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1 CD -
GMD 4/24 - (c) 1990
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I MAESTRI DELLA
MUSICA
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Benjamin
BRITTEN (1913-1976)
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Guida
del Giovane all'Orchestra, Op. 34 |
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17' 26" |
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1 |
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Sinfonia
Semplice, Op. 4
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15' 12" |
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- Bourrée
impetuosa (Allegro ritmico)
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2' 42" |
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2 |
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- Pizzicato
scherzoso (Presto possibile
pizzicato sempre)
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3' 14" |
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3 |
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- Sarabanda
sentimentale (Poco lento e
pesante)
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7' 54" |
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4 |
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- Finale vivace
(Prestissimo con fuoco)
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2' 42" |
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5 |
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Sei
Metamorfosi da Ovicio, Op. 49 |
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14' 10" |
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- Pan |
2' 10" |
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6 |
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- Fetonte |
1' 36" |
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7 |
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- Niobe |
2' 06" |
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8 |
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- Bacco |
2' 24" |
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9 |
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- Narciso |
2' 54" |
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10 |
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- Aretusa |
3' 00" |
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11 |
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Orchestra
Nazionale dell'Opera di Monte Carlo
/ Antonio De Almeida, Direttore -
(1)
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1978 |
Bulgarian Chamber
Orchestra / Athanase Margaritov, Direttore-
(2-5) |
1971
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Egon Parolari,
Oboe- (6-11) |
1963 |
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Manufactured |
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Tecval
Memories SA (Switzerland) |
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Prima Edizione LP |
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? | ? | (p)
1978 - (1)
Concert Hall | SMS-2771 |
(p) 1971 - (2-5)
Musical Masterpiece Society
| M 205 | (p) 1963 - (6-11)
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Edizione CD |
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De
Agostini | GMD
4/24 | 1 CD - durata 49'
24" | (c) 1990 | ADD |
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Note |
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Britten
(2-5)
Britten
(6-11)
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GUIDA
DEL GIOVANE
ALL'ORCHESTRA, OP. 34
Al termine
della seconda guerra
mondiale, nell'estate del
1945, Britten visitò i
campi di concentramento
nazisti assieme al
celeberrimo violinista
statunitense Yehudi
Menuhin. Il drammatico
spettacolo, le
agghiaccianti
testimonianze di una
allucinante follia
mostruosamente pianificata
e, contemporaneamente, la
ricorrenza del 250°
anniversario della morte
di Henry Purcell - che
cadeva proprio in
quell'anno - sollecitarono
Britten a realizzare un
progetto artistico ancora
una volta concepito con il
desiderio di unire l'arte
alla riflessione e
all'azione sociale.
Purcell era difatti per
Britten un vero e proprio
faro, l'esemplificazione,
cioè, di una musica
sorretta da una mente
civile e razionale,
edificata su principi di
chiarezza, brillantezza e
vitalità. Cos'altro di
meglio, quindi, che
evocarlo come nobile
esempio del passato
inglese per contrapporlo
all'esaltazione criminale
che i nazisti tedeschi
avevano compiuto nei
confronti del loro passato
musicale, come nel caso de
I maestri cantori di
Norimberga di
Richard Wagner? Dapprima
Britten si ispirò a
Purcell per tratteggiare
l'orrore e l'incubo nella
sua composizione The
Holy Sonnets of John
Donne opera 35
(1945) e poi, dopo aver
quasi esorcizzato il male
con questo lavoro, si
dedicò, con l'animo più
sereno e alleggerito, a
comporre le musiche per un
film destinato alle scuole
intitolato Gli strumenti
dell'orchestra. Questa
volta il riferimento a
un'arte civile e al grande
passato musicale inglese
si sommava a intenti
didattici, attraverso
l'abituale, quanto
portentosa capacità di
Britten di tradurre le
teoriche e astratte
questioni compositive in
una concreta azione
sociale. Nacque così nel
1946 la Guida del
giovane all'orchestra
ovvero Variazioni e
fuga su un tema di
Purcell opera 34.
Per questo lavoro - che si
rivolge ai ragazzi che
vogliono apprendere e
riconoscere il timbro ele
caratteristiche proprie
dei diversi strumenti
musicali - Britten fece
ricorso a un bellissimo
tema composto da Purcell
per una 'hornpipe' (una
danza vivace,
originariamente legata
all'ambiente dei marinai)
inclusa nelle musiche di Abdelazar
o la vendetta del Moro.
Dapprima Britten presenta
il tema con l'impiego di
tutta l'orchestra in
maniera ampia e pomposa,
nell'atmosfera solenne di
un Seicento reinventato
sulla base delle nuove
possibilità offerte
dall'orchestra del XX
secolo. Quindi il disegno
musicale viene ripreso in
successione da ognuna
delle quattro famiglie
degli strumenti
dell'orchestra (legni,
ottoni, archi e
percussioni) che ne
esaltano quattro diversi
umori, per poi essere
nuovamente esposto dal
tutto orchestrale. Quindi
a questo punto Britten
introduce tredici
variazioni sul tema di
Purcell, in ognuna delle
quali spicca un diverso
strumento, trattato in
funzione delle sue
specifiche caratteristiche
timbriche e tecniche. La
sequenza dei brani
evidenzia inoltre sia la
consumata maestria del
compositore in fatto di
fantasiosa orchestrazione
e del sempre nuovo
approccio alla tecnica
della variazione, sia la
particolare individualità
psicologica che Britten
sapeva intravedere in ogni
singolo strumento. Tocca
dapprima al flauto che
entra accorto e leggero,
quasi titubante, per poi
svettare in modo del tutto
estroverso. Già da questo
primo episodio è
interessante rilevare come
l'accompagnamento
dell'orchestra spesso
sorregga e approfondisca
le caratteristiche emotive
che Britten ha affidato
allo strumento solista.
All'oboe, che interviene
subito dopo, il
compositore attribuisce
una personalità lirica;
mentre al clarinetto fa
corrispondere una visione
allegramente moderna e non
più patetica, come nel
caso delle opere
mozartiane. Anche il
fagotto, che interviene su
un accompagnamento scuro e
severo degli archi, appare
calibrato su un registro
lirico, simile a quello
dell'oboe, che lo
allontana dalla visione
grottesca che gli è
propria nelle composizioni
del XX secolo.
Dopo gli strumenti della
famiglia dei legni,
vengono presentati quelli
degli archi. Sono dapprima
i violini a esibirsi in
una scrittura scattante,
veloce, luminosa e piena
di vita, sulla pulsazione
delle percussioni. Mentre
le viole che seguono
appaiono dolci e
saggiamente delicate (la
pulsazione ritmica questa
volta è offerta dai
fiati). Certamente
stupendo è l'episodio dei
violoncelli, caricati di
una struggente malinconia;
mentre i contrabbassi
assumono - secondo Britten
- una personalità rapida e
scattante, diabolicamente
imprendibile e
virtuosistica.
Estremamente interessante
è notare come Britten
sappia preparare
suggestivamente, con
un'atmosfera magicamente
esotica, l'intervento
dell'arpa, accompagnata
dal fremito degli archi e
dagli echi orientali del
gong e dei piatti. Tocca a
questo punto alla famiglia
degli ottoni, introdotta
dagli epici riverberi dei
corni, che sembrano quasi
giungere da un mitico
passato, a cui segue il
militaresco episodio delle
trombe, scattanti e
luminose sul rullare dei
tamburi e quindi quello,
nobilmente glorioso, dei
tromboni. Per finire si
può ascoltare un
ricchissimo episodio che
mostra, in un incessante
caleidoscopio sonoro,
tutte le possibilità
timbriche, dinamiche e
agogiche ottenibili
mediante i vari impasti
degli strumenti che
compongono la famiglia
delle percussioni.
La serie delle tredici
variazioni è seguita da
una fuga che assume in
Brittenil significato di
una esortazione al ritorno
alla nobiltà artistica del
passato e,
contemporaneamente, di una
dichiarazione della
necessità di sviluppare il
discorso musicale in
maniera chiara e
razionale, attraverso il
grande esempio della
logica interna alle forme
compositive classiche che
garantiscono una vera e
solidissima unità organica
anche alle realizzazioni
più articolate. La fuga
viene infine come
edificata sull'ingresso
progressivo di tutti gli
strumenti dell'orchestra,
secondo lo stesso ordine
con cui erano stati
presentati dalle tredici
variazioni e secondo le
regole imposte da un
esaltante e parossistico
crescendo, su cui, giunti
al culmine,
eccezionalmente si
sovrappone, con un effetto
straordinario e
trionfante, la versione
iniziale del tema di
Purcell.
SINFONIA
SEMPLICE, OP. 4
Britten fu
un compositore
precocissimo che, con il
passare degli anni, seppe
difendere come nessun
altro una ispirazione e
una fantasia
innocentemente infantile,
che difatti ricorre in
tutto il suo excursus
artistico, tanto da
apparire come una costante
sfida al cinismo sociale e
culturale che caratterizza
la nostra epoca.
Caso estremamente
dimostrativo di questa
peculiarità del musicista
inglese è la Sinfonia
semplice per
orchestra d'archi opera 4,
realizzata da Britten tra
il dicembre del 1933 e il
febbraio del 1934, sulla
base di otto lavori
(ripresi nel numero di due
per ogni movimento) che
lui stesso aveva concepito
e abbozzato dal 1923 al
1926, cioè quando era
ancora un ragazzino fra i
dieci e i tredici anni di
età. La sinfonia evidenzia
come già soltanto a venti
anni Britten sapesse
avvicinarsi con
originalità critica e
fervida fantasia alle
proposte e alle
metodologie compositive
del neoclassicismo del XX
secolo che aveva in
Stravinskij e in Prokofiev
i suoi principali e più
validi profeti. Ma,
rispetto a questi, Britten
aggiunse del proprio,
soprattutto nel richiamo
nostalgico a una infanzia
pura, in cui aveva
progettato musica senza
aver avuto ancora nessun
vero insegnamento
compositivo. Un'età
rievocata, però, senza
alcun appesantimento
retorico e, anzi, con la
volontà di applicare modi
semplici e schietti per
raggiungere in maniera
diretta, senza troppi giri
di parole, l'attenzione
dell'ascoltatore.
Interessante, comunque, è
anche il già presente
riferimento alle forme
della classicità che
traspare dalle indicazioni
agogiche dei vari
movimenti della sinfonia:
tutti costruiti secondo
una doppia alternanza di
due differenti stati
d'animo sonori. La
successione dei tempi
presenta dapprima una
'Bourrée impetuosa'
(Allegro ritmico), quindi
un 'Pizzicato scherzoso'
(Presto possibile
pizzicato sempre), una
'Sarabanda sentimentale'
(Poco lento e pesante) e,
per finire, un 'Finale
vivace' (Prestissimo con
fuoco).
SEI
METAMORFOSI DA OVIDIO,
OP. 49
L'estrema
limpidezza strutturale dei
lavori di Britten ha fatto
dubitare qualcuno sulle
effettive capacità
virtuosistico-compositive
del musicista inglese. A
disperdere ogni dubbio ci
sono alcune opere in cui
Britten ha risolto
problemi artistici
straordinariamente
complessi, come nel caso
delle Sei metamorfosi
per oboe solo, opera 49:
una suite di brani a
programma, composta nel
1952 e ispirata ai miti
greci e alle immagini
letterarie di Ovidio.
Pan suona le canne del suo
flauto nelle quali si è
trasformata la sua amata:
la ninfa Siringa. La
virtuosistica linea
dell'oboe, solitaria nel
silenzio, rende bene il
senso di una antica e
misteriosa classicità
pagana. La scrittura, ad
andamento instancabilmente
ascendente e discendente,
imita la voce del flauto
di Pan.
Fetonte, figlio d'Apollo,
corre sul carro
fiammeggiante del padre e
rischia di far ardere la
Terra, finché Giove lo
precipita nel Po, mentre
le sue sorelle sono
tramutate in pioppi. Il
solista tracotante
s'impegna qui in una
seriedi ascese sonore,
fino alla caduta
conclusiva.
Niobe piange la morte dei
suoi figli e viene
tramutata in una rupe: lo
strumento espone un canto
fisso e desolato.
Nel corso di un banchetto
Bacco ascolta il ciarlare
delle donne e le grida dei
bambini: la musica
riproduce il parlottare e
gli strilli conclusivi.
Narciso s'innamora della
propria immagine riflessa
e viene trasformato inun
fiore: in maniera
contemplativa, l'oboe
riproduce, con i suoi due
registri (acuto e grave),
il colloquio tacito fra
Narciso e la sua immagine.
Aretusa sfugge l'amore del
dio fluviale Alfeo e viene
mutata in una sorgente: lo
strumento descrive il
tremolante sgorgare della
fonte che prende
progressivamente
consistenza.
Massimo
Rolando Zegna
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