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1 CD -
GMD 4/22 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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George
GERSHWIN (1898-1937)
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Rapsodia
in blu |
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15' 19" |
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1 |
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Concerto per
Pianoforte e Orchestra in Fa
maggiore
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29' 16" |
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- Allegro
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12' 18" |
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2 |
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- Adagio |
10' 28" |
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3 |
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- Allegro |
6' 30" |
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4 |
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Variazioni "I
Got a Rhythm"
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8' 00" |
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5 |
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Un
Americano a Parigi
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18' 19" |
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6 |
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Concert Hall
Symphony Orchestra / Philippe
Entremont, Pianoforte / Walter
Goehr, Direttore - (1)
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1956 |
Concert Hall
Symphony Orchestra / Sondra
Bianca, Pianoforte / Walter Goehr, Direttore
- (2-4) |
1957 |
Concert Hall
Symphony Orchestra / Walter
Goehr, Direttore - (5) |
1957 |
Concert Hall
Symphony Orchestra / John
Walther, Direttore - (6) |
1958 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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Concert Hall
| CM-149 | 10" | (p) 1963 -
(1,6)
Musical
Masterpiece Society |
MMS-161 | 10" |
(p) 1957 - (2-5)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
4/22 | 1 CD - durata 71'
35" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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-
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Gershwin
(1,6)
Gershwin
(2-5)
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"RAPSODIA
IN BLU"
Sia la Rapsodia
in blu sia il Concerto
per pianoforte e
orchestra in fa maggiore
nacquero dalla proficua
collaborazione tra
Gershwin e Paul Whiteman
con cui il compositore
creò un nuovo genere
musicale, il jazz
sinfonico. Composta nel
1984 la Rapsodia
venne eseguita per la
prima volta il 12 febbraio
dello stesso anno alla
Arolian Hall di New York
con lo stesso autore al
pianoforte e Paul Whiteman
con la sua orchestra. La Rapsodia
in blu è una
composizione spontanea che
spazia dal lirismo
meditativo e riflessivo
alla gaiezza palpitante e
ritmicamente scandita di
alcuni passi solistici del
pianoforte e che fondando
le sue radici nel ragtime
e nel blues, ne diventa
prolungamento e sviluppo
al tempo stesso. Morbido e
suadente è il primo tema
eseguito dal clarinetto
così insinuante,
dall'incedere plastico e
insieme ingenuo. Da questo
esordio così intenso,
scaturiscono una quantità
incredibile di idee
tematiche nuove e
straordinarie: dal motivo
energico a note ribattute
che mostra un'inaspettata
agilità nel trasformarsi
da marziale a
confidenzialmente
intrigante quando viene
eseguita dal solista, a
quello vivacissimo e
virtuosistico che il
pianoforte espone con
brillantezza smagliante.
Accanto a questi flashes
di dinamismo è con una
sorpresa carica di
struggimento che
accogliamo quel
meraviglioso tema in mi
maggiore che Gershwin ci
offre a metà della
composizione. Si tratta di
un tema caldo, dolcissimo,
intenso come un canto
d'amore e che crea attimi
di grande commozione
quando si spalanca per
essere poi reinghiottito
nel turbinio di nuove
idee, affascinanti nella
loro energia ritmica
(vitale e fantasiosa) che
ci conducono sino alla
fine dell'opera in un
crescendo di tensione e di
gioia di vivere.
Dobbiamo altresì
sottolineare che questa
composizione venne scritta
quando l'autore aveva solo
ventisei anni, e doveva
ancora farsi conoscere dal
gran pubblico come autore
di altri lavori che non
fossero le sue canzoni. In
effetti è senza dubbio la
vena compositiva migliore
quella del song dove, nel
breve spazio di pochi
minuti, Gershwin riusciva
a creare suggestioni di
rara bellezza e
compiutezza. Anche la Rapsodia,
se vogliamo, segue la
stessa logica e ci appare
come una serie di song
giustapposti con
ineccepibile buon gusto e
con un notevole senso
dell'effetto ma che, nel
contempo, non sembra
legata da una logica
interna di unità
compositiva. Prevale
l'aspetto 'rapsodico', con
l'immediatezza e la
brillantezza quasi
istintiva dei temi che non
vengono sviluppati, ma che
passano, per lasciar posto
ad altre idee, come le
immagini di un paesaggio
viste da un treno in
corsa. La famosa
interprete Wanda
Landowska, che fu una
grande ammiratrice di
Gershwin, così scrisse:
«La musica di Gershwin è
sempre una delizia. La sua
ricchezza così naturale,
il suo cesellare rinnova
una fantasia gioiosa e
primaverile che sprona in
avanti; tutto questo mi
incanta. Con lui non ho
mai avuto quella
sgradevole impressione che
si prova stando con i
nuovi ricchi, arroganti e
presuntuosi. lo sento che
il processo compositivo
non si basa
sull'ostentazione
orchestrale, cosa che mi
stanca molto in altri
compositori contemporanei;
[Gershwin] mi porta
lontano, sino alla Ciaccona
di Purcell, scritta per
archi e appena qualche
fiato, e per 'semplicità',
il minimo indispensabile
per un ensemble
orchestrale del XVII
secolo».
CONCERTO
PER PIANO E ORCHESTRA
IN FA MAGGIORE
Il Concerto
in fa risale al
1925, anno in cui fu
eseguito per la prima
volta alla New York
Philharmonic Symphony
Society sotto la direzione
di Walter Damrosh e con
Gershwin al pianoforte. È
forse il concerto
più eseguito tra quelli
composti da musicisti
americani e costituisce
uno dei pezzi più
interessanti del
repertorio musicale
statunitense. Strutturato
in tre movimenti è
un'opera che fonda in sé
malinconia e vitalità,
languide melodie e solide
costruzioni armoniche in
una veste magistralmente
orchestrata. Il tentativo
di inserire i modi della
musica popolare e del jazz
appare qui perfettamente
riuscito in quanto questi
fattori nuovi
siarmonizzano bene con il
concetto stesso di
concerto per pianoforte
inteso in senso
tradizionale. Con la
consueta vivacità, il
primo movimento, Allegro,
ci offre una grande
varietà di motivi ritmati,
ricchi di slancio,
languidi e cantabili
alternati con sapienza. Il
secondo movimento si apre
con un segnale di corni a
cui rispondono i fiati che
eseguono una melodia
totalmente intrisa di
quello swing tipico del
blues nero. Prima la
tromba e poi l'oboe
intonano quindi un tema
bellissimo che quando
passa al pianoforte si
anima acquistando maggior
mordente. Un episodio del
solista introduce un nuovo
tema che passa subito
all'orchestra
spalancandosi. Poi il
ritorno del primo tema
conclude la pagina. Con
violenza attacca infine il
terzo movimento il cui
primo tema è basato su
veloci note ribattute. Il
ritorno del secondo tema
del primo Allegro, là
languido e romantico, qui
invece più veloce e
malizioso, conferisce
maggiormente a questo
brano vorticoso e quasi
vulcanico nella
presentazione di
molteplici incisi
tematici, un carattere di
ricapitolazione
conclusiva. Carattere che
viene ulteriormente
confermato da altre
riapparizioni come quella
grandiosa di un tema
dell'Adagio introdotta da
un fragoroso boato.
L'accordo dissonante,
vibrato dall'orchestra, è
come l'estremo saluto di
questo eclettico e
straordinario artista
scomparso troppo presto
dalla scena musicale
mondiale.
VARIAZIONI
"I GOT RHYTHM"
Composte su
una delle più famose e
orecchiabili canzoni di
Gershwin, queste
variazioni ne conservano
ritmo, vivacità e sound.
Sono proprio le canzoni,
infatti, i veri capolavori
di questo straordinario
musicista, che nonostante
gli studi soffrì sempre di
qualche complesso di
inferiorità e desiderò
sempre confrontarsi con i
'grandi' della musica per
avere suggerimenti e
conferme. Non è un mistero
che per l'orchestrazione
della Rapsodia
egli dovette ricorrere ad
alcuni aiuti, e sono ormai
diventate celebri le
risposte che insigni
maestri gli diederoquando
voleva avere consigli:
«Perché volete diventare
un Ravel di seconda mano
invece che essere un
Gershwin di prim'ordine?».
Oppure quando Stravinskij
seppe che egli guadagnava
più di centomila dollari
all'anno gli disse: «In
questo caso perrnettete
che io prenda lezioni da
voi».
Ecco quindi qui una
composizione in cui
Gershwin reimpasta i suoi
'materiali poveri', i
blues, gli spirituals, i
canti popolari negri, il
jazz, per creare una nuova
costruzione di più ampio
respiro, ma senza tradirne
la genuinità e la
travolgente vitalità.
"UN
AMERICANO A PARIGI"
Potrebbe
essere definito, questo
pezzo, una specie di poema
sinfonico che racconta una
visione de 'la Ville
lumière' come doveva
apparire agli occhi di un
americano nel 1928. Il
paesaggio primaverile che
colora gli Champs-Élysées,
o il Quartiere latino, la
momentanea nostalgia di
New York subito fugata
forse da un incontro
che,senza tener conto dei
meridiani e dei paralleli,
fa riscoprire la gioia di
vivere.A dispetto della
sua quasi inesistente
preparazione letteraria,
«Egli, lontano dalle
complicazioni
intellettuali degli
scrittori suoi coetanei,
ha pur saputo dare, con l'Americano
a Parigi, un'esatta
pittura di quella che
dovette essere, intorno al
'29, la vita parigina di
McAlmon, di Hemingway,
diGertrude Stein, allora
in piena fioritura. Vita
parigina sì, ma vista da
un americano. Per
l'intensità del ritmo, per
il coraggioso e spontaneo
eclettismo in cui temi
ciaikovskiani, e magari
pucciniani, vengono
inseriti in un contesto
nuovo, l'Americano a
Parigi, con la Rapsodia
e il Concerto in fa, fanno
data; segnano un'epoca
molto più dei vari
tentativi, che pur
nonerano mancati, di
creare opere interamente
americane, nella musica e
nellibretto» (da E.
Montale: Prime alla
Scala, Mondadori).
Arturo Toscanini amò molto
questa composizione e se
ne fece promotore,
scavalcando lo scandalo
che il pubblico più
conservatore aveva
sollevato e da allora è
uno dei pezzi più amati e
apprezzati del compositore
americano. Come è noto l'Americano
a Parigi divenne
anche un soggetto
cinematografico. Stiamo
parlando, cioè, del
celeberrimo film di
Vincente Minnelli
interpretato dall'attore e
ballerino Gene Kelly. È
uno dei pochi esempi della
storia cinematografica in
cui il soggetto sia stato
costruito prendendo come
spunto una composizione
musicale. Le date sono
infatti inequivocabili, la
composizione è del 1928,
il film del 1951. Così
dice Gershwin del suo
lavoro: «Come in altre mie
composizioni orchestrali,
anche qui non ho tentato
di presentare nessuna
scena determinata. La
rapsodia è programmatica
soltanto in modo
impressionistico generale,
in modo che ogni individuo
possa leggere nella musica
tutte quelle immagini che
la sua fantasia gli
suggerisce». Il pezzo è
infatti libero da
qualsivoglia costruzione
d'ordine formale. I
pensieri si susseguono ora
allegri, ora pensosi,
concatenandosi l'uno
all'altro con
imprevedibilità come può
accadere nella realtà a un
turista che passeggia per
le strade di una città
sconosciuta e che ogni
volta che gira un angolo
trova sorprese
inaspettate. Di grande
effetto è il tema affidato
alla tromba, il più famoso
di tutta la composizione,
che spesso viene eseguito
da solo.
Maria
Luisa Merlo
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