ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI


1 CD - GMD 4/21 - (c) 1990

I MAESTRI DELLA MUSICA









Arthur HONEGGER (1892-1955)
Pacific 231
6' 27"
1

Pastorale d'estate

8' 33"
2
Paul HINDEMNITH (1895-1963) Concerto per Violino e Orchestra
28' 51"


- Massig bewegte halbe
8' 47"

3

- Langsam 10' 07"

4

- Lebhaft 9' 57"

5

Sinfonia dal "Mathis der Maler"

27' 54"


- Ruhig bewegt Engelkonzert
9' 20"


6

- Sehr Langsam grablegung
4' 47"

7

- Sehr Langsam frei im Zeitmag Versuchung, des heiligen antonius
13' 47"

8





 
Czech Philharmonic Orchestra / Serge Baudo, Direttore - (1-2)
House of Artists, Prague - 19/23 March 1963
Czech Philharmonic Orchestra / André Gertler, Violino / Karel Ancerl, Direttore - (3-5) Rudolfinum Studio, Prague - 23, 26/27 January 1968
Czech Philharmonic Orchestra / Oskar Danon, Direttore - (6-8) House of Artists, Prague - 19/24 January 1979
 






Manufactured
Tecval Memories SA (Switzerland)

Prima Edizione LP
Supraphon | SUA ST 50516 | (p) 1963 - (1-2)
Supraphon | 1 10 0508 | (p) 1969 - (3-5)
Supraphon | 1110 2368 | (p) 1980 - (6-8)


Edizione CD
De Agostini | GMD 4/21 | 1 CD - durata 71' 45" | (c) 1990 | ADD

Note
-













Honegger (1-2)


Hindemith (3-5)
 


Hindemith (6-8)

HONEGGER - "PACIFIC 231"
Il grande interesse che Honegger nutrì per i treni e le locomotive è un fatto conosciuto da tutti. Celeberrima è la fotografia che lo ritrae nel 1939 mentre, prima di salire sul treno navetta Parigi-Le Havre, saluta la locomotiva stringendo la mano del macchinista.
Il musicista riuscì anche a compiere un intero viaggio, King-Cross-Hitchingnella cabina di guida accanto al macchinísta alla bellezza (per allora) di centoventi chilometri all'ora! La definizione più abusata a quei tempi che lo riguardava era che «Honegger ama le locomotive come gli altri amano le donne o i cavalli». Un'intera parete di casa sua, riferisce Delannoy, era ricoperta di cartoline, ritagli, illustrazioni più o meno a colori dei tipi più svariati di locomotive tra le quali spiccava appunto la Pacific 231.
La partitura varia e complessa che nacque da questo autentico amore non deve però determinare fraintendimenti: Pacific 231 non è un pezzo meramente descrittivo in cui viene imitato o riprodotto il rumore di un treno anche se fu questa l'interpretazione che ebbe allora maggior diffusione tanto da costringere Honegger a esprimere pubblicamente le sue intenzioni:
«Io non ho per nulla cercato di imitare i rumori di una locomotiva, bensì ho voluto tradurre un'impressione visiva, una gioiosa esuberanza fisica in una costruzione musicale [...] Il pezzo parte dalla contemplazione dell'oggetto: il respiro tranquillo della macchina a riposo, lo sforzo della messa in moto; poi l'aumento progressivo della velocità per sfociare nello stato lirico, al patetismo del treno di 300 tonnellate lanciato in piena notte a 120 chilometri orari». Seguendo ancora il racconto del caro amico di Honegger, Marcel Delannoy, inoltriamoci nell'analisi di questo lavoro musicale.
La macchina è a riposo, ma sotto pressione. Con i suoni armonici prodotti dai violini, sfiata il vapore, come una forza trattenuta che trabocca. Poi, lentamente e possentemente, i biellismi spingono e trasmettono il loro movimento alle ruote motrici: si parte. I tromboni accennano a tratti il canto del colosso, non ancora ben liberato, che diventerà il motivo base, la vera impalcatura dell'opera. Nuove combinazioni ritmiche arricchiscono continuamente il tessuto dinamico e un vero e proprio corale variato nasce dalle combinazioni del tema principale, il cantus firmus dei tromboni, con altre due idee generate da esso. Ogni volta il tema principale si manifesta nei suoi tre aspetti costitutivi: le crome alle trombe, il controcanto agli archi, il cantus firmus ai legni. Ora tutto diventa più comodo. Si è prodotta una specie di distensione: il bolide ora non corre più, vola! Strana tarantella. A tratti, come paesaggi o sbuffate di fumo, i diversi temi si intrecciano e si snodano, e ognuno di essi tuttavia conserva la propria individualità ritmica. Il contachilometri tende al massimo. Allora gli ottoni si fanno sentire, aggiungendo grandezza al motivo base. È un apogeo meccanico, una specie d'estasi, di limite sublime al quale la velocità si attesta. Ma è anche il canto del cigno. Infatti il meccanismo ritmico che aveva provocato l'accelerazione ora prende a funzionare a ritroso. La biella, rallenta e si immobilizza su un do all'unisono, ancora pieno di forza cieca. Cieca? Ma se l'ingegnere e l'operaio hanno fermato quel muscolo formidabile, allora uno spirito-meccanico lo guida. E dall'8 marzo 1924, data di questa composizione, le locomitive hanno forse un'anima, per merito di Honegger.

HONEGGER - "PASTORALE D'ESTATE"
Questa composizione venne scritta durante l'estate del 1920. L'anno precedente Honegger, su invito del liutaio Léo Sir, aveva già preso in considerazione l'ipotesi di scrivere un pezzo di ispirazione pastorale da affidare a una inedita compagine orchestrale, costituita dai quattro strumenti ad arco tradizionali (violino, viola, violoncello e contrabbasso) più altri sei intermedi, che il liutaio aveva progettato di realizzare. Questa idea, però, lasciò spazio poi a un'altra, che si concretizzò nell'Inno per dieci strumenti ad arco, mentre la Pastorale venne composta per orchestra da camera, introdotta sul frontespizio da una frase di Rimbaud: «Io ho abbracciato l'alba d'estate››. Certamente si avverte nella composizione la sensazione di un paesaggio, ma mai affiora alcun impressionismo descrittivo. Le armonie sono luminose, e quel canto eseguito dall'oboe è dolcissimo e toccante, come se si levasse dal cuore. A un tratto pare di udire dei bambini che cantano una filastrocca: è questo il secondo tema che si combina con un terzo, gaio o vivace, squisitamente costruito. Questa parte della composizione si dipana a mo' di trio, quasi fosse un rondò popolare, per poi lasciare posto al tema iniziale che si sviluppa cantabile mentre si ode anche il secondo tema, balbettante. La conclusione ci appare come un calmo mattino dove galleggia la malinconia della partenza, come notò M.W. Tappolet.
Terminata a Wengen nel 1921, la Pastorale ottenne il 17 febbraio dello stesso anno il premio Verley conferito, secondo i termini dello statuto, dal pubblico nel corso di un concerto che fu diretto da Wladimir Golschmann.

HINDEMITH - CONCERTO PER VIOLINO E ORCHESTRA
Questa composizione, scritta nel 1939, si discosta notevolmente dalla Kammermusik n. 4, che rappresenta il primo concerto per violino e orchestra di Hindemith, in quanto, tanto la prima opera era impetuosa, ricca di novità e quasi brutale, tanto questo secondo concerto è di impostazione classica. Inoltre il solista, che nel primo concerto veniva trattato con crudezza e che doveva esibirsi in un virtuosismo trascendentale (come scrive il Manzoni in un suo saggio) qui trova spazio, per un lirismo più pacato, sorretto dall'orchestra che non si muove più in un magma sonoro turbinoso e torbido, ma che invece utilizza un idioma sereno e solidamente tranquillo. I primi due movimenti, Moderatamente mosso e Lento, sono quelli dove il solista si esprime con maggior cantabilità, eseguendo passaggi ampiamente melodici privi di asprezze armoniche; il terzo movimento, Vivace, è quello che invece offre momenti di grande brillantezza, durante i quali il violino può emergere in tutta la sua valenza.

HINDEMITH - SINFONIA DAL "MATHIS DER MALER"
Questo grande compositore tedesco rappresenta, come scrisse Eugenio Montale in occasione della prima rappresentazione scaligera del Mathis «Il maggior rappresentante di quella tendenza oggettivistica che intende restituire alla musica i suoi diritti, a lungo spartiti in condominio con innumerevoli sovrastrutture letterarie. Reagendo alle rarefazioni dell'impressionismo e ai contenuti prestabiliti dell'espressionismo (nonché alla connessa teoria della sospensione tonale ottenuta mediante l'impiego sistematico dalle leggi seriali) egli ha voluto essere sempre e soltanto ritmo puro, contrappunto assoluto, Magister barbarus››.
Anche quest'opera di contenuto religioso, in sette quadri, non si sottrae a questa logica, e spesso l'ascoltatore non riesce a spiegarsi come i due mondi dell'opera, l'azione scenica e la musica, possano compenetrarsi, tanto quest'ultima appare ribelle e violentemente autonoma. La trama racconta di Matteo Grunewald, pittore operante nel Basso Reno tra il 1500 e il 1530. Siamo negli anni drammatici delle lotte della Riforma, con Lutero che si contrappone a Roma. Mathis, pittore prediletto del cardinale Alberto di Brandeburgo, non è insensibile alle nuove idee come il suo protettore e, durante la guerra tra i contadini e la lega dei principi, protegge e fa fuggire Schwalb e sua figlia Regina. Nonostante la mistica amicizia che lo lega a quest'ultirna Mathis però non resiste al fascino di Ursula, figlia del notabile luterano Riedinger, anche se da ultimo decide di votare la propria vita a Dio e rifiuta il matrimonio. Il settimo quadro è la cosiddetta 'Tentazione di Sant'Antonio' dove, in un clima allegorico, il pittore si trasforma nello stesso santo che deve resistere ai tentatori: lo Sfarzo, il Mercante, il Dotto, un mendicante che poi, a sua volta, si trasforma in una cortigiana, e in altri personaggi ancora che tutti insieme vengono a corrispondere alla Tentazione dipinta da Grunewald nel polittico che si conserva a Colmar. Appare poi un altro quadro, l'incontro tra san Paolo e sant'Antonio, sempre nello stesso polittico, dove san Paolo si presenta con le sembianze del cardinale  Alberto. Mathis resiste dunque alle tentazioni e ritorna alla pittura tra le lodi celesti, ma la conclusione sarà diversa: Regina muore a Magonza vegliata da Mathis e da Ursula, e il pittore rifiuta definitivamente l'ospitalità del cardinale per ritirarsi in una vita di preghiera e di meditazione, abbandonando per sempre colori e pennelli. Le tre parti in cui si divide la sinfonia si collocano in tre momenti importanti dell'opera e si riferiscono a tre importanti opere del pittore tedesco. La prima, Il concerto degli Angeli, è anche l'ouverture e si basa su antiche melodie popolari tedesche dove la sezione iniziale è animata da un gioioso tripudio che sembra voler richiamare la gioia di angeli e pastori per la nascita del Redentore mentre la parte successiva è più densa e complessa, fondata su di un contrappunto magistralmente concepito e realizzato. La Deposizione ha invece un carattere doloroso, quasi da marcia funebre, sempre basata su di un uso arcaico delle armonie che creano effetti di grande suggestione. L'ultimo brano La tentazione di Sant'Antonio parte da un discorso di grande drammaticità e tensione per sfociare nella declamazione delle due melodie gregoriane del Lauda Sion salvatorem e dell'Alleluya, fulgide e grandiose nella loro straordinaria realizzazione sinfonica.
Maria Luisa Merlo