massimo
Rolando Zegna
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